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Autore: Mrs Maddox    09/02/2014    0 recensioni
-" William,c-che cosa sei...tu?"- balbettai, con la poca voce che mi restava.
Lui chiuse un attimo gli occhi,con aria disperata, e appena li riaprì mi disse quello che non mi sarei mai aspettata di sentire. Furono le ultime parole che percepii, prima di sentire le mie gambe cedere, cadere a terra e sprofondare nel sonno.
-"Io sono uno Shadowhunter, un cacciatore di demoni"-
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Storia ambientata nel XXI° secolo nonostante alcuni personaggi, che fanno parte di Shadowhunters- Origini, siano nel XIV° secolo. Inoltre i personaggi sono gli stessi ma la storia è completamente diversa: infatti nessuno degli avvenimenti di cui si parla nei libri di shadowhunters è già accaduto. Ci tengo a precisare che ho citato anche alcuni personaggi di TMI. Nonostante questi siano vissuti nel presente, nella mia storia fanno parte del passato. L'opposto avviene con quelli di Shadowhunters_le origini, che,invece, si ritrovano nell'epoca moderna.
Genere: Dark, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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ALISON’S POV
-E’ bello qui, decisamente-
Avevamo trascorso il pomeriggio in centro, girato molti negozi di abbigliamento e visitato i vari quartieri di Londra.  Gli unici miei pensieri erano: vestiti, scarpe, trucchi e accessori , non più , tristezza, malinconia e paura. Erano le sei e ci trovavamo in un delizioso cafè, poco distante dalla metro, e Jem mi aveva appena offerto un’ottima cioccolata calda. Era stato così premuroso. Non è facile trovare qualcuno che è disposto a girovagare per ore per una metropoli accompagnandoti a fare spese.
-Intendi il bar?-
-No, non solo il bar. L’intera città è davvero meravigliosa.-
-Meglio di dove vivevi prima?-
-Si, decisamente, ma mi mancano mia madre, i miei fratelli, i miei amici … -
-Di amici te ne farai altri, riguardo ai tuoi fratelli e tua madre invece … so che ci tieni ancora a loro ma non erano la tua vera famiglia-
Quell’affermazione un po’ mi infastidì. Lui come faceva a sapere quello che provavo? Come mi sentivo? Chi era per dire tutto quello?
-Per me lo sono. Secondo te dovrei considerare “mia madre” quella che mi ha abbandonato quando ero appena nata?-
-Non volevo intendere questo … dico solo che forse dovresti iniziare ad abituarti a questa realtà. E’ questa la tua nuova vita. Poi potrai andarli a trovare ogni tanto, però solo quando tutta questa situazione sarà sistemata-
-Posso chiamare a casa?-
Jem ci pensò su per un po’ ma alla fine cedette.
-Va bene, usa il mio telefono. Una sola chiamata va bene?-
-Grazie mille-
 Gli allacciai le braccia al collo per ringraziarlo.  Ci allontanammo subito però. Lui non se lo aspettava e neanche io avrei mai immaginato di gettarmi letteralmente su di lui. Cambiammo subito discorso, per far sparire quell’aria di imbarazzo.
-Ma  quando avete capito cosa siamo davvero io e Emily, avete tolto dalle nostre madri quella specie di incantesimo per far credere a loro che eravamo in vacanza studio?-
-Si, dal momento che sapevano tutto su di voi gli abbiamo raccontato tutto: il vostro trasferimento qui, la scoperta sulla vostra natura, e tutto il resto. Erano entrambe molto amareggiate di dovervi lasciare a noi, ma così le era stato detto appena avete fatto il primo passo in casa loro. Non potevano fare altro. Sapevano che questo momento sarebbe arrivato e hanno dovuto rispettare la loro promessa, ovvero lasciarvi andare e affidarvi agli Shadowhunters.-
Una lacrima scese silenziosa lungo la mia guancia ma l’asciugai subito.
Dovevo essere felice e giocarmi bene quell’unica opportunità di parlare con mia madre.
-Dammi il telefono allora-



