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Autore: IlrespirodelleOnde    12/02/2014    2 recensioni
I padri non sanno nulla dei loro figli.
Né i figli dei loro padri.
Dal testo:
“Lilith” la chiamò l’unica voce che voleva sentire, “bambina, ascoltami.”
“Ti prego, papà, non lasciare che lo facciano.”
“Lo faranno, principessa, e io e te non possiamo fare nulla. Non serve credere alle favole quando vivi nella realtà, ma io ti ho fatto una promessa, te lo ricordi?”
Lilith annuì, cercando di stringere le mani di suo padre dietro il vetro.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Due paia d'occhi di smeraldo

 

 

I padri non sanno nulla dei loro figli.

Né i figli dei loro padri.

 

La Sala del Trono era deserta, colmata solamente dai singhiozzi ovattati della ragazza, ancora in preda ad una crisi respiratoria per il susseguirsi troppo movimentato degli eventi in quegli ultimi giorni.

Da quando suo padre era tornato lei non aveva avuto un attimo di pace. La notte riusciva ad evocare solo i suoi occhi verdi, assottigliati e perfidi, canzonatori, che lui le aveva rivolto dietro il vetro trasparente delle prigioni. Le parole che le aveva detto in quella settimana la tormentavano riaffiorando nella sua mente ogni qualvolta il vento soffiava tra le chiome degli alberi ricordandole il suo tono allusorio, traditore e sottile. L'echeggiare dei lampadari di ferro sopra la sua testa, confuso con il rumore prodotto dalle spade che si scontravano nella palestra in cortile, le ricordava le catene che avvolgevano i polsi di quel mostro impedendogli di ucciderla, perchè di questo ne era certa: lui la voleva morta.

A questo pensiero il suo respiro si fece ancora più affannato e la voce del padre tornò a tormentarla fino a scortarla al confine con la pazzia. Lilith si alzò reggendosi malamente sulle gambe, ondeggiando pericolosamente sul primo gradino della scalinata del trono dove era seduta secondi prima, violando, per altro, una legge sacra di Asgard, ma questo non la preoccupava. In un' altra situazione avrebbe chiuso gli occhi per qualche minuto aspettando che la crisi fosse passata, ma le sue palpebre si rifiutavano di chiudersi perchè non vedere ciò che aveva davanti significava essere scoperti, in pericolo. La testa le girava, non osò muovere un altro passo, sentiva i piedi pesanti come piombo e le braccia non rispondevano ai comandi del suo cervello.

Poco a poco la voce del padre si fece più insistente, le urlava contro, furioso, arrabbiato con lei per colpe che neanche conosceva, colpe non sue. Ci mise un secondo: chiuse di colpo gli occhi e smise di respirare. Sentì due braccia possenti trattenerla dal rompersi il collo giù per la scalinata e tirarla dolcemente verso la salvezza. Fu questo che percepì quando Thor la sollevò da terra preoccupato reggendola con entrambe le braccia al suo petto, si sentiva a casa e anche se i suoi polmoni non prendevano aria a lei andava bene così.

La calma innaturale che la pervadeva venne spezzata dalla voce grave del dio che ordinò vioentemente a due ancelle di chiamare il guaritore. Il calore che la abbracciava cessò di esistere quando Thor la poggiò a terra reggendole la testa con una mano grande quanto la faccia di Lilith.
Lo sentiva parlare, ma non distingueva le parole, ogni tanto un po' di ossigeno filtrava attraverso le labbra schiuse, ma non abbastanza da permetterle di ragionare coscientemente. Dei passi veloci venivano nella sua direzione, un suono ritmico, preciso, veloce esattamente il doppio del suo cuore.

Thor la lasciò di scatto e venne presa dal panico. Chiuse le labbra del tutto, sentiva un formicolio incessante sotto la sua pelle, mille scheggie di ghiaccio che la perforavano.
Il guaritore muoveva velocemente le mani all'altezza del cuore e dei polmoni di Lilith, ma non sembrava funzionare. Per quanto tempo sarebbe riuscita a resistere in quelle condizioni?

Avrei dovuto ucciderti subito.”

Stava piangendo.
Non si accorse nemmeno di essere stata portata nella Stanza della Guarigione tanto il dolore che provava nel petto era forte.
Non si capacitava di tutto quel male, perché le interessavano tanto le parole di un traditore e assassino? Eppure il cuore le faceva male. Non respirava ancora e poco a poco le voci attorno a lei svanirono, diventando fiebili e confondendosi tra loro in una danza sfrenata.

