Anime & Manga > Tokyo Mew Mew
Ricorda la storia  |      
Autore: tyene_sand    15/02/2014    3 recensioni
Ryou sta male, e Keiichirou manda 'qualcuno' a prendersi cura di lui.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ryo Shirogane/Ryan
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Rieccomi qua. In questa shot, Ryou ha 20 anni. Non è collegata a ‘Red’, da me pubblicata all’inizio della settimana. Enjoy!
 
 
 
 
In un appartamento del centro di Tokyo, sul finire di un rigido pomeriggio di febbraio, Ryou Shirogane si rigirava insofferente nel proprio letto, sdraiato sotto un pesante piumone bianco. Odiava avere l’influenza. La febbre alta lo rendeva ancora più indisponente del solito, e la tosse non gli aveva dato tregua per tutto il giorno.  Che poi non sapeva nemmeno come avesse fatto a prenderla, lui, l’influenza. D’altro canto, era pur vero che girare in giacca di pelle quando fuori nevicava non era un’idea delle migliori. Glielo aveva detto, Keiichirou, di mettere almeno una sciarpa. Ma lui no. Aveva deliberatamente ignorato i consigli dell’amico, pensando che, in certi casi, era veramente troppo apprensivo. Adesso però era bloccato a letto da tre giorni con l’’influenza, e Keiichirou doveva venire a casa sua ogni sera a fargli da cuoco/infermiere tuttofare. Keii in versione mamma chioccia e Ryou nella sua migliore variante acido-melodrammatica da malattia erano una combinazione a dir poco esplosiva, ma d’altronde in quel momento il biondo non era proprio in condizioni di badare a sé stesso.
Quella sera, quindi, Ryou stava aspettando che Keii chiudesse il caffè per venire a prendersi cura di lui, senza altro conforto che un paio di libri sull’analisi matematica.  Verso le otto e mezza aveva sentito la porta aprirsi, ma non l’abituale saluto di Keii, né il suo passo leggero ma deciso sul pavimento di legno. Al loro posto, aveva udito dei passi brevi, incerti, tipici di qualcuno che stava facendo ben attenzione a mettere un piede davanti all’altro e non cadere, ma soprattutto a non inciampare nei propri stessi piedi. Poco dopo, dalla cucina l’aveva raggiunto il rumore di qualcosa che veniva poggiato sul tavolo e poi, cosa che non lo colse affatto di sopresa, quello di qualcosa che cadeva a terra, facendo anche un paio di rimbalzi. Forse una bottiglia d’acqua o un tupperware. In sostanza, aveva riconosciuto la nuova arrivata prima ancora che questa si presentasse sulla soglia della sua camera, con un timido: “Shirogane-san, sei sveglio?”
Retasu Midorikawa, 18 anni, capelli verdi sciolti sulle spalle, occhi blu non più oscurati dalle lenti spesse degli occhiali, si fermò sulla sogli della camera da letto.
“Oh, sei tu, Retasu” disse tra un colpo di tosse e l’altro, fingendo di non aver capito che si trattava di lei “Mi fa piacere vedere una faccia diversa da quella di Keii, ogni tanto.  Sei venuta a trovare questo povero moribondo?”Le guance di lei erano diventate color  pomodoro. “Ecco… Keii-san si scusa di non poter venire ad assisterti stasera, ma ha un impegno che non può proprio rimandare. Quindi ha mandato me e un bel po’ di cibo, e mi ha detto di assicurarmi che tu prenda le medicine, Shirogane-san.” Al termine di questo breve discorso, il suo viso era ancora più rosso. “Un impegno che non può rimandare? Che genere di impegno?” ribattè Ryou, perplesso. Keii non gli aveva parlato di nessun impegno. O almeno era quanto il suo cervello arrostito dalla febbre poteva ricordare. “Beh…” Retasu, ancora sulla soglia della camera, aveva incominciato a mordersi il labbro inferiore, indecisa se rivelargli quello che sapeva. Ryou Shirogane, però, non era mai stato famoso per la sua pazienza. Alzò gli occhi al cielo e, dopo aver cercato invano di stabilire un contatto visivo con la sua interlocutrice, sbottò spazientito: “Me lo vuoi dire o no?!”  “S-scusami, Shirogane-san. È che… ecco… a quanto pare, Keii-san e Zakuro-san hanno un appuntamento stasera. Le altre non lo sanno, e Keii-san non lo avrebbe detto neanche a me, se non avesse dovuto chiedermi di sostituirlo” rispose lei, portando inconsciamente una mano sul cuore.  
“Scusami tu, Reta-chan. Non era mia intenzione scattare in quel modo…”
“Non devi scusarti, Shirogane-san.”
“Nemmeno tu, allora. E, almeno quando sei a casa mia, potresti chiamarmi Ryou?” aveva sbuffato lui.
“Va bene, Shirogan… ehm, Ryou-san.” La Midorikawa si ostinava a rimanere sulla soglia. “Guarda che puoi avvicinarti, sono un po’ infettivo ma non mordo.” Livello di rossore: over 9000. Il ragazzo stirò le labbra in un sorriso appena accennato osservando il viso di Retasu, che nel frattempo si era avvicinata piano al letto, come se temesse sul serio che lui la azzannasse o, molto più verosimilmente, di inciampare e cadergli addosso.  “Hai anche il permesso di sederti”, aveva aggiunto indicando la sponda del letto. Lei, seppur timidamente –ci si può perfino sedere timidamente? ,si era domandato Ryou- lo accontentò, entrando nel cono di luce prodotto dall’abat-jour accesa sul comodino del ragazzo. Ha dei lineamenti proprio belli, aveva pensato questi, osservandola da vicino come non gli capitava di fare da anni. Ha anche degli occhi meravigliosi e delle belle labbra, notò. Ha un’aria così pura, ma allo stesso tempo è così… così… sensuale?  Tossì. Fine del momento romantico.
“Ryou-san, mi stai ascoltando?”
“Eh?” Si era soffermato a guardarla più del dovuto, totalmente immerso nei propri pensieri. Però non era del tutto colpa sua, era lei che lo aveva fatto incantare. Oh, God. Da quando penso a Reta-chan in quel modo?
“Ti ho chiesto se hai misurato la febbre, Ryou-san.”
D’impulso, lui afferrò una delle sue mani, che lei teneva poggiate in grembo, e se la portò sulla fronte. “Non c’è bisogno. Senti? Direi che è abbastanza alta.” Le lasciò andare la mano.  “C-credo che faresti meglio ad usare un termometro, Ryou-san.” Lui gonfiò le guance, un gesto che aveva visto fare mille volte a Purin o a Ichigo, ma che non si sarebbe mai aspettata di vedere da lui. “Non mi va”, replicò in un tono che voleva essere deciso ma, chissà per quale motivo, era uscito piuttosto lagnoso.
“Va bene, Ryou-san” disse lei cercando di nascondere un sorrisetto. “Vado di là a scaldarti la cena.”
“Sentiamo, cosa propone chef Akasaka questa sera?”
“Riso in bianco e pollo”
“Agh. Sono stufo di riso e pollo, non puoi prepararmi qualcos’altro?” ribattè il malato, stupendo perfino sé stesso.  Finchè sono con Keii, passi. Ma adesso mi metto a fare i capricci davanti a Reta-chan?
“Mi dispiace, Ryou-san, ma Keii-san è stato abbastanza chiaro. Devo darti solo quello che lui ha preparato.”
“Ma non devi dirglielo per forza.” Il biondo cercò di corromperla producendosi in uno dei suoi stupefacenti –e rari- sorrisi, ma un nuovo accesso di tosse glielo impedì. “Spiacente, Shirogane-san.” Detto questo, si defilò, lasciando il povero, debole, moribondo Ryou a prepararsi psicologicamente in vista del lauto pasto.
 
