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Autore: Lud0vica98    14/02/2014    10 recensioni
Un plurimiliardario cieco che si nutre di arte.
Un ventunenne squattrinato che sogna di diventare un famoso giornalista.
La sua missione è semplice. Infiltrarsi in casa sua, raccogliere informazioni e scrivere l'articolo della sua vita.
Peccato che non avesse previsto niente di quel che in seguito sarebbe accaduto.
-
“Di che colore sono i tuoi occhi?”
“Azzuri”
“Azzuri come?”
Come il cielo.
-
Louis/Harry blind!Harry artist!Harry painter!Harry musician!Harry writer!Harry journalist!Louis
conteggio parole: 2660
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Azzurro come il cielo
C’è stato un tempo in cui Harry era felice. Il suo pane quotidiano era l’arte, purché, a qualsiasi ambito tu faccia concernere questa parola, essa implicasse l’espressione della propria personalità. Si beava delle forme aggraziate e armoniche di novelle Afroditi con ancora le forme insicure di ragazzine, fanciulle così impazienti di crescere, e piccoli Adoni ancora nel fiore degli anni, dalla forza tanto seducente quanto maliziosa. Li guardava, li osservava, si saziava della loro vista, delle loro voci e perfino del delicato odore delle loro pelli, alcune più fruttate altre più acre. Spesso si dilettava nel comparire nelle loro stanze ad orari a dir poco improbabili con la sola giustificazione di volerli fissare sulla tela immortale illuminati dal chiarore di luna. Poi, molto probabilmente non contento della sua opera, la nascondeva dietro un mobile, oh! Horribile visu! (= Orribile a vedersi!)
Oppure, all’ombra del pineto faceva veloce uno schizzo, e la carta si riempiva prima di linee fedeli alla realtà per poi essere distorte da barocche volute, come a voler imprimere sulla carta anche la sensazione della barbetta di quel ragazzo tra le sue braccia o il percepire gli aghi perenni sotto i suoi piedi.
Altre volte scriveva, scriveva poesie, dal linguaggio aulico e misterioso, cercando di ricreare nella mente del lettore il suono scrosciante delle onde del mare che continuamente s’infrangevano sulla riva. O anche storie d’amore, d’un amore travolgente, lo stesso che provava lui per l’armonia, la bellezza che percepiva con tutti i cinque sensi. O ballate, di eroi coraggiosi in mondi sconosciuti mentre si scontravano con draghi e streghe malvagie …
Oppure assaporava i profumi del giardino oramai in piena fioritura, con gli occhi chiusi come a meglio distinguere la singola voce in quella caotica cacofonia di odori.
Eppure un giorno come tanti, un bicchierino di troppo, un Adone molto affascinante e il piede sull’acceleratore avevo fatto finire tutto questo. Niente aveva fatto presagire la disgrazia, nessun sentore, nessuna sensazione, niente di niente.
C’è stato un tempo in cui Harry usava scoprire il mondo toccandolo, annusandolo, assaggiandolo, ascoltandolo, guardandolo. Ora però si limitava al toccarlo, annusarlo, assaggiarlo, ascoltarlo.
C’è stato un tempo in cui disegnava, dipingeva e sapeva dove mettere i piedi.
Ora Harry non vede più.
Ora Harry non sa più di che colore è la sua abituale coroncina di fiori. E anche se gli hanno detto che potrebbe guarire, che forse è solo questione di pazienza, “un paio d’anni e forse sarà tutto a posto!”, Harry si sente terribilmente solo, terribilmente monco, terribilmente mutilato.
Ora Harry suona, crea delicate fragranze per quelle piccole Elene ansiose di crescere e di svelare i segreti del proprio corpo e per quei sosia di Ganimede il Troiano, un pochino efebici e forse anche troppo attenti a ciò che è materiale, scrive, ma scrive con un differente alfabeto, il Braille, scrive di quello che ricorda, scrive di quelle schiarite nel suo buio perenne, scrive di avventure, scrive di un cieco che vuole sapere di che colore è il fuoco. Perché è quello che, nonostante tutto, divampa ancora dentro di lui.
C’è stato un tempo in cui Harry usava sorridere con gli occhi, un po’ perché era felice, un po’ perché si piaceva di più così.
Adesso gli occhi non sorridono più.
Ora Harry è cieco.
 