Piangeva tutto il suo dolore, trasportato all'esterno da copiose lacrime, ma ne aveva così tanto da non riuscire ad alleviarlo in questo modo, allora smise di crucciarsi e distese i muscoli fino a non sentirli più.

Un colpo al petto, forte, diretto al suo cuore.

Sgranò gli occhi non per il dolore, quanto per l'ossigeno che era tornato a circolarle nel sangue tutto ad un tratto, da zero a cento in una frazione di secondo riportandola velocemente nell'oblio, anche se, ora, con due polmoni quasi funzionanti.
Richiuse gli occhi non prima di aver distinto tra le figure in piedi attorno a lei Thor, figlio di Odino e dio dei fulmini, Frigga, moglie di Odino, e quest'ultimo, una mano al mento, segno evidente che si stava crucciando per capire quale motivo avesse spinto una ragazzina così giovane ad impazzire; l'altra mano appoggiata al capezzale del letto, leggermente tremante.
Ovviamente c'era anche il guaritore, quello che per poco non le aveva spiaccicato un organo vitale con un pugno, ma lui non era importante e se ne andò subito.
Chiusi gli occhi svenne. Era la quinta volta in tre giorni.

Chi sei?”

Tua madre non ti ha menzionato il mio nome, ragazzina?”

Non ho conosciuto mia madre.”

Giusto, dimenticavo che sei stata cresciuta dai miei stessi genitori.”

Loki...?”

Avrei dovuto ucciderti subito.”

Lilith si svegliò urlando qualche ora dopo, in preda ad un attacco respiratorio molto forte e un tremolio violento dovuto alla febbre. La fronte imperlata di sudore e le labbra blu confermarono la paura delle due ancelle ferme sui lati del letto: la principessina aveva avuto un crollo psicologico.
Entrambe si mossero in fretta per rimettere la ragazzina a letto tirandole le coperte fin sotto il bacino, in modo da scaldarla a sufficienza senza accaldarla troppo.
Le misero un panno bagnato sulla fronte, ma furono costrette a levarlo in fretta dato che alla malata non piaceva per nulla.

Lilith respirava a fatica, aveva le gote arrossate e un'espressione persa nel vuoto.
Hlin, l'ancella che l'aveva cresciuta insieme a Frigga, si sentì male e lasciò la stanza dopo aver baciato la fronte alla bambina spensierata che raccoglieva le viole di campo insieme a lei nel bosco e che acchiappava a mani nude le lucertole o si nascondeva tra le chiome degli alberi perché non la trovasse. Quella bambina non c'era più o, se era ancora viva, non era abbastanza forte per manifestarsi in quegli occhi verdi e grandi, che un tempo erano stati pieni di vita.

La ragazza voltò il capo a sinistra, distrattamente, per soffocare il formicolio che le assaliva una guancia e ci mancò poco che non svenisse di nuovo quando realizzò di non essere sola con l'ancella in quella stanza.

Vin, l'ancella rimasta, non si prese il disturbo di girarsi, sapeva benissimo chi c'era con loro in quella stanza e, nonostante si fosse opposta al Padre degli Dei con tutta l'autorità che le era concessa, questi le aveva dato l'ordine di lasciare soli padre e figlia.
Salutò con lo sguardo Lilith e si incamminò verso l'uscita.

“Vin” la chiamò spaesata Lilith, al limite delle forze, “dove vai? Non te ne andare, te ne prego.”

“Signorina” sciolse il groppo che aveva in gola costringendosi a non tornare indietro, “tornerò al più presto, ve lo prometto.”

“No!” urlò arrabbiata l'altra senza riuscire a mettersi seduta, “Non lasciarmi sola con lui, vuole uccidermi!”
Vin se n'era già andata e la risata malefica dell'uomo riempì la stanza.
Si sentì mancare, aveva freddo e riprese a piangere, in preda al terrore.

Chiuse gli occhi, quello doveva essere un sogno, Odino non l'avrebbe mai lasciata con un mostro pronto ad ucciderla, nemmeno Thor e Frigga, che le volevano bene come una sorella e figlia. Pianse tanto senza riuscire a fermarsi e le voci ci misero poco a tornare, faceva fatica a capire se erano frutto della sua mente o uscivano dalle labbra dell'assassino seduto nella stanza con lei.

“Crollo psicologico, mi sbaglio?” domandò pacato Loki, che non aveva ancora smesso di sorriderle.
La sua voce riuscì a calmare Lilith, incredibilmente, e questa si trovò presto ad asciugarsi le lacrime con l'orlo delle coperte, molto più distesa di prima, ma ancora preoccupata per la sua vita.

