Nonostante
fosse passato del tempo per Roxanne era ancora difficile
adattarsi alla situazione nella quale da due mesi e mezzo a quella
parte si
veniva a trovare in quel di pranzi e cene.
Sarà
che pensava ancora a quando lo aveva trovato sul divano tempo prima,
sarà che per lei era un po’seccante che un ragazzo
su per giù della sua età
preferisse rivolgere la parola a sua madre piuttosto che a lei,
sarà che Kevin
Mask era uno che poteva quasi fare paura alle persone che non lo
conoscevano
bene…
Ma sta di fatto
che tra una scusa e l’altra per saltare i pasti Roxanne
aveva perso diversi chili. E tanto era riuscita a farsi venire degli
orrendi
brufoli in ogni dove, derivati dal “rifarsi” nei
fast food dei pasti perduti
durante le uscite!
“pensare
che Emerald mangiava di tutto e di più e non solo non
ingrassava, ma l’unico segno sul suo corpo era quel
tatuaggio” pensò con una
punta d’invidia.
A proposito
della sua amica, in quei due mesi e mezzo il numero delle
notizie riguardo a lei non era aumentato granché. Tutto quel
che erano riusciti
a sapere era che lei e suo padre erano tornati a casa loro in
Inghilterra, ed
era già qualcosa perché se non altro significava
che stava bene; eppure
nonostante questo non solo la moretta dagli occhi smeraldini aveva
già lasciato
di nuovo il nido diretta chissà dove e a fare
chissà che, ma non si era fatta
più sentire con nessuno di loro.
Nemmeno con
Kevin Mask, che inizialmente quando aveva saputo del
ritorno a casa di Emerald era stato sempre più restio ad
accettare gli inviti a
pranzo e cena di Miss Mary. E se lei venisse a cercarmi a casa e non mi
trovasse, si diceva, se non trovandomi pensasse che io non sia
più qui e
ripartisse?
Ma erano
passati giorni…
Settimane…
Mesi…
E non
c’era stato nessun tentativo di contatto da parte di Hammy.
Nessuno. Altra cosa per la quale si era sentito spezzare anche quei
pochi
frammenti di cuore che gli erano rimasti.
Che lei avesse
deciso di lasciarlo perdere?
Di finirla
prima di iniziare, di non tornare mai più?
Che tutta
quella storia l’avesse portata a non amarlo e non volerlo
ancora, a stufarsi di lui, dopo tutto quello che avevano passato?
Una notifica
dei Lancaster gli era arrivata, a dire il vero, ma dal
Lancaster sbagliato; infatti appena tornato a Londra Mr.
StronzoFiglioDiBuonadonna -Howard- gli aveva fatto comunicare tramite
lettera
con tanto di timbro di ceralacca che il patto era stato invalidato.
Kevin quella
lettera l’aveva stracciata, e tra le tante cose che aveva
pensato c’era stato anche “mio padre non si
è sprecato a fare nemmeno questo,
dirmi che sono libero, l’ha fatto quel bastardo! che
schifo”.
E che ennesima
fitta di dolore gli aveva causato, pensarlo.
Oltre ad
essergli venuto in mente che avrebbe potuto invalidarlo in due
modi diversi, uccidendo Warsman o facendolo firmare…ma lui
temeva che fosse la
prima opzione…
Quella notifica
aveva significato la rottura totale di ogni legame che
poteva ancora avere con Emerald, la conferma che il suo allenatore era
morto
(?), ed anche la conferma del fatto che adesso a suo padre non
importava davvero
più
nulla di lui, al di là del diseredo.
«Roxanne,
non ti fermi con noi?» la interpellò Miss Mary.
Kevin
notò che la ragazza sembrava avere una gran voglia di
sparire in
tutta fretta, al solito. Aveva come la vaga impressione che non fosse
troppo
felice della sua presenza in casa. Ma francamente a lui della due
codini non
era mai importato assolutamente niente, se andava lì era
solo per Miss Mary
-dalla quale inizialmente si era sentito infastidito: che ficcanaso,
perché non
si faceva gli affari suoi?- per i piatti abbondanti che gli cucinava e
perché
pian piano aveva capito di poterle parlare, se voleva. Se era stato
semplice?