Louis Tomlinson invece, è un ventunenne alquanto squattrinato che per guadagnarsi il pane scrive in un piccolo quotidiano locale, sognando una scrivania tutta sua e il suo nome sulla copertina del Times. Vive in un piccolo appartamento in periferia, il Bugigattolo, a qualcosa tipo il settimo piano di un palazzo puzzolente, a quattro passi dalla più scalcinata fermata della metropolitana. Ha lasciato la madre, le sorelle, tutta quanta la famiglia per inseguire la sua fantasia, diventare un famoso giornalista, sapendo perfettamente quanto sarebbe stato difficile. Louis Tomlinson è una di quelle persone un po’ particolari che potresti vedere distese sul marciapiede perché vogliono sapere cosa sapere. In quel momento è disteso sul letto di camera sua, guardando il cielo uggioso che dalla finestra illumina debolmente la stanza. Tiene fra le mani una tazza a forma di mucca, sulla sua pancia dorme la sua bellissima gatta, Lizzy, e indossa un paio di strane pantofole a forme di cane. Sì, ok, lo ammette, le cosa un po’ da bambini gli piacciono ancora.
Concreto quanto basta, cerca di vivere ogni giorno come viene, sforzandosi nel raggiungere i suoi obbiettivi. Quando un giorno un’importante e piuttosto sexy caporedattrice lo ha adescato per strada scambiandolo per un modello atteggiandosi un po’ in modo equivoco, peccato solo che a lui piaccia il cazzo, e gli ha proposto quel lavoro, IL lavoro, ha ricominciato a sperare. Forse non è destinato ad essere semplicemente un nome sconosciuto, uno tra le miriadi di miriadi.
IL lavoro consiste nel farsi assumere nel grande maniero di un facoltoso artista dagli occhi verdi che, in seguito ad un incidente stradale, improvvisamente scomparso dalla circolazione, ricomparve qualche tempo dopo, riuscendo in poco tempo a diventare un luminoso astro nel mondo della moda. Profumi, molti profumi, Louis una volta ne ha annusati alcuni e sono a dir poco paradisiaci ma non ditelo a nessuno che si vergogna, scrive canzoni, testi, poesie e best seller. Compone sinfonie per almeno una decina di orchestre, mixa i tormentoni dell’estate, scrive piccoli compinimenti per svariati strumenti. Eppure da dopo l’incidente nessuno l’ha più visto.
Il suo compito è di farsi assumere, entrare nelle sue grazie e scrivere l’articolo della sua vita. Un obbiettivo, ecco cos’era, niente di più, e lui ne aveva tanti così come tanti li aveva già compiuti. Insomma, si dice, quanto può essere difficile? Si squadra allo specchio, una giornata come tante, che presto finirà nel dimenticatoio. Oggi cercherà qualcosa su questo misterioso personaggio. Si prepara ad uscire,  mentre Lizzy gli soffia dietro per esser stata così bruscamente svegliata, agguanta chiavi, portafoglio, cellulare e soprattutto la tessera della biblioteca, dove potrà navigare su internet in completa tranquillità, senza che nessuno lo disturbi. In effetti un computer ce l’ha ma deve ancora farsi il contratto anche per internet, ma costa troppo, uno dei suoi obbiettivi infatti è riuscire a guadagnare abbastanza da peremetterselo. Qualcuno una volta gli ha detto di muovere il culo, e lui il suo favoloso culo lo muove fin troppo.
Il suo prossimo obbiettivo è Harry Styles.
 
