Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |      
Autore: DanieleRu    05/02/2014    2 recensioni
Un racconto breve dai connotati tragici.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
«Spero che un giorno così non ritorni mai più...»

Mr. De Angelis, seduto al posto di guida, ascoltava e canticchiava la famosa canzone diffusa dagli altoparlanti della radio, storpiandone le parole. Dopo una lunga giornata di lavoro, l'ormai cinquantenne chirurgo stava tornando a casa, a bordo della sua utilitaria, sulla Palermo-Agrigento, una superstrada a due corsie meglio conosciuta con il soprannome di "strada della morte", per via dei tanti incidenti mortali occorsi sul suo duro asfalto. Uno dei tanti sogni del chirurgo era proprio che non vi fossero più tragici giorni di morte sulle strade. Per questo motivo, e a causa delle tante famiglie distrutte che l'uomo aveva conosciuto nella propria vita, aveva deciso di prestare sempre particolare attenzione nella guida. Non eccedeva mai i 50-70 Km/h su una strada il cui limite era tra i quaranta e i venti chilometri orari più alto. Fra l'altro stava anche piovendo, intensamente.
Erano le sette della sera e il sole era già scomparso alla vista. Non più di mezzo giro della lancetta dei minuti e anche la poca luce rimasta si sarebbe dileguata del tutto.
Carlo, questo il nome dell'uomo, sentì all'improvviso un suono attutito. Il suo cellulare stava squillando dall'interno della sua ventiquattrore. Sapeva bene che non era consigliabile né intelligente farlo, ma doveva rispondere. In qualità di medico era tenuto ad essere raggiungibile a qualsiasi ora del giorno e della notte. Tenendo d'occhio la strada, con la mano destra prese l'auricolare bluetooth che teneva nel portaoggetti sotto il freno a mano. Così non ebbe necessità di prendere direttamente il telefono. In ogni caso, quasi istintivamente rallentò ancora di più la velocità.
«Dove sei?» chiese una voce di donna all'apparecchio. Aveva un tono lieve ed elegante, di gran classe.
Dallo specchietto retrovisore Carlo notò le luci di un'auto in rapido avvicinamento. A una cinquantina di metri più avanti, una curva cieca a destra.
«Sto tornando a casa, cara, sono in auto.» L'auto continuava ad avvicinarsi. Carlo si chiese se avrebbe rallentato o avrebbe cercato di superarlo.
«D'accordo, fai con calma e sta attento! Sta piovendo lì?» Quando l'auto fu a pochi metri, sull'asfalto si disegnò una doppia linea bianca continua. Erano all'imbocco della curva.
«Sì, ma non preoccuparti... Ora devo riagganciare.» Riappese, togliendosi l'auricolare.
Carlo era certo che l'auto in arrivo si sarebbe accodata. Invece il guidatore prese a lampeggiare con i fari, quindi diede un colpo di clacson. Il medico procedeva a meno di quaranta chilometri orari, ma essendo all'imbocco della curva non poteva più accelerare.
Inspiegabilmente, invece di rallentare, l'auto si spostò sulla corsia opposta, affiancandosi all'utilitaria del medico in pochi attimi. Mentre avveniva il sorpasso, la radio continuava a diffondere le note della canzone di Modugno.

E volavo, volavo felice più in alto del sole e ancora più su...

Lo scontro fu tremendo.
Un boato, un'esplosione, il rumore di corpi metallici che cozzavano tra loro. Avvenne tutto così in fretta che Carlo riuscì a capirne poco. Mentre il sorpasso era ancora in atto, e le auto erano in piena curva, una terza macchina, a velocità normale, era sopraggiunta dalla parte opposta. Lo scontro, frontale, era stato inevitabile. Pezzi di entrambe le auto erano sparsi in giro, scagliati a parecchi metri di distanza. Gli airbag erano esplosi, mentre la pioggia continuava a scendere, imperturbata e indifferente.
Lamiere che si accartocciavano, schegge di vetro dappertutto, e quel tremendo rumore nelle orecchie...