In cucina, Retasu Midorikawa  si portò –stavolta volontariamente- una mano sul cuore, mentre respirava lentamente provando a calmare i propri battiti impazziti. Era incredibile come Shirogane riuscisse a farle quell’effetto perfino da ammalato, con gli occhi lucidi , il naso rosso e il pigiama azzurrino che ricordava tanto quello di un anziano. Se andava avanti così, non era sicura di riuscire a rimanere in quella casa a lungo, a meno che il previdente Keiichirou non avesse messo un defibrillatore assieme alle provviste che le aveva fatto portare.
“Non devi fare nulla di complicato, non preoccuparti. Il cibo è già pronto, lo devi solo scaldare un po’ a fuoco basso, e poi cerca di fargli prendere lo sciroppo per la tosse e di misurargli la febbre. Ah, è un po’ più scorbutico del solito, quindi non prendertela se ti risponde male. Ma se ti dà problemi, non esitare a telefonarmi,ok?” aveva detto Akasaka-san.  La faceva facile, lui, non era mica innamorato di Ryou dai tempi delle medie. Mettiamoci al lavoro, Retasu pensò, una volta che i battiti si furono regolarizzati.
 
Quando Retasu tornò in camera da letto, aveva tra le mani un vassoio con piatti, posate, tovaglioli e un bicchiere d’acqua. Ecco il pasto dell’ospedalizzato. Reta-chan, adesso un inciampo piccolo piccolo ci starebbe proprio bene…  Lei però non cadde né inciampò, e riuscì a poggiare il tutto sul comodino.
“Ryou-san, non fare quella faccia!” 
“Devo proprio?”
 “Credo di sì.”
“Mi aiuti a tirarmi su, almeno?” Di nuovo il tono lamentoso. Retasu annuì, poi gli passò un braccio dietro la schiena e lo aiutò a sollevarsi. Gli mise entrambi i cuscini dietro la schiena, per farlo stare comodo, dopodiché poggiò con cautela il vassoio sulle gambe di lui. Ryou prese un paio di cucchiaiate di riso, poi parve riscuotersi da una sorta di torpore: “Tu non mangi?” “Mangerò a casa, Ryou-san.” “Ma tornerai tardi, casa tua è lontana. Prendi pure un po’ di questa roba, se vuoi.” “Non c’è bisogno, Ryou-san, davvero.” “Insisto.” Detto questo le mise in mano la forchetta, che lui non stava usando. Retasu arrossì di nuovo, ma accettò un po’ di riso.
“Cena a lume di abat-jour. Non è mica da tutti”, commentò il malato. La ragazza si limitò a sorridere. Mangiare in sua compagnia non era affatto male, realizzò Ryou. I suoi silenzi erano molto più eloquenti del fastidioso ciarlare di molte ragazze, compresa Ichigo, per la quale aveva avuto una cotta di dimensioni epiche fino ad un paio d’anni prima. Lei, invece, era… Riservata. Si accorse di sapere ben poco di lei, nonostante si conoscessero da almeno cinque anni. Si circondava di barriere tanto spesse da poter competere soltanto con le sue, e non lasciava entrare mai nessuno. Almeno, non lui. Gli era sempre parso che lei si chiudesse a riccio quando loro due si trovavano da soli, come se avesse paura che lui potesse in qualche modo farle del male. Il che era un paradosso, considerato che lei era l’unica del gruppo con la quale lui riuscisse ad essere sempre gentile e pacato. Il carattere mite di Retasu riusciva sempre ad ammansirlo, anche se non era mai riuscito a spiegarsene il perché. Capì di voler sapere di più, voleva che lei lo lasciasse avvicinare…
Ryou si accorse di aver finito di mangiare solo quando la mano affusolata di Retasu gli mise sotto il naso il dosatore dello sciroppo per la tosse, pieno fino all’orlo di quel fluido giallastro.
“Beh, alla tua salute, Ryou-san”, disse sorridendogli.
“Devo proprio?” ripetè questi.
Lei aveva annuito. “Ordini di Akasaka-san.”  Poi aveva ritratto la mano. “Aspetta un minuto”, aveva detto, sparendo nell’ingresso. Dopo un paio di minuti tornò con quello che sembrava un pacchetto di caramelle al miele.
“Caramelle?!”
“Mia madre ha sempre fatto così, con mio fratello, quando lui non voleva prendere le medicine. Prima lo sciroppo, poi la caramella.” La verde era arrossita per la milionesima volta. Se si fosse trattato di Ichigo, o di qualunque altra persona, lui si sarebbe rifiutato categoricamente di farsi trattare come un bambino (anche se si stava effettivamente comportando come tale), ma lei  era così dolce, così amorevole…  Ryou prese il dosatore, lo alzò in direzione della ragazza come se stesse brindando e, dopo averla guardata negli occhi dicendo “Alla mia, allora”, lo svuotò senza fare un fiato, per poi poggiarlo sul comodino e tendere la mano verso di lei. “Il mio premio, prego!”
 
