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Autore: Franci_1    14/02/2014    6 recensioni
Santana è la primaria di cardiochirurgia a Los Angeles.
Un giorno al centro commerciale accade una cosa che potrebbe cambiarle la vita per sempre.
Dal primo capitolo:
“Cosa si sentiva prima di perdere conoscenza?” chiesi.
“Aveva dolore alle gambe, al petto e mi è sembrata blu.” Disse lui.
Quinn si bloccò a guardarmi.
“Cazzo!” esclamai spostandomi al kit di primo soccorso.
“No San! Non puoi!”
“Continua Fabray! E lasciami fare!” le ordinai continuando a rovistare nella borsa.
Friendships: Quintanna, Bram, Mike e Brittany, Puktana, Pezberry (e quasi tutte)
Ship: Quam, Brittana, Tike, e altre accennate.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Brittany Pierce, Quinn Fabray, Sam Evans, Santana Lopez, Un po' tutti | Coppie: Brittany/Santana
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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So che non crederete mai, ma invece.. ECCOMI QUI! Con l'ultimo capitolo di questa FF! Buona lettura e scusate per il ritardo! Grazie alla mia beta e grazie alla mia più grande sostenitrice. Non ce la farei a fare niente senza di te Fra <3
 

 

 

 

Aprì lentamente gli occhi sentendo della musica e le risate dei bambini. Quando era arrivata al villaggio dove stava Brittany si ricordava di essere stata stanchissima e la bionda l'aveva portata a letto. Si ricordava anche che erano state abbracciate tutta la notte senza fare niente. Semplicemente si erano guardate, respirate. Non avevano nemmeno parlato. Si erano mancate troppo e volevano sentire solamente il contatto l'una dell'altra.

Si stiracchiò leggermente sentendo poi una fitta assurda e urlò portando le mani al fianco e strinse i denti mordendo il cuscino per non farsi sentire premendo le mani contro il fianco.

Quando il dolore fu passato leggermente si alzò guardando la ferita e la vide riaperta.

“Mierda...” sussurrò guardandosi la mano piena di sangue.

I punti si erano aperti.

Sapeva che poteva accadere. Sarebbe dovuta rimanere a letto per almeno due settimane e invece dopo nemmeno cinque giorni aveva preso un aereo ed era arrivata in Africa, aveva ballato, anche se per poco, con Brittany ed era stata abbracciata a lei in una delle posizioni non più comode per una persona che ha dei punti, tutto questo non prima di aver massaggiato Elaine dopo tre ore dall'operazione.

Ma a lei non importava, aveva fatto quello che doveva fare, e adesso doveva vedere Brittany. Le era mancata troppo.

Scattò alla valigia cercando il set chirurgico che si era portata ma in quella tenda non c'era luce per suturarsi.

Si infilò una maglia e corse, per così dire, fuori dalla tenda cercando un posto abbastanza riparato per potersi ricucire.

Trovò un tronco sul quale appoggiarsi in mezzo ad altri alberi e le sembrò abbastanza buono.

Tirò fuori lo specchietto e lo posiziono di modo che riuscisse a vedere l'incisione dell'operazione.

Poi si mise i guanti e prese l'ago cominciando a suturarsi senza anestesia, se non un po' di crema anestetizzante che fortunatamente aveva nel kit, e senza maglia.

Stava sentendo un dolore atroce e si lamentava con urli contenuti e parolacce.

“Fanculo!” urlò strizzando gli occhi.

 

“Che sta succedendo qui?” chiese qualcuno e Santana scattò di paura sbagliando a infilare l'ago.

 

“Cazzo!” esclamò digrignando i denti per contenere un urlo di dolore.

 

“Santana?” chiese Brittany comparendo da dietro a Spancer.

“Che diavolo stai combinando?”

 

“Che ci fai qui?” chiese Santana coprendosi con la mano la ferita.

 

“I bambini hanno detto che c'era qualcuno che urlava qui, che stai combinando?” chiese ancora avvicinandosi a lei.

 

“Mi sto suturando.” disse tornando a farlo.

 

“Lo vedo, perché? Che hai fatto?” Brittany si era avvicinata e guardava il fianco della moglie con occhi sbarrati e confusi.

 

“Mi si è riaperta la ferita.” disse.

Brittany sbuffò.

