Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |       
Autore: Rosmary    12/02/2014    17 recensioni
Novembre 1996.
In seguito a un litigio con George, Fred si allontana dal loro negozio per un paio d'ore, recandosi a Hogsmeade, dove l'attende un incontro dai risvolti inaspettati.
“Allora, Weasley, che ti è successo?” chiese con finto disinteresse Hermione, nascondendo il viso dietro al menu.
A Fred sfuggì un ghigno. “Bell’approccio, Granger, altri avrebbero iniziato con il banale come va!”
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cormac McLaggen, Fred Weasley, George Weasley, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Fred Weasley/Hermione Granger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
I personaggi presenti in questa storia sono proprietà di J.K. Rowling;
la mini-long è scritta senza alcuno scopo di lucro.




 




 
“Al diavolo.”

Fred sputò furioso quell’imprecazione e infilandosi il cappotto, sordo ai richiami di George, uscì dal loro negozio, marciando a passo svelto tra le strade semideserte di Diagon Alley. Non capitava spesso che i due ragazzi litigassero tra loro, ma quando accadeva erano liti caratterizzate da fitti battibecchi, voci sempre più alterate e qualche insulto di troppo; erano pesanti i litigi tra Fred e George Weasley, perché entrambi conoscevano perfettamente l’altro e avevano quindi ogni tipo d’arma a disposizione per ferire e farlo anche molto bene.
Quella giornata era iniziata male sotto ogni punto di vista: dapprima, Fred aveva calpestato – e involontariamente sgualcito – il maglione prediletto di George, il quale aveva intimato al fratello di fare maggiore attenzione a dove metteva i piedi, peccato che nel rimbeccarlo avesse urtato il comodino, facendo cascare a terra proprio la bacchetta di Fred, che era rotolata sino a finire sotto al letto. A quel punto George, subendo l’ovvia provocazione di Fred riguardo al ‘prestare attenzione’, aveva dovuto recuperarla. Un po’ assonnati e un po’ irritati dal fastidioso risveglio, s’erano vestiti in silenzio, consumando molto rapidamente la colazione – George, in particolare, aveva preferito bere solo un tiepido caffè prima di precipitarsi al piano inferiore. Una volta al negozio, l’andazzo della giornata storta non era migliorato affatto: tra prodotti non ben confezionati, scaffali in disordine e discussioni su cosa scontare, i due neoimprenditori erano riusciti a malapena a ricordarsi d’aprire il negozio. Verity, arrivata ai Tiri Vispi alle nove in punto, era stata rimproverata da Fred, perché, era noto, una commessa diligente si sarebbe anticipata di almeno dieci minuti; Verity avrebbe volentieri fatto notare al ‘signor Weasley’ che era sempre arrivata alle nove in punto e a lui e a suo fratello era sempre andato bene, ma l’intervento di George era stato più veloce degli intenti della strega, cosicché quello che doveva essere un semplice appunto fatto dal titolare alla dipendente si era tramutato nell’ennesima discussione tra i due gemelli. La commessa, conoscendoli e intuendo che il proprio ritardo non fosse il reale fulcro della questione, si era dedicata alle solite mansioni, lasciando in balia di loro stessi George e Fred. Da quel momento in poi, discutere su ogni più piccolo dettaglio e ingigantirlo era stato estremamente semplice, esattamente come arrivare a un Fred infuriato che gridava al diavolo e abbandonava il proprio negozio.
Nervoso, infreddolito e anche intristito, Fred continuava a percorrere le strade di Diagon Alley senza una reale meta. Si guardava intorno e non scorgeva nessun volto familiare, nessuna vetrina accattivante, anzi, le poche vetrine che ancora spiccavano in quel grigiore erano tutte semicoperte dalla saracinesca, come se i proprietari fossero pronti a chiudere i battenti da un momento all’altro. Quello scenario attutì il nervosismo in favore della tristezza mista alla nostalgia dei tempi passati, quando le vie del ‘centro commerciale’ magico erano affollate e chiacchierine e si vedevano tanti bambini in giro, molti dei quali erano a far le fusa al negozio di Quidditch. Già, QuidditchHogwarts… Neanche sotto tortura avrebbe ammesso che la scuola gli mancava, o, più precisamente, gli mancava il clima di Hogwarts: i dormitori, le divise stropicciate, gli amici e i nemici a cui fare scherzi, le lezioni da marinare e i compiti da copiare all’ultimo minuto… gli mancava non essere responsabile di niente, perché a scuola non c’erano ordini da fare, fornitori da pagare, clienti insoddisfatti con cui trovare un accordo… non c’era una Verity a cui fare da titolare, non c’era nulla di tutto quello, c’erano solo gli scherzi d’architettare e nuovi Tiri Vispi da inventare, e non perché la clientela esigeva novità, ma perché a lui e a George andava.
Sulla scia di quei pensieri si ritrovò a Smaterializzarsi a Hogsmeade e con un sorriso ricordò che era sabato e che molti studenti sarebbero stati in giro, con un po’ di fortuna avrebbe incontrato suo fratello o sua sorella, o magari Katie, che frequentava l’ultimo anno. Ecco, con Katie avrebbe volentieri scambiato due parole, anche se forse lei gli avrebbe prima rimproverato il non aver risposto neanche a mezza lettera e poi avrebbe acconsentito a una allegra rimpatriata.
Scrollando la spalle e infilandosi le mani in tasca, si diresse ai Tre Manici di Scopa, meta preferita dalla maggior parte degli studenti e da Katie, che, odiando il freddo, s’ostinava a trascorrere i suoi weekend invernali lì dentro, con la conseguenza che in passato Lee aveva dovuto caricarsela in spalla più di una volta per portarla un po’ in giro, all’aria aperta.

