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Autore: xingchan    07/02/2014    9 recensioni
“1482 […] Il 22 settembre Mastro Samvise parte da Casa Baggins e si reca ai Colli Torrioni. Là vede per l’ultima volta Elanor, alla quale consegna il Libro Rosso, custodito poi per sempre dai Paloidi. E di generazione in generazione si è tramandata la credenza che Samvise, partito dalle Torri, si sia recato ai Rifugi Oscuri e abbia attraversato il Mare, ultimo dei Portatori dell’Anello.”
(J. R. R. Tolkien)
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Elanor, Sam
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'Concerning hobbits'
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La Consegna del Libro Rosso
 
 
 
 
Elanor era stupefatta e confusa allo stesso tempo quel giorno, il ventinove di ottobre* del 1482 del Calendario della Contea. Ricorderà quell'ultimo incontro fra lei e suo padre come uno dei più significativi della sua vita.
Samvise l'aveva raggiunta all'improvviso ai Colli Torrioni, dove lei dimorava con suo marito e suo figlio, qualche settimana appena dalla morte di sua madre. Era arrivato presentandosi con degli abiti da viaggio leggermente logori, con un bastone anch'esso consunto, con i capelli bianchi come neve brillante e con lo sguardo infuocato e carico di determinazione come mai lo aveva visto.
Appariva un Hobbit decisamente insolito visto in quel modo. Aveva accettato dalla domestica poco cibo da portare con sé e rifiutato ogni sorta di comodità tanto cara alla Gente Piccola. Per ultimo ma non meno importante, non aveva voluto fermarsi nella casa della sua primogenita nemmeno per un giorno o una notte. Aveva soltanto intenzione di vedere lei, nel suo giardino rassomigliante a quelli verdi e sognanti della Contea. A quello di casa Baggins.
Ed Elanor l’aveva accontentato, incontrandolo accanto alla panchina di quercia, dove sapeva che il padre soleva fumare dell’erba-pipa.
Ma quando uscì dalla soglia di casa, la Hobbit si rese conto che Sam non stava fumando. Era seduto, nel tentativo di riposarsi dal sentiero già battuto e dal viaggio che lo attendeva, e le sue braccia stringevano al cuore un Libro Rosso, mentre i suoi occhi erano persi lontano, oltre la piccola staccionata verde che odorava di vernice fresca.
Un venticello tiepido smosse i suoi capelli d’oro nel momento in cui si avvicinò alle spalle del padre. Senza che dovesse far nulla per palesare la sua presenza, Sam si alzò voltandosi. Non era facile udire i passetti svelti e leggeri degli Hobbit, ma egli, grazie all’amore che covava per Rosie ed i suoi figli, riusciva a sentire un loro minimo movimento. Che essi passassero o provassero a fargli uno scherzo, non capitò nemmeno una volta di farsi trovare impreparato.
Sorrise nel vedere la bellezza di Elanor farsi sempre più vivida man mano che il tempo passava.
“Mia bella figlia.”
Dopo aver poggiato il bastone, il Libro ed i bagagli che aveva in spalla sulla minuscola panchina, la abbracciò con tutto l’amore che possedeva, inspirando il profumo di miele e frutta che emanava la sua splendida chioma.
Elanor gli cinse il busto come soleva fare da bambina ogni volta che bramava conforto da lui per delle sbucciature alle ginocchia o dei furti subiti dagli altri Hobbit, quando era ancora nella Contea.
Emise un lungo respiro per ristorare i suoi polmoni di quell’odore gradevolissimo e dolce al punto giusto, cercando di imprimerlo nella mente e nel cuore come uno dei ricordi più sublimi della sua esistenza.
Tutti e due fecero di tutto per ricacciare indietro le lacrime che volevano scendere a tutti i costi, soprattutto Sam, il quale non voleva che la sua sensibilità gli impedisse di fare ciò che si era prefissato. Sciolse l’abbraccio che lo teneva unito alla figlia, dirigendosi senza esitazione alcuna verso il Libro Rosso che prese fra le mani ormai rugose come se maneggiasse la corona di un re: con cauta forza, orgoglio ed eleganza.
Ritornò davanti a Elanor in questo modo, posizionando bene i piedi pelosi come un bambino che si prepara a recitare una poesia, o comunque qualcosa di estremo valore.
“Elanor Gamgee, detta la Bella. Non mi sono mai considerato un Hobbit all’altezza di grandi gesta o pericolose missioni. Ma dopo tutte quelle affrontate finora, prometto che riuscirò a compiere quest’ultima impresa con fermezza.”
Mentre lo ascoltava, la sua interlocutrice non riusciva a crederci. Il suo papà si stava rivolgendo a lei in una maniera del tutto inusuale. Solo nelle rare occasioni di vederlo compiere il suo dovere di Sindaco lo aveva sentito esprimersi così, e mai con lei direttamente. Questo comportamento la fece ridacchiare, ma fortunatamente mantenne la serietà che quell’istante reclamava.
