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Autore: Oceangirl    15/02/2014    5 recensioni
A volte basta un solo, minuscolo, dettaglio a cambiare totalmente il futuro di una persona: un treno perso, un semaforo rosso o, in questo caso, un ascensore che arriva troppo presto al piano.
Tutto è diverso. Callie e Arizona, dopo cinque anni dal loro primo bacio, sono due anime perse alla disperata ricerca di qualcosa o qualcuno da chiamare "Casa": riusciranno a trovarlo?
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Arizona Robbins, Callie Torres, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nona stagione
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L'ascensore era appena arrivato al piano, Arizona si affrettò a raggiungerlo prima che ripartisse: era stata davvero una giornata piuttosto pesante e non aveva voglia di stare in ospedale nemmeno un minuto di più, aveva voglia di scappare lontano da quell'inferno.

Appena entrata si rese conto della presenza di un'altra persona, anzi no: di QUELLA persona.. La bionda non riuscì a trattenere un piccolo sorriso, la sua presenza lì era positiva: per quanto difficile fosse, doveva e voleva parlarle, quella donna le piaceva e non aveva alcuna intenzione di farsela scappare.

Ma da dove cominciare? Incrociò le braccia al petto e, mentre l'ascensore si chiuse ed iniziò il suo percorso, lei iniziò a parlare. -Sai.. Ho avuto una giornata pesante. Sono stata stracciata da Alex Karev, uno specializzando del secondo anno, il che.. E' umiliante per un chirurgo, specie una "so-tutto-io" di serie A come..- Aveva iniziato a parlare a raffica esattamente come ogni volta che era in difficoltà, non sapeva nemmeno verso dove si stava dirigendo quella spiegazione: sarebbe arrivata presto al punto? Non lo sapeva e Callie non le diede nemmeno l'occasione di scoprirlo, perchè la interruppe.

-Non devi sai.. Non dobbiamo essere amiche, è un ospedale con tanti piani, tanti posti per nascondersi ed io posso farlo per i prossimi anni..- L'imbarazzo della latina era palpabile con mano, Arizona la ascoltava ma decisamente no, non le andava nè di essere sua amica, nè di evitarla o di venir evitata.. Così, questa volta, fu lei ad interromperla.

-Non mi ascolti per niente, Ca..- Non fece in tempo nemmeno a finire la frase che le porte dell'ascensore si aprirono e, prima che potesse fare qualcosa, Calliope si dileguò lasciandola da sola.

**

5 anni dopo

 

All’inizio era solo un suono lontano e trascurabile ma più passavano i minuti più quel rumore si avvicinava, diventando ogni secondo più molesto ed impossibile da ignorare: ben presto divenne insopportabile, pareva potesse trapanare il cervello.

Arizona si premette il cuscino contro le orecchie con le mani tentando così di attutire il trillo della sveglia posta sul comodino affianco a lei e strizzò gli occhi più forte, quasi a voler fondere le palpebre l'una con l'altra per non aprirli mai più: eh no, di alzarsi quella mattina il chirurgo pediatrico non ne aveva proprio voglia, avrebbe preferito di gran lunga starsene a letto a recuperare tutte le ore di sonno perse durante gli eterni turni in ospedale.

La sveglia, con gran sollievo della donna, smise di suonare ma ad infastidire quegli ultimi attimi di sonno fu un movimento sul letto seguito da una delicata pressione sulle sue labbra: a quel punto, seppur controvoglia, si costrinse ad aprire gli occhi.

Leah Murphy si stava lentamente allontanando dal suo viso dopo averle lasciato un dolce bacio sulle labbra.

-Proprio come Biancaneve!- Mormorò aprendosi in un sorriso gioioso quando vide gli occhi azzurri di Arizona schiudersi.

La bionda accennò un sorriso ancora assonnato alla specializzanda ed osservò la sua lunga chioma castana allontanarsi verso il bagno per una doccia veloce prima di andare in ospedale ad iniziare il suo turno.