“Fred?”

“George?”

“Ehi, è il gemello Weasley!”

Chi?

“Ma come chi. Quello che ha fatto saltare in aria l’ufficio della Umbridge!”

“Ma cosa dici, scema! Lui e il gemello hanno fatto saltare in aria il terzo piano, non l’ufficio della preside!”

“Sciocchezze. Sono volati via su un drago che ha incendiato tutta la Sala Grande, me l’ha raccontato il cugino dell’amico del fratello di Tom.”

“E chi è Tom?”

“Il migliore amico di Sophia, la sorella di Steve di Tassorosso, che è il fidanzato della sorella di… tua, in effetti. Dovresti conoscere Tom anche tu!”

Fred, messo il piede all’interno del locale, assistette a quel siparietto a dir poco attonito – e anche parecchio lusingato, il suo ego ringraziava a gran voce! –, scioccato dal trambusto che s’era levato da quei tre tavolini vicini all’ingresso, tutti occupati da studenti che non conosceva, a occhio potevano avere tra i tredici e i quattordici anni, non di più. A essere esilarante fu che, risucchiati dalla discussione su cosa o chi avessero distrutto lui e George prima di andar via in grande stile, presero a ignorare completamente la loro ‘star’, che poté sorpassarli senza ulteriori fastidi e rivolgere un gran sorriso alla sempre avvenente Madama Rosmerta.

“Fred?”

L’interpellato non fece in tempo ad alzare gli occhi al cielo che realizzò con sollievo di conoscere quella voce. “Harry, ciao,” disse semplicemente, registrando velocemente l’assenza del fratello.

Harry Potter era seduto a uno dei tavoli a pochi passi dal bancone, strofinava le mani tra loro e sembrava rapito da pensieri troppo grandi per essere esternati, c’era anche l’ombra di occhiaie fresche sotto ai suoi occhi verdi, come se da un paio di notti a quella parte avesse perso l’abitudine di dormire. Fred non fece caso a tutti quei particolari, forse perché era abituato a vedere Harry tormentato o magari perché era sin troppo preso dai propri fantasmi.

“Come mai da queste parti?” chiese l’occhialuto sedicenne.

“Facevo un giro,” liquidò. “Dov’è Ron?”

