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Autore: CherryBlossomHime97    08/02/2014    9 recensioni
]Perchè anche Sakura e Sasuke hanno avuto un primo appuntamento[
L'allegra famiglia Uchiha in uno spaccato di vita quotidiano, tra bambini scomparsi, e ricordi di appuntamenti neanche troppo lontani. Siete pronti a scoprirli?
Dal testo, che è totalmente ed incondizionatamente SasuSaku.
-No Sakura, credo che tu non sappia cucinare e basta- rispose calmo, aprendo però la vaschetta per osservarne almeno il contenuto. Non ebbe il tempo di terminare questa accurata operazione che del riso gli finì dritto in faccia, vicino all’attaccatura delle labbra. Non capì subito cosa fosse successo, almeno fino a quando non incrociò gli occhi vispi di Sakura, che rideva di nuovo, e che aveva ancora attaccato alla mano destra qualche chicco di riso che non era riuscita a gettargli contro.
-Ti distruggo, donna- sibilò tra i denti, mentre si toglieva con due dita quella poltiglia dal volto. Posò la vaschetta sul lenzuolo candido, preparando un attacco.
Hope you like it!
*Hanami = festa di origini orientali in cui ci si riunisce nei parchi per ammirare la fioritura dei fiori di ciliegio.
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
- Questa storia fa parte della serie 'S&S - Love Prisoners. '
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Hanami 花見 .

 
Perché anche Sakura e Sasuke hanno avuto un primo appuntamento.
 

Una soleggiata domenica mattina dove tutto appare tranquillo, l’unico posto esente da pace sembra essere Villa Uchiha. Con un Sasuke appena tornato da una missione, un Hogake che va a fargli visita per ricevere rapporto e una Sakura con ansie da prima donna, la pace è davvero lontana da quell’angolo di mondo… almeno finché non arriva l’Hanami.
 


Sakura era davvero certa che sta volta li avrebbe uccisi. E poco importava che erano, rispettivamente, uno il nuovo Hogake di Konoha, e l’altro il suo caro compagno.
-Su Sakura-chan non è il caso di allarmarsi- disse Naruto,  grattandosi distrattamente la testa, e benché non fosse noto per le sue doti intellettive, capì di essere in serio pericolo.
-Come faccio a non allarmarmi?- ringhiò con una nota di isteria nella voce sottile.
-Verrà fuori prima o poi! -
- Naruto vorrei ricordarti che stiamo parlando di mio figlio, e che tu e questo screanzato l’avete perso, di nuovo!- urlò quasi, mentre avvertiva indistintamente una ruga iniziare a pulsare più velocemente sulla sua fronte ampia.
-. È stata colpa del teme, io non c’entro nulla!-
Sasuke Uchiha lo guardò decisamente male, ma avvertendo nell’aria la rabbia della sua cara compagna preferì comunque salvargli la vita e metterlo in guardia – Ti conviene andare via, dobe –
-Si Naruto, ti conviene proprio- lo guardò torva Sakura, che non era per nulla disposta a perdonarlo se non avesse più ritrovato il suo primogenito.

L’Hogake li osservò sorpreso, poiché non riusciva davvero a capire perché si preoccupassero tanto, anche se definire preoccupata l’espressione impassibile e un po’ scocciata dell’Uchiha era un eufemismo, visto che il pargolo doveva essere da qualche parte in quella casa. Pensò che in fondo quelle erano cose da genitori, e che lui non poteva ancora capirli. Gonfiò il petto offeso per il modo in cui loro lo stavano sbattendo fuori casa, guardandoli male a propria volta e pensando che quella sera da Ichikaru ramen non li avrebbe invitati, anche se in tal modo avrebbe dovuto pagare lui.