 

“Santana, mi dici cosa hai fatto? Perché hai una ferita sul fianco? Sei stata accoltellata? Che diavolo hai fatto?”

 

“Ho fatto un operazione... ho... ho donato il fegato.” disse tagliando il filo della sutura e mettendoci la crema e poi un cerotto sopra. Si tolse i guanti e si lavò con una bottiglietta d'acqua per poi infilarsi di nuovo la maglia sporca di sangue. Mise via tutte le cose nel kit.

 

“TU COSA?” esclamò Brittany.

“A chi?”

 

“Tranquilla, il fegato è un organo che ricresce.”

 

“Per chi hai donato il fegato?” le chiese ancora Brittany avvicinandosi a lei bloccandola contro il tronco.

 

Santana digrignò sentendo male. “A Elaine okay?” esclamò liberandosi dalla presa.

“Ha avuto una grossa operazione, ha avuto un tumore che le aveva preso praticamente tutti gli organi e il fegato era da buttare, così dopo averle operato il polmoni le ho donato il mio sano e pulito fegato, non ne vedo il problema.”

 

“Evidentemente lo vedi se non mi hai detto niente.”

 

“Non volevo farti preoccupare okay?”

Brittany scosse la testa.

 

“E come sta ora?”

 

“Vivrà.” disse semplicemente per archiviare l'argomento.

 

“Santana, devo tirarti ogni singola parola fuori dalla bocca? Vuoi parlarmi o no?” la bionda si stava davvero arrabbiando. Era spazientita dallo sminuire della moglie.

Spencer osservava le due discutere a qualche metro di distanza.

 

Santana sospirò.

“Sono qui per rimanere. Elaine era entrata in coma e poi è collassata, aveva firmato il DNR che io ho ignorato per salvarle la vita e sono stata licenziata!” esclamò urlando.

“E non me ne frega niente, perché sono qui, da te!”

 

Brittany le stampò uno schiaffo sulla guancia.

“Ti sei fatta licenziare per Elaine? Le hai donato il fegato? Che diavolo sta accadendo? Mi hai tradita con lei?”

 

“Brittany, ma che cazzo dici?” esclamò la latina accarezzandosi la guancia.

“Era il minimo che potessi fare per la persona che mi ha fatto capire che tu sei l'unica persona al mondo per me, che non amerò mai nessuno come amo te. E mentre ero nell'ufficio di Kitty avrei voluto ridere di felicità, perché avevo salvato una vita e potevo tornare da te, e stare con te, seguiti dove vuoi! In questi anni ho guadagnato tantissimi soldi, potremmo farci costruire una casa qui e vivere qui e io potrei aiutare le persone qui! Potremmo costruire un ospedale!”

Brittany scosse la testa.

 

“Sei fuori di te!” disse allontanandosi di un passo.

“Di che diavolo stai parlando? Tu ami il tuo lavoro, tu ami le grandi città.”

 

“Ma amo di più te e permettimi se non volevo stare più un altro singolo giorno senza di te.”

 

“Ti sei fatta licenziare per venire qui da me?”

 

“No, ma avrei preso una pausa comunque, sono uno dei migliori chirurghi del paese, tutti gli ospedali mi vorrebbero, potrei chiedere a Richard di ridarmi il mio lavoro o potrei accettare qualche lavoro a Boston o Chicago, oppure potrei rimanere qui e salvare le vite di queste persone che non hanno un ospedale e nel frattempo stare più vicina a te. Cosa preferiresti io faccia?”

 

“Avrei preferito che tu mi avessi chiamata e mi avessi detto cosa stava succedendo, sono tua moglie Dio santo. Non hai nemmeno sentito la necessità di dirmi che ti saresti operata.” gesticolò Brittany in preda all'ira.

 

“Pensi che non l'abbia sentita? Pensi che io non mi sia sentita persa senza di te al mio fianco ad affrontare tutta quella faccenda? Mon riuscivo a guardarti negli occhi e dirti che non ce la facevo più, perché non era giusto, tu stai vivendo il tuo sogno e chi sono io per distruggerlo?” Santana aveva le lacrime agli occhi.

 

Brittany abbozzò un sorriso e si avvicinò di un passo.

“Sei mia moglie e conta molto di più di tutto questo.”

