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Autore: Xenjas_translations    11/02/2014    13 recensioni
Duncan, 18 anni, incontra una giovane ragazzina, Courtney. I due formano una strana amicizia anche se Duncan inizia a mettere in discussione i suoi sentimenti per la giovane e inizia a chiedersi se ciò che lo lega a lei è solo amicizia o qualcosa di più...
~
La prima volta che la incontrai era un giorno di pioggia scrosciante…
TRADUZIONE ♪
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Courtney, Duncan, Gwen | Coppie: Duncan/Courtney
Note: AU, Lime, Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Rain
 
La prima volta che la incontrai era un giorno di pioggia scrosciante…
 
Non mi ricordo… o non voglio ricordare? Come sono arrivato qui ? Ah, ora ricordo, la giornata era iniziata come ogni normalissima giornata scolastica, prima di concludersi con una nota tragica.
 
Camminavo per i locali della scuola in cerca della mia ragazza. L’avevo vista stamane, qui a scuola, perciò doveva essere ancora qui, da qualche parte, ma il problema era proprio questo! Il primo posto in cui la cercai fu nell’aula di arte, lei di solito era lì, ma questa volta non c’era nessun segno della mia dolcezza dalla pelle di porcellana. La cercai anche in biblioteca, dove ci ritrovavamo tutte le mattine, ma neanche lì c’era. Poi cercai vicino alla palestra, un tetro capannone grigio, dove certe volte ci fumavamo una sigaretta o bevevamo un po’ insieme a degli amici, ma, nemmeno lì la trovai.
Avevo dei vaghi sospetti...
Non so per quale strano impulso, il mio istinto mi riportò all’interno dell’edificio scolastico, vicino all’aula di musica.
L’unico rumore che potevo sentire erano le suole delle mie scarpe che ticchettavano e rimbombavano nel corridoio ogni volta che facevo un passo.
Poi però sentii un suono, una sorta di gemito.
Mi bloccai e tesi le orecchie per cogliere anche il minimo rumore che potesse attraversare quel corridoio deserto.
Poi il gemito si sentì di nuovo, ma questa volta più forte e, non potevo negarlo, quello era un gemito di piacere.
Ma c’era qualcosa in quella voce di gemeva, qualcosa di familiare, troppo familiare.
Percepii una voce bassa che sussurrava qualcosa, ma non abbastanza bassa per non permettermi di capire ciò che diceva…
“Sh, tenete la voce bassa! Volete che vi beccano?” sbiascicai.
“Non ci riesco, anche se solo D… sono morta!” La persona che parlava si interruppe a metà frase, ma ciò non mi importò perché quella voce era così familiare, così…! Una rivelazione orribile, quasi certa, mi colpì come un lampo a ciel sereno.
No, no vi prego, non può ess…
Ma come aprii la porta che portava alla stanza dalla quale provenivano i gemiti, i miei sospetti, orribili sospetti, furono confermati.
Davanti a me, stesa su un antico pianoforte a coda, con i lacci del top slegati che coprivano la sua pallida pelle da Dea, nuda, la mia ragazza giaceva sudata sotto il corpo del mio migliore amico. Era palese, stava facendo sesso e per lo più quando lei era ancora la mia ragazza! I suoi grandi occhi di un profondo verde pieni di lacrime di vergogna mi fissavano. I suoi capelli corvini dalle striature bluastre erano arruffati e parevano quasi maligni e questo mi aveva sempre fatto andare fuori di testa perché erano sempre così quando finivamo di farlo, ma ora, ora questo mi faceva solo stare male.
“Gwen… perché?” chiesi senza poter più nascondere il fiume di emozioni che provavo in quel momento. Lei aveva appena strappato il mio cuore per tritarlo in un milione di pezzi con il suo, nero e pieno di chiodi.
“Duncan…” supplicò la ragazza gotica.
“Da quanto tempo” sibilai.
“Duncan…”
Io la interruppi tagliando in due la sua patetica frase “Da quanto cazzo di tempo stai con lui?” urlai, cercando di combattere contro la mia furia.
