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Autore: Just a dreamer_    10/02/2014    1 recensioni
"Perchè ora?".
"Cosa vuoi dire?".
"Perchè me lo dici proprio adesso?".
"Perchè dopo tutto quello che abbiamo passato dovevo dirtelo, indipendentemente dalle tue scelte e dalle tue risposte".
[...]
"Probabilmente penserai che sono pazza. Probabilmente te ne andrai urlando o mi caccerai via. Ma ti prego di ascoltare, ti prego di vedere".
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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~ANGEL


"Perchè ora?".
"Cosa vuoi dire?".
"Perchè me lo dici proprio adesso?".
"Perchè dopo tutto quello che abbiamo passato dovevo dirtelo, indipendentemente dalle tue scelte e dalle tue risposte".
Lui rimase in silenzio, fissandola senza capire.
Lei mandò giù il groppo che le si era formato mentre andava a casa sua. Non aveva preso né autobus né macchina, era andata a piedi per cercare di guadagnare tempo e mettere insieme un paio di frasi sensate, con scarsi risultati.
Ed ora era lì, davanti a lui, davanti a tutto ciò per cui valeva la pena di essere al mondo. Aveva la bocca asciutta e il cuore le batteva talmente forte che sarebbe potuto esplodere nella cassa toracica, ma allo stesso tempo il battito le sembrava lontano come i rumori della città che scorreva e viveva al di fuori di quell'appartamento, dove tutto era immobile.
Poteva vedere il pulviscolo atmosferico vicino alla finestra inondata di luce che galleggiava nell'aria; poteva sentire le voci di una coppia di anziani nell'appartamento vicino che parlavano di quanto fosse bravo il loro figlio; poteva percepire la tensione che correva per tutto il corpo di lui. Lui, che stava aspettando una risposta troppo complicata da dare.
Lei si inumidì le labbra e cominciò: "Ricordi la prima volta che ci siamo incontrati?". A quelle parole nella mente di entrambi cominciarono a formarsi delle immagini che lentamente portavano a galla i ricordi. "Nella biblioteca in centro, un venerdì pomeriggio".
"Te stavi leggendo un libro da secchiona, io ero venuto perchè ero il fattorino e dovevo consegnare un pacchetto alla responsabile. Quando ti ho vista eri talmente assorta in quel racconto che non ti eri nemmeno accorta che ti stavo fissando" disse lui, quasi più a se stesso che a lei, alla quale scappò un sorriso.
"E tu hai ben pensato di venire ad interrompere la mia lettura per chiedermi l'ora, un po' patetico, non trovi?".
"Avevo così fretta di parlarti che ho messo in piedi una scusa davvero idiota in effetti".
Parlavano senza guardarsi negli occhi, fissando il pavimento come due bambini vergognosi di tenersi per mano per attraversare la strada in gita scolastica. In quel momento sembravano quasi due sconosciuti con l'imbarazzo nella voce.
"Io ero alquanto divertita ma ti avevo risposto comunque. Poi figuriamoci se te ne sei andato! Anzi, ti sei seduto e sei rimasto lì a farmi domande sul libro fino ad arrivare a parlare della nostra vita. Non ricordo nemmeno come ci siamo arrivati! Quanto siamo rimasti li dentro a parlare? Due ore credo.. E ancora non riesco a crederci" disse sbattendo gli occhi come se l'idea si fosse materializzata davanti a lei e fosse qualcosa di irreale. Più irreale della sua natura.
"E dopo quattro anni, eccoci qua" concluse lui. Non sembrava impaziente di sapere, piuttosto incuriosito dal discorso.
Dopo un minuto o più forse (non era mai stata brava con il tempo), finalmente parlò: "Non so come andare avanti.." disse, incespicando nelle sue stesse parole.
"Perchè mi hai detto di no? Perchè te ne sei andata così?". I bei ricordi che le avevano affollato la testa fino ad allora si dissolsero nel nulla, lasciando spazio all'immagine di un parco, una tovaglia da pic nic e tanto ben di Dio da mangiare. "Avevo preparato quel giorno da settimane". Le sue parole le arrivarono come lame che le squarciarono il petto in un'agonia silenziosa.
"Non avrei voluto che finisse così" disse lei con un filo di voce, pienamente consapevole che ciò non giustificava il suo comportamento. E non sarebbe servito a niente nemmeno chiedere perdono.
Sarebbe voluta tornare indietro nel tempo, fino al principio di tutto, oppure sparire per sempre dalla sua vita, come se non si fossero mai incontrati, come se non avessero passato insieme tutto quel tempo che era scorso fin troppo in fretta, paragonabile ad un battito di ciglia per il suo metro di misura.
