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Autore: IamPsyche    07/02/2014    1 recensioni
Lucia, ormai donna matura, racconta una significativa storia d'amore della sua adolescenza, con Lorenzo, un bravissimo violinista che sogna di diventare come il suo idolo: Angelo Branduardi.
E' un amore forte, immenso, un pò da film, ma ai due giovani verrà negato.. Come andrà a finire?
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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 Il mio nome è Lucia, e oggi voglio raccontarvi di una storia d'amore impossibile. Di quelle in cui se tu lo ami, lui non ti ama o è gay. Se vi amate entrambi, invece, o uno dei due dovrà partire o c'è comunque qualcuno o qualcosa che vi impedisce di stare insieme.
Insomma, penso abbiate capito cosa intendo... D'altronde, chi non ha mai vissuto una storia d'amore impossibile?
Ebbene, a quei tempi, vi parlo dell'anno 1983, avevo solo 15 anni. Un'età sulla quale ci si potrebbe discutere per ore!
"Quindici anni, quindici anni, quindici anni. Poesia di un'età che non ritorna!"
Così diceva un'allora nota canzone dei "Vicini di casa".

A 15 anni si esce con gli amici, si va a ballare, si marina la scuola, si prova il proibito, poi ci si pente, si va in moto con l'amico, ci si innamora di lui e naturalmente, si ingaggiano infallibili amiche-detective per scoprire se i sentimenti sono ricambiati o meno!

Mio padre era un uomo all’antica, molto tradizionalista e geloso di me. Temeva i miei 15 anni.

Trovavo delle amiche, me le strappava.
Volevo uscire con loro, me lo proibiva.
M'innamoravo e in qualche modo riusciva sempre a scoprirlo.

L'unica grazia che fossi mai riuscita ad ottenere da parte sua era l'iscrizione al conservatorio. Mi fece frequentare per un anno il Liceo Classico, e pretendeva pure che fossi la migliore della classe.
E se prendevo un'insufficienza? Vi risparmio il racconto sulle bacchettate e le cinghiate che mi toccava sopportare!
Nel 1983, però, finalmente, mio padre, quell'uomo severo, rigido, che non aveva pietà neppure per la sua unica figlia, approvò la mia scelta di iscrivermi al conservatorio!

Fu lì che conobbi Lorenzo: il violinista che sognava di essere come Angelo Branduardi.
Io suonavo il pianoforte, era la mia passione dai tempi delle elementari.
Lorenzo era il violinista più bravo, il suo violino lo si riconosceva tra i mille dell'orchestra, aveva un suono inconfondibile ed egli si cimentava sempre nell'esecuzione dei brani più lunghi e articolati!

Dopo le ore di lezione mattutine, quando tutti andavano via, lui si chiudeva nella sua aula e suonava il suo idolo: Branduardi.
Conosceva ogni suo pezzo, e la passione con cui li suonava non era certo qualcosa di descrivibile a parole. La si percepiva, e basta.
Gli unici che rimanevano ad ascoltarlo erano gli insegnanti della provincia, quelli che sarebbero rimasti anche il pomeriggio, e che per evitare viaggi inutili, restavano a scuola a mangiare di fretta il loro povero e freddo pranzo a sacco.

Ogni tanto mi fermavo anch'io, dicevo ai miei genitori di avere un'ora di lezione in più, loro mi credevano, e rimanevo chiusa nella mia aula, in silenzio, a godermi la sua
musica e i suoi lunghi assoli da brivido.
* * *
Era un Martedì di Novembre.
Avevo raccontato l'ennesima bugia ai miei genitori; tutto pur di poter ascoltare Lorenzo, ma quel giorno volevo di più.
Volevo fare la sua conoscenza!

A fine mattinata, quando tutti erano andati via, mi diressi a passo lento e furtivo verso la sua aula e sbirciai, cercando di passare inosservata, attraverso quella mezza apertura della porta.
Dotato di una così misteriosa bellezza, era molto molto magro, con due occhioni grandi e belli e un lungo manto nero, liscio come la seta, sulla testa, a contornare un viso pallido e delicato, quasi come quello di un defunto.
Portava sempre camicie... nere, bianche, blu... che andavano ad esaltare il fisico magrissimo e jeans attillati, dai quali sporgevano le ossa delle sue lunghe gambe!
La descrizione potrà sembrarvi inquietante, ma la verità è che lui non lo era. Lui, come un giullare, ballava e faceva ballare!

Iniziò a suonare, lo ascoltai da dietro la porta. Che avrei dato pur di avere quel pizzico di coraggio che serviva per entrare e fargli i complimenti!
Eppure, quel coraggio era dentro di me, me lo sentivo, ed era lo stesso che mi aveva permesso di generare la semplice idea di fare la sua conoscenza! 
Presi un respiro profondo.
Bussai.
- Avanti! Disse.
Avanzai con passo lento, cercando di far stare ferme le mie gambe tremanti.
-Desidera, signorina?
- Io? Ehm. Nulla! Volevo... ecco… farti i complimenti, tutto qui.
Sorrise con espressione stupita.
- Rimango spesso ad ascoltarti dopo le lezioni. Continuai. E trovo che tu abbia un grandissimo talento… anzi, s-secondo me arrivi anche ai l-livelli di Branduardi!
- Addirittura ai livelli di Angelo Branduardi? Io ti ringrazio, davvero, ne sono lusingato, ma non penso di essere così bravo. M’impegno… faccio quel che posso!
Sorrisi, abbassando il volto rosso, tanto rosso d’imbarazzo!
-Siediti pure, se vuoi. Mi disse, indicandomi una sedia in fondo alla stanza.

Era così cortese. Un ragazzo un po’ “vecchio stampo”, oserei dire. E mi piaceva.
Dunque, mi andai a sedere sulla sedia da Lorenzo indicata. Ce n’erano molte nella stanza, alcune poste in modo circolare, altre sparse qua e là, e poi c’era la mia, nella parete di destra, in fondo… molto in fondo. E l’aula era talmente grande, che dovevamo parlare ad alta voce per sentirci, e il suono echeggiava tra le pareti.
-Cosa suoni tu?
- Pianoforte, sono al secondo anno.
- Al secondo? Strano, non ti ho mai vista prima!
- L’anno scorso dovetti frequentare il liceo Classico per volere di mio padre, sono qui da poco.
- Ah, ora è tutto chiaro!
Detto ciò impugnò il suo violino e con mano di farfalla cominciò a muovere l’archetto da una parte all’altra… E lì era magia…

“Alla fiera dell’est,
per due soldi,
un topolino mio padre comprò.
[…]
E venne il gatto che si mangiò il topo
che al mercato mio padre comprò…”


Anche la sua voce aveva un che di magico.
Non che avesse chissà che timbro particolare, ma era delicata, era dolce. Come lui.
  
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