“Vuoi uccidermi?” domandò a sua volta con un fil di voce senza avere il coraggio di guardarlo.
Voleva alzarsi da quel letto, ma aveva terribilmente freddo e sentiva che i suoi polmoni non avrebbero retto una fatica tanto grande. Ci provò lo stesso, lentamente.

“No” rise Loki, “avrei dovuto farlo prima, come ho già detto.”
Uno sforzo alla volta. Dopo essersi seduta realizzò la risposta del dio e le vennero i brividi.

Se da una parte era sollevata dalla confessione del padre, dall'altra chiamarlo in tale modo le provocava un fitta fortissima al cuore, come se un macigno troppo grande le venisse messo sul petto, impedendole di respirare. Lui non poteva essere suo padre. I padri giocano con i figli, insegnano loro a leggere e scrivere, a tirare di spada e vanno a caccia con loro. Lui non era suo padre, non le importava che sangue scorresse nelle sue vene.

Loki si alzò lentamente, non rideva più, le sue labbra erano dritte e tese, il corpo invece rilassato, tutto il contrario di quello della ragazza quando ebbe realizzato che la sedia accanto al letto era vuota.

“Stai fermo o chiamo Vin.” lo minacciò con voce troppo tremante perchè venisse presa sul serio.

“Oh” la canzonò lui, “farò meglio a scappare, allora.”

“Non avvicinarti a me, assassino.” lo avvertì fredda Lilith arretrando, ma rimanendo pur sempre sul materasso.

“Prima di essere un assassino sono tuo padre, mostra un po' di rispetto.”

Il macigno era tornato e la testa prese a girarle più forte di prima. L'idea che quel mostro fosse suo padre le dava la nausea. Era un traditore, un bugiardo, un pazzo, non un padre.
Nella confusione dei suoi pensieri le passò davanti agli occhi il ricordo della sera di una settimana prima, quando aveva scoperto di essere la figlia di Loki Laufeyson. Non ricordava tanto, in effetti, perchè tutto ciò che era riuscita a fare era andare in iperventilazione e svenire. Crollo psicologico, aveva detto i guaritore e tutti i presenti avevano avuto modo di verificare nei giorni seguenti che non avrebbero dovuto prendere la diagnosi alla leggera.

Lilith aveva smesso di mangiare, persino di leggere e dormire, tutte cose fondamentali per lei. Non si allenava più, né andava a trovare Thor nelle sue stanze per parlare di caccia. Si era chiusa in se stessa interrogandosi su quale fosse la verità. Si era rifiutata categoricamente di credere alle parole di Odino: “Sei nata da una ninfa dei boschi e dal Dio degli Inganni, hai tanto potere quanto non te ne immagini nemmeno, Lilith.”

“V-vattene.”
Si aspettava che Loki ridesse, invece si avvicinò a lei. Nemmeno lui riusciva a spiegarsi per quale motivo lo infastidiva che Thor le insegnasse a combattere, o che Frigga le insegnasse antichi alfabeti e Odino la legge asgardiana; ogni volta che sentiva il nome della ragazza uscire dalle labbra di quei traditori, il sangue gli saliva al cervello.

Era convinto di una cosa, ovvero che loro non erano in grado di proteggerla da ciò che l'attendeva là fuori e la prova era quella che gli si parava davanti: un'adolescente in pieno crollo fisico e psichico. Se non sapevano proteggerla all'interno delle mura del castello, immaginarsi fuori.
Lui poteva darle ciò che tutti loro messi insieme non possedevano nemmeno: un motivo per combattere. Più la osservava in quello stato, però, più si convinceva che forse quella stupida bambina forse possedeva la stoffa della madre, una ninfa dei boschi, creature deboli. Non per niente la madre di Lilith era morta durante il parto.

Le si avvicinò cauto e percepiva ad ogni passo mosso nella sua direzione la tensione crescente che li separava e univa al tempo stesso. Ma non era l'unica cosa che sentiva. Un'energia più forte di qualsiasi altra mai provata dal dio, vorticava attorno al corpo della ragazzina senza che lei nemmeno se ne rendesse conto.

“Mi temi?” le chiese squadrandola curioso. Era la prima volta che la osservava così da vicino. Una settimana prima, esattamente la prima volta che la vide, pensò che era una ragazza bellissima, soprattuto per i suoi capelli rarissimi, unici in tutto il regno: lunghi ricchi neri come la pece e due occhi verdi smeraldo, identici ai suoi. Quando Odino l'aveva chiamata per nome il suo cuore aveva perso un battito e si era morso la lingua con troppa foga per non urlare, anche se, in ogni caso, la mordacchia che gli serrava le labbra, avrebbe attutito ogni suo atto.

