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Autore: _Cthylla_    13/02/2014    7 recensioni
[ COMPLETA ]
Occhi di smeraldo, capelli d'ebano e...faccia di bronzo. Riassumibile in due parole: Emerald Lancaster. E questo Kevin Mask lo sa bene.
Dal capitolo3.2:
"«io sono riuscita a convincere mio padre a lasciarmi percorrere la strada che desidero, ed anche a farmi aiutare, diventando tutt’altro da quel che lui avrebbe voluto e continuando comunque ad andare d’amore e d’accordo con lui; tu invece detesti ancora Robin Mask, ma hai finito per diventare, guarda caso, un wrestler della League» osò perfino sorridergli ironicamente «non sei uscito molto dal tracciato».
E poco le importava che l’aria di Kevin stesse diventando pericolosa, Emerald non cedette di un punto.
«né tu né nessun altro avete il diritto di giudicarmi. Chiaro?»
«cristallino. E ribatto col tuo stesso concetto, Kevin Mask; dare giudizi a qualcuno espone al rischio di essere giudicati, anche in modi che possono non piacere. Tienilo a mente, quando parli con me» gli disse lei «perché io non temo di dire le cose in faccia alle persone, anche quando sono due volte più alte e tre volte più pesanti»."
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kevin Mask, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Warsman/Lord Flash
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Occhi di smeraldo'
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Nonostante fosse passato del tempo per Roxanne era ancora difficile adattarsi alla situazione nella quale da due mesi e mezzo a quella parte si veniva a trovare in quel di pranzi e cene.

Sarà che pensava ancora a quando lo aveva trovato sul divano tempo prima, sarà che per lei era un po’seccante che un ragazzo su per giù della sua età preferisse rivolgere la parola a sua madre piuttosto che a lei, sarà che Kevin Mask era uno che poteva quasi fare paura alle persone che non lo conoscevano bene…

Ma sta di fatto che tra una scusa e l’altra per saltare i pasti Roxanne aveva perso diversi chili. E tanto era riuscita a farsi venire degli orrendi brufoli in ogni dove, derivati dal “rifarsi” nei fast food dei pasti perduti durante le uscite!

“pensare che Emerald mangiava di tutto e di più e non solo non ingrassava, ma l’unico segno sul suo corpo era quel tatuaggio” pensò con una punta d’invidia.

A proposito della sua amica, in quei due mesi e mezzo il numero delle notizie riguardo a lei non era aumentato granché. Tutto quel che erano riusciti a sapere era che lei e suo padre erano tornati a casa loro in Inghilterra, ed era già qualcosa perché se non altro significava che stava bene; eppure nonostante questo non solo la moretta dagli occhi smeraldini aveva già lasciato di nuovo il nido diretta chissà dove e a fare chissà che, ma non si era fatta più sentire con nessuno di loro.

Nemmeno con Kevin Mask, che inizialmente quando aveva saputo del ritorno a casa di Emerald era stato sempre più restio ad accettare gli inviti a pranzo e cena di Miss Mary. E se lei venisse a cercarmi a casa e non mi trovasse, si diceva, se non trovandomi pensasse che io non sia più qui e ripartisse?

Ma erano passati giorni…

Settimane…

Mesi…

E non c’era stato nessun tentativo di contatto da parte di Hammy. Nessuno. Altra cosa per la quale si era sentito spezzare anche quei pochi frammenti di cuore che gli erano rimasti.

Che lei avesse deciso di lasciarlo perdere?

Di finirla prima di iniziare, di non tornare mai più?

Che tutta quella storia l’avesse portata a non amarlo e non volerlo ancora, a stufarsi di lui, dopo tutto quello che avevano passato?

Una notifica dei Lancaster gli era arrivata, a dire il vero, ma dal Lancaster sbagliato; infatti appena tornato a Londra Mr. StronzoFiglioDiBuonadonna -Howard- gli aveva fatto comunicare tramite lettera con tanto di timbro di ceralacca che il patto era stato invalidato.

Kevin quella lettera l’aveva stracciata, e tra le tante cose che aveva pensato c’era stato anche “mio padre non si è sprecato a fare nemmeno questo, dirmi che sono libero, l’ha fatto quel bastardo! che schifo”.