No. Se si era rivelato necessario perché si rimettesse un
po’in sesto?
Assolutamente si.
E poi quella
donna aveva un buon profumo di fiori che a Kevin ricordava
quello di una persona che non riusciva ad identificare, il cui volto,
figura e
voce si erano persi negli abissi delle sue memorie più
remote. Comunque
l’inglese preferiva non arrovellarsi troppo su questa
faccenda, sapendo che non
ne sarebbe venuto a capo; per sua sfortuna non aveva una memoria
eidetica.
«no
mamma, esco con gli altri andiamo a mangiare in un locale
e…beh,
ciao» guardò Kevin «…e
ciao».
«ciao».
Ed
uscì.
«Roxanne
è a cena qui sempre meno spesso»
commentò la donna.
«credo
sia per colpa mia. Facile che non veda di buon occhio la mia
presenza in casa».
«non
penso sia per quello, non ti preoccupare. La cena sarà
pronta tra
poco» continuò a mescolare il sugo come stava
facendo prima «un po’di
pazienza…»
Oh, di quella
Kevin ne aveva molta di più di quanto avrebbe mai pensato
di poterne avere. Era sempre stato impetuoso fin da piccolo, se voleva
qualcosa
doveva averla il prima possibile e faceva di tutto per ottenerla ed era
stato
sempre così fino a ..ormai un anno fa.
E poi era
cambiato tutto.
«ha
delle…notizie?» si decise a chiederle
«tante volte…insomma, Emerald
e Roxanne erano amiche».
Miss Mary
continuò a mescolare il sugo. «nessuna. Che io
sappia, DJ
Smeraldya è scomparsa nel nulla dopo quella brevissima
riapparizione a casa
propria della quale mia figlia e i suoi amici sono venuti a sapere solo
quando
era già ripartita».
“ripartita…per
dove?” si chiedeva Kevin. Non certo per tornare da lui,
quello era sicuro.
Kevin certe
cose le odiava. Odiava chi spariva all’improvviso senza
spiegazioni. Forse col tempo avrebbe potuto abituarsi alla sua assenza
-ne
dubitava- ma solo se Hammy avesse trovato perlomeno il coraggio di
dirgli addio
invece di lasciarlo lì così, che “non
si sapeva mai”.
“me
ne vado ma ehi, magari un giorno ci ripenso, quindi tu stai qui
buono ad aspettarmi d’accordo?”.
Si sentiva come
quei poveri cani randagi legati ad un palo ed
abbandonati lì dal padrone, che si illudevano per mesi,
anni, tutta la vita
restando ad aspettare qualcuno che probabilmente non sarebbe
più tornato.
«più
tempo passa più mi sento stupido»
confessò il ragazzo. Giudicando
che il sugo fosse pronto e la pasta fosse cotta Miss Mary
preparò il piatto
grande in cui versare il tutto.
«non
sei stupido, te l’assicuro; sei solo molto
innamorato» cercò di
rincuorarlo la donna mentre mescolava la pasta così che il
condimento si
spargesse bene per poi servirla a Kevin «è
comprensibile».
«sono
passati cinque mesi e mezzo…»
«un
grande amore non si dimentica così come se niente fosse. A
volte ci
vogliono anni, a volte non ci si riesce mai del tutto».
E forse lei ne
era la prova vivente considerando che la sua piccola
famiglia era costituita esclusivamente da lei e Roxanne, che peraltro
aveva
adottato. Dopo che King Muscle le aveva preferito Belinda, lei con gli
uomini
aveva praticamente chiuso.
«ma
non preoccuparti Kevin, se anche non dovessi rivederla -e ti auguro
di si, comunque- ci sono tanti pesci
nell’oceano…» continuò,
servendosi il
cibo.
«…me
lo diceva anche Warsman».
Silenzio.
Miss Mary
capì che per quella sera era meglio mangiare e basta.
«mi
sento uno schifo».
«chiaro,
ad avere una faccia come la tua mi sarei sentita uno schifo
pure io».