Vieni, Lilith, avvicinati.” l'aveva convocata al suo trono il Padre degli Dei.

Lilith, 'la luna nera', nome che le avevano assegnato le ninfe poiché la neonata nacque di notte e le nuvole oscuravano la luna, e che lui era venuto a sapere per caso tramite la voce del vento. Si era rifiutato di conoscere quella bambina rimasta orfana appena prima di nascere. Lui non si era certo invaghito di una ninfa, creatura infima per quanto bella, ma comunque inferiore ad un dio, per lui era stata una notte di noia che aveva represso nel letto della bella creatura, tutto qua.
Non era certo sua abitudine comportarsi così, ma aveva sentito tanto parlare il fratellastro, Thor, di quanto fossero belle certe creature, che si era lasciato trasportare dalla curiosità.

“Mi è stato a lungo narrato delle tue vicissitudini non esattamente... pacifiche.” disse risoluta Lilith asciugando con la manica del vestito le ultime lacrime rimaste. Loki la trovò di un'innocenza disarmante. Quella era sua figlia.

Erano faccia a faccia, entrambi aspettavano la mossa dell'altro così da limitarsi a perdersi uno negli occhi dell'altro, occhi identici, magnetici. Il dio non ricordava nemmeno la faccia della madre della ragazza, ma se la immaginò con gli stessi tratti delicati di Lilith, dato che di lui aveva solo i colori: verde smeraldino, nero dei lunghi boccoli e bianco latteo della carnagione.
Ridipinse nella sua mente il volto dolce di una ninfa, le labbra sottili e fragili, di un rosa insicuro, pallido e la pelle bianca come la sua, unica altra cosa che aveva ereditato. Le gote arrossate dalla malattia e i capelli corvini scompigliati, di un nero opaco e misterioso, non esattamente come il suo.
Per un solo attimo si pentì di averla dimenticata per tutto quel tempo, ma cancellò istantaneamente questo pensiero, rabbrividito dall'aver dimostrato tanta debolezza. I sentimenti non erano una cosa alla quale lui amava abbandonarsi, a meno che questi non fossero negativi o un mezzo per tradire.

“Diciamo che i miei sforzi non sono stati apprezzati su Midgard.” distolse lo sguardo ritrovandosi a fissare le pareti della camera.

“Perchè Odino ti ha permesso di incontrarmi?”
Loki corruciò la fronte, pensieroso. Ci aveva pensato, in effetti: Odino, Padre di Tutto, che lo abbandonava senza alcuna precauzione (fatta eccezione l'avergli tolto tutti i poteri magici) nella cameretta di una ragazzina indifesa. Cos'è? Voleva forse che si riappacificassero dopo quindici anni? No, non doveva essere quello.

Ci pensò a lungo e non le rispose, rimase a fissare un punto nel vuoto, aspettandosi che lei lo rimboccasse, ricordandogli che non le aveva dato alcuna risposta. Nessuno parlò. Lilith si alzò dal letto, ovviamente dalla parte opposta a quella dov'era il padre, e si mosse traballante verso la specchiera. Il dio la osservava divertito, chiedendosi quanto ci avrebbe messo a cadere a terra. Passo dopo passo Lilith arrivò alla sedia e posò il braccio sul tavolo dove era attaccato lo specchio; Loki si accorse solo ora che una fasciatura macchiata di sangue e succo di erbe curative le stringeva l'intero braccio. Si chiese come potesse essersi procurata una tale ferita, ma non trovò una risposta plausibile. Lilith le sembrava una ragazza mansueta, non certo una guerriera, quindi tutto quel sangue non era spiegabile.

“Avrei dovuto stare alla larga dai Giganti di Ghiaccio.” sembrò avergli letto nella mente lei che, tra l'altro, tradì tutte le aspettative del padre rivelandosi un'abile combattente.
Loki si irrigidì a quelle parole. Che la ragazzina sapesse della sua natura e quella fosse una provocazione? O piuttosto lei ignorava del tutto la faccenda?

