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Autore: Silinka    12/02/2014    3 recensioni
Harry si era intrufolato nel suo letto senza farsi sentire, doveva averlo raggiunto quando lui già era nel più profondo dei sonni, ed ora si stava avvinghiando al corpo di Louis stringendolo a sé per strapparlo alla solitudine che l’aveva coccolato fino a poco prima.
L’odore di Harry era cento volte migliore rispetto a quello delle coperte pulite dell’hotel che li stava ospitando. Era il suo odore, il loro.
«Sei sveglio piccolo Lou?» domandò con voce impastata dal sonno, le labbra a muoversi sul collo del maggiore facendolo sussultare. Non avrebbe voluto svegliarlo.
«Sht, dormi Harry, è ancora presto» mormorò cullando il riccio cercando di farlo riaddormentare.
«Beh, se così fosse, solo a titolo informativo, sappi che nascosto in valigia ho il perizoma viola, quello col fiocchetto rosso che ti piace tanto. Stavo pensando, è un po’ che non lo tiriamo fuori no?» disse vago, con tono leggermente malizioso, trattenendo una risatina che gli fece tremare il petto.
***
Larry
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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kkk Os scritta per l'iniziativa "Il Prompt Del Lunedì" del gruppo di facebook WankiFic.
Prompt di lunedì: 10/02/2014
Praiting: Harry/A Scelta
Raiting: A Scelta
Prompt: immagine




Notti Insonni e Fiocchetti Rossi


Louis si lasciò cadere sfinito sul letto. Le lenzuola sapevano di pulito, era un profumo impersonale quello che l’abbracciò, insopportabile. Il tipico odore dei detersivi presi in grandi quantità per lavare carichi e carichi di biancheria. L’odore che respirava da tre anni a quella parte. L’odore che ormai aveva assunto anche la sua vita. Impersonale.

Sbadigliando scalciò via le Vans bianche, non si spogliò nemmeno, il sonno gli appesantiva talmente tanto le membra che non riuscì a trovare la forza per far null’altro. Era troppo stanco anche per concedere alla malinconia – che lo catturava sempre nel suo vortice in sere come quelle quando si ritrovava ad affrontare il buio da solo – di assalirlo e graffiargli il cuore con le sue spine.

Chiuse gli occhi lasciando che un pesante sospiro lo portasse via. La luce del sole sarebbe arrivata anche troppo in fretta e lui sarebbe stato anche troppo solo quella notte.


Lou sbuffò sonoramente. La pioggia picchiettava sull’ombrello, le borse della spesa gli stavano stritolando le dita, le chiavi di casa si erano infilate chissà dove in chissà quale tasca e lui si stava bagnando da capo a piedi. Affatto, il malumore e il nervosismo che l’avevano colto quella mattina non erano passati per nulla anzi, se possibile erano andati aumentando. Si sarebbe fatto corrodere il fegato con la sua stessa bile, sarebbe esploso, avrebbe litigato con qualsiasi essere vivente avesse incrociato la sua strada, due giorni di totale solitudine per sbollentare e poi tutto sarebbe tornato all’inizio del ciclo. Per riniziare, ancora e ancora.
Il fatto che Harry, nonostante il periodo di pausa dal lavoro, fosse stato con lui per non più di cinque giorni a fila era una delle tante cause del suo nervosismo. Forse una delle più grandi. Il fatto che proprio il riccio dall’animo ribelle, in quei giorni, si fosse fatto beccare dai paparazzi in giro con Grimshaw
– Dio! le mani gli prudevano al solo pensiero di quel muso da cavallo – era stata una delle tante goccioline che avevano fatto traboccare il vaso. Forse la più grande. Forse era stato più un vero e proprio calcio inferto alla sua precaria sopportazione che l’aveva fatta schiantare rovinosamente a terra.
Reggendo solo con la sinistra le tre borse di plastica riuscì ad infilare la chiave nella toppa, la serratura scattò due volte – strano quando usciva chiudeva sempre con tutte le mandate – e scivolò silenzioso all’interno dell’abitazione. Grondava acqua da tutte le parti, i capelli gli ricadevano davanti agli occhi e i vestiti erano zuppi.

Una doccia, urgeva una doccia. Sicuramente l’acqua bollente sarebbe stata in grado di lavagli via di dosso, oltre che il freddo, almeno mezzo strato dei nervi che guizzavano pericolosamente vicino alla superficie pronti a esplodere.

Abbandonò tutto sul piano di lavoro in cucina, compreso il pacchetto delle sigarette – fradicio anche quello – per andarsene. Avrebbe sistemato dopo, tanto non avrebbe dormito, già lo sapeva, non riusciva a dormire ultimamente, almeno così avrebbe avuto qualcosa da fare anziché vagare per il suo appartamento come uno zombie dall’anima in pena, sempre che gli zombie l’avessero avuta un anima. L’avevano? Non era sicuro di questo punto. E se ne erano sprovvisti? Forse l’avevano solo a metà, infondo erano redivivi quindi… Insomma, era un bel dilemma. Magari più tardi avrebbe chiamato Liam per chiedergli un parere, giusto per disturbarlo un po’ ecco.