Warsman emise
uno sbuffo nervoso. «simpatica come un colpo improvviso
ai testicoli».
Emerald gli
occhieggiò l’inguine. «quali
testicoli?»
«ti
salvi soltanto perché ci troviamo in un luogo pubblico,
Lancaster,
altrimenti…»
«…avrei
avuto la prova della presenza dei testicoli in questione una
volta “sentito” il salamino Beretta?»
ribatté lei mimando le virgolette.
«tutto
quanto è un salamino, se gettato in una caverna»
fu la pronta
replica del russo.
«e
tutto quanto è caverna se il salamino è
particolarmente piccolo»
rispose a sua volta la ragazza sorseggiando l’aperitivo
«…ecco, dopo questa conversazione
di salamini Beretta non ne mangerò più».
«chissà
perché ci credo poco» si ostinò a
punzecchiarla lui, bevendo a
sua volta l’aperitivo.
«io
te l’ho detto più volte cosa sei: un vecchio
porcello».
Aperitivo in un
bar ad uno degli ultimi piani di un grattacielo di
Tokyo, mentre essendo estate il sole tramontava solo adesso nonostante
fosse
abbastanza tardi. Spettacolo che i due osservavano con aria quasi
assente.
«e tu
una puttanella».
«come
a dire che ci completiamo» lei alzò gli occhi al
cielo «quanto ti
detesto…»
«io
molto di più, te lo posso assicurare».
Certe parole
suonavano veramente comiche in bocca a due mezzi pazzi che
avevano viaggiato per il mondo due mesi e mezzo soli soletti. Una
settimana a
Buenos Aires, una a Città del Capo, una a Shanghai, una a Bangkok -ed ecco che
era passato un
mese- una a Il Cairo, una a Roma, una a Bombay, una a L’Avana
-e così ne erano
passati due- una a Rio de Janeiro, una a Sidney, ed infine eccoli
lì, di
ritorno a Tokyo.
Era stata una
fortuna poter viaggiare praticamente senza alcuna spesa,
seguendo unicamente i propri desideri riguardo all’itinerario.
Ed è
inutile dire che a Buenos Aires i due avevano tenuto fede ai loro
propositi di insegnare agli argentini come si balla il tango
considerati i
trofei che Flash aveva in valigia, bene imballati così che
non si rovinassero.
«comunque…perché
ti senti uno schifo?»
Il russo
finì di bere con un gesto nervoso. «forse
perché se non fosse
stato per quel negozio di gadget dei chojiin a Sidney saremmo ancora in
viaggio
dimentichi del fatto che c’è un povero ragazzo che
probabilmente si starà
ancora chiedendo se siamo vivi o morti?!»
«è
normale finire a staccare la spina quando si viaggia»
minimizzò lei,
anche se in verità quella faccenda le dava parecchio da
pensare.
«non
in modo così…totale».
«è
un po’ tardi per i sensi di colpa. E io allora che dovrei
dire? non
penso che mio padre avrebbe gradito se-»
«non
nominarmelo per piacere» borbottò lui.
Silenzio.
«mi
sento uno schifo» disse ancora Warsman
«…ma…dobbiamo proprio?»
«prima
dici “quel povero ragazzo qui quel povero ragazzo
là” e poi te
ne esci col chiedermi se dobbiamo proprio tornare…chi ti
capisce è bravo».
Peccato che lei
nelle settimane precedenti in realtà si fosse posta la
stessa domanda piuttosto spesso: “dobbiamo proprio
tornare”?
Come poteva
essere certa che Kevin li volesse ancora al suo fianco? LA
volesse ancora?
E poi,
c’erano ancora così tanti posti da vedere.
E tanti trofei
di tango da vincere.
…e
non solo, ma una volta tornati da Kevin lo strano rapporto di
arcinemici tra lei e quella brutta bestiaccia russa -come ogni tanto lo
aveva
definito nei momenti di particolare incazzatura- non avrebbe
più potuto essere
vissuto appieno.