"Ce l'ho ancora, sai? Nel cassetto. Speravo che fosse solo un brutto sogno o uno scherzo. Mi aspettavo che da un momento all'altro saresti scoppiata a ridere e avresti detto di si".
Ed ecco che, inginocchiato sulla tovaglia da pic nic, si materializzò lui. Nella mano teneva una piccola scatoletta rossa: all'interno, tutto foderato, c'era un anello. Un oggetto così semplice ma talmente potente da farle avere un tuffo al cuore e riempire gli occhi di lacrime. La sua voce le sussurrò all'orecchio come un fantasma che le fece venire i brividi: "Vuoi sposarmi?".
Poi, il buio. Aveva provato a dimenticare il modo in cui era scappata via, congedandosi con un misero 'scusa', di come si era ritrovata a piangere nel primo vicolo che aveva trovato, sperando solo che lui non l'avesse seguita. Aveva provato, ma non ci era riuscita. Non poteva e non voleva dimenticare.
"L'avrei voluto anch'io, non sai quanto".
"E allora perchè?". Il tono di lui era fermo ma aveva lasciato trapelare disperazione.
Ma lei continuò come se non l'avesse sentito: "Probabilmente penserai che sono pazza. Probabilmente te ne andrai urlando o mi caccerai via. Ma ti prego di ascoltare, ti prego di vedere".
Lui era ancora più confuso e prima che potesse chiedere qualcosa, lei inspirò profondamente e sussurrando un debole 'ti prego' incarcò leggermente la schiena e si immobilizzò per pochi secondi con un'espressione di dolore sul volto. Aveva ragione: se fosse riuscito a scappare l'avrebbe fatto, ma ogni singolo muscolo del suo corpo si era immobilizzato, permettendogli di fare solo un paio di passi indietro. L'unica cosa che gli funzionava era la mascella, spalancata in segno di completo stupore. Era talmente intendo a fissarla che quasi non si accorse che aveva parlato.
"Beh, è andata meglio di quanto pensassi" disse lei con finto tono sarcastico.
"Cosa..". Le parole gli si erano bloccate in gola.
Tutto ciò era impossibile. Guardava allibito  i due amassi uniformi di piume dietro di lei che le avevano lacerato la parte posteriore della sua maglia.
"Sono ali" spiegò lei, come se fossero la cosa più normale del mondo. E dal suo punto di vista effettivamente lo erano. Ma per lui erano pura follia.
"Tu.. cosa.." balbettò lui.
"E' troppo lunga da spiegare, basta che tu sappia che sono un angelo".
"Non può essere.. tu.. è un sogno, vero?".
"Purtroppo no".
Lui fece una risatina nervosa, gli occhi fuori dalle orbite. "Ma certo, adesso mi sveglio e torna tutto come prima! Devo essermi addormentato sul divano".
"Per favore, ascoltami" ripeté lei cercando di mantenere la calma.
"Si, giusto, ora io posso volare, perchè siamo nel mio sogno!".
Lei, spazientita, lo prese per le spalle facendolo sussultare: "No, è tutto vero, questa è la realtà e tu sei completamente sveglio, te lo assicuro".
Tenne gli occhi fermi nei suoi e per un momento credette che sarebbe potuto svenire da un momento all'altro.
"Vuoi sederti?" chiese alla fine.
"No, sto bene, credo". Ed era palese che stesse mentendo.
"Va bene". Staccò le mani dalle sue spalle e le lasciò cadere lungo i fianchi. "Ora posso spiegare?".
Lui annuì debolmente con il capo. Non la stava guardando in faccia, era tornato con lo sguardo sulle sue ali.
"Vuoi sapere perchè sono scappata? Ecco il perchè: sono un angelo e la mia razza ha una concezione diversa del tempo rispetto a voi umani, perchè noi viviamo in eterno. Io non morirò mai" spiegò tutto d'un fiato. Fino a quel momento era come se avesse trattenuto il respiro e stesse lentamente soffocando. Ora era tornata a galla, si era tolta tutto quel peso opprimente che portava da troppi anni, si sentiva paurosamente libera. Ma aveva bisogno di un salvagente per galleggiare, e quel salvagente era proprio la persona che le stava davanti, quella che ora stava cercando di mettere assieme i tasselli, di spezzare la linea tra fantasia e realtà.
"Ci credi nelle favole? Beh, io sono una di quelle".
In parte era vero: per lui era sempre stata bella come un personaggio fantastico, ma ora era diventata una concezione surreale.
Aveva tante, fin troppe domande da farle, ma solo una sembrava veramente importante: "Non mi hai sposato perchè io sarei invecchiato e non sarei più andato bene per te?".