Si avvicinò ancora e posò la mano sulla sua guancia.

“Ti amo, Santana e non è solo un modo di dire. E' ciò che sento realmente. Non mi sono mai sentita così e mai mi sentirò così, ma promettimi che non mi nasconderai più niente. Mai più.”

Santana annuì.

 

“Te lo prometto. Ti amo anche io.” sussurrò e Brittany sorrise ancora baciandola dolcemente.

“Adesso andiamo a cambiare questa maglia e poi facciamo colazione, okay?”

 

“Aiuto! Auto!” urlò una ragazza.

Le due si separarono guardando Spencer che alzò le spalle e si voltò a guardare una ragazza africana correre verso di loro.

“Aiuto! Una donna sta male, ha bisogno di dottore.” disse con un inglese un po' arrangiato.

Santana subito scattò a corsa, non dopo aver afferrato il kit, seguendola e Brittany e Spencer la seguirono.

 

“Santana!” urlò Brittany correndole dietro.

“Non puoi fare sforzi hai subito un'operazione!” ma Santana continuava a correre seguendo l'adolescente che la portò fino ad una capanna malmessa.

Santana guardò il posto con un po' di fiatone mentre le altre due arrivarono qualche secondo dopo.

La latina entrò.

Sentiva un odore poco piacevole, una donna sulla quarantina, era stesa su un letto, febbricitante.

Una bambina di due o forse tre anni stava in piedi accanto a lei passandole uno straccio bagnato con dell'acqua putrida sulla fronte.

“Maisha.” sussurrò Brittany.

La bambina si girò verso di lei. Aveva un pugno chiuso e forte. Gli occhi lucidi, ma convinti. Era una bambina coraggiosa, Santana riusciva a vederlo. Stava lottando per quella che Santana capì essere sua madre.

 

“Puoi aiutarla?” chiese la ragazza che aveva cercato aiuto.

Santana prese un grosso respiro e si avvicinò.

 

“Come si chiama? Cosa è successo?” chiese prendendo lo stetoscopio e auscultando.

 

“Qalhata. E' giorni che ha febbre. Ma è il primo giorno che stare male così. Continuava a lavorare anche con febbre. Oggi non riuscita ad alzarsi da letto.” spiegò la ragazza.

 

“Meglio se portiamo la bambina fuori da qui.” consigliò Spencer avvicinandosi.

 

“NO!” urlò la bambina voltandosi poi verso Santana.

 

Santana sentiva la donna rantolare.

Il respiro non era libero. Passò il dorso della mano sulla fronte e spalancò gli occhi. Quella donna doveva avere almeno quaranta o quaranta e mezzo di febbre.

“Tesoro, dovrai però allontanarti un po' okay? E promettimi che ti volterai appena te lo dirò okay?”

La bambina annuì allontanandosi e andando accanto alla ragazza.

“Che lavoro fa?” chiese sentendo il battito accelerato.

Prese la luce e la puntò negli occhi della donna.

Aveva le pupille dilatate e non seguivano la luce.

 

“Lavoriamo insieme nei campi non molto lontano da qui.” spiegò la ragazza.

 

“Che campi?” chiese Santana.

 

“Cacao.”

Santana si immobilizzò con lo sguardo fisso nel vuoto. Cercava di ricordare. Doveva ricordare.

 

“Intossicazione.” sussurrò.

Brittany la guardò.

“E' un intossicazione. Vengono usati degli insetticidi e degli acidi per far crescere il cacao senza farlo rovinare. L'ho studiato alla scuola di medicina anni fa. Non mi era mai capitato.” disse portando lo sguardo sulla donna.

 

“Puoi salvarla?” chiese Spencer.

 

Santana sospirò.

“Questa donna è andata a lavorare con la febbre. Le difese immunitarie erano indebolite e il suo sistema immunitario non è riuscito a combattere le tossine.” disse.

Strinse la mandibola osservando la donna. Le vide fare uno strano movimento con gli occhi.

“Okay, tesoro, ora voltati!” disse con voce calma alzandosi dal letto e togliendole il cuscino da sotto la testa.

La donna ebbe poi un attacco di crisi epilettica. La girò su di un fianco.

 

“La lingua.” disse Spencer.

 

“No!” esclamò Santana.