“A divorare la faccia di Lavanda Brown. Se ti guardi intorno, sicuramente vedrai un tavolo con due polipi appiccicati: è il suo,” biascicò a denti stretti la neogiunta Hermione, che prese posto accanto a Harry. “Ah, ciao, Fred,” aggiunse in ultimo.

Fred la guardò perplesso: anche lei, esattamente come Harry, aveva l’aria di chi non dormiva da un bel po’, e poi era nervosa, molto più del solito, difatti non faceva altro che lanciare sguardi offesi in giro e stare seduta rigida e impettita, come se avesse il mondo intero in antipatia. Il diciottenne, ad ogni modo, dedicò molte più attenzioni alle parole della strega, non essendo per nulla sicuro d’aver ben capito dove fosse e cosa facesse suo fratello; tuttavia, intuendo che non fosse un argomento gradevole ‘Ron e le sue gesta’, finse indifferenza e focalizzò il discorso sul particolare più irrilevante. “Mi hai riconosciuto anche tu,” disse infatti, sedendosi senza invito al tavolo dei due.

“Non era difficile, c’è il cartellino col nome sul tuo cappotto,” spiegò spiccia lei.

“Vero, a volte lo dimentico.”

Risaliva a qualche settimana prima la decisione sua e del fratello di portare stupidi cartellini con i propri nomi sugli abiti da lavoro; i due Weasley, infatti, avevano notato che nei clienti e soprattutto nei fornitori generava fastidio il non saperli riconoscere – a quanto sembrava, era alquanto fondamentale sapere con certezza chi fosse il proprio interlocutore. Innervosito da quei pensieri che lo rimandavano a George, Fred tolse il proprio nome dal cappotto e infilò quel rettangolo plastificato in tasca, sotto gli sguardi sospettosi dei due Grifondoro: aveva messo un po’ tanta foga nello sbarazzarsi del cartellino.

“È successo qualcosa?” s’azzardò a chiedere Harry.

“Nulla.”

Seguì quasi un minuto di totale silenzio, un silenzio imbarazzato e anche stranito: i tre ragazzi si studiavano distrattamente, chi tamburellando con le dita sul tavolo, chi rigirandosi una ciocca di capelli tra le dita, chi pulendo controvoglia gli occhiali. Era palese che fosse successo qualcosa a Fred, ma né Harry né Hermione ebbero nell’immediato il coraggio di porgli domande a riguardo. A spezzare l’atmosfera imbarazzata fu l’ingresso in scena di Lumacorno, che come un segugio fiutò la presenza del Prescelto e si diresse direttamente da lui, il quale, memore delle parole di Silente, si prestò al gioco di quell’avido insegnante, accettando con celata irritazione di bere una Burrobirra al bancone in compagnia del professore. Hermione sospirò allo sguardo rassegnato di Harry, che salutava con un ‘a dopo’ i due amici, mentre Fred non poté impedirsi di raddrizzarsi sulla sedia e rivolgere un eloquente sguardo interrogativo alla Grifondoro.

“Non guardarmi così!” sbottò lei.

“Come ti sto guardando?”

“Come uno che vuole sapere.”

“Beh, ma io voglio sapere. Perché Harry fa il leccapiedi con quello?”

“Harry non fa il leccapiedi,” ribatté a denti stretti Hermione. “Ti basti sapere che Lumacorno è una compagnia consigliata.”

L’enfasi che Hermione pose sul ‘consigliata’ incuriosì Fred e, in un certo senso, stemperò anche l’ondata d’antipatia per Harry: Fred Weasley poteva sopportare quasi tutto, ma nel quasi per i leccapiedi non c’era posto.

“Allora, Weasley, che ti è successo?” chiese con finto disinteresse Hermione, nascondendo il viso dietro al menu.

A Fred sfuggì un ghigno. “Bell’approccio, Granger, altri avrebbero iniziato con il banale come va!”

“Che a te vada male è evidente, sarebbe stato uno spreco di tempo chiedertelo.”

“Certo che sei diretta.”

“Ottimizzo il mio tempo,” disse lei con un sorriso, lasciando che il suo sguardo sbucasse al di là del menu.