E che ennesima fitta di dolore gli aveva causato, pensarlo.

Oltre ad essergli venuto in mente che avrebbe potuto invalidarlo in due modi diversi, uccidendo Warsman o facendolo firmare…ma lui temeva che fosse la prima opzione…

Quella notifica aveva significato la rottura totale di ogni legame che poteva ancora avere con Emerald, la conferma che il suo allenatore era morto (?), ed anche la conferma del fatto che adesso a suo padre non importava davvero più nulla di lui, al di là del diseredo.

«Roxanne, non ti fermi con noi?» la interpellò Miss Mary.

Kevin notò che la ragazza sembrava avere una gran voglia di sparire in tutta fretta, al solito. Aveva come la vaga impressione che non fosse troppo felice della sua presenza in casa. Ma francamente a lui della due codini non era mai importato assolutamente niente, se andava lì era solo per Miss Mary -dalla quale inizialmente si era sentito infastidito: che ficcanaso, perché non si faceva gli affari suoi?- per i piatti abbondanti che gli cucinava e perché pian piano aveva capito di poterle parlare, se voleva. Se era stato semplice? No. Se si era rivelato necessario perché si rimettesse un po’in sesto? Assolutamente si.

E poi quella donna aveva un buon profumo di fiori che a Kevin ricordava quello di una persona che non riusciva ad identificare, il cui volto, figura e voce si erano persi negli abissi delle sue memorie più remote. Comunque l’inglese preferiva non arrovellarsi troppo su questa faccenda, sapendo che non ne sarebbe venuto a capo; per sua sfortuna non aveva una memoria eidetica.

«no mamma, esco con gli altri andiamo a mangiare in un locale e…beh, ciao» guardò Kevin «…e ciao».

«ciao».

Ed uscì.

«Roxanne è a cena qui sempre meno spesso» commentò la donna.

«credo sia per colpa mia. Facile che non veda di buon occhio la mia presenza in casa».

«non penso sia per quello, non ti preoccupare. La cena sarà pronta tra poco» continuò a mescolare il sugo come stava facendo prima «un po’di pazienza…»

Oh, di quella Kevin ne aveva molta di più di quanto avrebbe mai pensato di poterne avere. Era sempre stato impetuoso fin da piccolo, se voleva qualcosa doveva averla il prima possibile e faceva di tutto per ottenerla ed era stato sempre così fino a ..ormai un anno fa.

E poi era cambiato tutto.

«ha delle…notizie?» si decise a chiederle «tante volte…insomma, Emerald e Roxanne erano amiche».

Miss Mary continuò a mescolare il sugo. «nessuna. Che io sappia, DJ Smeraldya è scomparsa nel nulla dopo quella brevissima riapparizione a casa propria della quale mia figlia e i suoi amici sono venuti a sapere solo quando era già ripartita».

“ripartita…per dove?” si chiedeva Kevin. Non certo per tornare da lui, quello era sicuro.

Kevin certe cose le odiava. Odiava chi spariva all’improvviso senza spiegazioni. Forse col tempo avrebbe potuto abituarsi alla sua assenza -ne dubitava- ma solo se Hammy avesse trovato perlomeno il coraggio di dirgli addio invece di lasciarlo lì così, che “non si sapeva mai”.

“me ne vado ma ehi, magari un giorno ci ripenso, quindi tu stai qui buono ad aspettarmi d’accordo?”.

Si sentiva come quei poveri cani randagi legati ad un palo ed abbandonati lì dal padrone, che si illudevano per mesi, anni, tutta la vita restando ad aspettare qualcuno che probabilmente non sarebbe più tornato.

«più tempo passa più mi sento stupido» confessò il ragazzo. Giudicando che il sugo fosse pronto e la pasta fosse cotta Miss Mary preparò il piatto grande in cui versare il tutto.

«non sei stupido, te l’assicuro; sei solo molto innamorato» cercò di rincuorarlo la donna mentre mescolava la pasta così che il condimento si spargesse bene per poi servirla a Kevin «è comprensibile».

«sono passati cinque mesi e mezzo…»

«un grande amore non si dimentica così come se niente fosse. A volte ci vogliono anni, a volte non ci si riesce mai del tutto».