Sakura chiuse con violenza il grande portone di legno di Villa Uchiha, e si portò una mano a massaggiarsi la tempia per cercare di non cadere nel panico.
-Io davvero non ci posso credere!- trillò sull’orlo di una crisi.
- Sakura sei una donna insopportabile. Smettila di preoccuparti-.
-Ma Sas’… -
-L’abbiamo perso di vista per pochi minuti, starà senz’altro qui in casa, non può essere scappato- la interruppe.
-Ecco!- si riscosse - Io davvero non posso credere che perdi di vista tuo figlio per litigare con quella testa quadra, come se non lo facessi sempre!- inveì lei, portandosi di fronte all’uomo e fronteggiandolo.
Sasuke ignorò bellamente le sue ultime accuse, preferendo tacere per preservare un minimo di dignità. – Sta calma – le ordinò – il massimo che può fare è gattonare da qualche parte-
- Già come due giorni fa’, quando qualcuno si distrasse per lucidare la sua Katana, e lo ritrovammo sul tetto-
-Questa volta è diverso, vedrai che si sarà appisolato da qualche parte-.
Sakura prese un respiro profondo, poiché sentiva nascere in lei un desiderio cieco di tirargli un pungo. Se ripensava a quando avevano trovato Itachi che osservava il nido di un uccellino sulla grondaia di casa loro le venivano i brividi. Ancora non si capacitava di come un bambino di appena un anno fosse riuscito ad arrivare lassù, anche se poi si ricordava che era figlio suo e di Sasuke, e che una certa nota di follia e una malsana determinazione ad ottenere tutto ciò che si vuole doveva averla per forza nel sangue. Prese un secondo respiro, cercando di convincersi che nelle camere di sopra non avevano ancora controllato, che Itachi in qualche modo fosse riuscito a salire una rampa di venti gradini in pochi secondi, e che quindi si trovasse nella sua stanza a giocare con le sue costruzioni nuove. Si diressero entrambi al piano di sopra in silenzio, consapevoli che un’ulteriore parola avrebbe fatto scoppiare la rabbia di uno e la preoccupazione irrazionale dell’altra.

-Credo che mi farò una doccia- disse il penultimo Uchiha, mentre stavano controllando nel grande bagno.
-Ti devo ricordare che tuo figlio è scomparso?-
-Ti devo ricordare che sono tornato sta mattina da una missione?-
-Mi piace il tuo modo di organizzare le priorità Signor Uchiha -
-Grazie-
Sakura spalancò gli occhi offesa dandogli subito le spalle e dirigendosi verso la loro camera da letto, l’ultimo luogo rimasto da perlustrare, dopo restava solo il tetto. Con tutto l’autocontrollo che cercò di imporsi, evitò di buttarsi sul letto e piangere disperata, ma quando le parole dell’altro abitante della casa le arrivarono alle orecchie credette davvero di impazzire.
-Potresti prendermi un cambio?-
-Assolutamente no!- urlò.
Per lei quella situazione era davvero surreale. Poi si chiedevano perché gli Uchiha venivano su con dei tarli mentali. E mentre si domandava quante volte Mikoto e Fugaku avessero perso Sasuke per averlo fatto arrivare a tali livelli, Sakura spalancò irata l’armadio cercando una qualche cintura con cui strozzarlo.