“Ho litigato con George,” ammise Fred dopo una smorfia. “E non fare quella faccia! Anche noi litighiamo.”

Hermione tentò di camuffare l’espressione attonita con un colpetto di tosse. “Vuoi parlarne?”

“Non è che ne abbia molta vog…” S’interruppe d’improvviso, fissando lo sguardo su un punto alle spalle di lei. “Oh, mamma… questa cosa mi bloccherà lo sviluppo…”

“Ma cosa?” chiese Hermione, voltandosi a sua volta. “Ah. I polipi,” considerò seccamente, affrettandosi a dare di nuovo le spalle a Ron e Lavanda.

“Sì, in effetti sembrano proprio polipi… Ma che schifo, le sta mangiando la faccia. Mi rifiuto d’essergli parente,” affermò nauseato Fred, distogliendo lo sguardo dalla coppia e tornando a rivolgere l’attenzione alla ragazza, ritrovandosela anche più impettita di prima, un po’ rossa in volto e un filo arrabbiata. Che fosse… “Sei gelosa di Ron?”

“Cos’hai detto?”

“Hai capito.”

In risposta, Hermione incrociò le braccia al petto e s’esibì in uno sbuffo contrariato. Le era impossibile reagire in modo più dignitoso: detestava quella situazione, detestava Lavanda, detestava Ron e, , detestava essere gelosa di quel traditore che aveva preferito Lavanda a lei, ma tutto questo non poteva certo dirlo a Fred, non poteva dirlo proprio a nessuno, sarebbe apparsa patetica e anche infantile. Così si limitò a tacere, perché neanche la forza di negare a gran voce aveva al momento: che Fred traesse le conclusioni che voleva, lei non aveva alcun interesse di smentire o confermare.

“Hermione?”

“Cosa vuoi?”

“Ti piace mio fratello.”

“Pensa quel che vuoi, ma tieni il becco chiuso!” inveì lei, guardandosi intorno preoccupata. “Non voglio altri pettegolezzi su di me.”

Fred non avrebbe mai creduto di riuscire a ridere di gusto dopo un brutto litigio con George, eppure quelle risate che riempirono l’angolo in cui erano seduti appartenevano proprio a lui ed era sempre lui a doversi tenere la pancia e a dover asciugare qualche lacrima divertita. “Hermione! Tu… Tu… Merlino!”

Io cosa?”

Era nervosa, lo sentiva, ma tutto quello era troppo divertente per ammutolirsi.“Tu sei completamente pazza!”

Ci vollero due bicchieri d’acqua, un’occhiataccia da un anziano signore seduto accanto a loro e tutto lo sdegno di Hermione per costringere Fred a smettere di ridere; alla fine, il giovane aveva ammesso di trovare esilarante il fatto che una ragazza intelligente – così si diceva in giro! – come Hermione potesse essere gelosa e innamorata di Ron, che a dire del fratello maggiore era ancora un perfetto idiota. Hermione, come ogni ragazza che si rispetti, ritenne di doversi sentire lusingata dal velato complimento e una parte di lei patteggiò per Fred e per il suo definire ‘perfetto idiota’ Ron. Il commento ironico non bastò a lavare via l’infatuazione, ma fu utile a stemperare la brutta atmosfera creatasi e a permettere alla ragazza di rilassarsi contro lo schienale della sedia, sorseggiare la Burrobirra e guardare con occhi diversi colui che le era di fronte: non più un fastidio o un impiccione, ma una possibile buona compagnia con cui trascorrere parte del pomeriggio.

“Non dovevi raccontarmi di te e George?” tentò quindi, vogliosa di non scacciare il ritrovato buonumore.

“Harry quando torna?” chiese invece lui, ignorandola.

“Non lo so, credo che non torni affatto.”

“E tu cosa fai se lui non torna?”

“Dipende…”

“Benissimo, allora noi andiamo via, ti parlerò di me e George altrove, dove non starai a logorarti per Ronnie!”