“Nessuno le tocchi la bocca. Non dobbiamo fare niente possiamo solo aspettare che la passi da sola.” disse guardando poi la donna.

Dopo una manciata di minuti la crisi passò.

Santana le sentì il polso sentendolo assente.

Abbassò la testa. Brittany aveva le lacrime agli occhi.

Santana si voltò a guardare la bambina e scosse la testa.

Non poteva arrendersi. Il letto era abbastanza rigido. Non aveva bisogno di spostarla.

Unì le mani cominciò a massaggiare la donna.

“Avanti. Avanti Qalhata...” sussurrò tra un massaggio e un altro.

Tutti nella stanza erano impassibili. Immobili.

Santana continuò a massaggiare per dieci minuti ma era esausta, i punti si erano aperti un'altra volta e perdeva sangue.

Stringeva i denti cercando di salvare la donna.

“Se solo avessimo la medicina.” ringhiò continuando sentendo fitte atroci al fianco.

Ma poi dopo altri cinque minuti, i massaggi di Santana erano inutili, sia perché erano deboli, sia perché la donna ormai era morta.

Smise cercando di trattenere le lacrime e si portò la mano al fianco dolorante.

Brittany corse da lei abbracciandola.

“La bambina. Britt, vai dalla bambina.” disse guardando la donna stesa senza vita.

La bionda annuì correndo verso la bambina portandola fuori.

Santana si portò una mano ad asciugarsi le lacrime e poi chiuse gli occhi alla donna e guardò la ragazza.

“Che ne sarà di lei adesso?” chiese.

La ragazza piangeva.

 

“Verrà seppellita con un nostro rituale.” disse tra i singhiozzi.

 

Santana annuì.

“E della bambina?” chiese puntando lo sguardo fuori dalla capanna dove intravide Brittany abbracciare la piccola.

La ragazza alzò le spalle.

 

“Probabilmente verrà affidata a qualche famiglia, c'è una struttura dove vengono tenuti tutti i bambini senza famiglia e non so bene come funziona li, non ho mai avuto il coraggio di chiedere. Nessuno lo ha.” disse la ragazza.

Santana sospirò e si alzò dal letto annuendo.

 

“Qualcuno lo ha...” disse avviandosi fuori con la mano sul fianco.

Brittany la guardò trattenendo le lacrime.

“Ho bisogno di ricucirmi.” disse a denti stretti soffrendo.

Brittany annuì avvicinandosi, ma la bambina si aggrappò alla sua maglia non lasciandola andare.

Santana le guardò.

La piccola bambina nera aveva dei lineamenti bellissimi e dolci.

“Può venire con noi.” disse incamminandosi verso la loro tenda. Una volta arrivata compì tutte le azioni e si ricucì cercando di urlare il meno possibile.

Brittany la guardava con ammirazione. Sembrava una guerriera.

La latina si guardò le mani e cominciò a lavarle con forza cercando di levare il sangue incrostato.

La piccola Maisha osservava la donna con interesse e quando Santana la guardò a sua volta e le regalò un grosso sorriso, la bambina sorrise di ricambio.

“Allora...” disse Santana dopo essersi pulita e cambiata.

“Ti chiami Maisha giusto?” chiese e la bambina annuì.

“E' un nome bellissimo.” sorrise piegandosi davanti a lei.

"Significa vita.." spiegò Brittany guardando le due con un sorriso.

La latina guardò la bionda e poi riportò lo sguardo sulla bambina con un sorriso ancora più grande.


La bambina la guardò negli occhi con le sue iridi color cioccolato.

“Io sono Santana.” disse tendendole la mano.

La bambina guardò la mano e piegò la testa confusa. Santana sorrise perché Brittany faceva lo stesso gesto con la testa quando non capiva qualcosa.

Le prese la manina e la strinse.

“Piacere.” disse con un sorriso.

Brittany in piedi seguiva tutto con un sorriso umido.

La bambina riportò la testa dritta e sorrise.

Santana alzò lo sguardo su Brittany e le due si guardarono a lungo. Parlando con i loro sguardi. Poi Santana si sollevò e prese la bambina per la mano camminando tornando al villaggio dove Spencer aiutava a sistemare la capanna.

Santana lasciò la bambina a Brittany entrando cercando la ragazza di prima. La trovò vicino ad un'altra capanna.

