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Autore: unannosenzapioggia    11/02/2014    2 recensioni
"Puoi rimanere? Perchè fa male, male, male da morire senza te"
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ginnie aprì gli occhi lentamente, coprendosi con il cuscino a causa della forte luce del sole che filtrava dalla finestra. Si sedette sul letto, con i capelli ancora scompigliati e si guardò attorno. Era da sola, in quella camera che conosceva troppo bene e indossava la maglietta dei Nirvana di Ashton. Ma l’unica cosa – anzi l’unica persona – che desiderava non era lì. Sbuffò alzandosi e recuperando i suoi vestiti sparsi a terra. Si aggiustò i capelli davanti allo specchio e quando si vide riflessa, in lei balenò la speranza di trovarlo di sotto, in cucina, a preparare la colazione, ma poi si rese conto che una cosa del genere non sarebbe mai accaduta. Ashton non era quel tipo di ragazzo che si impegnava con una persona. Ashton era uno spirito libero e nessuno poteva domarlo. Si passò una mano tra i capelli, prima di spazzolarli velocemente; afferrò le scarpe e le infilò per poi scendere le scale di corsa e uscire, chiudendosi la porta alle spalle. Era stanca di se stessa, di lui, di tutto. Non voleva continuare a vivere quella situazione: non andava bene per lei e tanto meno per Ashton. Erano troppo diversi ed era giusto che vivessero vite diverse.
Salì in auto – maledicendo chi le avesse fatto quell’orribile graffio sulla fiancata destra – e partì sgommando. Era amareggiata e aveva bisogno soltanto di una doccia e di un diversivo per non pensarlo.
 
Ashton imprecò con la gomma in bocca quando si accorse che la bomboletta era finita. Si allontanò leggermente dal muro che stava dipingendo e la buttò a terra. Era uscito presto quella mattina, lasciando Ginnie dormire tranquillamente nel suo letto. Avrebbe voluto rimanere con lei e aspettare che si svegliasse, ma quella voglia di andarsene via era stata più forte. Non che non gli importasse di lei, non che non le volesse bene, ma il problema era che provava qualcosa di troppo forte per Ginnie e – non era infatti abituato a questo tipo di cose – non riusciva a gestire quel sentimento. E così, preferiva fuggire.
“Ash – la voce di Luke riecheggiò nella strada completamente deserta – Che ci fai qui? Non sono nemmeno le otto.”
Il ragazzo aprì lo zaino prendendo una bomboletta e tornò a dipingere, senza rispondere all’amico. Perché tutti dovevano fargli il terzo grado? Perché non potevano farsi gli affari loro?
“Va bene – concluse l’amico, mettendosi a dipingere – Non hai voglia di parlare.”
Per un po’ nessuno dei due disse niente. Luke conosceva molto bene quel lato dell’amico e aveva lasciato perdere sin dall’inizio, ma gli sarebbe piaciuto sapere cosa gli passasse per la testa.
“Sono stato un cretino – esordì ad un tratto Ashton – Di nuovo.”
Il ragazzo vicino a lui rise, mentre iniziava a scarabocchiare su un muro lontano qualche metro. Ashton non aveva parlato a voce alta, ma sapeva che l’amico aveva sentito; dopotutto, era quello che voleva.
“Ho lasciato Ginnie a casa – riprese – Dio, sono un coglione!”
Gettò a terra con rabbia l’ennesima bomboletta finita. Capì che avrebbe dovuto comprarne qualcuna nuova, ma non aveva abbastanza soldi e i suoi genitori non sapevano di quel suo particolare “passatempo”.
“Ash, prima o poi dovrai finirla – Luke parlò per la seconda volta – Insomma, si stancherà lo sai.”
Il ragazzo sbuffò. “Hai ragione, ma lei è diversa. Non ha gli occhi azzurri, non gliene importa niente di quello che dice la gente, adora i miei murales e la mia minuscola casa; non ha una famiglia perfetta, non le piacciono le gonne e preferisce le converse e poi è l’unica che mi vuole bene davvero. Mi dici come posso essere indifferente a tutto questo?” – domandò, più a se stesso che all’amico, tutto d’ un fiato – “E so che si stancherà e quello sarà il momento peggiore perché mi lascerà per sempre.”
L’amico scosse la testa, estraendo un’altra bomboletta dallo zaino e passandone una nuova delle sue ad Ashton. “Allora non vedo dove sia il problema.”
Il ragazzo si fermò; la bomboletta a mezz’aria e la faccia sorpresa per le parole di Luke: come faceva a non vedere il problema? “Qui tutto è un problema. Io non mi voglio impegnare, perché cose di questo tipo mi fanno soffocare, ma so che lei ci sta male come un cane. Vorrei tanto che tornassimo ad essere solo amici.”
Luke non ebbe tempo di rispondere, che vide arrivare anche Calum e Michael. Ashton gli tirò un’occhiataccia, facendogli segno di non dire nient’altro. Non che avesse segreti, ma Luke era il suo migliore amico e sapeva molte più cose di quante ne sapessero gli altri due.
 