- Itachi!- urlò non appena lo vide. Il suo piccolo era lì, dentro l’armadio, e precisamente dentro una scatola con alcuni dei suoi vestiti , che sonnecchiava sereno mentre sbavava sul suo kimono preferito. Troppo sollevata per accorgersene, e decisa a non svegliarlo, tirò fuori tutto il suo contenitore e dolcemente lo posò sul letto. Era davvero tenero. Lo guardò incantata per qualche secondo, sorprendendosi ogni volta che lo fissava di quanto lo trovasse perfetto, con quella zazzera di capelli neri appena accennata, il viso paffuto, la bocca sottile e rosea e gli occhietti che, come ci teneva a specificare Sasuke, erano quelli di un vero Uchiha, anche se il verde scuro con cui erano stati dipinti lasciasse intendere che anche Sakura avesse dato il suo contributo genetico. I suoi occhi cristallini, tuttavia di un verde molto più chiaro di quelli del figlio, si soffermavano con attenzione su alcuni dettagli che le apparivano essenziali, come il torace che lento si abbassava piano, la ruga minuscola che gli decorava la fronte, e la foto che teneva stretta in una piccola mano. Si sorprese un poco quando notò quel particolare e subito si adoperò per sottrargli con delicatezza lo scatto. Itachi allentò un poco la presa e si voltò dall’altro lato, continuando a dormire tranquillo. Sakura, ottenuta la fotografia, cercò di stirarla un po’, per poi concentrarsi sulle due figure che la guardavano sorridenti da quel pezzo di carta lucida. O meglio, una di loro la guardava sorridente. La donna riconobbe subito un Sasuke di almeno una cinquina d’anni più giovane rispetto a come lo era adesso, che con gli occhi cupi e una smorfia che vagamente esprimeva un certo imbarazzo, aveva una mano posata su una Sakura ugualmente più giovane, che indossava spensierata quel Kimono sul quale adesso Itachi stava beatamente spargendo la sua bava.

-Che diamine si faceva qui questa?- si ritrovò a bisbigliare a sé stessa. La giovane mamma sorrise piano, mentre i suoi occhi si posavano di nuovo su Itachi, e decise di raccontargli una favola di cui probabilmente non avrebbe udito neppure una parola. – Lo sai tesoro, questa foto è stata scattata all’Hanami di alcuni anni fa, quattro o cinque credo. Allora la guerra era finita solo da un anno o poco più e tuo padre aveva appena terminato di scontare la sua condanna. Quella festa sancì la sua liberazione, ed anche quella del mio animo. Non dimenticherò mai quel giorno, piccolo mio. Fu quasi il nostro primo appuntamento, il nostro primo vero incontro -.
***
 
Sasuke era placidamente steso sul verdeggiante prato del giardino di casa sua, con gli occhi rivolti ad un cielo così limpido e luminoso da farli bruciare. Intorno a lui, ormai che anche i fantasmi se ne erano andati da quel quartiere, rimaneva solo il delicato canto del vento primaverile. Gli sembrava assurdo essere lì se ripensava a tutto quello che aveva fatto in quei suoi insulsi diciannove anni di vita. Considerando poi che l’ultimo l’aveva passato in cella “mentre Konoha tentava di riprendersi dagli orrori della guerra, di ricostruirsi”, non riusciva proprio a decidere se il suo fosse stato davvero vivere, e non un continuo arrancare. Si rese conto, come al solito, anche se non l’avrebbe ammesso mai, che era rimasto indietro anche sta volta, che a differenza del resto del mondo lui non era ancora stato in grado di ricucire ogni brandello che lo costituiva. E se ne stava lì, sul quell’insulso prato che era certo essere stato curato da Sakura e Naruto mentre lui non poteva, mentre lui rimaneva rinchiuso e scontava quella pena che a tutti era apparsa troppo lieve. Anche a lui, che doveva ancora imparare a perdonare, a perdonarsi.