Con questo tarlo a rosicchiargli la mente – almeno stava riuscendo a non pensare a
quel qualcuno che figurarsi se si degnava di farsi vivo, magari era tanto preso da Faccia da Cavallo e i suoi amichetti che si era dimenticato che Lou stesso era ancora in circolazione sul pianeta terra – si addentrò nel corridoio buio.
Nulla, sul cellulare non era segnato nulla. Nessuna chiamata persa, nessun messaggio, davvero come se fosse sparito dal mondo. Quella volta non si sarebbe fatto corrompere facilmente.

Oltrepassò lo studio, la dispensa, la sua stanza, il soggiorno fiocamente illuminato.

A quel punto si fermò.

Le luci del soggiorno lasciate accese? No, un attimo, qualcosa non quadrava. Louis era quel tipo di persona che spegneva sempre la luce quando non serviva, ogni volta che usciva da una stanza chiudeva l’interruttore, lo riteneva uno spreco inutile, per questo si stupì non poco di vedere il bagliore rischiarare l’arco che immetteva nel salone.

Timoroso tornò indietro di un paio di passi e si affacciò oltre lo stipite di legno scuro per controllare cosa stesse accadendo.

E quando lo fece…

E ciò che vide…

Tossì strozzatosi con la sua stessa saliva.

Il cuore gli sussultò nel petto, tremò, fece un paio di capriole e si schiantò contro la cassa toracica bloccando i polmoni e qualsiasi altra capacità razionale del ragazzo. La mascella crollata a terra lasciandolo con la bocca spalancata.

Harry, proprio lui, seduto sull’angolo del divano, le braccia appoggiate sullo schienale, era lì che lo stava aspettando. Indosso aveva – forse era meglio dire cosa non avesse – un perizoma di tessuto viola scuro con un piccolo fiocchettino rosso nel centro che lasciava scoperta più carne di quanta fosse lecito, delle autoreggenti scure che gli fasciavano le slanciate gambe e null’altro. Restava la fioca luce dell’alta lampada da lettura posta alle sue spalle a vestire il petto del ragazzo di ombre e luce. Ogni muscolo delineato alla perfezione, i tatuaggi a stagliarsi scuri sulla pelle, a prendere vita e invitare il castano a giocare con loro.

Louis era incapace di respirare, parlare, reagire. Incapace di qualsiasi cosa.

Harry era un invito unico a saltargli addosso.

Cosa ci faceva lì? Conciato in quella maniera poi!

Fu per miracolo che Louis non svenne a quella visione, per magia che il suo cuore non smise di battere quando il riccio gli sorrise in maniera lasciva salutandolo.

  
«Ben tornato a casa pulce» disse con voce bassa e suadente. Su quelle parole il cuore di Louis vorticò un altro paio di volte e lo stomaco si annodò su se stesso, due o tre volte, giusto per aumentare il suo patimento.

Louis boccheggiò, deglutì a vuoto e aprì la bocca per cercare di parlare ma, aveva la gola talmente secca che, ciò che gli uscì dalle labbra fu più un gracchiante suono senza senso che qualcosa di concreto. Questo fece ridere il riccio che si alzò dal suo posto. Visto in piedi era una visione ancora più mozzafiato. Harry aveva coperto il giusto necessario ecco, e anche quel poco che lasciava celato dietro il tessuto traslucido – Louis l’aveva già ispezionato e mangiato tutto praticamente – non lasciava alcuno spazio alla fantasia.

  
«Ha-Harry, che ci fai qua? Come hai fatto a, ad entrare?» domandò con voce tremate. Gli occhi lussuriosi di Harry che lo stavano divorando erano qualcosa di insopportabile, si sentiva bollire, Louis era certo che di quel passo i vestiti gli si sarebbero asciugati addosso nel giro di qualche secondo, sempre che Harry non glieli avesse strappati via prima. Per non parlare del principio d’erezione che gli era fiorito all’interno dei pantaloni della tuta!

  
«Sorpresa» sussurrò in maniera maliziosa posizionandosi in fronte a Louis, addossandosi a lui, standogli così vicino che solamente uno spillo si sarebbe potuto insinuare tra i loro corpi. «Mi mancavi, e ho pensato di venirti a trovare piccolo Lou» sussurrò appoggiando le labbra sotto l’orecchio del maggiore, mentre con l’indice gli percorreva il ventre piatto andando a fermarsi, con l’intero palmo, sul cavallo di Louis facendo pressione. Al che, il castano, sussultò serrando le labbra in una linea sottile per impedirsi di sospirare per il piacere dato dal calore di Harry contro la propria pelle percorsa da brividi.