   ***
Andai fuori, da sola. Lasciai Jem dentro promettendogli di fare in fretta. Composi il numero e attesi.
Squillava, ancora e ancora. Nessuna risposta, solo un continuo rimbombo che continuava finché si attaccava la segreteria. Strano. Mia madre aveva sempre il telefono acceso e a portata di mano. –Non si sa mai, potrebbe esserci un’emergenza da un momento all’altro-  mi diceva sempre. Dovevo portarmi tutti i giorni il telefono a scuola, o in giro, e così facevo. Lo tenevo sempre vicino a me, quel piccolo scatolino elettronico con la cover rosa/pesca. A proposito, dove lo avevo lasciato? Sicuramente in camera. Quel giorno me n’ero completamente dimenticata.
Passarono tre o quattro minuti. Già cinque chiamate senza risposta. Tentai un’ultima volta.
-Pronto?- rispose una voce femminile diversa da quella di mia mamma. Anche se non era la mia vera madre, lo sarebbe comunque rimasto per sempre nel mio cuore.
-Ehm, salve. C’è mia madre? Sono Alison-
Calò il silenzio dall’altra parte della chiamata.
-Dio mio, Alison!Sto da tua madre, sono la madre di Emily, lei è lì con te? Come state?-
-non benissimo purtroppo, signora.  Emily non è con me al momento, mia madre invece? Dov’è? vorrei parlarle per quel poco che posso.-
-Ah, va bene tesoro.-  disse con una punta di delusione. Avrebbe voluto parlare con la “figlia” e lei probabilmente non l’aveva ancora chiamata.
Si sentirono dei passi.
-Eccola che arriva, aspetta un attimo -
Non fece in tempo a pronunciare quel “mo” finale che si sentì un grande tonfo. Poi un urlo. Quello di mia madre.
-dove sono le due shadowhunters?-  tuonò una voce rude e tagliente.
La ricezione del segnale stava cedendo. Non si sentiva quasi più nulla.
-O mio Dio Alison non tornate! Scap …-
E la linea si interruppe. Con essa anche io rimasi immobile.  Poi crollai.
C’erano solo il rumore delle auto che spargevano smog nelle strade, chi suonava i clacson, chi conversava davanti a una buona tazza di cioccolata e io, accasciata al suolo, le mani tra i capelli, il respiro affannoso.
Il mio pianto attirò l’attenzione dei passanti, che si fermavano per chiedere se avessi bisogno di aiuto. Io non parlavo, ma tremavo e singhiozzavo. Ben presto ci fu una vera e propria folla attorno a me, che quasi mi soffocava con tutte quelle domande.

-Alison!-

Arrivò Jem. Oltrepassò a spintoni e gomitate quelle persone, ordinando gli di girare a largo. Molti di loro lo fecero senza dire nulla, altri commentando i suoi modi bruschi, altri ancora allontanandosi dopo avermi rivolto i loro sguardi pieni di pietà e compassione. In particolare c’era un bambino, più o meno sui sette anni, che attirò la mia attenzione. Era stretto alla gamba snella della madre con un lecca lecca fra le mani impiastrate di zucchero.  Avrei tanto voluto essere io al suo posto. Con una vita tranquilla, una madre vicino e un bel dolce accanto, invece della ragazza disperata stesa sul marciapiede.
Jem mi aiutò ad alzarmi in piedi e mi abbracciò calorosamente.
-Chè è successo?-
-m-mia madre e la madre di Emily h-hanno bisogno d’aiuto –
-in che senso? Che vuoi dire?-
-Ho chiamato. Ad un certo punto la porta è sbattuta, ho sentito una voce strana e minacciosa che diceva qualcosa del tipo dove sono le shadowhunters e poi puf. E’ caduta la linea. Ti prego dobbiamo aiutarle.-
-Certo, muoviamoci. Cerchiamo Will e Emily e andiamo all’istituto per prendere le armi.  Poi io e Will andremo lì.-
-cosa? Anch’io devo venire, Jem! Si tratta di mia madre, delle nostre madri!-
-non so Alison, vedremo-
Mi prese per il polso e iniziammo a correre.  Le macchine ci bussavano,  le persone si scansavano perché rischiavamo di travolgerle. Dopo poco già avevo il fiatone ma questo non mi impedì di continuare.
 
EMILY’S POV
Mentre parlava il suo respiro caldo arrivava a stuzzicare la mia guancia. Il mio corpo era scosso da tanti piccoli brividi che partivano dalle dita dei piedi fino alle punte dei capelli. Che bella sensazione. Will. Will. Will. Mi piaceva così tanto. 

