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Autore: Rejected    09/02/2014    4 recensioni
Quasi dimenticavo, tra poche ore avremmo dovuto lasciare casa, a San Diego: ci saremmo definitivmente trasferite a casa del nuovo fidanzato di mia madre, ad Huntington Beach.
Lei non era di qui, di San Diego. Era nata ad Huntington Beach, appunto, e si era trasferita una volta sposata con mio padre, per motivi di lavoro. [...] Lì aveva incontrato un suo vecchio compagno, con il quale andava molto d'accordo quando stava al liceo, e che aveva divorziato qualche anno prima. Ricominciarono a parlare e a frequentarsi, finché lui non si dichiarò, un anno fa, e chiese a mia madre di sposarlo. [...] Aveva anche un figlio della mia età, ma non sapevo nulla di più, mamma disse che sarebbe stata una sorpresa.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, The Rev, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Welcome to the family

Capitolo uno


"Phoebe?"
Mugugnai.
"Phoebe, è ora di svegliarsi! Dobbiamo finire di preparare le ultime cose!" mi gridò mia madre dalla cucina, al piano di sotto.
Quasi dimenticavo, tra poche ore avremmo dovuto lasciare casa, a San Diego: ci saremmo definitivmente trasferite a casa del nuovo fidanzato di mia madre, ad Huntington Beach.
Lei non era di qui, di San Diego. Era nata ad Huntington Beach, appunto, e si era trasferita una volta sposata con mio padre, per motivi di lavoro.
Avevo perso mio padre circa cinque anni fa, per una malattia. Per anni mia mamma non era riuscita a rifarsi una vita con nessun altro uomo, nonostante l'avessi spronata a farlo. L'unica volta che ero riuscita a farla uscire di casa, era per farla andare ad una riunione della sua vecchia classe del liceo. Lì aveva incontrato un suo vecchio compagno, con il quale andava molto d'accordo quando stava al liceo, e che aveva divorziato qualche anno prima. Ricominciarono a parlare e a frequentarsi, finché lui non si dichiarò, un anno fa, e chiese a mia madre di sposarlo.
All'inizio ero contentissima, finalmente sarebbe riuscita a rifarsi una vita, però quando mi disse che ci saremmo dovute trasferire, mi crollò il mondo addosso. Non volevo lasciare la scuola, i miei amici, ma non ho avuto scelta.
Aveva anche un figlio della mia età, ma non sapevo nulla di più, mamma disse che sarebbe stata una sorpresa. 
"Phoebe, non ho intenzione di chiamarti un'altra volta"  urlò ancora una volta mia madre.
"Sono sveglia!" risposi, alzando anche io la voce.
"Porta giù i tuoi scatoloni, sono arrivati i ragazzi dei traslochi"
Alzai finalmente il culo dal letto, con poca voglia, e iniziai a staccare i vari poster che avevo appesi in camera. Non me ne sarei di certo sbarazzata, sarebbero venuti con me e mi avrebbero fatto sentire a casa una volta sistemate nell'appartamento nuovo.
Li sistemai nello stesso scatolone contenente la mia collezione di CD, mi vestii con un paio di shorts e una maglietta semplice, mi legai velocemente i miei lunghi capelli lisci, color nero con qualche ciocca viola, e raggiunsi mia mamma in cucina per fare colazione.
"Buongiorno mamma" dissi, lasciandole un bacio sulla guancia.
"Hai proprio il sonno pesante" mi rimproverò.
"Sai che ho problemi ad alzarmi dal letto" cercai di scusarmi.
"Non ci provare, la verità è che sei solo pigra!" rise lei.
Mi sedetti al tavolo, dove trovai una tazza di latte caldo e una brioches ripiena di crema pasticcera.
"Come mai la brioches?" chiesi a mia madre, non era solita comprarmi questi "pasticci".
"Sarà una giornata impegantiva oggi, hai bisogno di forze" disse, finendo di sistemare le ultime cose nelle borse.
"Già... E, dimmi" dissi, addentando la mia colazione "quanto tempo ci vorrà? Per il viaggio, intendo"
"Circa due ore, dipende dal traffico"
Feci spallucce e finii di mangiare, misi la tazza nel lavandino e tornai in camera; sarebbe stato un lungo viaggio, avrei dovuto scegliere qualcosa da ascoltare in auto.
Riaprii lo scatolone con i CD e, dopo qualche minuto, scelsi il CD degli Operation Ivy, una band di Berkeley, vicino a San Francisco, e Dude Ranch dei blink-182, una band della mia città natale.
