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Autore: ClaryMorgenstern    09/02/2014    1 recensioni
Isaac alzò lo sguardo, senza poter vedere la platea. Quando i dottori lo avevano privato della vista, gli avevano assicurato che tutti gli altri sensi si sarebbero raffinati per compensare la perdita, e Isaac ci aveva riso su. Non aveva idea di cosa farsene del super olfatto se non ci poteva vedere.
Questo fino a che non aveva scoperto il violino. l
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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È il pensiero della morte che, in fine, aiuta a vivere.
Umberto Saba

Il ragazzo alzò una mano in segno di resa e si abbassò in un inchino.
Scrosci di applausi si infransero intorno a lui, come una marea di onde che lambiva il suo spazio vitale. Li sentiva distintamente, ognuno di essi, come se fossero a pochi centimetri di distanza e non sul palco a diversi metri da loro.
Isaac alzò lo sguardo, senza poter vedere la platea. Quando i dottori lo avevano privato della vista, gli avevano assicurato che tutti gli altri sensi si sarebbero raffinati per compensare la perdita, e Isaac ci aveva riso su. Non aveva idea di cosa farsene del super olfatto se non ci poteva vedere.
Questo fino a che non aveva scoperto il violino.
Era stata Hazel Grace Lancaster a regalarglielo, per i suoi diciotto anni. «Beethoven era sordo ed era un grande compositore.» gli disse. «Pensaci: Sei avvantaggiato»«»
Isaac aveva riso e l'aveva ringraziata, ma aveva riposto il violino in uno stanzino per un bel po'. Non avere la vista era già un bel problema con le ragazze, cominciare a suonare il violino sarebbe stato un contraccettivo naturale.
Poi, quasi un anno dopo, aveva sentito la sua voce. Era al parco, una mattina d'inverno, a fare colazione insieme ai suoi, e l'aveva sentita. La sua voce era inconfondibile, come se ce l'avesse stampata a fuoco nella memoria.
Monica. E il suo fidanzato. Lui le aveva detto che l'amava, e lei aveva risposto Sempre.
Nella sua vita c'erano stati solo altri due momenti in cui era stato tanto arrabbiato come allora. Quella che Hazel Grace chiamava la notte dei trofei distrutti, in cui lei lo aveva lasciato, e quando Augustus si era liberato del peso di essere una persona. Quella notte Isaac era uscito di casa e aveva urlato contro il cielo, contro il mondo, e contro quel Dio, infimo e crudele, che si era preso il suo amico.
Era tornato a casa urlando come un pazzo, chiendosi dove cazzo fossero dei trofei quando servivano. La sua camera, gli disse sua madre, era un cimitero di cose distrutte, e lui le aveva risposto «Bene, è così che mi sento»«»
Aveva aperto lo sgabuzzino a memoria in cerca di altro da distruggere e aveva preso la prima cosa che gli era capitata. Era qualcosa di liscio al tatto e duro: La custodia del violino.
L'aveva presa, improvvisamente confuso, e l'aveva aperta sul letto. Con le mani sentì il legno liscio e fresco dello strumento. lo prese e se lo pose sul mento, come aveva visto fare da qualcuno una volta in qualche film. Poggiò l'archetto sulle corde e mosse la mano. Lo strumento produsse un suono sdridulo, segno che doveva essersi scordato, ma era la cosa più bella che Isaac avesse mai sentito in tutta la sua vita. Sembrava un pianto provenire direttamente dal suo cuore, come se quello strumento riuscisse a sentire tutto il dolore che il ragazzo aveva dentro e piangere insieme a lui.
La mattina dopo si fece iscrivere da sua madre ad un corso di violino per principianti. Sei anni dopo eccolo lì, davanti a una platea immensa che lui non poteva vedere, a piangere musica fatta di dolore.

