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Autore: Atomic Chiken    05/02/2014    2 recensioni
Un gatto.
Già, un semplice gatto.
" Non le manca Jeb? ". Aveva messo da parte i ferri per cucire e mi aveva guardata sorridendo
" Jeb non è morto tesoro, è sempre qui, con me ".
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Avevo avuto la fortuna di ritrovarmi su un auto ad alta velocità. Mi allontanai dalla vettura del poliziotto con un'abilità eccezionale, molto meglio di quando ero io a guidare. Continuai a guardare nello specchietto alla ricerca di qualcuno che mi stesse seguendo. Soddisfatta riportai lo sguardo sulla strada.
Molto bene tesoro
Non sapevo dove mi avessero portata. Ma ero sicura di star andando nella direzione giusta.
Accostai l'auto sul marciapiede ed entrai furtiva ma veloce nel bosco. Non avevo idea dell'esistenza di quella scorciatoia, ma lei sapeva.
Ne uscii piena di graffi e ferite sulle guancie e le braccia scoperte. Mi avevano cambiato i vestiti con un pigiama deprimente che ora sembrava ricoperto di merda.
Attraversai la parte abbattuta del bosco nel silenzio della sera. Il buio teneva stretti in una morsa tutti gli angoli.
Corsi sotto al portico e rimasi in piedi a riflettere.
Non conoscendo il sentiero nel bosco, avrebbero impiegato più tempo a raggiungermi. Dovevo trovare il modo di entrare in casa. Le tapparelle erano abbassate e la porta chiusa. Non c'erano entrate sul retro. Non esisteva alcun maledetto retro.
Pensa Pensa Pensa
Ma non ci riuscivo, almeno non con la mia testa. C'era lei là dentro.
Sentii le sirene avvicinarsi.
Muovi il culo prima che si ghiacci tesoro
Sperando di avere ancora tempo corsi a controllare la porta.
Guarda sotto al tappetino
Trovai le chiavi. Ne inserii una nella serratura aprendo finalmente la porta. Sgusciai dentro lasciando fuori tutto il mio coraggio.
Devi farlo tesoro
Diedi un calcio improvviso all'armadietto accanto alla porta d'entrata.
Trattieni la rabbia per il nostro amico
" Jeeb? " intonai pietrificandomi. Quella non era la mia voce.
La mano si mosse verso l'interrutore illuminando il corridoio. Lo percorsi fino a raggiungere l'ultima stanza.
Jeb era intento a mangiare i croccantini che aveva preparato mia madre.
Era viva?
" Ehi piccolo.. ".
Continuò ad ignorarmi, come sempre dopotutto. Provai un'improvvisa ondata di rabbia nei suoi confronti. Tutta la rabbia che avevo dentro. Presi il mio zainetto dalla scrivania e glielo lanciai contro imprecando " Fanculo gatto di merda! ". Lo schivò correndo sotto al letto.
" Esci fuori di lì stronzo! Ti farò un culo enorme, contaci ".
M'inginocchiai per prenderlo.
E quelli erano lì.
A guardarmi.
Tutt'a un tratto mi sentii svuotata. Ero di nuovo me stessa, Nicole, quella maledetta ragazza di sempre. Ogni altra presenza opprimente era sparita. Tranne quegli occhi azzurri. Mi guardavano accusatori scavando fin nelle viscere.
Provai un infinito dolore, le sofferenze che aveva provato quella povera bambina prima di morire.
Tutto si spense quando delle voci provenienti dall'entrata furono seguite da dei botti rumorosi. Stavano cercando di sfondare la porta.
Dovevo farlo. Ora o mai più.
Ora. Ora. Ora.
No.
Ora.
Cazzo, non posso.
Ora.
Ora.
Adesso.
Jeb uscì da sotto il letto miagolando e per la prima volta da quando era arrivato, si accoccolò sul mio braccio.
Iooowwww.
Una lacrima calda attraversò la guancia mentre mi alzavo. Era arrivato il momento.
Lo presi in braccio delicatamente e sorrisi mentre si avventava a leccate sul mio volto.
Dovevano proprio volersi bene quei due.
Mentre andavo in cucina a prendere il coltello sentii il poliziotto urlare di aprire la porta o sarebbero entrati a forza " Sappiamo che sei lì dentro! ".
Ignorando tutto e tutti andai nel soggiorno e mi sedetti al centro della stanza con Jeb in grembo.
" E' qui che tua madre ti ha uccisa vero? ".
Qualcosa, nel buio, annuì. Gli occhi azzurri erano fissi su di me, usciti dal loro nascondiglio una volta per tutte.
Tutto era chiaro come il sole. Avevo vissuto nella stessa casa dove era avvenuto il massacro per tutti quegli anni senza saperne nulla. Susan aveva ucciso Denise pensando che il loro amore fosse abbastanza potente da tenere la bambina legata alla terra fino alla sua morte. Ma il cordone di Denise era un altro. Era rimasta nascosta, attaccata a quel filo invisibile con tutte le sue forze, fino a quando non era arrivato Jeb. Una semplice coincidenza. Già. Una semplice coincidenza qualunque capitata ad una persona qualunque. Avevo sempre pensato di non poter arrivare a fare mai niente di buono nella vita. Mi sentivo un pezzo di terra capitato per sbaglio sotto la suola di una scarpa. Tanto minuscola ed insulsa da aver obbligato mio padre a lasciarci. Ma ora era arrivato il momento. Ero lì, pronta a fare quel qualcosa di buono.
" Sentirai solo una piccola botta ".
Mentre gli uomini irrompevano lasciai che la lama venisse a contatto con l'esile collo di Jeb.
Immersa in quell'oscurità infinita, vidi una bambina sorridere.





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La donna correva per i lunghi corridoi ansimando. Si era appostata fuori a fumare una sigaretta e non si era accorta del tempo passato. Lavorare in quel posto stava facendo diventare pazza anche lei. Prese la solita pappetta con il pane ed il succo d'arancia e tornò alla corsa contro il tempo. I corridoi erano invasi da strani versi di uomini e donne che camminavano in tondo senza meta. Provando nel contempo pena e disgusto varcò finalmente la soglia della stanza 232.
Venne scossa da un lieve solletico lungo la schiena. La ragazza era ferma di fronte alla finestra e guardava fuori. La donna posò il tutto sul tavolo e la richiamò più volte senza ottenere l'attenzione desiderata. Quella ragazza le faceva venire i brividi ogni volta. Non capiva però se fosse perché era un'assassina o per l'assurda storia che si era inventata quando la polizia la aveva catturata. Dall'altra parte provava tenerezza nei suoi confronti. Pazzi o non pazzi, perdere una madre non era bello. Tentò ancora una volta. Finalmente la ragazza si voltò verso di lei. Aveva i lineamenti delicati e dei lunghi capelli neri che le ricadevano sulle spalle. La donna indiettreggiò di un passo quando l'altra si avvicinò al tavolo.
" Grazie " le disse sorridendo dolcemente.
L'assistente annuì scossa e molto lentamente uscì dalla stanza. Rimase ferma davanti alla porta con le braccia tese a pensare a ciò che aveva appena visto. Due occhi verdi, proprio accanto alla ragazza, che la fissavano.
Si mise a ridere. E sì, stava proprio diventando pazza.
Lanciando un ultimo sguardo fuggente dentro quella piccola stanza, s'immerse di nuovo nei lunghi corridoi dell'edificio.
  
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