Richiusi lo scatolone giusto pochi secondi prima che irrompessero in camera mia gli uomini del trasloco, che erano saliti apposta per prendere la mia roba. Diedi un ultimo sguardo alla mia camera, per poi allontanarmi, con un po' di magone. Per fortuna avevo già salutato i miei amici la sera prima, non avrei sopportato di guardarli mentre mi allontanavo dalla città.
Salimmo in macchina e ci dirigemmo verso Los Angeles. A metà viaggio mi addormentai, quando mi annoio mi viene naturale. Quando mi svegliai, lessi un cartello sopra un bivio l'autostrada che diceva "Huntington Beach - Anaheim"; mi venne una strana sensazione, sicuramente non ero pronta a tutto questo, ma non avevo scelta.
Dopo una mezz'oretta arrivammo finalmente a destinazione. 
"Ti accompagno a scuola" disse mia madre, di getto.
"Eh? Come?" la guardai attonita, non pensavo dovessi iniziare scuola proprio oggi.
"Sì, ho chiamato la preside ieri e mi ha detto che non ci sarebbero stati problemi e ti avrebbe ammesso a lezione dopo la ricreazione" 
"Potevi dirmelo prima, non ho nemmeno un libro o un quaderno o-"
"Te li farai prestare da qualcuno, così inizierai presto a fare amicizia con i tuoi nuovi compagni" mi sorrise, ma io sbuffai.
Non sopporto questo comportamento di mia madre, lo fa sempre. Mi organizza le giornate e non si preoccupa nemmeno di chiedermi se abbia qualcosa da fare o meno.
Non potendo oppormi, mi feci lasciare davanti alla Huntington High.
"Vuoi che ti accompagni dentro?" chiese mia madre.
"Tranquilla, non mi perderò" le feci l'occhiolino, per poi addentrarmi nella scuola.
Forse non era stata una grande idea quella di entrare da sola nella scuola, dato che non avevo la minima idea di dove andare, però sicuramente mia mamma mi avrebbe messo a disagio e avrebbe detto qualcosa di troppo, meglio evitare.
Una cosa che non volevo assolutamente era essere notata: avrei passato le giornate tranquillamente e da sola, ci sto bene. E poi, conoscendomi, sabrebbe stato difficile per me farmi nuovi amici.
Trovai un ragazzo, seduto a fumarsi una sigaretta, così decisi di avvicinarmi per chiedergli informazioni, aveva una faccia simpatica.
"Ciao" iniziai a parlare, ma notai che aveva delle cuffiette nelle orecchie, così gli diedi dei colpettini sulla spalla, fino a farlo girare verso di me.
Aveva dei capelli neri, alzati con del gel, degli occhi verdazzurri, qualche tatuaggio e dei piercings in volto, un septum e degli snake-bites, al labbro inferiore.
Appena mi vide, iniziò a squadrarmi dalla testa ai piedi, mettendo mi un po' in agitazione.
"Scusami, sono nuova di qui e sto cercando la segreteria per confermare la mia iscrizione, puoi aiutarmi?" dissi, abbozzando un sorriso.
"Certamente, è in fondo a questo corridoio" rispose lui, sorridendomi.
"Grazie mille! E scusami per il disturbo" lo salutai, allontanandomi, mentre lui mi fece un gesto con la mano.
Arrivai davanti alla segreteria, vidi la segretaria al telefono, così le diedi il foglio d'iscrizione e mi sedetti sulla prima sedia libera che trovai. Si sentivano delle urla provenire dalla stanza accanto e, d'un tratto, la porta si spalancò.
"Alla prossima sei fuori Sullivan! Questo è l'ultimo avvertimento che ti do, combinane un'altra delle tue e puoi ritenerti espulso dalla scuola! E ora vai a casa, non voglio più vederti fino a domani"
Alzai lo sguardo, vidi un ragazzo uscire sbuffando, evidentemente era stato richiamato dalla preside perché aveva combinato qualche danno. 
Era molto alto e magro, con dei capelli scompigliati. I nostri sguardi si incrociarono per un secondo e notai i suoi occhi. Erano di un blu acceso, non avevo mai visto degli occhi così belli, tanto che arrossii e abbassai lo sguardo.
"Signorina Davis, si avvicini pure" mi esortò la segretaria.
Mi avvicinai e la donna mi scortò nell'ufficio della preside, parlammo qualche minuto e mi venne consegnato l'orario delle lezioni, dopodiché fui accompagnata nella mia aula. 
La signora bussò alla porta, entrò e parlò al professore che, dopo avermi notata, chiuse il libro e si rivolse alla classe.
"Bene ragazzi, colgo l'occasione per presentarvi una nuova compagna di classe. Si è iscritta stamattina, spero la accogliate come si deve. Prego, entra pure" disse, allungando il braccio verso di me, come per esortarmi.