“Ehi!” la chiamò. Questa si voltò.

“Ho bisogno che tu mi dica dov'è quella struttura.” la ragazza e tutti i presenti la guardarono con occhi sbarrati.

Le indicò una struttura malmessa a qualche centinaia di metri.

“Grazie.” disse correndo poi all'interno.

Sentiva pianti, urla, un mal odore.

Era sempre più sicura. Fermò una donna.

“Dove posso trovare il capo.” chiese lentamente.

La donna scosse la testa.

“Senti, ho bisogno di parlare con qualcuno per un adozione. O mi ci porti tu o cerco io.” la donna sospirò e le fece cenno di seguirla.

Arrivarono a una stanza la quale porta era una semplice tenda lurida.

La donna le fece cenno di attendere e si affacciò nell'”ufficio”. Disse qualcosa per Santana incomprensibile e poi le fece cenno di entrare.

La latina prese un grosso respiro ed entrò.

Un forte odore di sigaro la colpì facendola tossire e guardò l'uomo seduto ad una scrivania.

 

“Americana.” disse lui con disgusto.

 

“Sono anche ispanica, cosa diamine centra?” disse subito Santana.

L'uomo scosse la testa ridendo.

 

“Tu sei americana. E cosa vuoi esattamente da me?”

 

“Sono qui per richiedere un adozione.” disse.

L'uomo rise spegnendo il sigaro.

 

“Non ti hanno spiegato come funziona qui? Non siamo in America.” l'uomo era scuro di pelle, ma non era come tutta la popolazione. Era sicuramente marocchino o qualcosa del genere.

 

“Senti...” disse Santana.

“Sono un chirurgo. Sono ricca. Posso darti tutti i soldi che vuoi per questa adozione.” l'uomo si illuminò.

“La bambina si chiama Maisha, sua madre è appena deceduta. Non lascerò che questa bambina venga ad abitare qui, in questo posto.” l'uomo sospirò e afferrò delle carte da un cassetto.

 

“Per cinquecentomila dollari.” Santana sospirò e annuì.

Per lei non erano niente. Come chirurgo di quella fama e anche primario aveva preso anche tre milioni e mezzo l'anno.

Ma il problema era che non le piaceva cosa avrebbe fatto quell'uomo.

Annuì afferrando un blocchetto degli assegno e l'uomo la fermò.

“No. Contanti, entro domani.” Santana rise istericamente.

 

“Stai scherzando? Non posso ritirare cinquecentomila dollari! Mi bloccherebbero il conto e mi verrebbero a controllare.” l'uomo alzò le spalle.

 

“Questo è il prezzo o mi occuperò personalmente della crescita della bambina.” Santana annuì disgustata.

 

“Va bene.. domani avrai i tuoi soldi..” disse uscendo dall'ufficio e successivamente dalla struttura.

 

Camminò lentamente e pensierosa.

Arrivò alla capanna senza accorgersene e Brittany le andò in contro.

“Come è andata?” le chiese tendendo in braccio la bambina.

 

“Maisha non andrà mai a vivere li dentro. Non ci dovrà mai nemmeno mettere piede.” Brittany abbozzò un sorriso ma la faccia della moglie era troppo seria.

 

“Cosa è successo?”

 

“Il capo vuole cinquecentomila dollari in contanti entro domani.” Brittany spalancò gli occhi.

 

“Stai scherzando? Come diavolo facciamo?” Brittany non li aveva nemmeno così tanti soldi.

Santana sospirò.

 

“Ho un piano.” disse.

 

 

 

 



 

 

 

 

 

 

 

Era all'aeroporto ormai da mezzora ad aspettare.

Era stata un po' seduta e adesso stava camminando in su e in giù per il corridoio mentre le persone la guardavano infastidite.

Finalmente vide le porte aprirsi. Allungò il collo cercandola e quando la vide sorrise.

“QUINN!” urlò.

La ragazza sorrise notandola e si avvicinò abbracciandola.

 

“San! Come stai?”

 

“Bene! Come è andato il viaggio? Spero bene.” Santana aveva prenotato un aereo privato per Quinn per farla venire li con dei suoi amici.

Erano due dei più grandi avvocati dell'America e due detective. Quinn li aveva conosciuti a lezione perché le era sempre piaciuta legge, anche se poi aveva fatto chirurgia.