-Posso sedermi anche io accanto a te, Sas’ke-kun?- gli domandò una voce familiare, e lui si limitò ad annuire quasi meccanicamente. Sakura era sempre stata una costante nella sua vita, nel bene e nel male. L’aveva tormentato in tutti quegli anni in cui era stato via, se ne era presa cura quando era tornato, era andata a trovarlo ogni giorno in quella cella fredda, ed anche adesso che era libero continuava in qualche modo a perseguitarlo. Libero. Sorrise. Libero da lei non lo sarebbe stato mai.
La vide accovacciarsi al suo fianco, per poi stendersi delicatamente, con i capelli rosa lunghi, che finalmente stava lasciando liberi di crescere, che scivolavano lenti sui sottili fili d’erba. – Come hai fatto ad entrare?-
-Ho forzato il cancelletto- rispose serena. Lo faceva sempre, e lui non se ne lamentava. Sakura si morse un labbro, incerta se prendere o meno di nuovo la parola. Sospirò per darsi coraggio – Sta sera è l’Hanami, Sas’ke-kun .Ti va di venire?-
- Cosa dovrei venire a fare? – gli chiese di rimando duro, forse più di quello che avrebbe voluto.
Sakura iniziò a torturarsi le mani, preparata comunque ad una freddezza del genere. Preparata ormai a quello che Sasuke era diventato.
- Ecco ci saranno tutti, sarà divertente -  anche se era certa che entrambi avessero idee diametralmente opposte del concetto di divertimento – E poi sarebbe un buon modo per farti uscire, ora che puoi-
-Non ho voglia d’uscire- disse secco, con il suo solito tono piatto.
-Ti farebbe bene-
Sakura sospirò di nuovo, conscia di essere in un certo qual modo masochista ogni volta che insisteva con lui. Era tuttavia decisa a continuare, perché consapevole che Sasuke era stato salvato dal mondo ma non da se stesso. – Perché continui ad infliggerti da solo questa condanna d’isolamento? – chiese rassegnata, gli occhi fissi sul cielo esattamente come quelli di lui.
- Perché non dovrei?-
-Perché adesso puoi ricominciare da zero, Sas’ke-kun. Potresti iniziare a fare cose normali, come dormire di notte senza tormentarti con i tuoi incubi, o venire all’Hanami –
- Non sono capace di ricominciare- ‘e non lo sono neppure di vivere davvero’ pensò. Era un vendicatore, un assassino, di certo non una persona normale.
- Ti aiuterò io –.
Sasuke distolse lo sguardo e si concentrò sul profilo morbido di Sakura, ma prima di poter rispondere qualunque cosa a quella promessa, che aveva già sentito milioni di volte nei suoi giorni di prigionia, lei gli rubò la parola. – Più tardi verrà anche Naruto a chiedertelo. E lui non se ne andrà da qui finché non ti avrà fatto indossare il tuo kimono migliore e ti avrà trascinato al parco. Se, invece, mi dici di sì adesso, io ti prometto che non ti aiuterò a vestire e che ti farò arrivare al parco con le tue gambe -.
-Mi stai minacciando, Sakura? – ed arcuò un sopracciglio, improvvisamente divertito.
- Sono solo venuta qui preparata ad un tuo rifiuto – disse sincera, esplodendo poi in una risata cristallina. L’invidiò un poco per quel suo modo semplice e naturale di ridere, che lui ormai aveva perso. Sapeva che quella ragazza lo stava maledettamente fregando, ma decise di restare al suo gioco per un volta. Dopotutto andarci con lei quasi volontariamente era meglio che essere obbligati dal dobe.
-A che ora?- le chiese, inscenando il tono più infastidito e disinteressato di cui era capace.
-Alle sette, all’entrata ovest- e, come se fosse umanamente possibile, Sakura sorrise ancor più apertamente, mentre il segno del riso non era ancora scomparso dalle sue labbra. Si alzò poi rapidamente, presa da una nuova ansia quando il significato di quello che era stato appena detto la colpì completamente. Sasuke si sorprese di quell’atteggiamento brusco, e non riuscì a celare la sua curiosità. – Dove vai, adesso?-
-A prepararmi, Sas’ke-kun!- esordì lei ansiosa. L’uomo si alzò sui gomiti per guardarla meglio, mentre lei, dimentica di tutto, lui compreso, gli diede le spalle e si allontanò, probabilmente diretta verso l’uscita del grande giardino.