E forse lei ne era la prova vivente considerando che la sua piccola famiglia era costituita esclusivamente da lei e Roxanne, che peraltro aveva adottato. Dopo che King Muscle le aveva preferito Belinda, lei con gli uomini aveva praticamente chiuso.

«ma non preoccuparti Kevin, se anche non dovessi rivederla -e ti auguro di si, comunque- ci sono tanti pesci nell’oceano…» continuò, servendosi il cibo.

«…me lo diceva anche Warsman».

Silenzio.

Miss Mary capì che per quella sera era meglio mangiare e basta.

 

 

«mi sento uno schifo».

«chiaro, ad avere una faccia come la tua mi sarei sentita uno schifo pure io».

Warsman emise uno sbuffo nervoso. «simpatica come un colpo improvviso ai testicoli».

Emerald gli occhieggiò l’inguine. «quali testicoli?»

«ti salvi soltanto perché ci troviamo in un luogo pubblico, Lancaster, altrimenti…»

«…avrei avuto la prova della presenza dei testicoli in questione una volta “sentito” il salamino Beretta?» ribatté lei mimando le virgolette.

«tutto quanto è un salamino, se gettato in una caverna» fu la pronta replica del russo.

«e tutto quanto è caverna se il salamino è particolarmente piccolo» rispose a sua volta la ragazza sorseggiando l’aperitivo «…ecco, dopo questa conversazione di salamini Beretta non ne mangerò più».

«chissà perché ci credo poco» si ostinò a punzecchiarla lui, bevendo a sua volta l’aperitivo.

«io te l’ho detto più volte cosa sei: un vecchio porcello».

Aperitivo in un bar ad uno degli ultimi piani di un grattacielo di Tokyo, mentre essendo estate il sole tramontava solo adesso nonostante fosse abbastanza tardi. Spettacolo che i due osservavano con aria quasi assente.

«e tu una puttanella».

«come a dire che ci completiamo» lei alzò gli occhi al cielo «quanto ti detesto…»

«io molto di più, te lo posso assicurare».

Certe parole suonavano veramente comiche in bocca a due mezzi pazzi che avevano viaggiato per il mondo due mesi e mezzo soli soletti. Una settimana a Buenos Aires, una a Città del Capo, una a Shanghai,  una a Bangkok -ed ecco che era passato un mese- una a Il Cairo, una a Roma, una a Bombay, una a L’Avana -e così ne erano passati due- una a Rio de Janeiro, una a Sidney, ed infine eccoli lì, di ritorno a Tokyo.

Era stata una fortuna poter viaggiare praticamente senza alcuna spesa, seguendo unicamente i propri desideri riguardo all’itinerario.

Ed è inutile dire che a Buenos Aires i due avevano tenuto fede ai loro propositi di insegnare agli argentini come si balla il tango considerati i trofei che Flash aveva in valigia, bene imballati così che non si rovinassero.

«comunque…perché ti senti uno schifo?»

Il russo finì di bere con un gesto nervoso. «forse perché se non fosse stato per quel negozio di gadget dei chojiin a Sidney saremmo ancora in viaggio dimentichi del fatto che c’è un povero ragazzo che probabilmente si starà ancora chiedendo se siamo vivi o morti?!»

«è normale finire a staccare la spina quando si viaggia» minimizzò lei, anche se in verità quella faccenda le dava parecchio da pensare.

«non in modo così…totale».

«è un po’ tardi per i sensi di colpa. E io allora che dovrei dire? non penso che mio padre avrebbe gradito se-»

«non nominarmelo per piacere» borbottò lui.

Silenzio.

«mi sento uno schifo» disse ancora Warsman «…ma…dobbiamo proprio?»

«prima dici “quel povero ragazzo qui quel povero ragazzo là” e poi te ne esci col chiedermi se dobbiamo proprio tornare…chi ti capisce è bravo».

Peccato che lei nelle settimane precedenti in realtà si fosse posta la stessa domanda piuttosto spesso: “dobbiamo proprio tornare”?

Come poteva essere certa che Kevin li volesse ancora al suo fianco? LA volesse ancora?