Di certo Odino non le aveva parlato della cosa dato che lei cominciò a raccontare al dio delle sue avventure su Jotunnheim con aria noncurante: “Era inverno” esordì levando le spille che tenevano insieme la medicazione, “non avrei mai pensato che degli esseri così poco aggraziati potessero forgiare armi 'sì tanto affilate.”
Lo squarcio nella sua carne era netto e di nuovo il dio s'irrigidì. Non aveva prestato attenzione alle parole della figlia, quanto al braccio martoriato da graffi di ogni genere, tutto quel rosso risaltava sulla pelle bianca e giovane.

“Erano una ventina” continuò indistrubata pulendo il taglio dal sangue, “per fortuna non troppo allenati.”
Loki si avvicinò a lei che trasalì quando se lo vide alle spalle nel riflesso allo specchio.

“E poi?” chiese con finto interesse lui, osservandola come se nulla di quello che aveva udito o visto lo turbasse. Sperava vivamente che prima o poi gli si sarebbe presentato il momento giusto per rifilare alla ragazzina tutta la verità sulle sue origini, una mezza Gigante di Ghiaccio.
Lilith si corstrinse di restare impassibile, immobile seduta alla specchiera mentre le sue piccole mani lavoravano sulla ferita. Le faceva malissimo, un dolore che le arrivava dritto al cuore, ma non avrebbe mai dato a Loki la soddisfazione di vederla piegare al male.

“Un loro pugnale mi è scivolato nel braccio senza che nemmeno me ne accorgessi” continuò il racconto, “solo quando ho visto il sangue ho capito che era successo qualcosa.”
Lilith pensò che fosse meglio non menzionare il fatto che un gigante le aveva stretto con forza la gola a palmo aperto e che lei aveva semplicemente tossito per un po' appena libera dalla morsa.
Chiunque venisse anche solo sfiorato da uno Jotun bruciava irrimediabilmente la sua pelle dove essa era entrata in contatto con la creatura, mentre la sua gola era sana e salva, pallida come il resto del corpo. In un primo momento aveva pensato che lo Jotun avesse potuto avere dei guanti, ma, scartata quell'idea perchè poco attendibile, smise semplicemente di pensarci, dedicandosi a curare l'unica ferita ben visibile che quello scontro le aveva lasciato.

Loki si piegò leggermente verso di lei, che si spostò istintivamente in avanti andando a sfiorare rovinosamente la ferita che riprese a sanguinare copiosamente. Nessuno dei due aveva fatto caso a quello, però. Lilith respirò più cautamente, come se quel gesto potesse farlo allontanare; sentirlo così vicino la inquietava e il dio si limitò a sorriderle mellifluo nel riflesso.

“Strano” soffiò gelido sulla guancia della ragazza in un sussuro, “che nessuno in quella ventina ti abbia sfiorato.”
Il dio tornò al suo posto, muovendo pochi passi si riavvicinò al letto, sedendovisi sopra in attesa di una mossa dell'altra.
Lilith non sapeva cosa dire e giurò che quella fu l'unica volta che le capitava una cosa simile. Non disse nulla, attendendo che Loki si spiegasse meglio, ma non arrivò nessuna spiegazione.

“Non ti disturberò più.” si alzò dal letto e se ne andò.

Lilith non ebbe nemmeno il tempo di protestare che subito Vin entrò nella stanza e la raggiunse con un'espressione preoccupata in volto. La benda intrisa di sangue a fianco alla ragazza doveva averla allarmata.


“Vi siete tolta i medicamenti?” domandò allibita, nemmeno stesse osservando un cadavere, “Venite, ci penso io.”

“Sto benissimo” la liquidò con un gesto della mano, quella sana, Lilith, “voglio restare sola.”
Vin squadrò la signorina con la fronte corruciata e le labbra rigide, non di aspettava certo un rifiuto così netto, ma d'altronde doveva ubbidire.
Fece un breve inchino e richiuse la porta alle sue spalle.
Appena il rumore sordo della porta riempì la stanza Lilith pianse.

Non ne aveva motivo e questo faceva fluire le sue lacrime molto più abbondanti: si detestava e la frustazione che aveva in corpo era tale da impedirle di fare altro che piangere e disperarsi. Il dolore che la ferita le procurava aumentava sempre di più fin tanto che quasi credette di morire dissanguata, ma di sangue non ce n'era. Risistemò una benda pulita attornò al braccio, la fissò in tutta fretta e si alzò dalla sedia, pentendosi amaramente di un comportamento tanto debole da parte sua, la stessa ragazza che Thor in persona aveva definito come più promettente giovane guerriera di Asgard.
Non poteva farcela, le gambe non l'avrebbero retta fino al letto. Si risedette aspettando che il dolore fisico passasse. Rimase ferma su quella sedia circa mezz'ora prima che Thor entrasse e corse da lei con la stessa espressione di Vin.