L’Uchiha tornò a stendersi sul prato, con un’ espressione inebetita sul volto, perché, senza nemmeno rendersene conto, aveva accettato ad uscire con lei. Se fosse stato anche solo un minimo esperto in relazioni sociali avrebbe ammesso che, a diciannove anni, aveva fissato finalmente un primo appuntamento. Era davvero impazzito, e se Itachi e Shisui l’avessero visto in questo momento l’avrebbero sicuramente preso in giro. Si concesse il lusso di sorridere, mentre, osservando il sole alto nel cielo, si rese conto che erano appena le due del pomeriggio. Che donna noiosa. E sorrise di nuovo.
***

Sakura si ripeteva come un mantra che era l’erede di un ninja leggendario, un jonin finalmente qualificato, che era sopravvissuta ad un guerra e che quindi non c’era nessun motivo al mondo per cui dovesse essere preoccupata per quell’appuntamento. Il problema era proprio quello. Era un ninja, da sempre addestrato a schivare i colpi, ad attaccare, ad usare armi e ad uccidere e per tutta la vita non aveva avuto, per l’appunto, una vita vera. Sempre impegnata a lottare, prima con se stessa e poi con il nemico, anche se talvolta queste due entità coincidevano, sempre decisa a migliorare, a combattere, sapeva tutto della guerra e niente del resto. L’accenno di una risata isterica le si dipinse sul volto, non solo per auto biasimare la sua melodrammaticità, ma anche perché, ne era certa, lei e Sasuke in questo erano simili. Entrambi con una adolescenza mai vissuta, spesa a cercare qualcun’altro.
Cercò di sistemare il più possibile le pieghe del suo kimono acquamarina, mentre con passo rapido e deciso varcava l’entrata ovest del parco più grande di tutta Konoha. Avvertiva già l’odore dei fiori di ciliegio danzarle intorno,  e guardò estasiata le lanterne bianche e rosse che pendevano dai rami nodosi degli alberi più grossi. L’aria era mischiata al chiacchiericcio allegro dei bambini che guardavano i petali venir giù dai rami incantati, delle dolci coppie che si promettevano amore eterno mentre lasciavano che una lanterna prendesse fuoco nel cielo ormai dorato per via degli ultimi raggi di un sole al tramonto, e delle famiglie serene che mangiavano cibi appena cotti sulle griglie accese un po’ dovunque. Fu sorpresa di non vedere nessuno dei suoi amici, ma mentalmente ringraziò qualche Kami che almeno per quella sera aveva deciso di essere clemente con lei e di lasciarla in imbarazzo con Sasuke da sola, e non sotto gli occhi di tutti i suoi conoscenti.
- Sakura, finalmente -. La voce calda e autoritaria di Sasuke la ridestò dai suoi pensieri, facendola voltare di scatto. Non appena lo vide, ed i suoi occhi verdi incrociarono quelli neri di lui, avvertì il cuore accelerare il ritmo, mentre una sorta di nuova, sconosciuta, adrenalina iniziava a circolagli sotto pelle. Indugiò su qualche attimo sul viso di Sasuke, la cui espressione nascondeva una tensione identica alla sua, e cercò di non avvampare troppo quando, contemplando il modo in cui il Kimono blu scuro gli calzava perfettamente, lo trovò straordinariamente bello. Si chiese per un attimo se anche lui avesse avuto lo stesso pensiero vedendola, notando le sue guance lievemente rosate, ma si diede subito della sciocca per aver formulato un pensiero così stupido.
-Stai molto bene- le disse.
-Anche tu- . Appunto. Due stupidi Sasuke, siamo due stupidi e lo siamo sempre stati. – Cerchiamo un bel posto?- e gli sorrise timida, stringendo le mani sul cestino di legno che aveva portato con sé, con qualche coperta e degli ottimi dango.
-Si- rispose macchinoso. Si incamminò per primo, con passo lento in modo tale da permettere a Sakura di posizionarsi al suo fianco. Proseguirono silenziosi fin quando, giunti quasi al limitare dall’ala ovest, si accostarono a dei ciliegi liberi e carichi di fiori. Timidamente la giovane donna aprì il suo cestino, stendendo al suolo un grande lenzuolo rosa chiaro, aiutata da un impacciato Uchiha. Lei e Sasuke si erano ritrovati da soli tante volte in quell’ultimo anno, ma erano sempre stati su un campo di battaglia a sanguinare insieme, in un tribunale, in una cella o in una casa disabitata in un quartiere deserto. Mai in un posto così normale. Probabilmente, da bravi ninja qual’erano, se avessero cacciato fuori shuriken e kunai si sarebbero trovati più a loro agio, abituati a combattere, mica ad amare, ad amarsi.
-Sai Sas’ke-kun – iniziò lei subito dopo essersi seduta sul grande telo, imitandolo – ho sognato così tante volte questo momento, immaginando perfettamente tutto ciò che sarebbe stato giusto dire, che adesso mi sembra tutto sciocco e privo di significato, e non so cosa fare-. Confessò decisa a rompere quel silenzio. Meglio mettersi in ridicolo che rimanere a fissarlo per tutta la sera. Si poggiò sui palmi e stese le gambe snelle, voltandosi verso di lui un momento, scrutando la sua reazione a quelle prime parole. Non lesse nel suo sguardo nessun sentimento di biasimo e di rimprovero, ma anzi vi intravide una certa nota di interesse e questo le diede la forza di continuare – Perché io sono sicura, che adesso, questo momento, stia contando qualcosa per te, altrimenti non me l’avresti mai concesso. Te ne saresti rimasto a casa, aspettando Naruto per dare anche a lui l’ennesimo rifiuto. Invece sei qui, e anche se questo non vuol dire niente, se nel nostro rapporto non cambia niente, a me basta anche soltanto questo. Mi basta contare un poco-. Finì così quel penoso discorso, e si sentì davvero fiera di se stessa per essere stata capace di dirgli tutto ciò che sentiva davvero sostenendo il suo sguardo con determinazione. Perché Sakura era forte, era cambiata, era un vera guerriera, e l’uomo che aveva davanti a sé era il suo nemico prediletto.
Sasuke restò in silenzio per alcuni interminabili minuti, conscio che adesso non poteva scappare più come aveva fatto anni addietro, ma poteva solo affrontare i suoi sentimenti di petto. L’intero pomeriggio l’aveva comunque speso ad angosciarsi su quello che avrebbe dovuto dire, perché conosceva Sakura troppo bene, e sapeva che sarebbe arrivata a quel punto.  Prese un respiro profondo, conscio che in quel momento stesse mettendo in gioco un po’ del suo futuro, e disse tre parole. – Tu conti, Sakura -.
E quella maledetta donna, con gli occhi lucidi esattamente come quella sera, gli sorrise così apertamente che per la prima volta da parecchio tempo avvertì il suo cuore perdere un battito. Non lo diede tuttavia a vedere, perché lui era un Uchiha, ed un vero Uchiha non si perdeva in questo genere di frivolezze, anche se non riuscì proprio a trattenere un sorriso quando Sakura gli si avvicinò lentamente, poggiando la testa sulla sua spalla e incrociando la propria mano con la sua.