Avrebbero
dovuto…finirla. O quantomeno moderarsi molto,
perché entrambi
dubitavano che Kevin avrebbe mai tollerato un altro “Dies
Irae”,o anche “altro”
in generale che non fossero i rapporti tesi-ma-non-distruttivi che nei
mesi che
gli erano stati accanto avevano cercato di mantenere davanti a lui.
E gli stessi
pensieri viaggiavano nella mente di Warsman.
Avrebbero
potuto controllarsi, in futuro, nonostante avessero già
stabilito che se Kevin avesse deciso di rivolerli entrambi ed avesse
voluto che
Emerald vivesse in casa sua Flash sarebbe andato a stare nella casa
dove aveva
abitato la ragazza? Sarebbe bastato per evitare danni? O no?
E se invece
Kevin non avesse voluto più sapere niente di
lei…Emerald
poteva sempre ripartire, ma lui come avrebbe fatto? Si sarebbe sentito
in
dovere di rimanere, per non lasciare Kevin di nuovo solo, non avrebbe
potuto
partire di nuovo con lei.
Ci si chiede
perché due arcinemici si ostinino spesso e volentieri a
voler vivere per forza nella stessa città. La risposta
è semplice: se non lo
avessero fatto con chi si sarebbero divertiti a scannarsi?
“io e
questa qui poi abbiamo un rapporto di inimicizia ed odio ben
più
profondo di quello che intercorre tra qualsiasi altra coppia di
arcinemici”
pensò il russo.
«tu,
se non andasse come deve, potresti ripartire. Io no».
«due
mesi e mezzo in mia detestabile compagnia non ti sono
bastati?»
Certe compagnie
non bastavano mai. Certi giorni, certe notti, non
bastavano mai.
«non
mi ci vedo a ballare il tango con Kevin».
«mpf…ha
tanti pregi ma quando balla ha il senso del ritmo di un
metronomo sfasato, la leggerezza di un ippopotamo femmina incinto e
l’agilità
di un bradipo su una sedia a rotelle. E cieco».
Insomma un
novello Fred Astaire.
«quindi…l’ultima
cena e poi andiamo» disse piano il russo.
«già.
Solo che ad essere sincera io di fame non ne ho tanta».
«e io
per niente. E dunque non intendi dirgli nemmeno del tuo super
braccio alla Misty Knight?»
Hammy scosse la
testa. «no, no, non si vede niente quindi non
c’è
niente».
«ricapitolando,
dobbiamo tacere su a) il tuo braccio, b) che siamo qui
a Tokyo da tre giorni e ci degniamo di andare da lui solo oggi, c) che
io avrei
potuto tornare già due settimane dopo l’incontro
e, soprattutto, d) la nostra
gita attorno al globo lunga due mesi e mezzo, con tutti gli annessi
e connessi».
«nel
caso scoprissimo che aveva saputo del mio breve ritorno in
Inghilterra gli dirò che è sopraggiunta una
complicazione alla spalla e sono
dovuta ripartire per quello».
«…ed
è una pura e semplice coincidenza che ci veda tornare da lui
insieme. Anche io ho avuto un periodo molto difficile, e io e te solo
per un
caso sfortunato ci siamo trovati a tornare da lui lo stesso giorno, non
per
altro».
Si guardarono.
«ma
quante cazzate gli raccontiamo, eh?» sospirò lei.
«la
verità non gli piacerebbe, a parte quella riguardante il tuo
braccio. Non capisco perché nascondergli anche questo.
Ma…scelta tua» la guardò
«pensi che non gli piaceresti più se sapesse che
hai quei naniti in ossa e
tessuti?»
«tsk».
«tu
hai fatto questa scelta, ma non avresti dovuto farla tanto alla
leggera, decidere di farsi mettere delle componenti semi robotiche nel
corpo non
è come farsi un tatuaggio!» disse il russo, un
po’aspramente «se non eri pronta
ad affrontare le conseguenze di tale scelta avresti dov-»
«di
padri ne ho già uno, e non mi ha mai fatto nemmeno una
predica,
quindi non farmela tu».
Ciò
non toglieva che Warsman non solo non aveva tutti i torti, ma
sapeva anche benissimo di cosa parlava.