“Lilith” le sussurrò piegandosi sulle ginocchia così da poterla guardare negli occhi, “mia piccola, cosa succede, di grazia?”
Non voleva dire niente a Thor, voleva stare da sola per altre ore, forse giorni. Voleva che lui se ne andasse, ma non trovò il coraggio per dirglielo, quindi si limitò ad abbracciarlo, stanca e abbattuta.

Le spalle del dio erano forti e larghe tanto da fornirle un appoggio perfetto per la nuca e lei rimase lì per un tempo indefinito, aspettando che lui la cullasse come quando era bambina. Il suo profumo di polvere e idromele le riempiva le narici e le ricordò di quando lui la portava nel bosco a tirare con l'arco. Lui era stato la figura maschile che le era sempre mancata da quando Loki l'aveva abbandonata, era stato lui a crescerla come una sorella, amata e protetta. Non l'aveva mai considerato un padre, perchè quel ruolo era spettato ad Odino, ma certamente passava molto più tempo con Thor che con il Padre degli Dei.

Si accoccolò maggiormente contro il petto di Thor facendo attenzione a non schiacciare il braccio dolorante, poi chiuse gli occhi e riascoltò per l'ennesima volta quelle voci. Non le sentì più derisorie e maligne come lo erano state all'inizio, ora le parole si confondevano in mormorii, vociare debole che le arrivava distorto, frasi colme di parole che non gli appartenevano, discorsi confusi, ma più vicini, più intimi, come quando lui le aveva sussurrato nell'orecchio davanti alla specchiera. Non si prendeva gioco di lei, non la stava insultando o deridendo, il tono era allusorio, misterioso, parole che ne celavano altre non dette, frasi lasciate a metà. In quel preciso istante ne fu certa: c'era qualcosa che non doveva essere detto, qualcosa di segreto, ma che lei doveva sapere, in un modo o nell'altro.

Alzò lentamente la testa e rivolse al dio un sorriso stanco, chiaro segno che lui non era il benvenuto lì, tanta era la sua voglia di dormire. Nella sua mente non vorticavano più le offese del padre, ma le ultime parole che le aveva rivolto prima di andarsene di lì: "Strano che nessuno in quella ventina ti abbia sfiorato."
Che intendeva con quella frase? Avrebbe dovuto spiegarsi meglio se voleva che lei capisse. Forse il punto era proprio quello, lui non voleba che lei capisse, non subito almeno.

Si rimise in piedi in poco tempo e Thor si premurò di accompagnarla fino al letto, rimboccandole persino le coperte fin sotto il mento. Le piaceva ricevere quelle attenzioni, di solito, Thor era sempre stato tanto premuroso con lei, ma ora, in quel dato momento, avrebbe tanto voluto che al suo posto ci fosse stato Loki, suo padre.

"Se c'è qualche problema basta chiamare, lo sai" le disse confortante Thor, carezzandole la guancia, "dirò a Vin di stare nei paraggi."
Lilith si limitò a sorridergli per assicurarsi che lui se ne andasse senza troppe preoccupazioni per la testa, aveva bisogno di avere il campo libero per quello che doveva fare. Lasciò che passassero cinque o sei minuti dopo che Thor se ne fu andato prima di sgusciare fuori dalle coperte.

Le gambe la reggevano sì e no, quindi decise che si sarebbe prima abituata a camminare invece che uscire subito allo scoperto. Questo le fornì altri minuti di tregua in cui i suoi muscoli si risvegliarono di poco dopo l'intorpidimento e ripresero a sopportare il suo peso.
Camminò avanti e indietro a fianco al letto assicurandosi di avere sempre un appoggio in caso le gambe non l'avessero retta a sufficienza, dopodiché aprì delicatamente le porte della stanza, stando ben attenta a non fare rumore e uscì.

Il castello era avvolto dal silenzio, dalle stanze superiori provenivano vaghi rumori ovattati di passi, probabilmente quelli di Vin, intenta a spolverare qualche stanza. Il corridoio era deserto e la polvere che fluttuava nell'aria veniva catturata da vaghi spiragli di luche che trapelava dalle finestre. Era giorno, probabilmente pomeriggio, ma faceva freddo. Era a piedi nudi. Non poteva rientrare e mettersi delle ciabatte, avrebbe solo perso tempo prima che Loki fosse isolato nelle prigioni. Doveva trovarlo e parlare con lui. Le serviva un diversivo.