No, non era proprio innamorata di lei e nemmeno le piaceva così tanto, le piaceva che le rivolgesse così tante attenzioni, le piaceva piacerle ma decisamente non era presa da lei. Leah era solo una delle tante che, da quando aveva chiuso con sua moglie, avevano visitato il suo letto: per quanto odiasse ammetterlo, Arizona non ce la faceva proprio a passare la notte da sola in quella casa piena di ricordi, il silenzio urlava quel nome ed il normale letto a due piazze le sembrava mille volte più grande senza la presenza di Julia; il buio, inoltre, le faceva rivivere di continuo tutti i loro errori, tutte le loro litigate, riusciva a vedere tutto chiaramente come se fosse stato un film proiettato nella sua mente.. Di chi era la colpa? Se solo qualche mese prima avrebbe risposto "sua!" senza pensarci nemmeno un secondo, dopo solo alcune notti passate in solitudine non ne era più così certa, doveva ammettere di essere stata insopportabile, soprattutto negli ultimi tempi.

Aiutandosi con le mani si mise seduta spalancando la bocca in uno sbadiglio poco aggraziato e parecchio rumoroso per poi voltarsi verso la sua destra ed afferrare la protesi della sua gamba sinistra appoggiata al comodino, fermandosi ad osservarla quando fu davanti ai suoi occhi e, come ogni volta che guardava quel pezzo di metallo, la sua mente iniziò a viaggiare nel tempo e nello spazio, fino a giungere al luogo ed al momento esatto di quel dannato evento che aveva cambiato completamente la sua vita.

Non passava giorno durante il quale non pensava a quel dannato incidente stradale che le aveva rovinato e portato via non solo la sua gamba, ma tutto ciò che di bello aveva: il suo carattere gioioso, l’Africa, sua moglie..

 

Era sveglia da pochi minuti, l'anestesia non era del tutto smaltita e si sentiva parecchio intontita, tanto da non riuscire ancora a rimettere insieme i propri pensieri e ricostruire gli avvenimenti appena verificati: che ci faceva in un letto d'ospedale? Perchè Julia era lì? L'aveva raggiunta in Africa?

Si guardò intorno alla ricerca di un indizio che potesse suggerirle almeno una delle numerose risposte che cercava e si rese conto che l'ambiente non era affatto quello nel quale era abituata a lavorare ogni giorno: non era una delle stanze dei suoi piccoli umani in Malawi, era tutto troppo grande, troppo tecnologico, troppo bianco, troppo americano.

-Come ti senti?- La donna a fianco a lei sorrideva ma sembrava davvero esausta, aveva delle profonde occhiaie scure sotto gli occhi, era pallida, aveva l'aria preoccupata.

Arizona le sorrise leggermente -Bene.. Sto bene, credo..- Mormorò forse più a se stessa che alla moglie, mentre nella sua mente iniziavano a farsi spazio gli eventi dei giorni precedenti, più passavano i secondi, più dettagliati erano i ricordi: il bambino con la grave deformazione cardiaca, il viaggio in ambulanza verso una clinica più attrezzata, il veicolo che perde il controllo, l'incidente, lo scoppio.. Il buio.

Solo a quel punto si rese conto che qualcosa non andava, la sua gamba sinistra non rispondeva più ai suoi comandi: cosa diavolo stava succedendo? Tentò di tastarsi il ginocchio ma non sentì niente ed il panico la invase.

-La mia gamba, Julia!! La mia gamba!!- Le lacrime non tardarono ad arrivare sul viso di entrambe le donne.

-Appena abbiamo saputo, abbiamo fatto il possibile per venirti a prendere e portarti qui.. Volevo per te il meglio, volevo che i migliori chirurghi ortopedici si occupassero della tua gamba ma non ce l'hanno fatta. Li ho pregati ma non potevano fare niente Arizona!-

-Non è vero. La mia gamba... Non è vero!- Urlava, non aveva ascoltato una parola, l'unica cosa che in quel momento riusciva ad occupare la sua mente era quella gamba mancante e la crisi di panico che la stava assalendo insieme alla consapevolezza che niente sarebbe mai più stato lo stesso per lei.

