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Autore: DirceMichelaRivetti    15/02/2014    3 recensioni
"Modello di salda giustizia
Difensore del popolo di Dio e della Chiesa Cattolica
Valoroso oppositore delle forze del male "
Questo è Isaia.
Questo non è solo Isaia.
Padre Isaia si ritrova diviso tra la congregazione, il misterioso ordine di cui fa parte padre Vargas, l'amicizia per Gabriel e a questo si aggiunge Serventi che gli confonde le idee con frasi ambigue.
La comparsa di una giovane che pare conoscerlo bene.
Parte Prima: In mezzo a tante voci, in mezzo a tante opinioni, Isaia dovrà capire dove sta la Verità, dovrà distinguere il vero Dio dai tanti idoli e combattere per lui.
Parte Seconda: Serventi ha trascinato Gabriel nel baratro dell'esasperazione. L'Eletto sta compiendo il proprio destino. Per cercare di arginarlo si forma una coalizione di gesuiti, religiosi, buddisti, laici, maghi e templari: c'è chi si occupa di dare sostegno caritatevole al popolo e chi invece combatte.
La violenza, però, non può essere estinta da altra violenza.
La soluzione è diversa.
"Se solo qualcuno mi desse ascolto!" si lamenta la testa di San Giovanni.
Riflessione e azione ... almeno spero.
Per le amanti delle romanticherie: pian, pianino (Isaia non ha colpi di fulmine) arriva anche l'amore.
Genere: Azione, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Padre Isaia, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Isaia era appena uscito dall’abitazione di Monsignor Castello, era già sera e dunque avrebbe dovuto aspettare il giorno seguente per potersi recare alla sede dell’associazione della quale aveva trovato numerosi volantini a casa del povero ecclesiastico defunto. A ben pensarci, perché gli era stato detto che Monsignor Castello era stato ucciso? Era morto cadendo dalle scale! Certo, le circostanze non erano ben chiare, ma nessuno aveva mai detto ci fossero indizi importanti che facessero pensare ad un omicidio … avrebbe chiarito la questione al più presto.

Quello non era neppure l’unico dei pensieri che gli vorticavano per la testa e che non riusciva a spiegarsi. L’incontro con Serventi lo aveva profondamente colpito.

La vostra caccia contro di me è solo un piccolo tassello di un grande destino che si compie, Gabriel ne fa parte e anche tu, Isaia.

Quelle parole tornavano ripetutamente ad affiorare nella sua mente e trascinavano i suoi pensieri da un lato e dall’altro, senza che lui se ne rendesse conto.

Un grande destino ….

… anche tu, Isaia …

Un grande destino …

Ne fai parte anche tu.

Cosa intendeva dire con quelle parole? Che la lotta contro la profezia era già prevista dalla profezia stessa e che lui, casualmente, era finito avviluppato in un conflitto inevitabile? O c’era qualcosa di più? … No, certo che no. Quelle erano solo parole a caso, dette apposta per confonderlo, per creare confusione nella sua testa e distrarlo dai suoi reali obbiettivi. Sì, doveva essere per forza così!

Eppure … Un anno prima avevano tentato di ucciderlo. Serventi aveva fatto molto per cercare di eliminarlo: l’Alchimista gli aveva rifilato veleno al posto di medicine, poi aveva provato ad iniettargli dell’aria nelle vene … ma per fortuna lui era riuscito ad evitare entrambi gli stratagemmi e a mettersi in salvo … o almeno così aveva creduto in un primo momento. Lì per lì non ci aveva pensato e non lo aveva ancora fatto, prima di quel momento, ma che cos’era stato a renderlo così sospettoso? Quale istinto gli aveva sussurrato all’orecchio per metterlo in guardia dal medico? Non lo sapeva. Forse la visita di Serventi, appena dopo la consegna del pranzo e le medicine, e quella sua frase: presto uscirai da qui, lo avevano messo d’allarme però … Non sapeva, era certo ci fosse qualcos’altro che non riusciva ad identificare.

Dopo la fuga dalla clinica, era stato tradito da Monsignor Demetrio ed era stato consegnato a Serventi … Diamine, aveva quasi ucciso un uomo in quel momento.

Uccidendo il tuo corpo, ti libererò dall’oppressione di Satana.