Eravamo abbracciati l’uno all’altra. Lui mi teneva da dietro, le mani saldamente allacciate sul davanti della mia giacca. La sua testa sulla spalla, i capelli neri a mischiarsi col castano chiaro dei miei. Avrei voluto rimanere in quella posizione ancora per molto ma lui si scansò. Nonostante ciò, rimanemmo comunque vicinissimi. Mi fece voltare verso di lui, il mio viso a pochi centimetri dal viso. Sentivo il suo alito, sapeva di menta fresca.
-Adesso voglio sapere io qualcosa di te- disse tutto a un tratto. Eravamo pericolosamente vicini.
-Del tipo?- deglutii. Stava per accadere quello che pensavo?
-Non saprei … del tipo, quanti ragazzi hai avuto fino ad ora?-
-Non sono affari tuoi- risi- e poi … chi ti dice che io non sia già fidanzata con qualcuno del mio vecchio paese?-
-Se lo fossi stata ti saresti già allontanata- Si avvicinava sempre di più. Pochi millimetri distanziavano le mie labbra dalle sue.
-da cosa?-
-da questo-
Mi baciò. Finalmente.  Le mie braccia allacciate al suo collo, le sue dietro la mia schiena.
Fu un bacio lungo, appassionato, vero.  Anche solo per poco ero riuscita a dimenticarmi di tutti i problemi di quella giornata.
Non ci importava di tutte le macchine che passavano, della gente che si girava verso di noi, della pioggia che nel frattempo stava cominciando a calare lentamente, prima di diventare un diluvio. Quasi non me ne accorsi.

Finimmo di baciarci quando eravamo ormai zuppi, accaldati e esausti. Però ridemmo, insieme.
Corremmo verso la strada, decisi a tornare all’istituto perché oramai si era fatto tardi. Nel frattempo il temporale si era calmato, evidentemente era uno di quelli che finivano dopo pochi minuti

Fummo interrotti.

-Will!-
Jem correva verso di noi, allarmato, insieme ad Alison, con gli occhi gonfi di pianto.
-Finalmente vi abbiamo trovato! Vi cerchiamo da un’eternità-
-perché? E’ successo qualcosa?-
Alison emise un gemito. Piangeva, ancora una volta. Doveva essere successo qualcosa, e sicuramente niente di buono.
-Si tratta delle loro madri. E’ successo qualcosa di brutto, dobbiamo correre in fretta da Charlotte e avvertirla-
-Va bene, ma cosa è accaduto?-
-storia lunga, ti racconto per strada.-
Ricominciammo a correre tutti e quattro. Jem al fianco di Will davanti, io e Alison dietro. Cercai di consolarla e farmi dire qualcosa su cosa l’aveva sconvolta così tanto ma riusciva solo a rispondere a monosillabi. Era terrorizzata. Sconvolta.