... Mentre il mondo pian piano spariva lontano laggiù.

L'auto di Carlo, così come il suo conducente, ne era uscita miracolosamente indenne. Frenò subito, scese dalla macchina, decisamente scosso, e si precipitò verso le due auto.
La prima cosa che vide fu l'uomo a terra. Il conducente dell'auto in sorpasso era stato sbalzato nell'urto fuori dall'abitacolo. Avvicinandosi, Carlo si accorse che si trattava solo di un ragazzo. Non doveva avere più di una ventina d'anni. Aveva diverse ferite sul corpo, e non aveva più polso. Era morto!
Carlo non poteva più fare nulla. Si avvicinò all'altra auto. Vide un uomo alla guida, accanto a una donna. L'auto si era accartocciata sul davanti al punto da aver quasi totalmente schiacciato il lato guida. Il medico si accorse, incredulo, che l'autista era ancora vivo. Si rammaricò però nel costatare che era in fin di vita. Non c'era molto che potesse fare. Carlo stava ancora osservando l'uomo quando, d'un tratto, quella maschera ormai informe e piena di sangue che era il suo volto aprì gli occhi, spalancò la bocca e cercò di gridare. Invece non produsse che un rantolo, seguito da un lungo fiotto di sangue. Pochi istanti dopo, quando il corpo si rilassò, Carlo comprese che l'uomo aveva esalato l'ultimo respiro.
Poi lo sentì.
Il rombo dell'incidente si stava affievolendo nelle orecchie del medico, lasciando spazio per altri suoni. Un suono lieve, che pian piano si fece più forte: un pianto.
Il pianto di un bambino!
La parte posteriore dell'auto era ancora parzialmente intatta. Il bambino, poco più che un neonato, piangeva, legato al seggiolino per auto. Sembrava non essere ferito.
Carlo si avvicinò al lunotto posteriore, sfondato. Dall'apertura vide il viso della donna. Gli occhi erano vitrei, il viso rigato dal sangue. Nel suo ultimo respiro, la donna aveva guardato per l'ultima volta il figlioletto, cercando di protendersi con la testa, nell'estremo tentativo di proteggerlo. Carlo riuscì a sganciare le fibbie che tenevano fermo il bambino e ad estrarlo dall'auto. Non aveva ferite visibili, ma Carlo, da medico, non poteva essere certo che non ci fossero emorragie interne. Sapendo che l'auto sarebbe potuta esplodere, decise di allontanarsi, nonostante non fosse conveniente smuovere troppo il piccolo. Se lo mise in braccio, cominciando a cullarlo, cercando di farlo calmare. Tornò alla sua auto, sedendosi sull'asfalto, le spalle appoggiate alla portiera. Continuava a piovere a dirotto, ma non gli importava. Anche il medico era sotto shock, avvilito da ciò che era successo.
Stava cominciando ad arrivare gente in soccorso. Qualcuno stava chiamando un'ambulanza, utile ormai solo per il piccolo. Carlo, invece, voleva rimanere solo. Gli sorsero mille domande.
Cosa sarebbe successo al bambino? Che fine avrebbe fatto?
Di chi era stata la colpa di quella tragedia? Del ragazzo che aveva azzardato quel sorpasso? Oppure della famiglia? No, loro non avevano di certo nessuna colpa. Il ragazzo, invece, aveva azzardato troppo, ma il medico non riusciva a dargli la maggior parte delle responsabilità.
«E se fosse tutta colpa mia?» disse al vento. Dopotutto, se lui non fosse stato lì in quel momento, il sorpasso non ci sarebbe stato; se non avesse risposto a quella maledetta telefonata, forse adesso i genitori di quella fragile creatura sarebbero ancora in vita.
Carlo avrebbe vissuto con quel pensiero per molto tempo. Forse non avrebbe retto al senso di colpa, forse sì, ma anche la sua vita, come quella della famigliola e del ragazzo, era distrutta, inevitabilmente, per sempre.
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: DanieleRu