Così aveva risposto alle suppliche, così si era giustificato. Poi, per fortuna, non lo aveva fatto. Ottenute le chiavi, lui e l’altro prigioniero, avevano potuto mettersi in salvo senza bisogno di uccidere l’Alchimista. Quante volte, però, si era domandate che cosa avrebbe fatto davvero, se non ci fossero state quelle chiavi. Sarebbe stato davvero in grado di uccidere un uomo? Si trattava di legittima difesa: mors tua, vita mea, si diceva, ma non ne era poi così sicuro. Gli sarebbe bastato privarlo dei suoi arnesi e nessuno avrebbe più rischiato la vita. Lui, Isaia, aveva abbrancato il suo boia, lo aveva in un certo senso disarmato e reso inoffensivo, eppure era lì, in procinto di ucciderlo. Sapeva bene che non c’era sonnifero in quella siringa, eppure la stava per affondare nel collo di quell’uomo. Perché? Che cosa aveva provato in quel momento? Rabbia? Paura? Forse entrambe, forse qualcos’altro, forse una sorta di vendetta, celata dal senso di giustizia: in fondo quell’uomo aveva tentato di ucciderlo già due volte, probabilmente aveva ammazzato molte altre persone, meritava di morire. Questo, però, non è un pensiero da prete, questo è il pensiero di chi non conosce la misericordia di Dio. Dio, che non perdona mai, perché non è mai arrabbiato. Era un pensiero non proprio ortodosso, ma ci credeva profondamente. Il perdono è qualcosa di umano, per questo Gesù ha detto che a chi noi rimetteremo i peccati, saranno rimessi nel Regno dei Cieli. Quando si chiede il perdono a Dio, dopo un sincero pentimento, si sta chiedendo perdono a sé stessi e si allontanano da noi tutte le negatività. È la nostra rabbia, il nostro odio che condanna gli altri e poi anche noi stessi.

Isaia non ripensava spesso a quel momento, ne era spaventato e si vergognava, era profondamente deluso da sé stesso. Adesso lo aveva perdonato, l’Alchimista? Sì, lo aveva perdonato, ma non aveva perdonato sé stesso per quella debolezza e per le altre che lo avevano accompagnato quell’anno: denunciare Gabriel, seppure in forma anonima … credere che Immanuel fosse davvero il Messia … Chissà come stava,ora, quel bambino? Sperò bene, sinceramente, si era affezionato a lui e doveva anche a lui la sua salvezza, lo aveva favorito nello scappare da Serventi.

Già, era riuscito a sfuggire a Serventi.

All’epoca si era detto che volevano ucciderlo poiché aveva scoperto il segreto di Gabriel e non voleva lo rivelasse. Ora si chiedeva se non ci fosse qualche altro motivo.

Un grande destino che sta per compiersi, Gabriel ne fa parte e anche tu, Isaia. … Isaia ... Isaia.

Inutile allontanare quella voce, trovava ugualmente la maniera di riecheggiargli nella mente.

Un dubbio aveva iniziato già da qualche ora ad affiancarsi a quel ricordo: forse lui era quello che avrebbe potuto impedire alla profezia di compiersi. In che modo però?

No, via, via, questi erano pensieri superbi! Non doveva credersi diverso dagli altri. Su una cosa Serventi aveva ragione: lui era un uomo e solo un uomo! Non aveva poteri, non aveva nascite strane, era solo un semplice uomo, eppure non avrebbe mai più vacillato nella propria fede, non avrebbe esitato a compiere qualsiasi gesto, anche il supremo sacrificio, se sarebbe servito a difendere Dio e la Chiesa.

La divinità, quella che tu credi di pregare e cercare è tutt’altra cosa.

Ecco che ora queste parole gli tornavano alla mente, come a sfidare la sua fede, come a deridere tutte le sue convinzioni.

Serventi lo aveva anche accusato di non vedere la verità.

I suoi occhi erano dunque velati?

Serventi non aveva mai detto nulla contro Dio, solo contro la Chiesa, come se essa adorasse un falso idolo. Serventi non era satanista, non invocava il potere del demonio, ma parlava di Dio.

Questo turbava parecchio Isaia, ma egli, d’altronde, sapeva bene che il male indossa spesso la maschera del buono, per compiere meglio e più facilmente la propria opera.