Ginnie sospirò spazientita davanti a quella valigia troppo piena. Aveva speso tutto il pomeriggio a trovare un modo per riempirla e poi aveva finito per non riuscire a chiuderla. Tolse una maglietta e provò di nuovo, ma non ci riuscì. Iniziò a togliere tutti i vestiti inutili finchè non si ritrovò in mano la maglietta di Ashton. La stessa con cui si era svegliata quella mattina da sola, la stessa che aveva indossato la sera prima dopo aver fatto l’amore con lui, la stessa che amava e che Ashton avrebbe voluto buttare via. La ripiegò velocemente mettendola nell’armadio ormai vuoto. Non voleva più avere a che fare con lui e lasciarla nella sua vecchia camera era la cosa migliore da fare. Respirò di nuovo cercando di non perdere la pazienza e cominciò a riporre i vestiti nella valigia facendo attenzione e cercando di farci entrare tutto. Stava per partire per Londra per passare l’estate da sua nonna. Non viveva proprio in città, ma in periferia e a Ginnie quel posto era sempre piaciuto molto. E poi aveva un gran bisogno di cambiare città, stato, continente, emisfero. Un gran bisogno di cambiare aria. Sorrise quando finalmente riuscì a chiudere la valigia e ad appoggiarla a terra.
“Ginnie – sua madre era sulla soglia della porta che la guardava sorridendo – Dobbiamo andare, l’aereo partirà tra un paio d’ore.”
La ragazza annuì guardandosi intorno. La camera aveva ancora il suo letto, la sua scrivania e il suo armadio, ma era vuota. Vuota di lei, del profumo di Ashton, dei suoi vestiti e delle sue cose. Sapeva che le sarebbe mancata, come anche sua madre, l’Australia e i murales di quella testa calda di cui si era innamorata, anche se non se ne rendeva conto.
“Ginnie – la richiamò – Stai bene?”
Sua madre non sapeva di Ashton, tantomeno di quello che lei provava per lui. Annuì sorridendo, sperando che la donna si tranquillizzasse.
 
Erano quasi le quattro del pomeriggio. Non faceva molto caldo ed Ashton era tornato a casa da un’ora, dopo aver passato la maggior parte della mattina davanti ai suoi murales e alla larga dalla polizia che girava sempre in zona. Aprì di scatto gli occhi quando sentì il campanello suonare. Si alzò controvoglia, sistemandosi la maglietta e passandosi la lingua sulle labbra. Si bloccò di colpo quando sentì sulla sua bocca il sapore forte del burro cacao alla mandorla di Ginnie. Gli venne in mente l’ultimo bacio che le aveva dato la sera prima, quando ancora era sveglia, sdraiata tra le sue braccia e provò un senso di vuoto all’altezza dello stomaco. Si riprese, quando il campanello suonò di nuovo. Accelerò il passo e aprì.
Era Luke e non appena lo vide, Ashton si accorse della faccia preoccupata che aveva.
“Luke, stai bene? – chiese – E’ successo qualcosa?”
L’amico continuava a stare lì, fermo sulla soglia della porta senza dir niente. “Luke!”
Il ragazzo sembrò risvegliarsi dal suo stato di semi-trans. “Devo dirti una cosa, ma non so se ti piacerà.”
Ashton gli disse di entrare e dirgli tutto: gli sembrava davvero preoccupato. “Che succede?”
“Mia sorella mi ha detto che Ginnie parte – iniziò – Starà via per tutta l’est-”
“Che cosa? – Ashton lo interruppe bruscamente – Come se ne va? Dove va?”
“Jane dice che va a Londra da sua nonna per tutta l’estate.” – precisò Luke.
“Quando parte?”
Il ragazzo guardò l’orologio. “Tra un paio d’ore.”
Non ebbe nemmeno il tempo di terminare la frase che Ashton era già corso fuori; le chiavi dell’auto in una mano, la giacca nell’altra e un grande male nel cuore. Se fosse partita non se lo sarebbe mai e poi mai perdonato.
 