Conosceva abbastanza bene Odino per dire che non avrebbe mai lasciato il prigioniero incustodito, quindi con lui si trovavano sempre almeno due guardie, facilmente corrompibili, certo, ma pur sempre soldati. Padre avrebbe voluto certamente parlare con Loki prima di rispedirlo in cella per sapere qualcosa sul colloquio con Lilith, ma il vero problema era che Frigga, Thor e i Guerrieri sarebbero stati nei paraggi, troppo vicino a Loki perchè lei potesse interrogarlo. Non aveva un piano, ma doveva comunque lasciare quel corridoio prima che arrivasse qualcuno, avrebbe elaborato qualcosa strada facendo.

Si avviò con passo felpato fino alle scale principali del castello, quelle che l'avrebbero portata all'entrata della Sala del Trono, le stesse che Thor aveva percorso con lei in braccio quando era svenuta. Le scese facendo attenzione a qualsiasi essere vivente vedesse, fortunatamente ancora nessuno, poi si nascose in uno spiraglio strettissimo che aveva scoperto da bambina fra il terz'ultimo gradino della scalinata e il pavimento, aspettando il passaggio di qualche ancella.

Quel piano della reggia era sempre molto più frequentato degli altri, aveva più stanze, molte delle queli enormi e che quindi necessitavano più attenzione delle altre. La Sala del Trono si trovava ad una ventina di passi da dov'era nascosta, ma non riusciva a sentire nulla della conversazione che era sicura si stesse tenendo proprio accanto a lei in quella stanza. Distese i muscoli, tentando di rilassarsi e non sprecare energie in allarmismi, quindi sentì dei passi e la prima ancella le passò a fianco senza notarla. Dopo pochi secondi fu il turno di Vin, che si stava recando al piano superiore per essere più a portata di voce della malata, ma Lilith era sicura che non sarebbe entrata nelle sue stanze e, se anche l'ancella avesse deciso di buttare un occhio, avrebbe trovato due cuscini infilati sotto la coperta, trucco vecchio quanto efficace.

All'improvviso udì una voce svettare sopra le altre, carica di rabbia e rancore: Loki.
Le parole le arrivavano confuse e distorte senza che lei potesse carpirne il significato nonostante attorno a lei tutto taceva. Allungò meccanicamente il collo verso l'entrata bloccata della sala e riuscì a isolare una parola dal discorso irato del dio: ragazzina. Stavano quindi parlando di lei? Ma certo, questo avrebbe potuto benissimo dirlo prima di sentirsi nominata da Loki, ma c'era qualcosa di profondamente angosciante nel tono del dio, qualcosa che se ne stava ben nascosto sotto strati d'odio che lei interpretò come paura, pura e viva nella voce dura di suo padre.

Il corridoio era ancora deserto, ma uscire allo scoperto sarebbe stato troppo rischioso. D'altro canto la curiosità stava logorando il buonsenso, annebbiandole la ragione. Lei voleva, doveva, sapere quello che Loki andava dicendo e, soprattutto, ciò che Odino gli avrebbe risposto. Non poteva correre il rischio di arrivare tardi per udire le loro parole e, più il tempo scorreva, più questo pericolo diveniva reale.

Poggiò la testa contro la superficie fredda alle sue spalle e chiuse gli occhi, frustrata, le giancie rosse accese di rabbia. Il braccio le faceva terribilmente male, tutto d'un tratto, come se la carne bruciasse dall'interno fino a liberarsi sulla sua pelle bianca in fiamme ardenti. Il sangue pulsava contro le tempie e l'unica cosa a cui riusciva a pensare era che il tempo non si era certo fermato, mentre lei si disperava senza agire aspettando chissà cosa.

Tutto taceva, ora, nella Sala del Trono e la rabbia si impossessò di lei. Sbattè con violenza entrambe le palme delle mani sulla fronte madida di sudore premendo con forza le dita sulla nuca, infuriata come mai prima perchè aveva perso per l'ennesima volta. Quando mai aveva vinto, in vita sua?

Non riusciva a piangere, né ad urlare, ma ci mancò poco perchè le sue unghie corte e sottili tagliassero la pelle della testa tanta era la pressione che vi esercitava, quando tutto attorno a lei parve risplendere di una luce bluastra e tutto si fermò: le gocce di sangue che scivolavano lungo il suo braccio arrestarono la loro corsa verso il basso, nemmeno la testa pulsava più e ciò che provò era la sensazione vagamente rilassante di essere sospesa nel vuoto.