 

-Non vieni anche tu?- La voce di Leah la riportò al presente, facendola voltare verso la ragazza.

-Cosa? Dove?-

-Sotto la doccia.. Con me..- Chiarì la ragazza, lanciando ad Arizona un sorriso malizioso al quale la bionda rispose con uno palesemente forzato.

-No, no.. Fai pure la doccia, io vado a preparare il caffè- Rispose guardando la delusione farsi strada negli occhi della ragazza. Infilò velocemente la protesi e si alzò per prepararsi per la giornata che avrebbe dovuto affrontare.

 

Non era una giornata particolarmente impegnativa in ospedale: nessuna urgenza al pronto soccorso, le ambulanze non avevano caricato piccoli umani, le uniche operazioni che Arizona aveva effettuato erano quelle programmate sul grande tabellone posto davanti al corridoio che portava alle sale operatorie: rimozione di tonsille per il piccolo Kevin e rimozione dell’appendice per i piccoli Joshua e Tiffany, nulla di complicato o che richiedesse molte ore.

Nonostante il turno piuttosto tranquillo e noioso, il chirurgo pediatrico davvero non vedeva l'ora che finisse quella giornata, l'unica cosa che desiderava era togliersi la maledetta protesi e scacciare, così, il dolore fastidioso che la stava facendo impazzire e che, con il passare del tempo, non faceva altro che aumentare: fastidioso come il mal di denti e martellante come il mal di testa. Per questo all’ora di pranzo, anzichè andare in mensa a mettere qualcosa sotto i denti, si diresse verso la saletta più vicina al suo reparto per stendersi un po’ sullo scomodo lettino e dare finalmente un po’ di tregua al suo moncherino irritato.

La saletta era piuttosto buia, dalla piccola finestra posta sulla parete di fronte alla porta riuscivano ad entrare solo pochi raggi solari, i muri grigi e crepati erano piuttosto avvilenti ed i mobiletti pieni di attrezzature mediche non contribuivano a rallegrare il luogo e l’aria.. Beh, l’aria era viziata, sapeva di chiuso, nessuno si preoccupava di aprire mai l’unica finestrella presente, d’altronde, perchè mai avrebbero dovuto farlo?

Arizona tentava di concentrarsi su tutte le imperfezioni dei muri e del soffitto, cercava di non perdere nemmeno un minimo dettaglio di quel posto e di tenere la mente impegnata, un po’ per tentare di scacciare il dolore, un po’ per scacciare tutti i ricordi che aveva in quelle salette, ricordi dolci, sexy, malinconici.. Ricordi di lei e Julia.

Non poteva fare a meno di pensare che la loro prima volta era stata proprio lì, tra le lenzuola del letto su cui era sdraiata: sfiorò il materasso con le dita, in quella che quasi sembrava una carezza. Le mancava da impazzire, le mancava vederla alla postazione delle infermiere, le mancava venir sorpresa ogni giorno con un fiore sempre diverso rubato dai mazzi che i visitatori portavano ai loro malati.. Il suo sorriso, i suoi morbidi capelli rossi, la sua gentilezza. La bionda sorrise a quel dolce ricordo, sorriso che morì quasi sul nascere ricordando il fatto che non l’avrebbe più vista tra quei corridoi e, tanto meno, l’avrebbe più vista a casa e la colpa era solo sua. Un nodo alla gola uscì naturalmente, mentre lo stomaco, prima borbottante, sembrava essersi chiuso all’istante; le lacrime iniziarono a pungere in quegli occhi azzurri come il cielo. Era per questo che non poteva dormire da sola, solo quando c’era qualcuno con lei non si sentiva completamente spezzata, la compagnia attutiva il dolore acuto che tutto il suo corpo provava quando si trovava con la sola compagnia dei suoi ricordi e dei suoi sensi di colpa.