Sua madre non aveva più aperto bocca da quando erano salite in macchina per andare in aeroporto. Aveva provato a far dire qualche parola a Ginnie, ma erano stati tutti tentativi inutili. Non sapeva bene cosa avesse la figlia, ma pensò che fosse così triste perché sarebbe stata tre mesi fuori casa, dall’altra parte del mondo. Ginnie, dal canto suo, voleva soltanto che sua madre non si preoccupasse per lei. Da quando i suoi avevano divorziato, lei non aveva fatto altro che trovare modi per farla sorridere e vederla di nuovo felice. Non aveva voluto nemmeno accennarle niente della situazione tra lei e Ashton: primo, perché non c’era nulla da dire; secondo, perché non voleva farla stare in pensiero. Quel ragazzo la stava facendo soffrire come un cane, ma Ginnie preferiva tenersi tutto dentro, piuttosto che angosciare la sua famiglia. Appoggiò la testa al finestrino, guardando quelle strade che aveva percorso mille volte, ma che in quel momento le sembrarono sconosciute e prive di significato. Le sembrava di non esser mai vissuta in quel posto, eppure andarsene significava lasciare tutto e tutti. Perché Ginnie a sua madre le aveva detto che sarebbe rimasta a Londra per tre mesi, ma la sua vera intenzione era quella di rimanere lì il più a lungo possibile. Aveva fatto il biglietto d’andata, ma non quello di ritorno. Sua madre svoltò un paio di volte, avviandosi finalmente verso l’autostrada e quando passarono davanti ai muri dipinti delle case popolari, vicino alla ferrovia, sentì il cuore batterle tanto forte da farle male. Era stata molte volte lì, con Ashton, si era seduta sul marciapiede e lo aveva guardato dipingere: lo ricordava ancora mentre afferrava le bombolette e riportava sul muro il suo talento, ricordava le felpe pesanti che le dava, il suo beanie e l’odore di vernice; ricordava le sue mani sporche di colore che – dopo – le accarezzavano il viso lasciandolo rosso, verde, arancione; ricordava Luke ridere e prenderli in giro e ricordava fare l’amore con lui una volta tornati a casa.
Alzò di scatto la testa quando – passando davanti all’ennesimo murales, ormai in autostrada – da lontano, ne intravide uno che non aveva mai visto. Era abbastanza sicuro che fosse stato dipinto da poco, quel muro. Quando riconobbe la firma e lo stile e lesse la grande scritta, le vennero le lacrime agli occhi. “AI” significava Ashton Irwin. Una lacrima salata le scivolò sulla guancia, e lei si passò immediatamente una mano in quel punto per toglierla, prima che sua madre potesse vederla. I murales terminarono e ormai a metà autostrada, Ginnie pensò che partire sarebbe stata la cosa migliore: a Londra non avrebbe trovato nessuna scritta su un muro, nessuna maglietta di qualche cantante e soprattutto nessun Ashton a lasciarla da sola ogni singola volta.
 