Lei scosse freneticamente la testa: "No, assolutamente no! L'ho fatto per te".
"Per me? Se volevi farlo per me hai preso la decisione sbagliata".
"Tu non capisci. Io voglio che tu viva la tua vita come l'hai sempre vissuta, voglio che tu sia il ragazzo che ho conosciuto in biblioteca, voglio che tu abbia una famiglia e una moglie con cui invecchiare e trascorrere il resto dei giorni".
"Ma io voglio te! Come puoi pensare che possa volere un'altra?".
"Perchè dev'essere così".
"E tutto il tempo che abbiamo passato insieme lo vuoi buttare via? O è tutto tempo sprecato dato che per te a quanto pare è come se il tempo non passasse? Sono stato solo una distrazione, vero?".
"Ho sbagliato tutto.. Non avrei dovuto accettare di uscire con te dopo aver parlato in biblioteca. Avrei dovuto allontanarti..".
"Cazzate. Perchè vuoi rinunciare a tutto quello che abbiamo?".
"Perchè devo farlo, è così che deve andare".
"Quindi è finita? Vuoi abbandonarmi così, come se fossi un oggetto troppo imperfetto nella tua eternità?".
In un impeto di rabbia e disperazione, lei gli prese il viso tra le mani. "Smettila di pensare che lo stia facendo perchè mi sono stancata di te, perchè non succederà mai!". All'improvviso si sentì stanca e vecchia, come se il peso di tutti quei decenni la stesse opprimendo, facendo leva sul petto. "Tu non hai idea di quanti anni abbia passato a respingere le persone, a cercare di non legarmi a nessuno. Poi ho incontrato te.  O meglio, poi ti sei messo in testa di volermi conoscere".
"Ed è stata la migliore decisione della mia vita" la interruppe lui.
Lei avrebbe preferito non sentirlo, ad ogni sua parole tutto diventava sempre più dificile e sarebbe sprofondata volentieri piuttosto che andare avanti con quella tortura.
"La tua vita deve continuare, ma io non ci sarò".
"Io voglio..".
"Anch'io voglio stare con te! Ma non lo capisci? Non possiamo stare insieme perchè io sono diversa da te! Tu meriti tutto il meglio che questo mondo ha da offrirti".
"Allora perchè hai mandato avanti tutta questa messinscena per tutti questi anni?".
"Perchè non ho mai incontrato una persona più cocciuta di te, perchè sei come una droga di cui non posso fare a meno e non hai idea di quanto mi costi dire tutto questo". Si era esposta ed ora era completamente vuota.
"Non c'è niente che io possa fare per farti rimanere? Perchè, fidati, se ci fosse anche solo una remota possibilità, farei di tutto per farti restare".
Il cuore le gridava 'resta!' ma il cervello urlava il contrario. E per troppo tempo aveva ascoltato il cuore.
"No" disse con un filo di voce. "Non c'è niente".
Fece un respiro profondo, inarcò di nuovo la schiena e nel giro di due secondi, proprio come erano sputante, le ali sparirono.
Era pronta ad andarsene quando lui la fermò: "Aspetta! Prima che te ne vada, voglio darti questo". Si avviò verso il cassetto del comodino, lo aprì e tirò fuori la scatolina rossa, poi tornò da lei. "Prendilo, a me non serve più".
Lei aprì la bocca per obbiettare, ma tutto quello che le uscì fu: "Addio, amore mio". Avvicinò le sue labbra a quelle di lui e le appoggiò delicatamente.
"Addio" disse lui, per poi aggiungere: "Ti amo".
Lei prese la giacca e si avviò verso la porta, la aprì e se ne andò, senza voltarsi.
Quando la porta si chiuse davanti a lui, si inginocchiò, portandosi le mani alla testa e pregando che fosse tutto un brutto sogno. Ma, come aveva detto lei, era tutto assurdamente reale.
Doveva andare avanti, questo lo sapeva, ma come? Lei non sarebbe tornata mai più.

Però fece quanto aveva detto: col passare del tempo l'enorme cicatrice causata dalla sua scomparsa si era rimarginata anche con l'aiuto della sua nuova moglie e di suo figlio.
Gli anni trascorrevano inesorabili come la sabbia di una clessidra e pian piano si accumulavano sul fondo, fino ad arrivare agli ultimi giorni.
Ed eccolo lì, in ospedale, attaccato ad un macchinario con un paio di flebo alle braccia. Sua moglie e suo figlio gli facevano visita regolarmente.
I giorni passavano e la clessidra ormai era quasi piena, all'appello mancavano un paio di granelli.