Santana allungò la mano verso i quattro.

Una ragazza bionda di nome Dani e un ragazzo di nome Elliot, erano i due avvocati.

“Piacere Santana.” di presentò.

E gli altri due erano uno scuro di pelle che si chiamava Jake e l'altro castano chiaro di nome Ryder, erano i due detective.

 

“Salve.” parlò Elliot.

“Quinn ci ha spiegato qualcosa ma so che lei ha dei fogli e dei documenti.” Santana annuì e porse tutti i fogli che aveva. Erano scritti di pugno suo, sulla base delle informazioni che aveva ed era stata in un internet point a scaricare qualche informazione su quella baracca.

La ragazza guardò Santana con un sorriso e la latina lo ricambiò distrattamente. Finalmente arrivò anche Sam.

 

“Scusate, ma anche su un aereo privato mi avevano quasi perso il bagaglio!” esclamò con un sorriso per poi andare ad abbracciare Santana.

“Come stai?”

 

Santana annuì.

“Bene. Elaine come sta?” chiese poi guardando Quinn.

 

“Sta bene. E' a casa. Cammina e sta decisamente bene adesso.” Santana sorrise.

 

“Sono contenta, andiamo? Abbiamo una jeep ad aspettarci!” esclamò facendo ridere gli altri e si avviarono alle jeep.

 

 

 

Arrivarono dopo quasi un ora di macchina al villaggio.

Sam fece un salto scendendo dalla jeep e aiutò gli altri a scendere.

“Sam!” urlò Brittany vedendolo e correndogli incontro.

Sam allargò le braccia aspettandola e la strinse a se alzandola da terra.

 

“Come stai?!” chiese staccandosi dall'abbraccio.

“Wow! Sei abbronzatissima!” esclamò scrutandola.

Brittany sorrise e passò le mani tra i capelli del fratello.

 

“Vedo che Quinn è riuscita a farteli tagliare!”

Tutti risero e anche le due bionde si salutarono.

Brittany prese un sospirò dopo i saluti e guardò Santana.

“Siamo pronti.” chiese e la latina annuì e si avvicinò a lei baciandola sulle labbra.

 

“Si e vedrai, avremmo la sua custodia.” disse guardandola negli occhi prima di allontanarsi insieme a Sam, Dani, Elliot, Jake e Ryder.

Quinn rimase con Brittany e l'abbracciò di nuovo.

 

“Dai! Raccontami qualcosa!” esclamò sorridendo.

 



 

 



 

 

 

 

Sam le strinse la spalla e le sorrise.

“Devi fare esattamente come pianificato.” disse passandole la valigietta.

Lei annuì e, seppur tremante, la afferrò e si scrocchiò il collo.

Era il momento di entrare in azione.

Entrò nella struttura e il cattivo odore l'avvolse. Fece una smorfia e non si fermò nemmeno dalla signora all'ingresso, si precipitò nell'ufficio.

 

Entrò sentendo quella puzza di sigari e sudore e lanciò la valigetta sulla scrivania.

“Sono tutti.” disse con un ringhio.

Lui sorrise aprendola.

 

“Non ti dispiace se li conto vero?”

Santana lo lasciò fare e successivamente diede inizio al piano.

 

“Vorrei vedere un certificato di nascita, se possibile.” l'uomo si fermò e alzò il sopracciglio.

 

“Il certificato?”

 

“Si o qualsiasi documento che tu possa veramente tenere questa baracca.”

 

“Senti, americana, qui non siamo negli Stati Uniti. Siamo in Africa, e le vostre leggi non ci sono.” Santana sorrise.

 

“Si da il caso che invece, quando il tuo presidente... beh... abbia appena firmato un accordo con i miei avvocati.” disse.

L'uomo corrugò la fronte.

“Se alzi il primo strato di soldi vedrai il documento, firmato e timbrato.” lui subito guardò e la latina notò il cambiamento di colorito.

“Quindi... vuoi farmi vedere questi documenti?” chiese con un sorriso.

Lui si abbassò velocemente tirando fuori una pistola e la puntò su Santana.

La latina si gelò.

“Cazzo.” sussurrò.