Feci un respiro profondo e varcai la soglia: fu meno traumatico di quanto pensassi, i ragazzi mi salutarono con aria molto amichevole. Dopotutto, non dovevano essere così male.
"Allora, vuoi dirci come ti chiami e da dove vieni?" fece il professore.
"Io sono Phoebe Davis, mi sono trasferita qui da San Diego con mia madre" spiegai.
"Bene Phoebe, puoi accomodarti lì, vicino al nostro caro Zachary, che come vedo si è preso la libertàdi farsi una dormitina!" affermò, avvicinandosi al banco del ragazzo e sbattendo un libro su di esso, facendo spaventare il ragazzo.
Quando si alzò finalmente lo riconobbi, era il moretto che avevo fermato nel corridoio della scuola. Mi fece un sorriso, che io ricambiai, per poi avvicinarmi e sedermi accanto a lui.
"Allora emh... come hai detto che ti chiami? Credo di non aver afferrato il nome" disse ridendo.
"Phoebe" risposi.
"Zachary, ma puoi chiamarmi Zacky"
"Piacere di conoscerti"
"Come mai ti sei trasferita qui?" mi chiese, voltandosi verso di me e dando tranquillamente le spalle al professore, che intanto spiegava.
"Mia madre si risposa. Ci siamo appena trasferite a casa del suo nuovo ragazzo" iniziammo così a parlare, finché non terminò la lezione.
Suonata la campana, Zacky fece cenno ad un ragazzo che lo aspettava fuori dall'aula, così mi salutò e se ne andò.
Io, da parte mia, mi alzai e uscii da scuola, avvicinandomi a mia madre che, intanto, mi aspettava fuori dal cancello, dove mi aveva lasciato stamattina.
Entrai in macchina e subitò iniziò a farmi un sacco di domande sulla giornata.
"Mamma, sono appena arrivata, dammi un attimo per respirare! Arrivate a casa ti spiegherò tutto con calma"
Arrivate a casa, ci sedemmo al tavolo e iniziai col raccontarle del mio nuovo "amico" - lo chiamai così, anche se effettivamente parlammo solo un'ora - e poi accennai alla scenata che vidi davanti alla presidenza.
Quando cominciai a spiegarle i dettagli, qualcuno entrò in casa: era il futuro marito di mia madre che, appena mi vide, mi abbracciò forte.
"Tu devi essere Phoebe, tua mamma mi ha parlato tanto di te! Io sono Joe. Dimmi, com'è andato il viaggio? E la scuola? Ti trovi bene con i nuovi compagni?"
Era davvero entusiasta di vedermi, chi l'avrebbe mai detto! Non mi sembra un uomo cattivo, anzi mi ha fatto una buonissima impressione. Ora capisco perché mamma se n'è innamorata.
Risposi a tutte le domande quando, improvvisamente, la porta si aprì di nuovo: con mia enorme sorpresa, il ragazzo che mi si presentò davanti altri non era che il ragazzo che era stato ripreso dalla preside.
"Jim, lei è Phoebe, la ragazza di cui ti ho parlato" disse Joe, indicandomi.
"Piacere, James" il ragazzo si voltò e mi guardò velocemente, per poi salire le scale e chiudersi in camera sua.
Sinceramente, ci rimasi un po' male. Non mi aspettavo di certo un saluto come quello di Joe, ci mancherebbe, ma nemmeno una cosa così...fredda.
"Forse è meglio che vada anche io in camera mia, così sistemo le mie cose" affermai, dirigendomi al piano superiore della casa.
Notai che la mia camera e quella di James erano vicine, così ne approfittai per provare a fare quattro chiacchiere con lui, giusto per rompere il ghiaccio; bussai alla porta.
"Avanti" affermò il ragazzo, con voce roca.
"Hey ciao" dissi entrando in camera e cercando di iniziare una conversazione con lui.
Lo vidi sdraiato nel letto, intento a far roteare una bacchetta tra le dita, evidentemente doveva essere un batterista.
"Non vedi che sono impegnato?" disse con tono scocciato.
"Scusami non intendevo-"
"Vattene" rispose.
"Ma-"
"Ho detto che te ne devi andare"
"Ma vaffanculo" mi voltai di scatto, facendo sbattere la porta alle mie spalle.
Che stronzo! E io che volevo essere carina con lui, nonostante non sia nella mia indole. Bene, che si fotta. Io non ho intenzione di stare dietro ad un bambino viziato come lui, non è l'unico a cui questa cosa non va giù e di certo non deve prendersela con me! Se questo primo giorno è andato così, non oso proprio immaginare gli altri.
  
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