L’aveva colta di sorpresa. Mentre la verde abbassava lo sguardo per estrarre la caramella dal pacchetto, lui si era avvicinato, rapidissimo, schioccandole un bacio sulla guancia, per poi sorriderle come un bambino che ha appena compiuto qualche marachella.  La suddetta guancia ora bruciava come se Ryou gliel’avesse marchiata a fuoco, mentre il suo cuore sembrava voler correre una maratona tutta sua. E adesso, cosa significa questo?  Sentiva l’adrenalina scorrerle nelle vene. Lo fissava con gli occhi sgranati, incredula.
Prima che il ragazzo potesse aprir bocca per chiederle “Va tutto bene?”, lei si era già alzata, avviandosi verso la porta. “Vado a lavare i piatti”, disse, ed uscì.
 
Retasu impiegò un lasso di tempo considerevole nel lavare e pulire tutto quello che aveva utilizzato, concentrandosi su macchie inesistenti e rimettendo ogni cosa esattamente nella stessa posizione in cui l’aveva trovata, pur di distrarsi da quanto era accaduto poco prima. D’altronde, Ryou aveva la febbre, quindi era molto probabile che non fosse del tutto conscio di quello che faceva. Per cui, era inutile pensarci. Alla fine, però, fu costretta a tornare da lui per congedarsi.
“Ryou-san, se non hai bisogno di altro io andrei…”
 
Non voleva che lei se ne andasse. Era un pensiero estremamente egoista, specialmente sapendo di averla messa in imbarazzo poco prima, ma non voleva assolutamente che andasse via.
“In effetti… vorrei chiederti un favore, Reta-chan.”
“Dimmi pure…”
“… resteresti con me, stanotte?”
“C-come, scusa?”
“Ti ho chiesto se vuoi rimanere qui, stanotte.”
 
Le aveva chiesto di restare. Aveva sentito proprio bene, le stava chiedendo di restare con lui. Il cuore di Retasu fece un triplo salto mortale. Keii, credo che quel defibrillatore mi avrebbe fatto davvero comodo.
“Mi farebbe davvero piacere se restassi a farmi compagnia” era tornato all’attacco lui.
 Quindi è questo che vuole, compagnia. Sentì gli occhi riempirsi di lacrime, ma si trattenne e impedì loro di uscire. “Ryou-san, io… io non credo che sia una buona idea.”
“è già tardi, Reta-chan… Non è prudente per te prendere il treno da sola a quest’ora.”
“L’ho sempre fatto…”
“Per favore, Reta-chan…” Il tono della sua voce era… implorante? Deve sentirsi davvero solo, pensò lei.
“Ryou-san, non ho nemmeno il pigiama…” Le sue difese stavano iniziando a cedere.
“Non ce n’è bisogno…” Ryou realizzò appieno il significato delle proprie parole un attimo dopo averle pronunciate, e prima che lei potesse aprire bocca per replicare aggiunse: “Non serve, perché posso prestarti uno dei miei. Allora,rimani con me?”
 
Seguendo le istruzioni di Ryou, aveva trovato il cassetto dove teneva i pigiami, ne aveva preso uno a caso e si era eclissata in bagno per svestirsi e rivestirsi. Quando era entrata in camera da letto, con il collo del pigiama che le lasciava scoperta una spalla, reggendosi i pantaloni troppo lunghi  per non inciampare nell’orlo, lui non aveva potuto fare a meno di ridere. “Scusami, ma sei così buffa!”
In breve si erano trovati entrambi sotto le coperte, un poco distanti l’uno dall’altra, guardandosi negli occhi. Poco dopo, il ragazzo aveva ceduto al sonno, subito seguito da lei.
 
Erano da poco passate le tre di notte, quando Ryou si svegliò urlando, sudato e tremante. Non sognava più molto spesso la morte dei genitori, ma la febbre gli aveva fatto tornare gli incubi. Il suono della sua voce che gridava i loro nomi era straziante alle orecchie di Retasu. Si era svegliata sentendolo agitarsi nel letto, balbettando frasi incoerenti con voce roca, tra le quali era riuscita a distinguere le parole ‘fuoco’, ‘papà’, ‘mamma’.  Ora, vedendolo tremante, scosso, fragile, non potè fare a meno di avvicinarsi. Vederlo in quelle condizioni la distruggeva. “Ryou-san, era solo un incubo” mormorò, accarezzandogli i capelli. “Retasu…” mormorò lui di rimando. Il suo viso era rigato di lacrime. D’impulso la ragazza lo abbracciò, portando la testa di lui sul proprio petto. Poco dopo, il ragazzo iniziò a singhiozzare, stringendosi a lei, che incominciò ad accarezzargli la schiena dolcemente. “Sono qui, Ryou-san. Non è molto ma… io sono qui.” Per tutta risposta, lui la strinse ancora di più. Lei continuò ad accarezzarlo finchè non si fu calmato, poi si addormentarono nuovamente, ancora abbracciati.
 