“Perché mi parli così formalmente?”
“Perché questo è un giorno importante per me; e voglio che sia trattato alla maniera dei grandi sovrani.”
Per un breve secondo venne scosso da tremiti dovuti agli acciacchi della vecchiaia ma, imperterrito, proseguì il suo discorso. Sì, sentiva un po’ sciocco parlare così in effetti, ma quell’atto era così solenne per lui che lo avrebbe riempito di tutte le pomposità possibili, se necessario.
“Mi separerò da una cosa a me cara, e desidero che tu la custodisca, Elanor la Bella. Sarebbe un luogo comune dire che va custodito come il più prezioso dei tesori, ma è proprio così. È il Libro di Bilbo e Frodo Baggins. Partirono tanti anni fa attraversando il Mare. Ricordi il signor Frodo? Ti prese in braccio quando nascesti, subito dopo me e la tua mamma.”
La Hobbit scosse la testa, dispiaciuta. “No. L’ho conosciuto soltanto attraverso i tuoi racconti e quelli di zio Pipino e zio Merry.” Così, Sam aprì piano il Libro alle prime pagine, da cui comparvero due ritratti disegnati con inchiostro nero, così da far perfetto contrasto con l’avorio delle vecchie pergamene. Le porse entrambi, invitandola ad osservarli.
“Nella Contea li definivano un po’ matti, ma chi li conosceva bene sapeva quanto erano dei bravi Hobbit. Bilbo ci raccontava sempre le storie sulle sue avventure, sai? Come noi facevamo con voi e con tutti i piccoli che volevano sapere mentre ci guardavano pieni di meraviglia ed un pizzico di paura.”
I due risero, ripensando ai bei momenti dell’infanzia passati.
Samvise richiuse con delicatezza il Libro, adagiandolo nelle mani di Elanor in modo incerto, come se al momento decisivo non volesse separarsene.
“Sono sempre stato un sempliciotto, ed ora che sono vecchio e incartapecorito credo di esser peggiorato. Sono ritornato ai tempi in cui non avevo il coraggio di farmi avanti con tua madre, tentennando e facendomi spronare da altri anche solo per ballare con lei. Questo Libro per me rappresenta l’esperienza più bella e terrificante della mia vita. Mi piange il cuore a lasciarlo ad altri, ma so che per te sarà inestimabile come una gemma lo è per un Nano.”
“Se sei così restio a lasciartelo alle spalle, perché non puoi portarlo con te?”
“Il Libro Rosso appartiene alla Terra di Mezzo. Le parole contenute narrano la storia della salvezza di questa Terra, e non vorrei che lo scritto andasse via per sempre e venisse dimenticato. Si ricadrebbe negli stessi errori, Elanor, invece che imparare da essi.”
La Hobbit annuì sommessamente, riflettendo su ciò che il padre gli aveva riferito. Durante la sua infanzia sentiva ripetere spesso che la Contea non era più quella di una volta, e Sam aveva il serio timore che una volta passate alcune generazioni, le razze abitanti la Terra di Mezzo scordassero tutta la sofferenza che provarono in quegli anni che videro protagonista la Guerra dell’Anello, e di come si cada facilmente nell’oblio.
Con un ultimo sforzo di volontà, Sam lasciò la presa salda che ancora ghermiva il Libro. Quella reticenza gli fece ritornare in mente quella del signor Frodo sul Monte Fato, nel momento cruciale di gettare l’Anello nella lava incandescente. Era molto attaccato a quel Libro.
“L’ultima pagina rimasta bianca l’ho dedicata a te e ai tuoi fratelli.”
Si caricò nuovamente del suo fagotto, riprendendo anche il suo bastone nodoso.
“Non ti chiederò la tua destinazione.” asserì Elanor. “Ma promettimi che vivrai felice, Samvise Gamgee.”
“Certo.” rispose Sam. “E tu non dimenticare mai il tuo povero vecchio padre. Non pretendo di essere ricordato come un eroe, ma almeno come il fedele servo Hobbit del signor Frodo Baggins.”
“Sei molto di più, papà.” proferì lei, con voce commossa. “Sei uno dei Portatori dell’Anello, e il padre più adorabile che si possa mai desiderare.”
Non c’era nient’altro da dire. Un addio sarebbe stato troppo doloroso.
Con gli occhi lucidi come quelli della figlia, Samvise abbozzò un sorriso amorevole, le baciò la fronte sussurrando una benedizione in elfico e se ne andò canticchiando, non voltandosi mai indietro.
 
 


1482 […] Il 22 settembre Mastro Samvise parte da Casa Baggins e si reca ai Colli Torrioni. Là vede per l’ultima volta Elanor, alla quale consegna il Libro Rosso, custodito poi per sempre dai Paloidi. E di generazione in generazione si è tramandata la credenza che Samvise, partito dalle Torri, si sia recato ai Rifugi Oscuri e abbia attraversato il Mare, ultimo dei Portatori dell’Anello.”
 
(J. R. R. Tolkien)
 
 
 




 
*Ho pensato di inventare questa data per aggiungere alcune settimane di viaggio dal luogo di partenza, così da poter dare a questa ff un giorno preciso.
 

 
   
 
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