Serventi era il male, la profezia era qualcosa di diabolico, Gabriel era in pericolo e con lui l’intera Chiesa. Questo era ciò che doveva bastare ad Isaia.

Isaia non si sarebbe tirato indietro. Aveva giurato fedeltà a Dio, conosceva il proprio dovere. Troppe volte in passato non era stato integro, non avrebbe ripetuto quegli errori né ora, né mai. Avrebbe difeso Dio, la Chiesa e ogni animo buono di questo mondo; li avrebbe protetti dalle insidie di Serventi e del diavolo. Lui era un esorcista, lui sapeva scacciare i demoni dai corpi, allora avrebbe potuto scacciarli anche dal mondo, se sarebbero venuti, ovviamente con l’aiuto di Dio.

Lo sapeva, era assolutamente consapevole e lo aveva ribadito e giurato anche di fronte a Serventi qualche ora prima: Sì! … Sì, lui sarebbe andato fino in fondo, avrebbe fatto il proprio dovere.

È questo il tuo compito?

Riecheggiò allora la voce di Serventi.

È questo il mio compito? Si domandava Isaia.

 

“Padre Morganti!?”

Lo chiamò qualcuno. Isaia si scosse da quella tempesta di pensieri e tornò presente alla realtà. Si guardò intorno e si accorse di essere arrivato presso il parco di villa Borghese, cinque chilometri più in là del Vaticano, di dove doveva andare. Talmente assorto nelle sue riflessioni non aveva fatto caso alla strada ed era finito fin lì. Gli era capitato altre volte di camminare soprapensiero, ma ciò non gli aveva mai fatto perdere la via di casa, quella sera, invece, i suoi piedi lo avevano condotto così fuori mano.

Si guardò attorno e subito vide chi lo aveva chiamato: a qualche passo da lui, sulla sinistra, c’era una ragazza sulla ventina più o meno, ammantata in un cappotto verde oliva, col doppio petto, in testa portava un basco, forse grigio, la luce dei lampioni era fioca e non si riuscivano a distinguere bene i colori. Quella ragazza aveva i capelli sciolti e mossi, decisamente scuri. I suoi occhi erano grandi, castani, ma parevano pervasi da un certo ardore indefinibile.

Isaia ebbe subito l’impressione di conoscerla, anzi ne era certo, tuttavia non avrebbe saputo dire chi ella fosse, forse una sua vecchia studentessa.

“Padre Isaia Morganti? È lei?” chiese nuovamente quella giovane, dopo alcuni momenti di silenzio.

“Sì.” rispose il prete, ancora confuso praticamente da tutto “Ci conosciamo?”

“ … Più o meno.” rispose l’altra, sorridendo. Si avvicinò all’uomo, come divisa tra contentezza e timidezza.

Isaia le leggeva in volto la gioia, ma anche incertezza, una vaga paura; riusciva ad avvertire la sua emozione, era certo che in quel momento il cuore della ragazza stesse battendo molto forte, come quando si incontra per la prima volta una persona che si è ammirata e stimata da sempre. Non capiva.

“Nel senso che tu sai chi sono io, ma io non so chi sei tu?” ipotizzò il prete, cercando di avere delle spiegazioni.

“Sì … più o meno è così.” rispose la giovane, dopo averci pensato per qualche momento e comunque non proprio convinta.

“Come mi conosci? Hai seguito le mie lezioni all’università?” Isaia era comunque calmo e conciliante.

“No.” la ragazza era evidentemente in difficoltà, cercava le parole “È difficile da spiegare … forse un’altra volta … Non so che dire …” nel farfugliare quest’ultime cose, si era lasciata prendere da una certa agitazione, come se si fosse innervosita per il fatto di non riuscire a parlare.

“Calma, tranquilla.” la confortò Isaia, intenerito, attraverso gli occhiali la guardo con occhi rassicuranti e pazienti “Prenditi il tempo che ti serve. Potresti iniziare col dirmi come ti chiami, è una buona idea, non credi?”

“Oh, sì, giusto, mi chiamo Michela.” rispose velocemente lei, tornando sorridente.

“Bene, Michela, potresti continuare col dirmi che cosa ci fai in giro da sola, di notte, non è prudente.”