Era giunta l'ora, lui lo sentiva. La sera si stava inoltrando come una mano nera pronta ad accoglierlo nel suo letto di morte. Nella piena coscienza dei pochi minuti di esistenza rimanenti vagò con la mente lontano nel tempo, finchè i pensieri non giunsero a lei. Quanto l'avrebbe voluta lì vicino..
E come per magia o per qualche strano potere occulto, lei varcò la soglia della stanza, vestita da normale donna sposata che andava a trovare il marito. Non era cambiata per niente, la sua pelle era ancora liscia, priva di segni del tempo, i suoi capelli lucenti e lisci come seta e i suoi occhi vivaci come non mai.
"Ciao" disse semplicemente lei, sedendosi sullo sgabello vicino al letto del paziente.
"Ciao" rispose lui di rimando. Non sembrava nemmeno stupito di vederla e non si chiedeva nemmeno come avesse fatto ad entrare dato che l'orario delle visite era finito, non gli importava di niente, tranne che di lei. "Sapevo che saresti venuta, me lo sentivo".
"Non potevo mancare".
Gli strinse la mano adagiata sul fianco e quando la tolse lui sentì qualcosa di piccolo, freddo e duro; aprì il palmo e trovò l'anello.
"Dopo tutto questo tempo?" chiese con la voce che gli si spezzò a metà frase.
"Non ho mai smesso di pensarti. Ho sempre vegliato su di te e sulla tua famiglia. Sono delle persone meravigliose, sono felice che tu sia riuscito ad andare avanti".
"Non mi hai lasciato scelta".
"E' stata la soluzione migliore" concluse il discorso lei. Poi, come se niente fosse, parlò: "Allora, non mi fai la proposta?".
Lui strabuzzò gli occhi e per due secondi il suo viso assunse un'espressione incredula e stranita, che si addolcì in un sorriso.
"Non è decisamente il luogo più allegro".
"Non importa il luogo, importano solo le persone".
Lui chiuse gli occhi per un istante e li riaprì: non era più circondato da pareti bianche e spoglie, non c'erano più quelle dannate macchine che controllavano il suo battito cardiaco e la pressione. Erano in un prato verde acceso, pieno di alberi e fiori. Lui era inginocchiato, lo sguardo rivolto al suo viso, reso perfetto dalla luce del sole che le incorniciava i capelli.
Lui si chiarì la voce: "Vuoi sposarmi?".
Lei sorrise, gli occhi le brillavano per le lacrime e una goccia le rigò la guancia. Si sporse verso di lui in modo da lasciargli mettere l'anello all'anulare della mano sinistra e nel frattempo disse: "Si, lo voglio, l'ho sempre voluto".
"Grazie amore mio. Non ho mai smesso di credere in noi, lo sai?".
"Si, tesoro".
Lo sguardo di lui raggiunse la finestra. Ormai i pochi bagliori degli altri palazzi e la lampada sul comodino erano l'unica fonte di luce.
"E' giunta l'ora di andare" sentenziò infine.
"Sei pronto?".
Lui annuì, lei gli strinse la mano.
"Fammele vedere, un'ultima volta".
Lei si chiuse leggermente in sé stessa e qualche attimo dopo l'espressione tesa si rilassò. Dietro di lei erano apparse un paio di ali bellissime. Lasciò che lui le guardasse, che si soffermasse su ogni dettaglio.
Un gemito uscì dalle sue labbra: l'ultimo granello era pronto per cadere e stava già scivolando verso lo sretto passaggio.
Lei si alzò, avvicinò il viso al suo e gli diede un bacio. Uno solo, che racchiudeva tutti quegli anni, che colmava la sua assenza fino a quel momento. Sussurrò un 'addio' sulle sue labbra. Non servivano altre parole.
La stretta che lui aveva ricambiato fino ad adesso si allentò lentamente, finché la mano si distese del tutto. Il suono muto dell'ultimo chicco caduto risuonò tra le pareti.
Quando lei si rialzò, gli occhi di lui erano chiusi, il volto rilassato in un'espressione di pace.
Si alzò e andò verso la finestra, spalancandola. Rigirò l'anello sul dito e le sfuggì un piccolo sorriso.
E, come l'ultima volta, non si girò. Voleva ricordarlo per com'era una volta, per il tempo in cui erano stati assieme. Si sistemò sul davanzale e, un passo dopo, si librò nell'aria, leggera come una piuma, gli occhi lucidi e il viso verso il cielo, dove era sicura che, come lei lo aveva guardato da lontano per tutti quegli anni, così lui la stesse guardando ora.
"Ciao, amore".



COSA NE PENSATE? FATEMI SAPERE CON UNA RECENSIONE, GRAZIE :)

  
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