È una mattina come tante quando, una settimana dopo, esce per prendere parte ai colloqui, il cielo plumbeo di Londra fa presagire un nuovo temporale. Quando esce da quella stanza così bianca, quasi asettica, invece, il cielo è puntellato da rari e colorati raggi di sole.
“Grazie, Signor Tomlinson. Le faremo sapere” l’assistente di Hazza, è così che ha cominciato a chiamarlo nella sua testa e lo sa che probabilmente è sdolcinato e stupido ma a lui piace così, lo scorta fino alla saletta d’aspetto. Hazza deve navigare nell’oro, basta solamente guardarsi attorno.
La saletta, che per sontuosità potrebbe competere con la reggia di Versailles, è ottagonale, divisa a metà da un corridoio che con due lame di luce bianco accecante fende l’atmosfera placida e calda di quell’ambiente. Il soffitto si chiude con una volta ricoperta con legno chiaro, forse ciliegio, al centro c’è un piccolo cerchietto chiuso da del vetro azzurro e rosato, il pavimento è di un legname sul rosso bruno, mentre le pareti sono ricoperte da unafantasia orientale, bianca. Sembra quasi un rifugio dove dormicchiare in pace mentre là fuori nevica, con una cioccolata tra le mani e il gatto addormentato sui propri piedi.
Ad ogni sezione dell’ottagono corrisponde una poltrona in stile Luigi XVI,  il legno è ricoperto di pittura dorata, invece il tessuto è di vera pelle di zebra, dovrà informarsi se le povere zebre sono state fatte departire legalmente.
Le due entrate sono affiancate ad ogni lato da due bellissime lampade alte: il sostegno dell’oggetto è fatto in un materiale molto simile all’oro ma molto più scuro, che riprende le squame, come ad imitare un serpente. La testa del serpente regge un cono da cui si diffonde la luce, mentre l’estrema coda è il basamento della lampada.
Bellissime, sul serio; invece accanto ad ogni poltrona c’è un piccolo comodino, stretto e piuttosto alto, sopra ad ognuno di questi c’è una piccola lampada Tiffany, molto geometrica, sui toni caldi del marrone e del rosso.
Dev’essere ricco sfondato, Hazza, ancora più di quel che era prima. Prima dell’incidente di professione era un affascinante ereditiero e artista, alla morte dei genitori avrebbe ereditato uno dei più grandi patrimoni del mondo.
Mentre se ne va si guarda per bene attorno, qualsiasi minuscola informazione può essere utile alla stesura dell’alrticolo. L’intero corridoio è pieno zeppo di quadri, grandi e piccoli, di tutte le misure, e tutte firmate dalla stessa identica firma, HS. Sono assolutamente sublimi, anche per uno come lui, che di arte non ne capisce nulla. Si guarda indietro un’ultima volta. Chi ha anche solo pensato un’ambiente del genere dev’essere un’artista.
Uno di quelli che l’arte ce l’ha nel sangue.
 