Quella sera era uscito nella fredda notte Newyorkese, insieme al suo cane guida. Un grosso labrador, gli avevano detto, dal pelo bianco sporco. L'aveva chiamato Gus. ed era la sua guida nell'oscurità.
Sentiva Gus trottolellargli intorno come un pazzo. Nonostante la sua disabilità, preferiva comunque farsi a piedi la breve distanza che c'era tra il teatro dove si esibiva e il parco dove si sedeva a riposare dopo ogni concerto. Era quasi l'una del mattino, quindi non doveva esserci nessuno al parco a portare il cane.
Si sbagliava. C'era una ragazza che rideva nel parco e un cane che abbaiava allegro. Isaac arrivò ad una panchina e si sedette, quindi si abbassò e levò il collare a Gus. «Va a trovare qualche cagnolina sexy» gli disse.
Gus gli diede un colpetto col muso sulla mano, quindi si allontanò.
Isaac prese la custodia del violino che teneva a tracolla e la posò sulla panchina, per poi sdraiarsi posando la testa su di quella. Era una delle cose più rilassanti del mondo, mentre sentiva Gus andare avanti e indietro.
E poi gli mancò il respiro. Con un colpo di tosse improvviso finì a terra, sbattendo con la faccia. Sentì Gus arrivare in mezzo secondo, ringhiando contro l'idiota che si era seduto su di lui.
«Scusa scusa scusa!» sentì urlare da una ragazza molto distintamente mentre Gus lo aiutava a rimettersi in piedi, come avrebbe sempre fatto. «Non ti avevo visto, è così buio qui fuori»
«Beh, è molto buio dovunque,» le disse sprezzante. «Ciò non toglie che dovrebbe guardare dove si siede»
La ragazza sbuffò. «Beh, lei non dovrebbe dormire sulle panchine di un parco pubblico, se dobbiamo proprio essere sinceri.»
Isaac non rispose e prese la custodia del violino, riattaccando il guinzaglio a Gus. «Perchè non mi guarda?» chiese la ragazza.
«Se potessi guardare signorina, sarebbe davvero un piacere. Sono sicuro che in quel caso l'avrei vista sedersi su di me» disse, rialzandosi.
La ragazza fece un verso sorpreso. «Oh, mio Dio.» disse. «Lei è Isaac Morgan? Il violinista cieco?»
Isaac rise. «Caspita che bel soprannome. Dovrei farmelo stampare su una maglietta»
La ragazza lo prese improvvisamente dalle spalle e Isaac fu così sorpreso che lì per lì non reagì. Lo fece Gus per lui, ringhiando contro la sconosciutai, «Mi scusi» disse di nuovo, ed Isaac ebbe la sensazione che lei fosse arrossita. «Io sono Clare, e mi creda: E' davvero un piacere conoscerla»
Ora fu Isaac ad arrossire. Riprese la custodia e fece per andarsene. «Come ha detto lei, sono solo un violinista cieco. E' stato un piacere più per me che per i miei polmoni, Clare.»

La riincontrò quasi due mesi dopo, in un bar sulla quinta strada. Era seduto al bancone con Gus accanto a prendere un caffè macchiato e una fetta di torta. La sentì ridere e la riconobbe immediatamente. «Credo che la mia cagnolina abbia una cotta per il suo cane.»
Isaac si voltò senza vederla. Sentiva il suo calore sulla pelle, doveva essere molto vicina. «Gus è un Don Giovanni. Spero che la sua cagnolina non si faccia troppe speranze.»
Lei ridacchiò di nuovo, e Isaac si rese conto di quanto quel suono fosse adorabile. «A me sembra molto coinvolto, sa?»
Aveva ragione. Isaac riusciva a sentire chiaramente gli uggiolii teneri provenire da Gus alla sua destra. «Allora mi sembra giusto farli stare un po' insieme. Ha qualche impegno stasera?»

Isaac non tornava a casa da tre anni. Da quando Hazel Grace Lancaster si era liberata del peso di essere un essere umano in una calda notte di Giugno. Lui era lì con lei, con una mano stretta fra le sue al Memorial. Era tornato solo per lei, quando suo padre l'aveva chiamato dicendo che ad Hazel non era rimasto più molto da fare in quel mondo. Aveva interrotto il tour ed era tornato in Indiana. Erano soli, dato che i genitori erano finalmente andati a riposare dopo una veglia di trentasei ore. «Sto sorridendo» gli disse lei. «E' normale sorridere?»
«No, è da pazzi» gli rispose Isaac.
«Si, hai ragione.» aveva risposto lei. Un colpo di tosse le mozzò il respiro. «Ma va bene così. Mi piacciono le mie scelte, e tutto quello che hanno comportato. Continuano a piacermi»
Il ragazzo era ormai sicuro che non stesse più parlando con lui. La stretta di Hazel divenne sempre più leggera fino a quando non aveva sentito con infinita chiarezza il lungo bip dell' ECG.
Il giorno dopo il funerale era partito, e non era più tornato.
E adesso era lì. Sulla tomba di Augustus Waters, proprio accanto a quella di Hazel Grace. Clare, al suo fianco, gli aveva stretto la mano e aveva pianto. «Piango per te» gli disse. «Perchè so che tu non puoi»
Isaac lo sapeva. E la amava, per questo.


  
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