Chapter One
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Il Mondo Cambierà Domani –
The World Will Change
Tomorrow
Ci sono giornate strane, che cominciano bene o male dalla mattina, in cui apri la
finestra, guardi il cielo e ti dici “oggi sarà un giorno migliore!” e poi la
giornata ti va da schifo.
E magari proprio quel giorno parte con
un’interrogazione di latino… a sorpresa. E si da il
caso che tu non abbia studiato.
Mattine che partono con il caffè della macchinetta che fa più
schifo del solito (come se fosse possibile). E mattine
invece che partono male ma finiscono bene.
Poi c’è un tipo di mattina, tinta di un
unico inesorabile colore. Grigio.
Tinto di quella
normalità che diventa noia, come i collant color “Fumo di Londra” che se poi ci pensi è uguale al
fumo di Roma, di Parigi, o dell’Islanda.
Grigio, monotono, monocromo.
E non fai nient’altro se non sbadigliare.
Ecco la mattina di quel 27 gennaio. E tra tutto quel grigiume una macchia di giallo.
Le All Stars di una ragazza che alle 6.30 di quel lunedì aspetta
l’autobus.
In ritardo, come al
solito.
Sotto il cielo di Milano, cupo, con il
fumo delle ciminiere delle fabbriche di periferia che
si confonde con lo sporco dell’asfalto.
6.35 è ancora li.
Quella ragazza, 18
anni, capelli biondi, occhi verdi, e troppi pensieri nella testa.
Lei e quelle insolite scarpe gialle.
Probabilmente se le chiedi perché così
lei ti risponderà che Milano ne ha bisogno.
Che via Cavour
quella mattina grigia ha bisogno di un po' di giallo.
Che ne ha bisogno anche il cartello
scrostato dell’autobus che ti dice:
FERMATA A TOBU
Dove siano finite la U
e la S è un mistero.
A che pensa quella ragazza?
Pensa che quella vita le va stretta, come
i Jeans che ha provato il giorno prima e che erano
della taglia sbagliata.
Le sta stretta la
Scuola, le sta stretta la Casa.
Le stanno stretti i pensieri fissati
della mamma. Che come un incubo le intimano i cento centesimi
alla maturità.
E lei pensa che probabilmente i
100/centesimi non li prenderà.
Prenderà 99/100 solo per far dispetto. Per dirle in faccia che lei non è perfetta. Che nessuno lo è.
Tutto si affolla nella testolina
spaesata, mentre dalle cuffiette dell’I-Pod escono le
parole di “Famous Last
World”.
Perché alle 6 e 40 hai ancora sonno, e serve la
voce di Gerard dei My Chemical Romance per svegliarti. Perché
lo schifoso caffè assomigliante a acqua tinta non è
servito a molto.
“I am not afraid
to walk this world alone”
“Non ho paura di camminare in questo
mondo solo”
Io invece si...
Hai sempre bisogno di qualcuno su cui
contare.
Non sono sola.
Ci sono tante persone a cui voglio bene.
Tanti nomi che non sono passati, sono rimasti.
C’è “Lui”.
Già lui, carino, il suo ragazzo.
E poi “loro”
Non carini, bensì fantastici.
La grande Compagnia.
6.50
Finalmente l’autobus arriva e la ragazza
si perde tra l’altra gente.
C’è un liceo ad aspettarla, una giornata
da passare, la maturità che si avvicina e un nuovo giorno che deve cominciare.
È una mattina come tante a Milano, Ma da
domani per Chiara sarà un mondo diverso.
Sarà un mondo diverso per te,per il tuo nome, chiaro come il colore delle scarpe, come
il cielo d’inverno, come un sogno di notte, come l’alba di domani.
Sarà diverso, perché qualcosa spezzerà la
routine. E non sarà il giallo delle tue scarpe. Ma bensì un qualcuno.
Qualcuno che in questo
momento russa spaparanzato su un letto in una camera sconfusionata.
Che è da solo 20 minuti
che dorme. E sono gia le 7.
Ma domani.
Ora resta solo il silenzio di quella
strada ormai vuota.
E Chissà magari quelle All
Stars domani saranno grige.
Milano forse riuscirà a splendere da sé.
La sveglia suona.
Non si sa come, non si sa perché ma alle
7. e 30 la sveglia suona.
Una manata, precisa da
pugile la sbatte poco aggraziatamente per terra.
Fine della vita della sveglia.
Una breve esistenza
terminata su un tappetino blu della carica dei cento uno.
Cosa ci fa in quella stanza?
La risposta non c’è.
Se ne sta lì
immobile tra vestiti buttati, poster di Eminem e
cianfrusaglie.
Se ne sta davanti a
un letto occupato.
Occupato giusto da poco.
Occupato da una figura che reagisce male
alla sveglia, reagisce con il mal di testa ed è già tanto che non abbia ancora
vomitato.
Bella vita eh…
Esci alle 7 di sera torni alle 7 di
mattina.
Peccato che l’alcol si senta.
Suona un cellulare.
Ma nessuno risponderà.
Non di certo quel
ragazzo di diciannove anni, che si crede quasi un dio e che vanta una lista di
conquiste che fa invidia alla Divina Commedia di Dante. Continua a suonare, l’inno del Messina.
Accanto a quello una foto. Un bimbo
sorride all’obbiettivo.
Tra le mani un
pupazzo, ride. Gli è appena caduto un dente. Manca dal sorriso.
Dove sarà
finito quel bimbo? Forse è chiuso in un album di foto, forse è sotto a un cumulo di vestiti, forse è in
quel tappetino.
Sarà da qualche parte dentro a lui? O se ne è andato per sempre?
Certe cose non le sai.
Aspetti…
Aspetti che un giorno quel bimbo trovi
una ragione per tornare.
Solo ore più
tardi quel ragazzo si sveglia.
Si veste ed
esce.
Quanto tempo ci
starà in casa? Quante volte ha già varcato quella porta? Tante domande, poche
risposte.
Che hai sognato Alessandro?
Hai sognato una birra? Una nuova “amica”?Una nuova discoteca?
Forse non lo sai. Fra qualche giorno
sognerai lei.
E forse non rientrerai alle 7 di mattina.
Forse dormirai comunque fino a tardi.
Non per il troppo
alcol, bensì per un altro tipo di cosa.
Per due occhi verdi.
Per quel sorriso.
Per quel No.
Perché prima o poi
ci si innamora.
E c’è chi lo dice.
Ce una prima volta per tutto.
E non sarai tu a farti male, sarà quel
bimbo che cadrà da una bici perché non ha le rotelline.
Perché, Ale, è difficile imparare. È difficile
imparare ad amare.
ANGOLO
SCRITTORI.
Non
ve l’aspettavate?
Forse
nemmeno noi…
Perché ricominciare a riscrivere Are You My Dream?
Forse
perché la storia iniziava a starci stretta, forse perché
non volevamo che fosse la classica storia Secchiona-Figo.
Volevamo
fosse di più.
Volevamo
dare a loro un carattere più spesso e complesso.
Siamo
cambiati noi e anche loro.
Perché ciò che scrivi
alla fine ti rispecchia.
Buona
lettura e commentate, perché per un autore non vi è miglior gratificazione che
conoscere l’effetto del proprio lavoro sulle altre persone.