 

“Chi diavolo sei tu? Cosa cazzo vuoi? Non avrai niente! Ti spappolerò il cervello, lurida americana! Ti farò vedere chi comanda. Solo per una stupida bambina!”

 

Santana ingoiò una manciata di saliva e sospirò. L'uomo davanti a lei era arrabbiato e aveva il dito pronto sul grilletto.

E il suo pensiero andò a Brittany.

La donna della sua vita. Dio quando l'amava. Le parole non potevano descrivere il sentimento che la legava alla bionda.

Quando sentì il rumore di uno sparo serrò gli occhi.

“Ti amo, Brittany!” esclamò aspettando la pallottola. Ciò che arrivò invece fu uno rumore sordo, un urlo e poi un profumo di pulito.

Aprì gli occhi e si trovò davanti a lei Dani.

 

La ragazza la guardò con un sorriso e si spostò da davanti facendole vedere il grasso signore a terra che si teneva la spalla mentre Jake e Ryder lo ammanettavano.

“E' accusato di maltrattamento minorile. Ha il diritto di rimanere in silenzio, ogni cosa che dirà potrà essere utilizzata contro di lei. Lei verrà giudicato secondo la legge degli Stati Uniti d'America.” dissero.

Santana tornò a respirare e sentì le possenti braccia di Sam avvolgerla.

 

“Va tutto bene. E' finita.” le sussurrò.

Lei annuì cercando di regolarizzare il respiro.

 




 

 

 

 















 

 

 

 

 

Cinque anni dopo....

 

 

 

“Grandiosa come sempre dottoressa Lopez!” sorrise l'infermiera.

Santana sorrise a sua volta togliendosi la mascherina e successivamente i guanti.

 

“Grazie!” disse lavandosi poi le mani.

“Fammi sapere come starà, devo correre a casa, o mia moglie mi lascia fuori e senza cena!” disse ridendo per poi correre via.

 

Fece dieci metri, forse venti e arrivò a una gigantesca casa.

La casa aveva davanti un enorme giardino e saranno stati ettari e ettari di terreno, perfettamente tenuti, che circondavano la casa di tre piani.

Era una casa nuova, decisamente. Aprì la porta e appena varcò la soglia sentì urlare.

“MAMMAAA!” urlò una bambina.

 

Santana sorrise e la afferrò al volo alzandola e prendendola in collo.

“ Maisha!” esclamò con un sorriso.

“Dove la mamma?” chiese dandole un bacio sulla bocca.

La bambina indicò con il pollice le sue spalle.

 

“E' in cucina insieme a zia Quinn.” Santana sorrise e lasciò giù la bambina avviandosi in cucina.

 

“Che profumino..” disse avvicinandosi da dietro a Brittany e avvolgendole le mani intorno ai fianchi.

Le portò le labbra all'orecchio.

“Ho una fame..” sussurrò per poi baciarle il collo.

Quinn davanti a loro si schiarì la voce e Santana scoppiò a ridere.

“Tranquilla, Q. mi riservo per la camera da letto!” disse facendo roteare gli occhi a Quinn che sorrise mentre Brittany ridacchiò imbarazzata.

 

“San!” esclamò con una voce imbarazzata e si voltò tenendo il mestolo sporco in alto.

“Smettila!” disse in riferimento alla mano che scorreva sulla coscia.

“Devo finire di cucinare!”

 

“Voglio solo assaggiare..” disse Santana maliziosa. Brittany rise e le portò il mestolo alle labbra.

Santana lo avvolse con le labbra ripulendolo dal sugo e Brittany la guardò incantata e si fiondò sulle sue labbra.

 

“Oddio!” esclamò esasperata Quinn. “Possibile che abbiate gli ormoni di due quindicenni?” chiese ridendo facendo ridere anche le due.

 

“Vai dagli altri.. ti chiamiamo quando è pronto!” le disse Brittany dandole un altro bacio e lasciandola andare.

 

Passò per la sala e vide Rachel e Kurt intenti ad apparecchiare. Sorrise ai due e si avviò in sala dove Puck, Finn, Sam e Blaine giocare a uno strano gioco africano che Santana non si era mai presa la briga di imparare.

 

“Ragazzi, vi sto stracciando!” esclamò Finn al settimo cielo.

Santana si ricordava che non vinceva quasi mai. Era felice per lui. Avrebbe avuto quella porzione in più del delizioso sformato di Quinn.