Sasuke sospirò di nuovo perché, davvero, non riusciva a credere di essersi fatto incastrare, e ringraziò l’assenza di corvi in giro, altrimenti Itachi avrebbe spifferato tutto ai suoi antenati. Sakura, seguendo la linea dei suoi stessi pensieri, dando luce all’empatia che si era creata tra loro in quell’ultimo anno, durante il quale era stata per molto tempo l’unico essere umano con cui Sasuke avesse il permesso di parlare in cella, iniziò a ridere di divertimento puro.
-Ti ho proprio fregato, Sas’ke-kun – e rise ancora, nascondendo il viso sulla sua spalla.
L’uomo sbuffò pesantemente, senza avere la forza di mandarla via. – Non ridere.-ordinò,  ma la sua serietà apparve a Sakura così buffa da farla ridere ancor più forte. Tremava, rideva, mentre la normalità di quel momento l’investiva in pieno, e la rendesse felice, capace di sperare che forse la loro adolescenza non fosse perduta per sempre.
-Vuoi un dango, caro?-
-Non chiamarmi caro, e non farti strane idee, Sakura – gli rispose acido, ma quest’ultima, scossa da ulteriori singhiozzi, gattonò rapida fino al cestino, estraendone le vaschette contenenti il suo ultimo esperimento culinario. Ne porse una a Sasuke, quella che sapeva contenesse il cibo meno bruciacchiato, e tenne l’altra per sé. L’Uchiha la guardò scettico e prese in mano il pacchetto solo dopo che lo sguardo di Sakura da gentile e affabile divenne sempre più minaccioso. Non ebbe tuttavia il coraggio di aprirlo.
-Li hai fatti tu?- le domandò guardingo.
-Certo, su mangiali-
-Non ricordo di averti mai saputa una brava cuoca-
-E ti ricordi male, sono cambiate molte cose Sas’ke – lo guardò torva – credi davvero che non sappia cucinare neppure dei dango?-
-No Sakura, credo che tu non sappia cucinare e basta- rispose calmo, aprendo però la vaschetta per osservarne almeno il contenuto. Non ebbe il tempo di terminare questa accurata operazione che del riso gli finì dritto in faccia, vicino all’attaccatura delle labbra. Non capì subito cosa fosse successo, almeno fino a quando non incrociò gli occhi vispi di Sakura, che rideva di nuovo, e che aveva ancora attaccato alla mano destra qualche chicco di riso che non era riuscita a gettargli contro.
-Ti distruggo, donna- sibilò tra i denti, mentre si toglieva con due dita quella poltiglia dal volto. Posò la vaschetta sul lenzuolo candido, preparando un attacco.
Sasuke si lanciò rapidamente contro Sakura, con il kimono che gli rendeva goffi e impacciati i movimenti, e il battito del cuore leggermente più rapido del solito. La spinse con forza, destabilizzandola e facendola cadere all’indietro, mentre lei rapida l’afferrava per l’obi trascinandolo al suolo con sé. Si trovarono così, un po’ per caso, e un po’ per vendetta, da sempre due costanti nella vita di entrambi, uno sopra l’altro senza neppure volerlo. Impacciati, arrossiti, con alcuni petali di ciliegio tra i capelli si guardarono solo un attimo, e dopo aver mandato al diavolo i dango e il passato, fecero si che altrettanto per caso le loro labbra cozzassero l’una contro l’altra.
***