 

Era passato del tempo da quando era tornata a casa..Quanto? Giorni? Settimane? O addirittura mesi? Arizona non lo sapeva, i giorni trascorrevano troppo lentamente e sembravano sempre tutti uguali. La verità era che nemmeno le interessava quanto tempo fosse passato, ormai nulla le interessava davvero, la corazza di rabbia che si era creata le impediva di vedere oltre la sua collera ed il suo dolore.

La sua gamba sinistra non c'era più, avrebbe passato la vita su una dannata sedia a rotelle o, nel migliore dei casi, avrebbe dovuto adeguarsi ad una stupida protesi che non sarebbe riuscita nemmeno minimamente a rimpiazzare ciò che aveva perso.

-Non hai toccato cibo.. Arizona, devi mangiare, lo dico per te..- Julia la stava praticamente pregando di mangiare qualcosa, proprio come quando la pregava di parlare, di uscire, di guardarla, di amarla, di vivere.. Ciò che la rossa non capiva era che la vita di Arizona era stata tagliata via insieme al suo arto: mai più pattini a rotelle, mai più corse fino al pronto soccorso, mai più passeggiate al parco, tutto per colpa del consenso di Julia, colpa di quella maledetta firma su quel maledetto foglio che autorizzava il dottor Tal dei Tali ad amputarle una parte di lei. Quindi no, non poteva vivere ed assolutamente no, non poteva più amarla.

-Non ho fame.- Arizona posò la forchetta sul piatto alzando poi gli occhi verso sua moglie con aria di sfida. "Provaci a farmi mangiare. Provaci."

La rossa sospirò alzandosi da tavola e svuotò nel tritarifiuti il proprio piatto ancora pieno: evidentemente la fame era passata anche a lei.

Fu allora che Arizona notò quanto Julia fosse dimagrita, quanto tristi fossero i suoi occhi, quanto sommessa fosse diventata la sua personalità: il grazioso essere che camminava a testa alta di fronte a qualsiasi ostacolo, in quel momento camminava con la testa bassa trattenendo parole ed emozioni, trattenendo perfino il proprio amore che troppe volte era stato rifiutato in così poco tempo.

La cosa che davvero stupì Arizona non fu il cambiamento di sua moglie ma quanto questo non le bastasse, quanto questo non la ripagasse della sua perdita: lei aveva perso una gamba e trattare come una merda quello che fino a qualche mese prima considerava l'amore della sua vita non le faceva male, non sembrava nemmeno sufficiente per farle pagare il suo conto.

 

Chiuse gli occhi, le palpebre spinsero via le lacrime che iniziarono a scendere lungo il suo viso. Tanto quanto, era riuscita a far calmare il bruciore della gamba, forse aveva ragione chi diceva che era tutta una questione di testa, forse si era semplicemente concentrata su qualcosa che faceva ancor più male.

Avrebbe dovuto pensare ad altro, lo sapeva, doveva distrarsi in qualche modo: cercò nelle tasche del camice il cellulare, parlare con Teddy le avrebbe fatto bene, come sempre.

Da quando il cardiochirurgo aveva lasciato la città si sentivano spesso, si aggiornavano e spettegolavano sui loro colleghi, si consolavano a vicenda per il loro passato sentimentale non ancora superato: Teddy, da quando era morto Henry, non era ancora riuscita ad andare avanti con la sua vita frequentando qualcun altro, dedicava alla sua ricerca ed al lavoro tutto il tempo, non c'era spazio per un'altra persona nella sua vita o meglio, non voleva concederlo.

Il cercapersone risuonò improvvisamente nella stanzetta semibuia, costrigendo Arizona a mettere via il cellulare, alzarsi e raggiungere il piccolo paziente che aveva bisogno di lei. Avrebbe chiamato la sua amica in un altro momento.

 

-Cos’abbiamo, Ross?- Arizona aveva fatto più velocemente che aveva potuto ma specializzandi e gli altri dottori interessati al caso erano già lì, o meglio: l’altra dottoressa interessata al caso.