“Un mese” sussurrò. Fu come una coltellata al cuore, come se stesse cercando di perforare il mio cuore in cerca di ogni debolezza nascosta all’interno di esso.
“Duncan, mi dis…”
“No, sta zitta! Non voglio sentire le tue stupide parole perché sono solo fottute menzogne proprio come lo eravamo noi!” ringhiai.
A queste parole si rannicchiò dietro quell’individuo dalla pelle abbronzata mentre i suoi occhi di quel profondo verde smeraldo erano pieni di rammarico. Trent mi guardò con sguardo di perdono, ma io mi voltai e feci per andarmene.
Udii dei leggeri passi correre verso di me e una mano umida afferrare il mio braccio. Mi bloccai disgustato.
“Duncan fammi spiegare, ti prego” le sue labbra tremavano incredibilmente e mentre lei pronunciava quelle parole io risi in modo spudorato.
“Non c’è un cazzo da spiegare! Sarebbe tutto falso, proprio come voi due e il nostro amore!” sputai.
“Duncan, ti prego!” supplicò.
“Non mi toccare, puttana! Tu mi vuoi morto! Morto!” Aggrottai le sopracciglia e tolsi quelle mani sudate dalle mie braccia. Mi voltai per andarmene e l’ultima cosa che vidi fu lei, i suoi occhi verdi scuro pieni di dolore e la maglia verde di Trent che le copriva il corpo.
Non la mia maglia, ma quella del mio migliore amico!
Credo che questa immagine rimarrà impressa per il resto della mia vita dentro la mia testa…
Camminai fuori dalla scuola ignorando gli insegnati che urlavano e le persone, tutte false, che mi fissavano pietosi nei miei confronti, perché ormai era ovvio che tutti sapevano ciò che stava accadendo tra Gwen e Trent, tutti tranne me, almeno fino ad ora.
Camminai sotto la pioggia sperando che questa lavasse via tutto il mio dolore, ma non fu così. Mi fermai su quella strada deserta che portava a casa mia e rimasi solo, ancora, immobile, morto per poi urlare e cadere sui miei piedi.
Rimasi così: seduto ammollo nel canale di scolo, sotto la pioggia, bagnato fradicio. Pensavo fosse solo colpa del karma, forse avevo fatto qualcosa di male ad altri cuori schiacciati, come lo è il mio ora.
Sì, credo sia proprio il karma, pensai.
Gwen credeva in questi generi di cose…
Perciò supposi che fosse tornato indietro a prendersi la rivincita ed avevo vinto. Mi sentivo così male, così morto dentro. Non potrò mai più amare, né ora né mai, mi dissi sconsolato nella mia mente.
Non capivo perché mi sentissi in quel modo, voglio dire, non era la prima volta che venivo lasciato da una ragazza, ma ora che avevo finalmente avuto un assaggio della mia medicina, l’amore, credetti che di non poterne ricevere mai più un secondo.
Credevo fosse amore, vero amore, dato che avevamo avuto qualcosa, qualcosa di apparentemente serio, ma mi sbagliavo, mi sbagliavo fottutamente!
Ti odio Karma!
“Scusami, stai bene?” Sentii chiedermi, alle mie spalle, ma pensai di essermi immaginato tutto. Mi sentivo così male che mi stavo immaginando tutto, cazzo!
Forse sono morto… oh, quanto lo vorrei!
“Scusami, ti senti bene?” ripeté la voce, più chiaramente.
Portai la mia testa fuori dalle braccia e dalle ginocchia. La pioggia battente mi offuscava la vista che lentamente divenne più nitida e rimasi come spiazzato nel vedere la persona che stava davanti a me.