***
Arrivammo che era appena calata la sera. Erano a stento le sette ma non c’era  più alcuno spiraglio di luce. Le nuvole si erano ritirate ma ce n’era ancora qualche soffice batuffolo a infagottare il cielo privo di stelle. Non c’era vento, nessun rumore tranne quello dei nostri ultimi passi sugli scalini dell’edificio.
Appena dentro ci togliemmo i vestiti, ormai rovinati dall’acqua, e ci precipitammo in cerca di Charlotte.  Urlavamo – Charlotte!- nei corridoi vuoti ma non ricevevamo risposta. Ad un certo punto da una stanza esce una cameriera. Non una qualsiasi, Sarah. Tra tutte doveva essere proprio lei? Quella che più detestavo? Ripensandoci,però, Will mi aveva baciata e ciò voleva dire niente più occhiate e scambio di abbracci con lei, o no?
-Cercate Charlotte?-
Ma certo intelligentona. Il nome di chi abbiamo urlato fino ad adesso?
-Si, sarah, sai dov’è?-
-Nel suo studio, è rimasta rinchiusa lì tutto il pomeriggio-
-Okay grazie mille-
E senza degnarla di uno sguardo in più, Will si affrettò a raggiungere lo studio e noi lo seguimmo a ruota. Non riuscii a fare a meno di notare l’occhiata omicida che mi aveva lanciato la cameriera ma non ci feci troppo caso.
La porta dello studio si spalancò. O meglio, fu spalancata da una forte spinta di Will.
-Charlotte!Abbiamo bisogno di te-                                                                                                                   
Il capo dell’istituto, seduta dietro la scrivania con gli occhi fissi sul suo lavoro,  alzò la testa di scatto. Si tolse gli occhiali tondi da lettura e si alzò in piedi.
-Che succede,Will?-
-Abbiamo un problema, e dobbiamo intervenire al più presto-
Le spiegò tutto nei dettagli in meno di cinque minuti. Non passo un minuto di più che Charlotte si stava già organizzando sul da farsi. Sarebbero andati quella sera stessa a casa della madre di Alison ma, (avevo capito bene?), senza di noi.
-Non potete lasciarci qui!- sbottai
-Dobbiamo, cara, ancora non siete addestrate, non potete venire con noi-
-Ma si tratta di mia madre! Delle nostre madri! Dobbiamo venire anche noi-
-mi dispiace Emily, non si discute. Questa è la mia decisione- rispose seria. Non avevo alcuna intenzione di ribattere, tanto che era stata gelida la sua voce. Come faceva a non capire? Era mia madre quella in pericolo! non una persona qualsiasi!
Mi voltai e uscii diretta verso la mia stanza, ormai in lacrime. Non avevo mai pianto così tante volte in un giorno solo. Will mi bloccò sulla porta.
-Emily, non fare così. E’ necessario che rimaniate qui per la vostra sicurezza. Sarah e le altre si occuperanno di voi e anche Bridget-
-Non mi importa, vai via da me-
Mi staccai dalla sua stretta, che nel frattempo mi aveva serrato attorno al polso, e andai in cerca della mia stanza. Fortunatamente la trovai senza molte difficoltà. Sbattei la porta dietro di me e scivolai con la schiena fino al pavimento, continuando a piangere.
 


ALISON’S POV
Non avevo aperto bocca davanti alla scena nello studio di Charlotte.  Ero rimasta zitta, cercando di contenere tutta la rabbia e la delusione per non potere accompagnarli in quella missione. Durante la strada di ritorno mi ero ripromessa di smetterla di piangere per tutto e affrontare gli ostacoli a testa alta. Fu per questo che non dissi nulla agli altri che, quando Emily se ne era andata via, erano rimasti a fissarmi in attesa di una mia simile reazione. Io mi ero congedata semplicemente con un – Va bene, fateci sapere tutto quando tornerete- per poi andarmene anch’io. Invece di svoltare in camera mia, andai in quella di Emily e la trovai seduta davanti alla porta. Piangeva.  
-Vedrai che quando torneranno ci faranno sapere tutto-
-Non ne dubito, Alison, ma volevo andare anch’io. Si tratta di mia madre! Delle nostre madri!-
-Si anch’io sono delusa, ma devi ammetterlo, non siamo ancora un granchè come cacciatrici di demoni e non siamo abbastanza addestrate-
-Si questo lo so ma … -
- Niente “Ma”, basta. Tranquillizziamoci e aspettiamo-
 Mi sedetti accanto a lei per consolarla. Pochi minuti dopo si riprese e cominciammo a parlare delle cose successe quel pomeriggio, giusto per distrarci un po’. Io ero fiera di me: per una volta non avevo pianto e aspettato che qualcuno mi venisse ad asciugare le lacrime ma avevo mantenuta un atteggiamento serio e sicuro. Certo, un po’ si percepiva il mio dissenso e la mia preoccupazione ma riuscii comunque a nasconderli abbastanza bene.
Pochi minuti dopo si sentiva il rumore degli zoccoli dei cavalli che trasportavano la carrozza fuori dal cancello.












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Rieccomi col sesto capitolo. Questo è un pò più corto degli altri, purtroppo trovo sempre meno tempo per scrivere:(. Comunque, la storia non mi sta convincendo più così tanto quindi non so se continuerò ancora per molto. Mi farebbe comunque piacere se recensiste o mi lasciaste qualche messaggio riguardo a questo capitolo o alla storia in generale. Un bacioo 
  
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