Le voci non c'erano più, ma percepiva la presenza di Loki, quella di Thor, Odino e sua moglie Frigga, persino i Tre guerrieri e Lady Sif accanto a lei, pericolosamente vicino.
Si voltò istintivamente sentendosi scoperta e osservata, ma nessuno la stava guardando. La stessa cosa non si poteva però dire di lei: la porta della sala era svanita nel nulla, così come parte del muro attorno ad essa, i cui bordi sfumavano nella luce blu attorno alle persone nella sala. Lilith dovette stropicciare gli occhi più e più volte per convincersi che non fosse il male a farla delirare, ma dopo la quinta volta che strofinava con forza le palpebre chiuse e queste furono rosse e irritate, ancora non riusciva a credere a ciò che stava osservando. Le figure che lei conosceva bene si muovevano e parlavano tra di loro, chi con enfasi, altri solo per punzecchiarsi, e lei era lì, li sentiva bene e forte tanto quanto il suo battito del cuore, ma ancora non riusciva a crederci.

“Rovinerai la sua esistenza!” stava urlando Sif rivolta a Loki, le guancie paonazze e la mano sull'elsa della spada pronta sguainarla in caso il dio avesse mosso anche solo un passo verso di lei.
Thor si grattava la testa facendo vagare lo sguardo tra Odino e il fratellastro, intervallando il tutto con qualche pesante sospiro sconsolato. Evidentemente la discussione non era di suo gradimento.
Lilith vide anche Frigga, in piedi al fianco del trono e del marito, una profonda tristezza dipinta negli occhi chiari, rivolti al figlio in catene davanti a lei.

“Padre degli Dei” parlò quindi Loki, ma Lilith non poteva vedere le sue spalle, dato che lui stava dando le spalle alla porta, magicamente svanita, quindi a lei, “voi davvero pensate che mi aggradi avere una mocciosa tra le scatole?”
A Lilith si strinse lo stomaco. Quindi era questo che stava dicendo Loki: non la voleva e Odino gliela stava rifilando. Oppure no, altrimenti perchè Sif aveva insistito con tanta violenza contro il dio degli inganni? Se quello che Lilith pensava era corretto, allora Sif non aveva motivo di inveire contro di lui dal momento che stavano dicendo la stessa cosa.

“Ma quando verrà il momento” riprese cupo il dio, “quello che voi le avete sempre nascosto, allora solo una persona potrà aiutarla e non è nessuno di voi, ma è in questa stanza.”
Ma di cosa stava parlando? Quale momento?

“Frigga le insegnerà ciò che insegnò a te da bambino e si prenderà cura di lei a dovere” fece sbrigativo Odino, “se è questo che ti preoccupa.”
Una risata amara riempì l'aria. A Lilith sembrò quasi di poter vedere le labbra incurvate del dio e i suoi occhi sinceramente divertiti.

“Ignorate troppe cose, Padre degli Dei e voi tutti” continuò il dio delle malefatte, “tanto che non avete mai prestato attenzione in questi anni alla malia della ragazza, mentre io l'ho saputo dal giorno in cui la vidi.” Fece una pausa. I presenti sembravano non capire, tutti tranne Odino e Frigga, che osservavano seri il figlio, “L'energia che la accompagna ovunque vada, l'energia che ho percepito è talmente grande che Madre non potrà nulla.”

Odino si alzò irato dal trono indicando Loki a braccio teso, ferito da quella mancanza di rispetto e dall'arroganza che ancora lui mostrava nei suoi confronti dopo che gli era stata risparmiata la pena di morte, ma Padre non aveva parole e non parlò. Il suo unico occhio era fisso sul mostro che Loki era diventato e in quello sguardo di ghiaccio il dio ci trovò solo la vittoria, mescolata al dolce sapere che lei era lì, e li stava guardando.

 





angolino autrice
Arrivati? 
Beh, se state leggendo questo certamente sì e ringrazio innanzitutto chiunque lo abbia fatto, invitandovi a lasciarmi il vostro pensiero, sempre gradito :)

Passiamo alla pratica, però: Loki ha una figlia (yeeeeee!) e addirittura ne ha una speciale. D'altronde, con un padre così!
Volevo (e voglio)che le vicende siano incentrate sul bel dio e la figlioletta, loro in particolare, e per questo ho volutamente tralasciato molte informazioni sulla madre. 
Detto questo spero vogliate regalarmi una recensione, ma ancor di più spero abbiate trovato la storia di vostro gradimento.

Al prossimo capitolo,

Layla 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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