Sasuke Uchiha varcò la soglia della sua camera da letto con indosso solo l’accappatoio candido e la sua zazzera di capelli ancora umidicci. Fu davvero sorpreso quando, entrandovi, Sakura non gli rivolse nessuna partaccia sul fatto che fosse un padre degenere che preferisce farsi una doccia piuttosto che cercare suo figlio. Ovviamente non sarebbe servito a nulla spiegarle che loro figlio si era perso nella loro casa, e che quindi non fosse esattamente da definirsi un bambino scomparso. La sua sorpresa aumentò quando constatò che la donna stava beatamente dormendo sul grande letto matrimoniale, al cui centro spiccava una scatola con Itachi dentro. Almeno l’aveva ritrovato. Il bambino, tutto intento a mordicchiare i lembi di cartone del proprio rifugio prestò poca attenzione al padre che lo guardava stranito. Si ritrovò, però, ben presto sollevato a mezz’aria da due braccia sicure e forti, e prima che potesse rendersene conto tutto il suo corpo era sorretto dal petto del genitore, che l’aveva attirato a sé.
- ‘papà – disse il piccolo dopo poco, concentrandosi per mettere insieme quelle due sillabe, che ormai ripeteva costantemente da qualche mese. Sasuke lo guardò soddisfatto per poi riportare di nuovo lo sguardo su Sakura. – Meno male che hai un papà, Itachi. Si può sapere dove eri finito? Non dirmi che la mamma ti messo nello scatolo per non farti gironzolare oltre -.
- ‘mamma! – urlò il piccolo battendo allegro le manine, dando al padre quell’unica parola per risposta. Sasuke sospirò rassegnato, convinto della follia della compagna più che mai, ma deciso a perdonarla perché in fondo lei lo perdonava sempre. Gli lanciò comunque un’occhiataccia perché adesso preparare la cena ad Itachi spettava a lui, e in quell’ultimo fugace sguardo notò la fotografia che la donna teneva stretta nella mano destra. Gli si avvicinò, con il piccolo tenuto saldamente da un braccio, mentre l’altro si allungava verso di lei per strapparle la foto di mano. Si accorse solo allora l’espressione serena che lei aveva sul volto, e sempre più curioso si decise a prestare tutta la sua attenzione allo scatto. Inconsciamente ripeté gli stessi gesti che aveva compiuto Sakura prima con Itachi, spiegando la foto e osservandola attento. Un sorriso gli decorò il volto quando riconobbe se stesso e la donna all’Hanami di qualche tempo fa. La guardò di nuovo e il suo sguardo si addolcì un po’, sempre nel limite nel quale si possa addolcire uno sguardo cupo come il suo, capendo al volo il perché di quell’espressione beata e in quali sogni, anzi ricordi, si fosse persa Sakura.
 