Una bambina di undici o dodici anni era lì, sotto un ombrello. Sbatté le palpebre sui suoi graziosi occhi, rapidamente, come se non credesse a quello che stesse vedendo… neanch’io potevo credere a quello che stavo vedendo. I suoi occhi erano di un colore profondo, come quello cioccolato caldo e liquido. Aveva setosi capelli castani che le incorniciavano il volto e le carezzavano le spalle e una pelle color caffelatte con delle lentiggini che le costellavano il nasino all’insù.
Era come un angelo che illuminava la pioggia e l’oscurità di quella giornata.
Per qualche strana ragione, avrei tanto voluto accoccolarmi tra le sue braccia per un po’ di felicità e calore.
“Stai bene?” ripeté con una nota di preoccupazione e compassione nella voce e improvvisamente mi sembrò una persona ostile perché io non volevo la sua compassione. Misi la testa su un braccio sperando che se ne andasse. Ma lei rimase lì, in piedi a fissarmi senza una parola. Sentii la sua presenza, il suo calore e di nuovo fui invaso dalla tentazione di abbracciarla.
Vattene, ti prego, stupida bambina! implorai nella mia testa.
Perché non se ne andava?
Era così interessante la mia sofferenza?
Improvvisamente la pioggia smise di infradiciarmi più di quanto non lo ero già e sentii un calore piacevole invadere la mia spalla sinistra… forse era una mano che mi toccava?
Sì, quella ragazzina toccò la mia spalla e io non rabbrividii a quel calore.
“Tutto bene, Mr. Delinquente?” chiese preoccupata. Forse se le avrei risposto, mi avrebbe lasciato in pace. Scossi la testa sperando che se ne andasse, ma non lo fece.
Ma i suoi genitori non le hanno insegnato che non si parla con gli sconosciuti?
“Qualcuno ti ha fatto del male?” sussurrò quell’angelo di fanciulla. Annuii, ma non capii perché le stavo rispondendo perché io non volevo risponderle!
“Per caso una ragazza?”
Mi irrigidii. L’immagine di Gwen insieme a Trent si stagliò nella mia mente.
“Scommetto che tu, povero, povero Delinquente, non ti offenderai se mi prenderò cura di te” bisbigliò vicino al mio orecchio, sfiorando con le labbra il freddo metallico dei miei piercing per poi trasformarlo in un calore che se ne andò quasi subito come la freddezza della pioggia che mi bagnava poco prima la faccia.
“Mr. Delinquente” annunciò guardandomi negli occhi che bruciavano ed erano probabilmente rossi per il pianto. La guardai anch’io negli occhi e rimasi incantato, non riuscivo a distogliere lo sguardo da quei due pozzi di cioccolata, ero come intrappolato “Ti porterò a casa con me così ti ripulirai e starai al caldo” sorrise felice. Sbattei le palpebre e mi sarei messo a ridere se mi fossi trovato in altre circostanze, ma con lei non riuscivo. L’unica cosa che riuscivo a fare era fissarla incredulo. Alzai un sopracciglio, incerto, ma lei assunse un aspetto ancor più determinato, se possibile.
“Sul serio Mr. Delinquente, ti porterò a casa mia, che ti piaccia o no” si lamentò. Prendere una decisione del genere era un po’ presto vista la sua giovane età.
E poi i suoi genitori non  le hanno insegnato che non si invitano a casa sconosciuti?
I suoi lineamenti dapprima seri, si addolcirono rivelando quell’angelo di bambina che doveva essere.
“Per favore, lascia che ti aiuti. Basta che prendi la mia mano e io mi prenderò cura di te, promesso” sussurrò dolcemente, come se non potesse alzare il tono delle voce per il rischio che si frantumi.
Mi tese una mano e piccole goccioline d’acqua colpirono la sua pelle. Volevo scappare, ma non ci riuscii, non volevo lasciarla sola.
Esitante allungai con cautela la mano, come fosse tossica. Posai la mia grossa mano nella sua, minuscola in confronto alla mia e un calore benevolo mi invase.
No, non avrei mai lasciato la sua manina.