Due mesi dopo gli presentano Hazza. Sì, ok, è elettrizzato, ha intenzione di descrivere in ogni minimo dettaglio del plurimiliardario e pure di prenderlo in giro quanto basta, nel caso fosse diventato brutto, insomma prima della catstrofe era un figo spaziale, magari è rimasto mutilato, pensa ridacchiando. Non sa che la sua vera mutilazione è quella agli occhi.
Poco prima di entrare Diana, ha scoperto che si chiama così l’assistente di Hazza, gli prende il braccio e lo costringe a fermarsi. Lo guarda seria come se gli stesse per dire uno di quei segreti di stato per cui potevi morire. Non può essere così tanto brutto, no?
“Devi sapere una cosa…” Louis trattiene il respiro “Harry è cieco”
Trattiene il respiro per un attimo: “Cosa?”. È assolutamente attonito. Allora è per questo che non si fa mai vedere.
“Nell’incidente si è procurato un forte trauma cranico che ha danneggiato la vista di Harry. Ogni tanto ha come delle schiarite, come le chiama lui, e ritorna quasi a vedere. Il dottore dice che potrebbe recuperare la vista, ma comunque ci vorra molto tempo. Mi raccomando non farlo sbattere da nessuna parte. Adesso probabilmente ti chiederà di descriverti o qualcosa del genere, un consiglio: per domani informati sulle diverse tonalità di azzurro, ok? Ora va.”
Semplice, breve, lapidaria. Si avvicina alla porta e con mano tremante la apre.
Non è brutto. È bellissimo. Ha gli occhi verdi, non saprebbe dire nemmeno di che sfumatura esattamente, è come se il colore mutasse esattamente quando gli sembra d’aver trovato la parola giusta. Il volto ha i linemaenti dolci di un ragazzino, nonostante sappia che Hazza ha passato da poco i vent’anni. I capelli sono ancora più ricci di quello che ha Louis ha potuto vedere nelle foto, ha voglia di tirarli accarezzarli. La bocca è grande e rossa, come le ciliegie, sembra morbida al tatto, è scarlatta, ha voglia di baciarlo. La pelle è bianca, quasi lattea, sembra quasi fragilissima tanto che potrebbe rompersi sotto il tocco di chiunque. Il collo è lungo, come quello di un candido cigno, le forme sono proporzionate. Hazza è a petto nudo, Louis pensa che abbia un corpo meraviglioso. La linea a V e gli addominali sono ben definiti, sembrano quasi cancellare quell’aria da ragazzino che invece ispirava il volto, ed ora Louis può rimirare dal vivo gli innumerevoli tatuaggi del ragazzo.
“Tu devi essere Louis, giusto?”
“S-sì” maledettissima voce tremante.
“Di che colore sono i tuoi occhi?”
“Azzuri”
“Azzuri come?”
Come il cielo.
 
Se potesse si prenderebbe a schiaffi da solo. Louis evidentemente deve avercelo nel sangue. Cosa? Insomma il gene delle relazioni difficili e complicate ad ogni piè sospinto, prima l’affascinante Zayn dalla pelle mulatta, poi Liam… E adesso Harry.
I mesi passano, lentamente. Ha scoperto tante cose. Ha scoperto dell’incidente, della diagnosi dei medici, e anche delle “schiarite” che ha Harry a volte, come se stesse ritornando a vedere. Ha scoperto delle sue fossette, gli occhi verdi, la pelle bianca, il miagolio che fa quando gli accarezzano piano i capelli massaggiando la cute, il suo respiro accellerato dopo un orgasmo. Ha scoperto che la sera, quando è solo e nessuno può sentirlo, piange, piange fiumi di lacrime e che l’unica persona che sia mai riuscito a farlo smettere è lui. Ha scoperto delle spalle larghe, il suo talento, l’arte, il suo mondo, il suo io. Ha scoperto anche che proprio lui, Louis-cuore-di-ferro, adora quando lo prende in camera, sul letto, quando i baci diventano infuocati, quando sono tutt’uno. Ha scoperto che ama quando parlano fino a notte inoltrata, ha scoperto che ama il grande e tenero orsacchiotto che tiene ai piedi del letto. Ha scoperto che ama anche quei pizzicotti odiosi che ancora Harry si ostina a fargli. Ha scoperto che ama ogni cosa di lui.
Ha scoperto che lo ama.
 
Passa davanti ad un’edicola, la sua faccia è più o meno dappertutto.
Il suo sogno si è avverato. Due giorni prima si è licenziato dalla villa di H, ha persino paura di sentirne il nome, il suo articolo è stato pubblicato ed ora è uno delle più famose persone del momento. Eppure non è felice. Il suo nome è passato sul Times, ed ha una scrivania tutta sua, e allora dove sta il problema?
Harry è il problema.
Non può fare a meno di amarlo con tutto se stesso.
 