  
«Avresti, avresti anche potuto rispondere da una delle mie chiamate sai?!» sbottò con voce acuta. Non sarebbe riuscito a tenere il muso ancora per molto, le labbra del riccio che avevano iniziato a lasciare una serie di umidi baci lungo il suo collo e a tracciare il contorno della mascella erano un ottimo dissuasore.
   «Sei arrabbiato Lou?» proseguì stringendo Louis per i fianchi trasportandolo fino al divano, dove lo fece sedere per poi mettersi a cavalcioni sopra di lui, schiacciandolo e strusciando lentamente il bacino seminudo contro quello del padrone di casa che si lasciò scappare un ansimo gettando la testa all’indietro.
  
«E perché dovrei? Mi hai ignorato in questi giorni, non ti sei fatto vivo, sei stato tutto il tempo con,
quello! Dimmi, dovrei essere arrabbiato secondo te?». Più che arrabbiato era infastidito e frustrato, oltre che essere estremamente geloso, ma quello si sapeva. Con le mani risalì i fianchi asciutti di Harry, facendolo rabbrividire, gli accarezzò il collo per poi ridiscendere lungo la schiena e stringergli i glutei nudi in maniera estremamente possessiva, tirandoselo addosso. Le dita affondate dentro la sua carne.
  
«Ora mi farò perdonare, non dovrai pensare più a nulla» sogghignò sghembo sfilandogli il giubbotto e la maglietta per chinarsi su di lui a leccargli e baciargli il petto, il preludio di una lunga notte. L’ennesima notte in cui Louis non avrebbe dormito, ma almeno l’avrebbe riempita con qualcosa di interessante ed estremamente piacevole.

  
«Cosa ti fa pensare che voglia perdonarti?» sibilò il castano aumentando la stretta delle mani sentendo Harry gemere per protesta sopra di lui. Un ghigno compiaciuto gli tese le labbra.

  
«Perché mi ami» constatò ovvio Harry senza lasciarsi distrarre dalle chiacchiere di protesta di Lou. Gli leccò un capezzolo disegnandone il contorno con la punta della lingua prima di prenderlo tra i denti e morderlo, giusto per ripagare Louis della stretta che aveva su di lui. Lou gemette senza riuscire a trattenersi.

Harry lo fece distendere sullo spazio libero accanto a loro rimanendo sopra di lui. Continuò a baciarlo lungo il torace, tracciò il contorno della scritta che il castano aveva sul petto, tornò giù per solleticargli l’ombelico e poi risalì a mordicchiargli il collo, a segnarlo, macchie rosse sarebbero rimaste dopo il passaggio delle sue labbra, il chiaro segno della sua proprietà.

La voce di Louis non smise un solo istante di apprezzare il lavoro che Harry stava compiendo con sommessi mugugni e mal trattenuti ansimi che cessarono quando, finalmente, le labbra del riccio si impossessarono di quelle del maggiore baciandolo appassionatamente, un bacio dato a bocche aperte, fatto di lingue che scoccano tra di loro e salive che si mischiano. Passione e perdono.

Le mani di entrambe vagavano sul corpo dell’altro, tracciando carezze e segni rossi causati dalle unghie che graffiavano per protesta.

Le mani di Harry scesero fino al basso ventre di Louis, dove scostarono e si intrufolarono oltre il tessuto bagnato della tuta. La pelle fresca era in pieno contrasto con i palmi caldi del riccio, l’ennesima scarica che risalì la colonna vertebrale del maggiore mentre il caldo scendeva per privarlo dei calzoni seguito dalle labbra soffici di Harry che giocarono a fargli guizzare tutti i muscoli delle gambe.

Anche se teneva gli occhi chiusi, Louis poté immaginarselo benissimo il ghigno divertito che probabilmente stava tendendo le labbra di Harry quando questi si chinò a sfiorare in un bacio leggiadro l’erezione intrappolata dietro il tessuto azzurro dei boxer. Riuscì a immaginarsi pure il bagliore d’eccitazione che gli avrebbe rischiarato le iridi verdi una volta strappato via dal suo corpo anche quell’ultimo indumento che lo vestiva.

Le palpebre tornarono a spalancarsi non appena Louis avvertì la pressione imposta dalle labbra socchiuse sulla punta del suo membro, per sgranarsi quando venne inglobato completamente nella bocca di Harry e questi lo fece precipitare dritto dritto nella perdizione più totale.