Le sue piccole dita erano avvolte intorno alle mie e lentamente mi aiutò ad alzarmi. Camminammo mano nella mano mentre lei faticava un po’ per cercare di coprirmi con l’ombrello vista la mia altezza superiore alla sua.
Mi accompagnò all’interno di un vialetto che portava ad una grande villa dal prato perfettamente curato. Lasciò la mia mano e sentii improvvisamente freddo, stavo congelando.
Inciampai e lei mi sostenne per non farmi cadere, per poi accompagnarmi all’interno del locale. Era caldo e accogliente.
La bambina si tolse l’impermeabile viole e gli stivaletti da pioggia neri, poi sgattaiolò in giro per casa in cerca di qualcosa mentre io stavo in piedi di fronte all’uscio, senza sapere che cosa fare.
La vidi risbucare dalla stanza accanto con un  asciugamano, me lo porse, ma io non riuscii a prenderlo perché la mia mano non rispondeva ai miei comandi, era congelata.
“Oh mio Dio, stai diventando blu!” squittì conducendomi vicino al grande camino e indicandomi il divano.
Io feci per sedermi, ma lei mi fermò “Stop!” ordinò spalancando gli occhi, le sue guance si tinteggiarono di rosso “Voglio dire, posso mettere i tuoi vestiti nell’asciugatrice?” mormorò imbarazzata prima di andare a prendere qualche altro indumento da mettermi addosso.
Tolsi i miei vestiti bagnati FRADICI e li posai sul mattone del caminetto.
Mi porse una coperta per coprirmi e poi mi spinse sul morbido divano vicino al fuoco.
Mi voltai in direzione della ragazza e lei sorrise orgogliosa, ma angelica.
Prese la mia mano e sussurrò dolcemente “Tranquillo, va tutto bene. Vedrai che i tuoi brutti ricordi se ne andranno presto. Ora riposa” a quelle sue ultime parole scivolai pian piano nel sonno.
 
Faceva troppo caldo! A casa mia non faceva mai tutto questo caldo, tenevo sempre la temperatura bassa. Io odiavo il caldo!
Sentii un fruscio alla mia sinistra… non ricordavo di vivere con qualcuno… Io vivevo solo!
Il mio cuore iniziò a battere come un martello nel mio petto, avevo paura?
La paura è un’emozione a me sconosciuta, non avevo paura di niente, assolutamente niente, tranne di… Mi voltai di scatto verso destra per colpire la prima persona che mi capitava di fronte, ma la prima figura che mi si stagliò davanti fu una ragazzina dalle sembianze angeliche.
“Ti sei svegliato, finalmente” gridò entusiasta. Io battei le palpebre cercando di ricordare che cosa facevo in quell’ambiente a me sconosciuto.
Poi tutto mi travolse… scuola… Gwen… Trent… puttana… camminare… pioggia… bambina… calore.
Strinsi la testa fra le mani e mi costrinsi a non piangere anche se volevo… ma non potevo, non davanti a un angelo.
“Mr. Delinquente, tutto bene?” mi chiese la fanciulla angelica sporgendosi verso di me e avvicinandosi per potermi osservare meglio. Io mi allontanai verso il bordo del divano.
Che cosa ci faccio qui?
Ah, già. Quell’angioletto sciocco mi ha portato qui, nella sua sciocca casa e quella sciocca ragazzina stava pensando che ero un delinquente. Purtroppo per lei non ero di buon umore e il mio carattere non era uno dei più gentili, specialmente in questi casi.
La fissai con sguardo quasi maligno, ma lei non batté ciglio e mi fissò a sua volta, come se trovasse qualcosa di interessante in me.
“Stai bene? Perché non mi sembra che tu stia bene, oppure sto err..” Le balzai addosso stringendo le mie grosse mani introno alla sua bocca, i suoi occhi lacrimavano, le pupille dilatate e piene di terrore.