Le immagini di quel giorni gli attraversarono per un attimo la mente, portando con loro un’idea azzardata.  -Andiamo in cucina adesso Itachi, devo assolutamente esercitarmi nel preparare una cosa, ed è meglio che la mamma dorma- disse, ottenendo sempre i soliti gorgoglii come risposta. L’ Uchiha cercò in tutti i modi di ricordare dove Sakura tenesse i suoi inutilizzati libri di cucina, poiché doveva assolutamente essere in grado di cuocere dei dango decenti, o almeno migliori di quelli di lei. Già pregustava il momento in cui, all’Hanami ormai prossimo, avrebbe avuto l’occasione di saldare un vecchio conto, spalmando un po’ di riso sul viso della compagna. Ed anche se era vero che non avevano più diciannove anni, era altrettanto vero che non ne avevano ancora compiuti ventisei e che lui era sempre stato abituato ad aspettare molto per la sua vendetta. Era pur sempre un vendicatore, per l’appunto. Sorrise luciferino ad Itachi, pensando che un po’ di riso lo avrebbe  distribuito anche su di lui, tanto per ricordargli tutte le notti insonni che gli aveva fatto passare. Così sarebbero stati coinvolti tutti e tre, vivi e felici insieme sotto i fiori di ciliegio che si apprestavano a sbocciare tra qualche settimana. D’altronde l’Hanami era la festa preferita della nuova famiglia Uchiha.
 

 
 
 
 



 
Fine.




 


Note d'autrice.
Ecco qui ^-^ Questa storia partecipa al concorso "OneShot Contest - Angst vs Fluff" sul Forum di Efp.
Io la famiglia Uchiha me la sono sempre immaginata un po' folle, divertente, piena di contraddizioni e amore ben nascosto. Sakura e Sasuke poi, li adoro, e da adulti secondo me non possono far a meno di litigare dalla mattina alla sera. Ho adorato scrivere la parte del loro primo appuntamento, che costituisce il nucleo centrale della storia, ed io me lo sono sempre immaginato così. Voi che ne pensate?
Grazie mille per aver letto^^
***Fa parte della serie : S&S - Love Prisoners; insieme alla storia "Amore, Ricordi e Uchiha"



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