Quando Ryou Shirogane si svegliò di nuovo, i raggi del sole filtravano nella stanza attraverso le tende di colore chiaro. Non capì immediatamente dove si trovava, né in che posizione si trovava. La sua testa riposava su qualcosa di molto morbido e caldo, e di sicuro non era il suo cuscino, perché un cuscino non si alza e abbassa ritmicamente. La sua mano destra, al contempo, stringeva qualcosa di altrettanto morbido. Strusciò piano la guancia contro il cuscino per mettersi più comodo, stringendo la presa, quando il cuscino in questione emise un mugolio di approvazione. Fu allora che aprì gli occhi e si rese conto che la sua testa era poggiata sul petto di Retasu, che per fortuna stava ancora dormendo, e che la sua mano era chiusa ad artiglio su uno dei seni della ragazza. Il piumone era stato scalciato via durante la notte, evidentemente si erano scaldati a vicenda. Di colpo ricordò tutto. L’incubo, il risveglio, le lacrime, le sue braccia, le sue carezze. Si staccò piano da lei, attento a non svegliarla, e si ritirò nel suo lato di letto. Mentre lo faceva notò che anche qualcun altro, giù in basso, si era svegliato di buonumore quella mattina.
Reta-chan era davvero bella, coi capelli scompigliati, l’espressione serena, le labbra lievemente dischiuse. La maglia del pigiama di Ryou era veramente molto grande per il suo fisico minuto, e ora il collo lasciava libera quasi tutta la spalla sinistra. I pantaloni, altrettanto larghi, si erano abbassati rivelando un paio di mutandine a righe bianche e blu, alla cui vista la mente del ragazzo si riempì di immagini di loro due in atteggiamenti molto poco casti. Dovette sforzarsi per trattenere l’impulso di sfiorarla.
 In effetti, la presenza di quella ragazza era davvero piacevole, ma se svegliandosi lo avesse trovato in quelle condizioni, non avrebbe saputo come giustificarsi. Per cui, constatando che si sentiva decisamente meglio rispetto al giorno precedente –probabilmente la febbre si era decisa a scendere, finalmente- , si tirò a sedere e riuscì a mettersi in piedi senza barcollare. Superato l’iniziale giramento di testa, si avviò verso la cucina a passi lenti, cercando di fare meno rumore possibile, quasi strozzandosi nel trattenere un colpo di tosse. Una volta lì, si bagnò i polsi con dell’acqua fredda, molto fredda; quando fu sicuro di essersi calmato, tirò fuori il vassoio che lei aveva usato la sera precedente, mise su il bollitore dell’acqua e per sicurezza preparò anche il caffè, tirò fuori fette biscottate, biscotti alla cannella, crema di nocciole… Impegnato com’era nello svolgere le sue mansioni, non si accorse che Keii era entrato e, facendo molto piano, era arrivato alle sue spalle. “Buongiorno, Ryou. Vedo che stai già molto meglio. Retasu ha fatto la brava infermiera?”  mormorò l’Akasaka. Ryou sobbalzò, rischiando di versarsi il contenuto del bollitore sui piedi. “Keii! Accidenti a te! Ma come diavolo sei entrato?!” A dire il vero,ora che ci pensava, non sapeva nemmeno come avesse fatto Retasu ad entrare il giorno prima, anche se poteva immaginarlo.
“Siccome avevo dato la mia copia delle chiavi a Retasu, mi sono fatto dare il passe-partout dal portiere” rispose l’altro, sempre a voce bassa. “Sono venuto a portarti questa” proseguì, tirando fuori da un busta di plastica un vasetto di marmellata, “Marmellata di lamponi, è la sua preferita.”
Perplesso, Ryou rimase a fissarlo imbambolato per alcuni istanti, prima di chiedere: “Un momento… tu… come fai a sapere che lei ha dormito qui?!” L’altro fece spallucce. “Non dirmi che hai finto di avere un impegno per…”