Sorrisi sadico “Leggi bene le mie labbra, Piccola Principessa. Io non ho bisogno che tu ti preoccupi per me perché le tue sono solo menzogne, proprio come loro lo sono stati con me per tutto il tempo, non voglio la tua pietà perché se lo farai ti farò molto, molto male” urlai. La lasciai andare e lei inciampò all’indietro, non cadde, ma si voltò a fissarmi con i suoi occhi di un color cioccolato ardente. Mi si precipitò addosso e mi tirò i capelli talmente forte che credetti di diventare calvo.
“Stammi bene a sentire, Mr. Delinquente, ti sembra questo il modo di trattare qualcuno che sta solo cercando di aiutarti e che si sta prendendo cura di te?” sussurrò duramente liberando i miei capelli dalla sua presa ferrea. Mi strofinai il capo fissando gelidamente quel sorrisetto che regnava sul volto della ragazzina.
“Dopo potrai giocare con me, ma ora i tuoi vestiti sono asciutti così puoi cambiarti e andare in cucina” mi buttò addosso i vestiti per poi girarsi e andarsene, ma si fermò “Ti chiedo cortesemente di astenerti dal tuo istinto criminale e non rubare niente, grazie” concluse con aria di sufficienza prima di andarsene. Mi sedetti stordito. Mi ero fatto maltrattare da una bambinetta delle elementari?
Mi cambiai e poi, strofinandomi la testa ancora dolorante, entrai in cucina.
La principessa era in piedi su uno sgabello mentre trafficava con qualcosa, non disse niente, nemmeno quando mi sedetti su una sedia lì vicino.
Passarono circa cinque minuti fino a quando non si girò a guardarmi. La principessa degli angeli mi sorrise e mi posò una tazza di cioccolata calda sotto il naso.
Io la fissai scettico.
“Accidenti, non è mica avvelenata o robe simili!” disse.
Alzai le sopracciglia e lei sospirò impaziente. Prese la tazza e bevve un sorso, poi la riposò davanti a me.
No, non era avvelenata.
“Perfetto” dissi mentre esitante prendevo la tazza e assaggiai la cioccolata.
Mmmmmmh, era squisita!
“Devi aver problemi di fiducia o qualcosa del genere, Mr. Delinquente. Voglio dire, sono solo una bambina che sta cercando di aiutarti. Se qualcuno deve aver paura qui, sono io! Ma io non sono una fifona e cerco sempre di rendermi utile” dichiarò mentre si versava da bere. La guardai intensamente e nel momento in cui deglutì mi punto i suoi occhietti addosso.
“Qualcosa non va, Mr. Delinquente?” chiese lei sorpresa.
“No, niente… Ehi, perché continui a chiamarmi così? E’ un po’ fastidioso…” chiesi e lei mi guardò come fosse la cosa più ovvia al Mondo.
“Beh, io non conosco il tuo nome e quindi non so come chiamarti. Allora, come ti chiami?” domandò.
“Duncan” mormorai.
Un attimo! Perché lo ho appena detto il mio nome?
“Bene, io sono Courtney. Courtney Rosemarie Ashton” disse con fare orgoglioso. Io soffocai una risata e lei mi fissò duramente “Che cosa c’è di così divertente?” ringhiò.
“Niente. Ho solo pensato che ti chiamassi Principessa o qualcosa di simile” dissi sorridendo.
“Che cosa? Ma che razza di nome è? Le principesse sono snob, nervose..” si fermò a pensare per un secondo “Aspetta! Tu pensi che io sia snob e nervosa!” strillò.
Io scoppiai in una risata. Courtney mi fissò furiosa, anche se pochi secondi, perché dopo pure lei scoppiò a ridere e non ci fermammo fino a quando non ci mancò il fiato. Calò il silenzio. L’unico suono che sentivamo era la pioggia che batteva sulle finestre.
Guardai Courtney, così bella e angelica e… ma a cosa stavo pensando?
Non potrei stringere amicizia con questa bambina di undici o dodici anni e poi i suoi genitori che cosa sarebbero andati a pensare? Che io sia una specie di pedofilo? Mi alzai di scatto e Courtney mi guardò sorpresa.