E poi, c’erano ancora così tanti posti da vedere.

E tanti trofei di tango da vincere.

…e non solo, ma una volta tornati da Kevin lo strano rapporto di arcinemici tra lei e quella brutta bestiaccia russa -come ogni tanto lo aveva definito nei momenti di particolare incazzatura- non avrebbe più potuto essere vissuto appieno.

Avrebbero dovuto…finirla. O quantomeno moderarsi molto, perché entrambi dubitavano che Kevin avrebbe mai tollerato un altro “Dies Irae”,o anche “altro” in generale che non fossero i rapporti tesi-ma-non-distruttivi che nei mesi che gli erano stati accanto avevano cercato di mantenere davanti a lui.

E gli stessi pensieri viaggiavano nella mente di Warsman.

Avrebbero potuto controllarsi, in futuro, nonostante avessero già stabilito che se Kevin avesse deciso di rivolerli entrambi ed avesse voluto che Emerald vivesse in casa sua Flash sarebbe andato a stare nella casa dove aveva abitato la ragazza? Sarebbe bastato per evitare danni? O no?

E se invece Kevin non avesse voluto più sapere niente di lei…Emerald poteva sempre ripartire, ma lui come avrebbe fatto? Si sarebbe sentito in dovere di rimanere, per non lasciare Kevin di nuovo solo, non avrebbe potuto partire di nuovo con lei.

Ci si chiede perché due arcinemici si ostinino spesso e volentieri a voler vivere per forza nella stessa città. La risposta è semplice: se non lo avessero fatto con chi si sarebbero divertiti a scannarsi?

“io e questa qui poi abbiamo un rapporto di inimicizia ed odio ben più profondo di quello che intercorre tra qualsiasi altra coppia di arcinemici” pensò il russo.

«tu, se non andasse come deve, potresti ripartire. Io no».

«due mesi e mezzo in mia detestabile compagnia non ti sono bastati?»

Certe compagnie non bastavano mai. Certi giorni, certe notti, non bastavano mai.

«non mi ci vedo a ballare il tango con Kevin».

«mpf…ha tanti pregi ma quando balla ha il senso del ritmo di un metronomo sfasato, la leggerezza di un ippopotamo femmina incinto e l’agilità di un bradipo su una sedia a rotelle. E cieco».

Insomma un novello Fred Astaire.

«quindi…l’ultima cena e poi andiamo» disse piano il russo.

«già. Solo che ad essere sincera io di fame non ne ho tanta».

«e io per niente. E dunque non intendi dirgli nemmeno del tuo super braccio alla Misty Knight?»

Hammy scosse la testa. «no, no, non si vede niente quindi non c’è niente».

«ricapitolando, dobbiamo tacere su a) il tuo braccio, b) che siamo qui a Tokyo da tre giorni e ci degniamo di andare da lui solo oggi, c) che io avrei potuto tornare già due settimane dopo l’incontro e, soprattutto, d) la nostra gita attorno al globo lunga due mesi e mezzo, con tutti gli annessi e connessi».

«nel caso scoprissimo che aveva saputo del mio breve ritorno in Inghilterra gli dirò che è sopraggiunta una complicazione alla spalla e sono dovuta ripartire per quello».

«…ed è una pura e semplice coincidenza che ci veda tornare da lui insieme. Anche io ho avuto un periodo molto difficile, e io e te solo per un caso sfortunato ci siamo trovati a tornare da lui lo stesso giorno, non per altro».

Si guardarono.

«ma quante cazzate gli raccontiamo, eh?» sospirò lei.

«la verità non gli piacerebbe, a parte quella riguardante il tuo braccio. Non capisco perché nascondergli anche questo. Ma…scelta tua» la guardò «pensi che non gli piaceresti più se sapesse che hai quei naniti in ossa e tessuti?»

«tsk».

«tu hai fatto questa scelta, ma non avresti dovuto farla tanto alla leggera, decidere di farsi mettere delle componenti semi robotiche nel corpo non è come farsi un tatuaggio!» disse il russo, un po’aspramente «se non eri pronta ad affrontare le conseguenze di tale scelta avresti dov-»

«di padri ne ho già uno, e non mi ha mai fatto nemmeno una predica, quindi non farmela tu».