Ashton non aveva nemmeno controllato di aver chiuso l’auto, dopo averla lasciata parcheggiata nei peggiori dei modi all’aeroporto. Fino a quel momento non aveva capito l’importanza fondamentale che Ginnie aveva sempre avuto nella sua vita. Non si era accorto che senza di lei non era lo stesso, che non avrebbe mai trovato nessun' altra come lei. Corse dentro il grande edificio a vetrate, cercando di evitare i turisti che entravano e uscivano trascinandosi dietro le proprie valigie. Alzò lo sguardo sul grande orologio al centro della sala e vide che mancava meno di un’ora alla partenza. Controllò quale fosse il suo volo e salì sulle scale mobili, ma quando arrivò al piano superiore si accorse che era strapieno di gente e che non sarebbe stato facile trovarla, come aveva pensato. Si disse che quello che non era un film romantico e che non ci sarebbe stato un lieto fine. Ma nonostante questo, non smise di cercare. Mancava poco alla partenza, quindi c’erano due posti in cui avrebbe potuto trovarla: o nella sala d’aspetto o all’imbarco. Optò per la prima ed entrò nell’ennesima sala enorme, ma con un paio di occhiate si accorse che non c’era. Così uscì quasi correndo urtando un paio di volte alcune persone, senza nemmeno scusarsi con loro. Percorse tutto il corridoio che lo separava dall’imbarco e si fermò con il fiatone, quando vide una ragazza che stava facendo la fila. Non era alta, aveva i capelli scuri e le unghie nere mangiucchiate. Non era sicuro che fosse Ginnie, ma quando abbassò lo sguardo sulla valigia, sorrise istintivamente. Riconobbe la valigia, quella con cui erano andati in gita in prima superiore e in campeggio l’estate precedente. Respirò cercando di riprendere fiato e si avvicinò a lei.
“Ginnie – mormorò ad un passo da lei, che si voltò – Non lasciarmi ti prego.”
La ragazza lo guardò cercando di capire cosa intendesse. Quello non era Ashton, quella non era una cosa che lui avrebbe mai detto.
“Ash, per favore – lo pregò – Vattene e lasciami partire.”
Lui scosse la testa, l’afferrò per un braccio e la trascinò via. Ginnie non sapeva come comportarsi, sentiva soltanto di voler salire sul quel maledetto aereo e andarsene una volta per tutte.
“Ero in fila per l’imbarco! – esclamò, liberandosi dalla sua presa – Devo partire Ashton, cosa vuoi?”
“Torna a casa con me, ti prometto che da oggi in poi le cose tra di noi andranno diversamente.”
Lei accennò un sorriso scuotendo la testa. “Quello che tra c’è tra noi non ha senso e non può cambiare, lascia perdere.”
Fece per andarsene, vedendo la fila scorrere ma lui la fermò di nuovo. “Allora non hai capito – Ginnie respirò pesantemente; il viso di Ashton ad un centimetro dal suo e il suo profumo di vernice troppo forte – Tu torni a casa con me.”
La ragazza alzò un sopracciglio e incrociò le braccia sul petto. “Perché dovrei farlo?”
Afferrò di nuovo la valigia e riprese a camminare. La fila era terminata e l' hostess stava aspettando soltanto lei.
“Perché sono innamorato di te, Gin. – disse alla fine, allargando le braccia. Sorrise trionfante quando vide la ragazza bloccarsi di colpo – Lo sono sempre stato e tu l’hai sempre saputo. Sei una delle persone più importanti della mia vita e se ti lascio partire, so che ti perderò per sempre.”
Ginnie tornò indietro. “Devo andare da mia nonna, Ash. – fu il suo unico commento – Mi aspetta, non posso rimanere qui.”
Nel profondo del suo cuore, a Ginnie avevano fatto piacere quelle parole. Anche lei ne era sempre stata innamorata, ma conoscendo il carattere del ragazzo non pensava che provasse quel tipo di sentimento.
“Cavolo Gin – si spazientì – Ma non ti ho proprio insegnato niente? Staremo da me, ci nasconderemo a casa mia per tutta l’estate, andremo al mare e tua madre non verrà mai a saperlo.”
Lei scosse la testa. “No, non posso.”
“Oppure – azzardò lui, riprendendo a parlare – Potremmo dirlo a tua madre, se ti farà stare più tranquilla, o a tua nonna, o a Luke, o a tutti. Tutti devono saper-”
Ginnie sbiancò completamente quando si rese conto di quello che voleva fare il ragazzo. “Ash per favore.”
“Devono saperlo tutti qui, va bene? – urlò – La vedete questa ragazza? È la mia vita e la amo con tutto me stesso. Se partirà e mi lascerà per sempre, me ne pentirò a vita perché non sa quanto sia fondament-”
La ragazza andò verso di lui, lasciando cadere la valigia e cercando di evitare gli sguardi degli altri su di loro che stavano ridendo, e gli mise una mano sulla bocca. “Va bene, hanno capito: torno a casa, ma non fare mai più una cosa del genere.”
Ashton sorrise, prendendole il volto tra le mani e baciandola. La strinse a sé, assaporando di nuovo il sapore dolce delle sue labbra.
“E’ molto bello il murales.” – gli soffiò Ginnie sulle labbra, una volta interrotto il bacio.
Il ragazzo sorrise malizioso, recuperando la valigia. “Allora andiamo, che non vedo l’ora di vederti indossare i miei boxer mentre dormi nel mio letto.”





Salve!
Mi aggiungo anch'io al grande numero di scrittrici che scrivono sui 5sos! E' la prima os che posto su di loro, ispirata proprio dal nuovo singolo "She looks so perfect" anche se come potete vedere, prende una piega diversa. Non ho molto da dirvi, essendo il mio primo scritto dedicato ad Ashton, quindi mi auguro soltanto che vi piaccia e che vi spinga a lasciare qualche recensione.
Vi saluto, sperando di tornare presto a scrivere su di loro.
un bacio, Giulia

 
  
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