“So difendermi.” precisò subito la giovane e poi cercò di spiegare: “Però non saprei dirle perché sono qui. Ho sentito che dovevo venire e sono uscita.”

“Sentito?” si accigliò il prete.

“Sì. Ho avvertito dentro di me una forza che mi diceva di venire in questo posto e io ho obbedito, non sapevo perché, non me lo sono chiesta, ho obbedito e basta.” c’era una nota onirica nella sua voce “Ora, però, penso di sapere perché sono stata guidata fin qui.”

“Ah, sì? E perché?” Isaia era decisamente incuriosito, sia da quella ragazza, sia dal fatto che entrambi si erano ritrovati lì spinti da qualcosa di indefinibile.

Michela lo guardò, forse si sentì stringere la gola, era tornata ad emozionarsi, e disse a mezza voce: “Per incontrare lei.”

“Per incontrare me?” ripeté interdetto l’uomo, irrigidendosi e nella mente gli balenò il terribile dubbio che quella donna potesse essere stata mandata da Serventi, ma a che scopo? Se volevano uccidere, non era necessaria quella sceneggiata.

“Sì, credo che entrambi ci siamo ritrovati qui, in questo momento, perché era giunto il tempo di conoscerci dal vivo, personalmente.” disse ciò con maggiore sicurezza rispetto a tutto il resto.

“Non capisco.”

“Lo so, ma capirà. Ora, mi scusi, è meglio che io vada.”

“No!” ordinò Isaia, irritato “Tu, ora, mi spieghi chi sei e per chi lavori.”

“Adesso non è il caso, non capirebbe. Lo troverebbe assurdo!” replicò la ragazza.

“Assurdo? Dubito fortemente che riterrei qualcosa assurdo, dopo tutto quello che ho già visto.”

“Lo so cosa ha visto.”

“Com’è possibile?” sbalordì il prete.

“Visto? Ritiene già questo assurdo. Perdonami, ma se le raccontassi tutto adesso, non solo non mi crederebbe, ma probabilmente potrebbe decidere di non fidarsi di me.”

Isaia non riusciva a provare avversione per quella ragazza, nonostante la ragione gli suggerisse che poteva essere pericolosa, e dovette sforzarsi per mantenere un tono duro, nel ribadire: “Per chi lavori? Cosa vuoi da me?”

Se fino a quel momento c’era stato circa un metro di distanza tra di loro, Michela si avvicinò moltissimo e guardandolo dritto negli occhi, come chiedendo scusa, si limitò a dire: “Per ora le basti sapere che sono consacrata a qualcuno che ha il mio stesso nome, ma al maschile.”

Isaia corrugò la fronte: quella frase non voleva dire assolutamente nulla!

La ragazza, esitò un attimo, poi timidamente appoggiò il proprio palmo sinistro sul petto del prete.

A Isaia sembrò di sentire una sorta di energia in quel punto di contatto.

“Sei molto agitato in questo periodo, stai correndo dietro a mille pensieri e mille preoccupazioni. Prenditi il tempo di sgombrare la mente da tutto, ritrovati. Senti il tuo calore interno, il tapas, il prana, il ki, lo Spirito Santo. L’hai sempre fatto, ma ora la troppa fretta ti ha distolto da ciò. Prenditi il tempo.”

Il prete era rimasto colpito da quelle parole. Effettivamente tra la congregazione, le verifiche effettuate e il problema di Gabriel, era già da diverse settimane che non si raccoglieva più in preghiera o contemplazione come invece era solito fare. Sì, diceva le sue orazioni, andava a messa, ma aveva sempre la mente assorbita in altri pensieri, o era troppo stanco. Erano passati parecchi giorni dall’ultima volta che si era rivolto al Signore con animo quieto e libero. Sì, doveva davvero riprendere le sue sane e benefiche meditazioni.

Come faceva, però, quella ragazza a saperlo? Forse aveva solo tirato ad indovinare .. Ehi, ma … dov’era finita? Non era più lì. Ce l’aveva davanti agli occhi ed era sparita senza che lui se ne accorgesse, mentre rifletteva sulle strane parole.

Isaia sospirò e si diresse verso il Vaticano, la strada era lunga.

   
 
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