Hermione accolse impreparata e imbarazzata quelle parole, non s’aspettava un tale riguardo da Fred, ma non obiettò, perché ne aveva effettivamente abbastanza di avere Ron e Lavanda alle proprie spalle. Uscì facendo un cenno sbrigativo a Harry e affiancandosi all’improbabile compagnia di quel sabato. Il vento pungente di novembre li travolse non appena misero il naso fuori dalla locanda, costringendoli a stringersi nei cappotti e a rimpiangere il calore dei Tre Manici. Forse, fu solo per sgranchirsi i muscoli del viso, ma Fred iniziò realmente a raccontarle l’accaduto di quella mattina, che ormai sembrava molto lontana, nonostante fossero trascorse neanche due ore piene. Parlò del litigio, del nervosismo, delle responsabilità che tanto odiava e che lo rendevano irritabile e pronto ad accanirsi contro chiunque, persino contro George. Parlava spedito Fred, infarcendo il racconto di aneddoti divertenti o di battute, e Hermione notò con un po’ di invidia che la sua espressione era perennemente votata all’apparente noncuranza e il suo atteggiamento era scanzonato al di là di tutto. Non lo interruppe, anzi, a tratti le era addirittura impossibile credere alle sue parole, credere al fatto che si stesse realmente confidando con lei, come se fosse la sua più cara amica, ma poté dirsi felice di avergli comunicato fiducia e di potersi tuffare per un breve istante nella vita di un’altra persona, dimenticando tutto quello che la tormentava, dal complicato rapporto con Ron al rovente desiderio di vendetta di Harry.

“Ti va di entrare?” chiese lui quando erano a pochi passi da un'altra locanda.

“Madama Piediburro? Harry mi ha raccontato che c’è rumore di sturalavandini lì dentro…”

“E anche una ridicola atmosfera da fidanzatini felici, ci vanno tutte le coppiette, ma o entriamo nel mondo dello zucchero filato o congeliamo al freddo.”

“C’è sempre la Testa di Porco,” obiettò Hermione.

Fred inarcò le sopracciglia, assumendo un’aria alquanto maliziosa. “Punto primo: non ho intenzione di arrivare fino alla Testa di Porco. Punto secondo: tranquilla, Granger, non ti mangio mica! Lo so, stai riconsiderando la tua cotta per Ron, faccio quest’effetto su tutte, è un vero dramma! Sono una specie di cal…”

“Entriamo!” l’interruppe lei, senza preoccuparsi di nascondere il sorriso divertito. Fred e la sua autostima avrebbero causato complessi d’inferiorità persino in Voldemort!

Una sorta di campanellino stucchevole annunciò l’ingresso della non-coppia all’interno del locale, che si presentava in tutto il suo ‘splendore’: coppiette che amoreggiavano ovunque, zuccherosi sorrisi dispensati dalla proprietaria e dall’unico cameriere presente, menu a forma di cuori e, come se non bastasse, un vasetto con due rose rosse al centro di ognuno di quei tavolini tondi. I due ragazzi, un po’ a disagio, dovettero accomodarsi a uno dei tavoli al centro – quelli più appartati erano già occupati. L’unica nota positiva era la temperatura: altissima! Spogliatisi dei cappotti, si preoccuparono di ordinare due tè bollenti con dei biscotti al latte.

“Non credevo che avrei mai messo piede qui dentro,” commentò Fred, e Hermione non poté che concordare. “Ah, quasi dimenticavo, ma Katie? Non l’ho vista da nessuna parte, volevo salutarla.”

“Katie Bell?”

“Sì. Perché quella faccia?”

“Oh, Fred… pensavo l’avessi saputo…”

Hermione non temporeggiò e gli raccontò dell’incidente ai danni di Katie, attendendo pazientemente che Fred vomitasse tutta la sua rabbia per quanto successo all’amica. Arrivarono poi i tè e i biscotti a stemperare il cattivo umore e, senza ben capire come, i due ragazzi accantonarono il tetro discorso e tornarono sull’episodio di Fred, che affermò di doversi scusare al più presto col gemello.
Con sorpresa di entrambi, tra risate, confessioni e scambi d’opinione, il pomeriggio passò in fretta e furia, persino il mondo dello zucchero filato sembrava essere diventato piacevole, tanto che a nessuno dei due importò l’essere circondati da coppiette innamorate, non ci fu disagio e non ci furono allusioni imbarazzanti, ma solo tante parole, alcune sorridenti e altre meste. Non ricordavano d’essere mai stati insieme e soli tanto a lungo e forse era stato un errore non avvicinarsi mai, perché in fondo, nonostante le apparenti diversità, una alchimia tra loro c’era ed era ben percepibile.