-James Dickerson, otto anni, investito da un’auto. Ha varie ossa fratturate e svariati traumi interni- A risponderle non era stato Shane Ross, non aveva fatto in tempo, Calliope Torres era stata più veloce e stava già operando la frattura scomposta alla gamba del ragazzino. Subito dopo aver informato la collega ricominciò a spiegare allo specializzando i vari passaggi da effettuare in quel caso. Arizona annuì avvicinandosi poi al tavolo operatorio per iniziare anche lei ad incidere e, quindi, operare e salvare la vita del bambino.

Erano passati vari anni da quando il chirurgo ortopedico era scappato dall’ascensore senza darle l’opportunità di spiegare ciò che voleva dire e Callie era stata bravissima a mantenere fede alle proprie parole: ogni volta che la incontrava, anche per sbaglio, la latina si nascondeva o scappava via, anche in sala operatoria il clima era sempre teso tra loro due, perfino dopo tutti quegli anni Torres continuava ad avere un atteggiamento tremendamente freddo nel quale Arizona poteva benissimo leggerci dell’imbarazzo, cosa che le faceva sempre una gran tenerezza ma che al resto del team operatorio metteva sempre una gran tensione: lavorare con Robbins/Torres era l’incubo di tutti gli infermieri e tutti gli specializzandi.

Nessuno sapeva ciò che era successo tra le due, cosa aveva portato Callie ad una tale freddezza e nell'ospedale si facevano le ipotesi più azzardate: Callie era innamorata ed Arizona le aveva spezzato il cuore portandola a letto e scaricandola subito dopo, erano amanti e si nascondevano agli occhi di tutti con quell'atteggiamento, Robbins aveva rubato un intervento a Torres e la latina non aspettava altro che vendicarsi.. Il loro non-rapporto era il più chiacchierato ed il più misterioso del Seattle Grace Mercy West Hospital, non c'era infermiere, chirurgo, inserviente o specializzando che non avesse aggiunto mattoni su quello che era diventato il castello in aria più ingombrante del mondo e questo non aiutava certo Arizona che, nonostante fossero passati anni, ancora provava a distruggere quella montagna di ghiaccio che si era creata tra di loro; si rendeva conto che le loro vite erano andate avanti e forse non aveva più molto senso ricostruire un rapporto con lei, forse sarebbe stato più logico e semplice lasciare le cose come stavano ma proprio non riusciva a rinunciare a quella missione, non sapeva nemmeno più se si era solo intestardita o se era perchè Calliope era una delle persone più interessanti che avesse mai conosciuto.

L'anestesista osservava dalla sua postazione le due dottoresse con un certo interesse, sembrava stesse attendendo che una delle due finalmente si decidesse ad uscire di testa ed urlare all'altra parole irripetibili per sputare fuori quel nodo allo stomaco che da troppo tempo si tenevano dentro.

Ad Arizona dava fastidio venir osservata come un animale da circo, proprio quanto la infastidiva la freddezza da parte di Calliope così, per l'ennesima volta in cinque anni, riprovò a cercare un dialogo con la donna.

-Oggi è stata una giornata abbastanza leggera, sai? Questa è la prima emergenza del mio turno, così ho avuto più tempo per studiare nuove tecniche per i miei casi più particolari. Alcune sono davvero innovative e..- Parlare senza mai arrivare al punto e venire brutalmente interrotta dagli eventi sembrava la sua specialità, specie quando si trattava di Callie.

Il cercapersone della latina suonò e lei ebbe appena il tempo di dare a Shane gli ultimi consigli/istruzioni per richiudere prima di salutare con un cenno e correre verso le ambulanze.

-Merda.- Borbottò Arizona, fulminando poi con lo sguardo l'anestesista biondo che guardava la scena con aria divertita: i dipendenti dell'ospedale avrebbero presto avuto di che parlare. Ancora.

   
 
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