«…fa’
come credi, tanto preoccuparmi della tua salute non è
compito
mio, se mai il contrario. Ed ora…» si guardarono
di nuovo «andiamo?»
«…e
andiamo».
Kevin Mask
stava rientrando in casa propria quando, voltandosi e dando
un’occhiata lungo la via, li vide.
Non seppe dire
per quanto tempo rimase a guardarli inebetito mentre
come due fantasmi avanzavano verso di lui, prima lungo la strada, poi
lungo il
vialetto nel giardino.
Per un attimo
credette che lo fossero davvero, fantasmi. Insomma…non
era possibile. non era possibile che quei due ricomparissero
lì all’improvviso,
proprio come li ricordava, senza che lei avesse segni addosso e
soprattutto insieme.
«compagno,
non dici niente?» disse il russo.
«hai
raggiunto il limite di parole giornaliero?» gli chiese lei,
con un
sorriso.
E Kevin a quel
punto non capì più niente.
Registrò
a stento di essersi tolto la maschera, averla lanciata via ed
essere corso da Emerald per salutarla col bacio più
mozzafiato che lei avesse
mai ricevuto, che lei accolse con gioia e stupore, per poi ricambiare
con
altrettanto ardore.
Mentre correva
verso di lei con quei lunghi capelli biondi al vento,
gli occhi azzurri brillanti e le guance delicatamente arrossate le era
parso di
trovarsi davanti una specie di angelo caduto dal cielo, ed il suo, di
rossore,
non era stato altrettanto leggero.
Durante quel
saluto appassionato però non poté fare a meno di
occhieggiare il russo accanto a lei, che sollevò leggermente
il capo come a
dire “eh si…ti vuole ancora. Temevi di no, ma ti
vuole ancora. Già. Pare
proprio che dovrai rimanere”.
Lei
sollevò impercettibilmente le spalle, per poi chiudere gli
occhi e
concludere quel bacio in cui Kevin l’aveva avvinta.
«stai…bene»
la baciò ancora, le poggiò le mani sul viso
«stai bene, e
sei qui, sei…» si interruppe, le sorrise
un’ultima volta per poi staccarsi con
grande rammarico per salutare anche Warsman, il suo amico creduto morto
che
tanto morto invece poi non era.
«Warsman…non
posso credere che tu sia vivo» disse il ragazzo con
felicità autentica nella voce ponendogli le mani sugli
avambracci, dato che era
troppo orgoglioso per abbracciarlo e basta
«sono…contento di rivederti…»
«ma
quanto sei sciocco» borbottò il russo finendo per
abbracciarlo lui,
forte per quanto brevemente «questo è
un
abbraccio da uomo!...mh, non sento odore di alcol, ottimo
segno…»
«…non
fai in tempo a tornare che ricominci con queste storie?»
brontolò
Kevin guardandoli entrambi «e comunque, si può
sapere che avete fatto tutto
questo tempo? soprattutto tu!» disse ad Emerald
«mai una telefonata, mai un
messaggio, ero preoccupato a morte! Nemmeno quanto sei tornata in
Inghilterra
non mi hai fatto sapere niente…»
«è
stato un periodaccio…» intervenne Flash
«sia per me che per lei».
«e
poi dici a lui “non fai in tempo a tornare che ricominci con
queste
storie”, eh Kevin?» Hammy sollevò un
sopracciglio. Aveva recuperato la sua
maschera mentre lui e Flash si salutavano, ed ora la teneva in mano.
«se
permetti ho tutto il diritto di voler sapere
cos…mmmh…» lei lo
zittì temporaneamente con un altro bacio
«…questo si chiama approfittarsene,
Scimmiattolo degenere, e comunque non servirà a
depistarmi» si rimise la
maschera e li invitò ad entrare «pretendo di
sapere nel dettaglio tutto
quel che avete fatto in questi mesi» li
avvisò, oltrepassando per primo la soglia di
casa e dando loro le spalle «e non tralasciate
niente!»
Emerald e Lord
Flash si scambiarono un’occhiata. Altro che “non
tralasciare niente”, avrebbero tralasciato
tipo…tutto!
Arrivederci, ragazze :D alla prossima!!!