“Duncan, stai bene?” chiese esitante.
“Cioè… voglio dire… non lo so.. devo andare prima che arrivino i tuoi genitori. Ehm… grazie per tutto ciò che hai fatto, sei stata molto gentile. Ehm, devo andare ora” mormorai prima di voltarmi e andarmene, ma qualcosa mi afferrò il braccio.
“No, puoi restare. Tanto i miei genitori sono sempre in ritard..”
“Courtney, io…” cercai di dirle, ma lei mi interruppe.
“Ti prego. Duncan puoi restare ancora un po’. Insomma, non mi puoi lasciare da sola…” mormorò stringendo il mio braccio. Sentii l’umidità delle sue lacrime sul mio braccio.
Merda, l’ho fatta piangere!
“Senti Courtney, non posso restare. Devo assolutamente andare a casa, grazie per tutto quanto, ci rivedremo un giorno o l’altro” certo, dovetti mentire. Non potevo rivederla di nuovo perché mi avrebbe solo portato guai. Smise di piangere e mi fisso con i suoi adorabili occhioni da cerbiatta.
“Davvero mi prometti che usciremo insieme qualche volta?” tirò su col naso e mi fissò nuovamente con i suoi occhi cioccolato.
Merda, perché è così difficile mentire a questa bambina? Io mento sempre e non me ne pento mai, ma ora? Ora fa male!
“Sì, lo prometto!” Mentii a fatica e lei mi sorrise debolmente, prima di accompagnarmi alla porta.
“Oh, ecco la tua cartella, l’ho trovata poco fa” sorrise consegnandomela.
“Grazie Courtney… ci vediamo!” Feci un passo fuori dalla porta, sotto la pioggia. Corsi lungo il vialetto, poi mi voltai e vidi Courtney ancora ferma sulla porta. Agitò la manina in segno di saluto prima di rientrate in casa. Il sorriso sul mio volto scomparve nel momento in cui lei si chiuse la porta alle spalle.
Ma a cosa diavolo mi sta succedendo?
Cominciai a correre sotto la pioggia che batteva sulla mia pelle.
Faceva male, cavolo, molto male! Mi ero appena reso conto che la menzogna raccontata a Courtney mi stava facendo contorcere lo stomaco. Le ho mentito e quando lei se ne renderà conto, sarà come se le avessi strappato il cuore, il suo cuore da bambina…
Come cavolo posso pensare una cosa simile? 
Sul mio viso un liquido caldo e salato iniziò a rigarmi le gote.
Perché sto piangendo? Per cosa cazzo sto piangendo?
La pioggia mi faceva sentire coperto di merda… per quello che ho fatto, che ho detto…
Ma per quale fottuta ragione mi sento uno schifo?
 
Quando la incontrai, era una giornata di pioggia scrosciante. E quando mi guardavo indietro, non riuscivo ancora a capire se quel giorno fu un buono… o un cattivo presagio.
 
~  Written by Silent Unheard Child
~ Translated by Xenja
 
Angolo della traduttrice
Salve, oh popolo! Sono Xenja, un’autrice del Fandom e, beh, ho chiesto all’autrice della storia, tale Silent Unheard Child, se potevo tradurre questo vero e proprio capolavoro *-*
Non farò i miei soliti angoli di trenta righe, ma voglio solo dire che questa storia non è ancora completa, per ora è arrivata al capitolo 10, e quindi quando avrò finito di tradurre tutti e 10 i capitoli attenderò gli aggiornamenti dell’autrice. Morale: se non aggiorno per un mese non è colpa mia
Eccovi il link della storia originale
https://www.fanfiction.net/s/7077344/1/The-Delinquent-and-The-Little-Princess
E dell’account dell’autrice https://www.fanfiction.net/u/2338940/
Ultima cosa: RECENSITE, VI PREGO! Non fatelo per me, ma per Silent che sta dando tempo e anima a questa sua bella storia ♥
Grazie,
Xenja ~

 
  
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