 

Poi si affacciò all'altra stanza e vide tutti i bambini a giocare, anche Maisha era con loro. E anche Caroline, la figlia di Finn e Rachel. Seguita da Freddie, il figlio di Blaine e Kurt, e da Lucy, la figlia di Sam e Quinn.

Puck era un vecchio scapolo. Lo era sempre stato. Ma in realtà aveva trovato l'amore. Kitty era la sua ragazza. La cosa era rimasta un po' ostica alla latina inizialmente, ma poi si era accorta che Kitty era una brava ragazza. E se Puck la riteneva giusta, allora lo era.

Non avevano intenzione di mettere su famiglia tanto presto. Sia per la distanza.

Eh si. La distanza.

Adesso erano in Africa. Nel Camerun. Santana aveva speso un sacco di soldi per la casa che si era fatta costruire da zero. L'aveva divisa in due e una parte era destinata all'orfanotrofio. I bambini venivano controllati da Blaine, Finn, Kurt, Rachel e Sam.

Aveva costruito una “succursale” dell'ospedale di Los Angeles, e tutti i dottori che vi lavoravano avevano case costruite. La situazione del villaggio era migliorata. Tutti stavano meglio e le capanne erano diventate delle case solide.

La Onlus passava dei soldi per il mantenimento dei bambini mentre aspettavano una famiglia per l'adozione.

Maisha era ormai al cento percento la figlia di Santana e Brittany. Avevano dovuto passare un bel po' di casini, ma ce l'avevano fatta.

Santana, Noah e Quinn lavoravano nell'ospedale.

Santana non sapeva perché tutti si erano trasferiti. In realtà Rachel e Kurt facevano sei mesi e sei mesi per Broadway. E le loro dolci metà li seguivano. Spesso anche Santana e Brittany tornavano in America, così come Sam e Quinn. Puck è comunque quello che viaggiava di più, anche se spesso era Kitty a venire qui. La ragazza aspettava il trasferimento da New York al Camerun.

Santana era la persona più felice del mondo. Perché Brittany faceva ciò che amava. Stava con i bambini e ballava. Era famosa in Africa. Così come Rachel e Kurt. In realtà lo erano tutti e tre anche a New York.

Sam e Finn insegnavano ai bambini a giocare a football o a baseball.

Era tutto perfetto. La sua vita era perfetta.

Non aveva mai immaginato che potessere essere questa la sua percezione di vita perfetta. Se glielo avessero detto anche solo sette anni prima avrebbe riso un sacco.

La cena passò tra le risate e gli scherzi soliti che Finn e Puck si facevano.

Quando arrivarono in camera Santana e Brittany erano strette, abbracciate a coccolarsi.

 

“Sai...” sussurrò improvvisamente Brittany.

“Penso che la mia vita non potesse essere migliore nemmeno se l'avessi potuta scrivere io stessa.” Santana sorrise e si allungò a baciarla dolcemente.

 

“Sei la cosa migliore che mi sia mai capitata.” le disse Santana e Brittany sorrise.

 

“Voi siete la cosa migliore che mi sia mai capitata.” sussurrò guardando Maisha dormire tra loro aggrappata con una mano alla maglia di Brittany e l'altra a quella di Santana.

Ormai era routine. La bimba spesso si addormentava con loro e alcune volte la lasciavo dormire li nel lettone. Tutte e tre abbracciate.

Come una vera famiglia.

La famiglia più bella. La famiglia che si ama.





















 





Franci's Corner:

Salve a tuttiii! Siamo arrivati anche alla fine di questa storia. Spero vi sia piaciuta, in caso fatemelo sapere con delle recensioni, anche se vi ha fatto schifo. 
Comunque ringrazio tutti quelle che mi hanno seguito in questo percorso e ringrazio per la pazienza perchè sono a conoscenza che questo capitolo è arrivato tardissimo ma è stato un parto. Lo avevo in mente da tanto ma non riuscivo a buttarlo giù!

Comunque preso avrete mie notizie con altre tantissime avventure per le nostre ragazuole, nel frattempo potete askarmi, o seguire la pagina facebook, che è al momento morta ma che cercherò di rianimare alla Lopez! 
Vi amo tutti immensamente!!

Baci Fra.














 

  
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