Ciò non toglieva che Warsman non solo non aveva tutti i torti, ma sapeva anche benissimo di cosa parlava.

«…fa’ come credi, tanto preoccuparmi della tua salute non è compito mio, se mai il contrario. Ed ora…» si guardarono di nuovo «andiamo?»

«…e andiamo».

 

 

Kevin Mask stava rientrando in casa propria quando, voltandosi e dando un’occhiata lungo la via, li vide.

Non seppe dire per quanto tempo rimase a guardarli inebetito mentre come due fantasmi avanzavano verso di lui, prima lungo la strada, poi lungo il vialetto nel giardino.

Per un attimo credette che lo fossero davvero, fantasmi. Insomma…non era possibile. non era possibile che quei due ricomparissero lì all’improvviso, proprio come li ricordava, senza che lei avesse segni addosso e soprattutto insieme.

«compagno, non dici niente?» disse il russo.

«hai raggiunto il limite di parole giornaliero?» gli chiese lei, con un sorriso.

E Kevin a quel punto non capì più niente.

Registrò a stento di essersi tolto la maschera, averla lanciata via ed essere corso da Emerald per salutarla col bacio più mozzafiato che lei avesse mai ricevuto, che lei accolse con gioia e stupore, per poi ricambiare con altrettanto ardore.

Mentre correva verso di lei con quei lunghi capelli biondi al vento, gli occhi azzurri brillanti e le guance delicatamente arrossate le era parso di trovarsi davanti una specie di angelo caduto dal cielo, ed il suo, di rossore, non era stato altrettanto leggero.

Durante quel saluto appassionato però non poté fare a meno di occhieggiare il russo accanto a lei, che sollevò leggermente il capo come a dire “eh si…ti vuole ancora. Temevi di no, ma ti vuole ancora. Già. Pare proprio che dovrai rimanere”.

Lei sollevò impercettibilmente le spalle, per poi chiudere gli occhi e concludere quel bacio in cui Kevin l’aveva avvinta.

«stai…bene» la baciò ancora, le poggiò le mani sul viso «stai bene, e sei qui, sei…» si interruppe, le sorrise un’ultima volta per poi staccarsi con grande rammarico per salutare anche Warsman, il suo amico creduto morto che tanto morto invece poi non era.

«Warsman…non posso credere che tu sia vivo» disse il ragazzo con felicità autentica nella voce ponendogli le mani sugli avambracci, dato che era troppo orgoglioso per abbracciarlo e basta «sono…contento di rivederti…»

«ma quanto sei sciocco» borbottò il russo finendo per abbracciarlo lui, forte per quanto brevemente «questo è un abbraccio da uomo!...mh, non sento odore di alcol, ottimo segno…»

«…non fai in tempo a tornare che ricominci con queste storie?» brontolò Kevin guardandoli entrambi «e comunque, si può sapere che avete fatto tutto questo tempo? soprattutto tu!» disse ad Emerald «mai una telefonata, mai un messaggio, ero preoccupato a morte! Nemmeno quanto sei tornata in Inghilterra non mi hai fatto sapere niente…»

«è stato un periodaccio…» intervenne Flash «sia per me che per lei».

«e poi dici a lui “non fai in tempo a tornare che ricominci con queste storie”, eh Kevin?» Hammy sollevò un sopracciglio. Aveva recuperato la sua maschera mentre lui e Flash si salutavano, ed ora la teneva in mano.

«se permetti ho tutto il diritto di voler sapere cos…mmmh…» lei lo zittì temporaneamente con un altro bacio «…questo si chiama approfittarsene, Scimmiattolo degenere, e comunque non servirà a depistarmi» si rimise la maschera e li invitò ad entrare «pretendo di sapere nel dettaglio tutto quel che avete fatto in questi mesi» li avvisò, oltrepassando per primo la soglia di casa e dando loro le spalle «e non tralasciate niente!»

Emerald e Lord Flash si scambiarono un’occhiata. Altro che “non tralasciare niente”, avrebbero tralasciato tipo…tutto!

Certe cose parevano proprio non cambiare mai.


***

Arrivederci, ragazze :D alla prossima!!!
   
 
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