Al castano parve fosse passato un tempo infinito quando il riccio si staccò dal suo corpo lasciandolo con un’erezione pulsante e insoddisfatta tra le gambe, e un gemito di protesta a risuonare per l’aria del soggiorno appesantita dalla loro riconciliazione. Facendo pressione sulle cosce di Lou, Harry si mise in piedi, torreggiando sopra il ragazzo disteso che si stava riempiendo gli occhi, e il cuore, di quella visione.

  
«Credo che questo sia diventato inutile ormai» sghignazzò divertito strappandosi via di dosso il fazzolettino di stoffa colorata che l’aveva “vestito” ormai diventato davvero troppo piccolo per poter celare e contenere il suo eccitamento.

   «
Tanto per la cronaca, il fatto che ti amo non è una scusa valida, sappilo» borbottò Louis in risposta all’affermazione fatta dal riccio prima che le parole diventassero superflue. Poi, messosi a sedere, irritato dalla risata che fuoriuscì argentina dalle labbra gonfie di Harry – quanto erano dannatamente belle e sexy quelle labbra rese ancora più rosse e piene dai baci scambiati! – lo afferrò per entrambe i polsi e lo strattono per farlo tornare coricato dove era giusto fosse: con lui, addosso a lui, solo suo, per sempre.


Il problema dell’insonnia di Louis non si era risolto. Ancora faticava a dormire e si svegliava a notte inoltrata girandosi e rigirandosi nel letto per eterni minuti aspettando paziente che il sonno tornasse a farlo suo.

Sbuffando si sistemò supino. Il piumone bianco con il quale era stato coperto frusciò lasciando che i suoi vestiti – che qualcuno gli aveva tolto – cadessero a terra senza che il ragazzo ci badasse più di tanto. Un braccio corse ad avvolgergli la vita, un piede ghiacciato gli accarezzò la gamba andando ad insinuarsi tra le sue cosce e una folta zazzera di capelli gli solleticò la guancia destra.
Harry! Doveva essersi intrufolato nel suo letto senza farsi sentire, doveva averlo raggiunto quando lui già era nel più profondo dei sonni, ed ora si stava avvinghiando al corpo di Louis stringendolo a sé per strapparlo alla solitudine che l’aveva coccolato fino a poco prima.
Sorridendo Lou, con l’animo traboccante perché non avrebbe dovuto affrontare l’ennesima notte da solo, tracciò il contorno del volto del ragazzo che aveva addosso. Ne percorse il profilo delle gote e la sommità del naso, lasciandosi solleticare la punta della falange dalle folte ciglia che gli nascondevano i chiari occhi verdi, prima di infilarsi tra i ricci e stringerlo a sé, accarezzandogli dolcemente il capo coccolandolo come se fosse un gattino in cerca di attenzioni.
L’odore di Harry era cento volte migliore rispetto a quello delle coperte pulite dell’hotel che li stava ospitando. Era il suo odore, il loro.
  
«Non riesci a dormire piccolo Lou?» domandò con voce impastata dal sonno, le labbra a muoversi sul collo del maggiore facendolo sussultare. Non avrebbe voluto svegliarlo.
  
«Sht, dormi Harry, è ancora presto» mormorò cullando il riccio cercando di farlo riaddormentare.
  
«Beh, se così fosse, solo a titolo informativo, sappi che da qualche parte in valigia ho il perizoma viola, quello col fiocchetto rosso che ti piace tanto. Stavo pensando, è un po’ che non lo tiriamo fuori no?» disse vago, con tono leggermente malizioso, trattenendo una risatina che gli fece tremare il petto.
Louis, imbarazzato e con le guance rese ardenti dal ricordo dell’indumento nominato dal riccio, ma soprattutto per i frammenti che tornarono vividi della notte che avevano passato facendo l’amore sul divano di casa sua, balbettò qualcosa senza senso mentre Harry gli scoccava un bacio sulle labbra prima di correre a cambiarsi in bagno per dar senso all’insonnia del suo piccolo Lou.
Tutto sommato, alla fine, non era così male non riuscire a dormire la notte, convenne Louis quando la porta del bagno si spalancò mostrando il suo Harry più svestito che vestito con quel paio di mutandine che gli avrebbe sempre mandato in pappa il cervello.






     ***
Okay, sì va bene, eccomi nuovamente qua.
Non c’è molto da dire, anzi non c’è proprio nulla da dire a dire il vero.
Semplicemente lunedì stavo vagando per facciabook, sono capitata sul Wanki, ho trovato quella fantastica fanart – che se non avete aperto prima vi consiglio di farlo assolutamente e ve la ripropongo pure qua per rifarvi gli occhi –, ci ho sbavato su per tipo mezz’ora e martedì, invece che studiare, mi sono data a tutto ciò.
Quindi, nulla.
Mando un bacio enorme a
SandMagia che, venendomi in soccorso, mi ha betato l’OS ieri, aiutandomi e basta.
Addio.
xx
Fee.
  
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