Era come se fossero due piccoli Ercoli, lui e H. Sostenevano il mondo del compagno e soprattutto combattevano anche le sue battaglie. Ora Louis si sente così terribilmente rotto senza H, non c’è più nessuno che lo sostiene. Quando sale verso il suo nuovo e grande e lussuoso appartamento certamente non si aspetta di trovarselo davanti alla porta, con gli occhi vitrei e la mano ad accarezzare il legno chiaro della porta. Ha paura, una paura terribile di trovarselo davanti e dovergli spiegare tutto, dall’inizio alla fine, e soprattutto dirgli che lo ama più di se stesso. H gira la testa dalla sua parte mentre fa un passo indietro, come a nascondersi. “Tanto lo so che sei qui, Lou…” lo ha chiamato Lou, lo chiamava così dopo aver fatto l’amore, lo chiamava così quando ancora lavorava nella sua casa. “Vorrei parlare con te” non ricevendo alcuna risposta, sospira, e comincia il monologo “Suppongo che dovrei essere arrabbiato con te.” fa una piccola pausa.
“Ed effettivamente, appena mi dissero che cosa era stato scritto sul giornale più importante di Londra, ero furioso. Ho passato la successiva settimana a logorarmi in inutili pensieri di vendetta. Poi ho capito che nonostante tutto ti avevo amato” Harry abbassa la voce, sa perfettamente che si appartengono ed è disperato perché non lo può stringere fra le sue braccia “Ti avevo amato molto più di quanto avessi mai fatto. E ti rivolevo ancora con me, e ti rivoglio ancora. So che ti senti uno schifo e so anche che in tutto quello che hai conquistato in questi due mesi, bè, ti manca qualcosa. Anche a me manca qualcosa”
E sei tu, Lou” lo dice sotto voce, abbassando la testa, come se avesse paura di ciò che sta dicendo.
Louis si avvicina lentamente ed Hazza fa un passo verso di lui, fino a sfiorargli le nocche della mano destra. E poi all’improvviso lo abbraccia, strettissimo, mentre l’altro scoppia a piangere. Si accascia fra le braccia del riccio, e se ne rende conto una volta per tutte, non può vivere senza di lui.
“Scusa… scusa… scusa… perdonami…” dice piangendo, singhiozzando, e forse dovrebbe vergonarsi ma è Hazza e sa che a lui non importa, che lo vorrebbe anche coperto di stracci e tutto puzzolente.
“L’ho già fatto, Lou”
Hazza sbatte gli occhi più volte. “Harry? Che succede?”
Louis comprende. Una schiarita. “Ti ho visto” e poi aggiunge a voce più bassa “Sei bellissimo…
Si guardano negli occhi per un istante infinito. Vuole baciarlo e fare l’amore con lui. “avevi ragione… i tuoi sono come il cielo”
Louis gli prende piano la mano. Harry gli sorride.
“Vuoi essere la mia Musa?”
 

Secondo te?

N.d.R.

Boungiorno, efp! Sono ancora qui, nonostante tutto. *si guarda attorno nervosamente aspettando che le arrivino addosso i pomodori"
Lo so perfettamente, non è granché ma ormai è fatta. Il mio programma era di farla durare un po' di più, solo che alla fine i personaggi e la mia stanchezza hanno fatto quello che volevano loro. Spero che comunque la storia vi sia piaciuta e vi prego di lasciarmi una piccola recensione! *fa gli occhi da cucciolo"... d'accordo lo ammetto. Un pochino delusa lo sono, ore che la storia è in rete, oltre cento visite, e una sola recensione. Almeno ditemi perchè non recensite, perchè fa così schifo.
Adesso sparisco e smetto di darvi fastidio XD
Buona giornata a tutti!
Lud0



  
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