“No, l’appuntamento con Zakuro ce l’avevo davvero. Ma tu sei estremamente prevedibile, Ryou…  Ogni tanto è bello avere qualcuno che si prende cura di noi, Ryou, specialmente quando ci sentiamo vulnerabili… Sei davvero sicuro che nessuno possa aiutarti a guarire le tue ferite?” Ryou non rispose, fissandolo dritto negli occhi. “Retasu ha molto affetto da dare” concluse, facendogli l’occhiolino. Dirigendosi verso la porta, aggiunse: “Ah, dille che le do la giornata libera!”, poi se ne andò. Gli occhi del biondo erano diventati grandi come due  piatti, mentre cercava di comprendere a fondo le parole dell’amico. Dopo qualche minuto però si riscosse, caricò il vasetto di marmellata sul vassoio e si diresse verso la propria stanza, dove Retasu si era appena svegliata. “Ryou-san, perché ti sei alzato? Non devi sforzarti!” esclamò vedendolo entrare con in mano il vassoio carico. Quando fece per alzarsi ed aiutarlo, però, lui era già arrivato al letto e aveva poggiato il tutto sul piumone. “Tè o caffè?”  “Shirogane-san, non c’era bisogno che tu facessi tutto quest...” Lui la zittì poggiandole due dita sulle labbra. “Tu per me l’hai fatto.”
Fecero colazione a letto, riempiendo il piumone di briciole, con Retasu che si meravigliava perché  –coincidenza- lui aveva in casa proprio il suo tipo di marmellata preferito, e Ryou che si stupiva assieme a lei, e dire che l’aveva anche comprata di recente! Quando ebbero finito, lui le chiese se avesse impegni per la giornata. “Beh, a dire il vero non ho lezioni, ma oggi pomeriggio devo andare al Caffè…”
“In realtà no…  Keii mi ha… telefonato, mentre dormivi, e mi ha detto che ti dà la giornata libera per ricambiare il favore che gli hai fatto.” Stavolta furono gli occhi di lei a splancarsi. “Quindi… ti andrebbe di restare un altro po’?”  “A patto che tu ti lasci misurare la febbre, Ryou-san, e che non ti alzi ancora” aveva risposto lei sorridendo. Detto ciò, si alzò per riportare il vassoio in cucina.
Dopo una decina di minuti, però, non era ancora ricomparsa. Ryou, intanto, era di nuovo immerso nei propri pensieri. Una volta che la giornata fosse finita, lei sarebbe tornata a casa, e lui non aveva la certezza che sarebbe tornata a trovarlo altre volte, una volta che fosse guarito.  Quindi avrebbe dovuto inventarsi qualcosa, trovare una scusa per far sì che lei tornasse.
“Ryou-san, non immaginavo che avessi così tanti libri in inglese! C’è anche The Beautiful and Damned , mio padre dice che è bellissimo…” la voce della ragazza lo raggiunse dal salotto. Ryou rise fra sé e sé. Come c’era da aspettarsi, si era fermata davanti alla libreria. Forse, pensò, non c’era neanche bisogno di trovare una scusa. “Se vuoi te lo presto… A patto che ora tu venga a leggerlo a letto!”
 
 
 
Non so perché, ma mi piace mettere il fantastico Ryou Shirogane in difficoltà, quindi, voilà un Ryou infebbrato e pure un po’ lagnoso, perché si sa, gli uomini quando si ammalano sono lagnosi (o almeno, la maggior parte lo è) e soprattutto bisognoso di affetto. E voilà una Retasu carina e coccolosa che alla fine non riesce a resistergli, con tanto di Keii che fa le sue apparizioni come se nulla fosse. 
Per chi se lo stesse chiedendo,  The Beautiful and Damned è un romanzo di F. Scott Fitzgerald, lo stesso autore di The Great Gatsby.
Per Ginchan: spero di aver rispettato un po’ di più le caratteristiche della Retasu originale, le ‘piccole cose’di cui parlavi nella tua recensione. Fammi sapere cosa ne pensi!
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Tokyo Mew Mew / Vai alla pagina dell'autore: tyene_sand