“Granger!”

Quella voce suadente e sicura, che interruppe l’animato dialogo tra i due ragazzi, non apparteneva a Fred, ma a un ragazzo alto, robusto, molto carino a dire il vero, che s’era avvicinato con atteggiamento tronfio al tavolo.

“McLaggen, buonasera,” salutò educatamente Hermione.

“Non sapevo fossi tipa da Madama Piediburro o ti avrei invitato!”

Sgranò gli occhi dalla sorpresa la Grifondoro, mentre le gote si coloravano di un rosa più deciso. “Oh, beh…”

“Sempre che non dia fastidio al tuo ragazzo,” aggiunse Cormac, interrompendola e indirizzando un’occhiata piuttosto risentita a Fred, che non si smosse di una virgola.

“No, ma lui non è…”

“Ottimo!” celiò nuovamente il Grifondoro, impendendo a Hermione di concludere il proprio pensiero per la seconda volta. “Mi farò vivo in questi giorni, magari al Lumaclub!”

Con un occhiolino carico di sottintesi e l’accenno all’elitario club di Lumacorno – come se questo bastasse a renderlo ‘meritevole’ di un appuntamento –, Cormac McLaggen si congedò, curandosi di tornare da una Corvonero confusa, che era presumibilmente in sua compagnia.
Hermione tossicchiò imbarazzata, ostinandosi a non fissare lo sguardo su Fred, che se ne stava immobile, con le dita attorno alla tazza di tè e un sorrisetto sarcastico stampato in volto.

“Dai, parla,” sbottò lei. “Tanto lo so, stai per prendermi in giro.”

“Affascinante il tuo ammiratore,” cominciò Fred, avvicinando la sedia a quella di Hermione, che annuì rassegnata. “Davvero, molto affascinante. Soprattutto quella sua aria da mago del secolo è affascinante! Dovresti uscirci!”

Il sopracciglio destro della giovane, scettico, scattò verso l’alto. “Uscirci? È un troglodita.”

“Vero, si vede lontano un miglio. Ma penso che a Ronnie darebbe un gran fastidio, dopotutto è anche lui un troglodita!”

A Hermione sfuggì una risatina divertita: immaginò Cormac e Ron con addosso una sorta di straccetto da uomo delle caverne e una grossa clava tra le mani. “Mi stai dando consigli per far colpo su tuo fratello?” domandò lei, conscia che, per quel giorno, i freni inibitori erano andati allegramente in vacanza.

“Consideralo un ringraziamento per avermi fatto sbollire il nervosismo!” affermò convinto. Tirò via una rosa dal vaso ch’era sul tavolino e gliela porse con finta galanteria. “Per te,” sibilò malizioso, imitando l’atteggiamento ammiccante di Cormac.

Hermione scoppiò a ridere e accettò di buon grado la rosa: dopotutto, era pur sempre un regalo. “Sai, sei molto bravo a fare il troglodita!” scherzò.

“Fingerò di non averti sentita! Dai, ti riporto a scuola, bimba.”

Annuì accondiscendente lei. Erano settimane che non trascorreva delle ore così piacevoli, Fred s’era rivelato una compagnia Eccezionale, una sorpresa che andava davvero Oltre Ogni Previsione, e la giovane si ritrovò scioccamente a sperare che quel pomeriggio non rimanesse un episodio isolato, ma quando giunsero ai cancelli di Hogwarts, lui le diede un semplice buffetto sul capo e la salutò con un vago ‘ci vediamo’, che voleva dire tutto, certo, ma soprattutto niente. Ciononostante, Hermione non volle assolutamente rovinare il piacevole ricordo di quelle ore e così, rigirandosi la rosa rossa tra le mani, superò i giardini, l’atrio, i corridoi e raggiunse la sua stanza con ancora un bel sorriso sul volto. Non seppe spiegarsi perché, ma decise di non voler buttare via il fiore e lo sistemò in un vasetto improvvisato poco appariscente e anche bruttino, che poggiò sul proprio comodino, incurante degli sguardi curiosi di Calì, che non ebbe la sfacciataggine di chiederle chi le avesse regalato la rosa.
 

*


“Harry, sbrigati, vorrei avere il tempo di masticarla, la colazione,” sbottò Hermione l’indomani, scocciata dalla lentezza con cui Harry si trascinava per il corridoio.

“È domenica, non abbiamo lezioni.”

“Certo che no, ma dobbiamo studiare e se perdiamo tutta la mattina in Sala Grande…”

“Ho capito! Accelero,” acconsentì Harry, sotto lo sguardo soddisfatto dell’amica.

Giunsero in Sala Grande verso le nove, notando con sorpresa la presenza di Ron, che s’era buttato giù dal letto addirittura alle otto. Harry non aveva neanche controllato il baldacchino dell’amico prima di uscire dalla stanza, convinto che stesse dormendo e sicuro di non avere intenzione alcuna di svegliarlo e convincerlo a fare colazione con lui e Hermione: non voleva sopportare le loro beghe – ancora non aveva ringraziato Fred per aver deciso di litigare con George, andare a Hogsmeade e tenere Hermione talmente occupata d’averla fatta tornare al castello addirittura tranquilla. Tuttavia, essendo già lì, non potevano certo ignorarlo e, nonostante l’evidente aria contrariata della ragazza, i due Grifondoro s’accomodarono accanto a Ron, che li salutò con un gran sorriso.

“Buongiorno!”

“Come mai così allegro e pimpante alle nove di domenica mattina?” chiese scettico Harry.

“Lavanda sta dormendo! Posso mangiare in santa pace!”

Quel commento farcito di infantile gioia stranì Harry e interessò Hermione, che si degnò d’alzare gli occhi dal croissant e posarli sulla zazzera rossa di Ron. Il Prescelto, per un breve istante, s’illuse che quella incresciosa situazione tra i suoi migliori amici stesse per risolversi; ma quando mai le illusioni di Harry diventavano realtà? Mai! E infatti un gufo planò su Hermione proprio nell’istante in cui la ragazza aveva deciso di rivolgere un mezzo saluto a Ron.

“Che roba è?” chiese Harry.

Hermione scosse la testa e, senza curarsi di rispondere verbalmente, accettò la scatola rettangolare che le porgeva il gufo, constatando che le dimensioni di quel pacco dovevano essere ingannevoli, perché era molto leggero. L’aprì sotto gli sguardi incuriositi di Ron e Harry: c’era tanta, tantissima, ovatta su cui poggiava una rosa rossa e un piccolo biglietto. Le dita della giovane tremarono inspiegabilmente d’aspettativa quando, dimentica d’essere in Sala, annusò rapita il fiore e lesse le poche righe che l’accompagnavano: ‘Scommetto che a quel troglodita di mio fratello sta per venire un infarto e io non potevo perdermi l’occasione d’essere la causa della sua morte!’. Non c’era la firma, ma Hermione non ne aveva bisogno, sollevò lo sguardo dall’inchiostro nero con espressione divertita, infischiandosene delle occhiate curiose di chi le era intorno; dopotutto, neanche Harry poteva immaginare che il mittente fosse Fred, Hermione all’amico aveva infatti raccontato del litigio tra George e Fred, di Cormac, ma aveva per qualche ragione omesso la parte in cui Fred, scherzando, le regalava la rosa che tuttora era sul suo comodino.

“E questo che accidenti significa?” domandò tutto rosso in viso – e in effetti prossimo a un infarto – Ron.

“Che sei un troglodita,” l’informò con un ghigno Hermione.
   
 
Leggi le 17 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Rosmary