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Autore: Kicchina    17/02/2014    2 recensioni
Quella mattina – era mattina? Era abbastanza certo ormai fosse mattina – Aomine si svegliò con un mal di testa opprimente quanto un anello stretto con troppa forza attorno al cranio, un rumore decisamente fastidioso ad esagerarlo ulteriormente e la sensazione di un paio di mani infilate nei pantaloni.
[Per la cara ice, che mi ha fatto finire una fic dopo due anni di vuoto]
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Daiki Aomine, Taiga Kagami
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Word Count: 4.915
Ship: AoKaga (Aomine/Kagami)
Tag Aggiuntive: Underage Drinking;
Note dell'Autore: Hhhhhhhh. Okay. Sono passati due anni e cinque mesi dall'ultima volta che ho pubblicato niente, e non è una grande esagerazione dire che è passato altrettanto tempo dall'ultima volta che ho scritto qualsiasi cosa che potesse venir definita completa. Ice, Ire - che su tumblr è ambulant-icecreamgirl e qui su EFP sinceramente non ne ho idea - ieri mi ha dato una ship (AoKaga), un prompt (mattina, mani) (che poi ho usato solo per iniziare la fic, scusaaaa) e per lei ho scritto questa cosa che deve essere la fic più sdolcinata del millennio. Wow.
Ho taggato l'underage drinking lì sopra perché altri siti lo considerano importante abbastanza da avere una sua tag a parte, però entrambi sono all'ultimo anno di liceo e quindi se non diciottenni molto vicini a quell'età. In Giappone comunque si è legali a ventun'anni quindi ho ritenuto giusto segnarlo.
Hhhhhhh quindi. Scusate se è orribile. Se ci sono errori sarebbe carino farmelo notare perché l'ho riletta talmente tante volte che ormai la so a memoria e quasi la odio e non noto più niente. Ice, giuro che ti scrivo qualcosa di più figo con Aomine il prima possibile. Giuuuro.
Ho lasciato gli spazi all'accapo perché io lo trovo più comodo da leggere, ma se rovina il ~flow~ fatemi un fischio e cambio tutto!
 

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Quella mattina – era mattina? Era abbastanza certo ormai fosse mattina – Aomine si svegliò con un mal di testa opprimente quanto un anello stretto con troppa forza attorno al cranio, un rumore decisamente fastidioso ad esagerarlo ulteriormente e la sensazione di un paio di mani infilate nei pantaloni.

Non che ci fosse nulla di cui lamentarsi riguardo l'ultima parte, assolutamente, e in un qualsiasi altro momento non sarebbe stato altro se non felice, ma era anche vero che solitamente non sarebbe dovuto succedere. Insomma, in stanza dormiva da solo ed i suoi o Satsuki – sempre prona a rompere le scatole ad orari indegni - sicuramente non si sarebbero messi a rovistargli nei jeans senza...

Jeans?

Mosse a tentoni una mano - quella non intrappolata tra il suo corpo e la parete in una posizione che, fosse stato più sveglio, avrebbe trovato decisamente dolorosa - fino a toccare la stoffa che gli ricopriva le gambe e, sì, jeans, stava indossando dei jeans, perché non si era cambiato la sera prima? Non ricordava.

In realtà, ora che la sua testa dolorante glie lo faceva notare, non ricordava molto della sera precedente in generale. Non ricordava neanche come era finito nel letto. O a casa. O perché in primo luogo fosse fuori di casa. No, un attimo, quello forse lo ricordava. O forse no. Uh. Cavolo era troppo stanco e indolenzito per giocare a fare Sherlock di prima mattina, al diavolo.

E quelle mani gli stavano ancora frugando nei pantaloni. E quel suono non la piantava di far troppo casino. Ma che voleva il mondo da lui per non lasciarlo in pace un momento?

Grugnì infastidito e, senza aprire gli occhi, mosse la mano libera alle proprie spalle come a voler scacciare una mosca, cercando di porre rimedio al problema più immediato e di origine più certa, e allontanare chiunque stesse cercando di spogliarlo senza il suo consenso. Senza il suo consenso!

- Ehi, questo è considerabile stupro, - cercò di dire, ma dalla sua bocca troppo asciutta uscì un suono che ricordava più il gorgoglio che fa l'acqua quando scende in uno scarico non ben sturato.

- Ah? Se sei sveglio invece di fare versi imbecilli spegni quel maledetto telefono! - disse seccata la voce del suo assalitore, e le mani finalmente – finalmente – si ritirarono dalle sue tasche, eliminando uno dei fastidi e lasciandolo almeno parzialmente in pace.

Ah.

Tasche.

Telefono.

Ecco cos'era quel suono assillante. La sua sveglia. E le mani cercavano di spegnerla. Certo. Nessuno stava tentando di spogliarlo.

Hm.

Cercò una posizione più comoda, lasciandosi cadere supino ed, ancora ad occhi chiusi, recuperò il cellulare della tasca che fino a un momento prima era stata premuta tra il materasso e la sua gamba. Dopo aver tentato invano di zittirlo ostinandosi ancora a non aprire le palpebre, rinunciò con uno sbuffo stizzito e lo lanciò in una direzione a caso lontano da sé: magari se si fosse schiantato contro una parete riducendosi in mille pezzi finalmente avrebbe smesso di rompere.

- Woah, ma che razza di modo–! E poi a che diavolo è servito? - si lamentò ancora la voce di Kagami e, oh, era Kagami! Questo... non spiegava molto, in realtà, ma era pur sempre un'informazione utile. A modo suo.

Sentì l'altro alzarsi dal materasso – e per un secondo, solo un attimo, si rese conto di aver dormito nello stesso letto di Kagami; poi decise saggiamente di lasciare quel filo di pensieri per un momento in cui il suo cervello funzionava propriamente – e, passati pochi secondi, il rumore ripetitivo della sua sveglia si interruppe.

Grazie al cielo.

 

- Che fai ancora steso lì? - lo raggiunse la voce del rosso dopo un periodo di silenzio che, a suo parere, non era neanche vagamente abbastanza prolungato, - Muoviti, ho fame.

Aomine finse di non sentirlo. Non aveva alcuna intenzione di lasciare il proprio letto, non in quel momento, non per almeno il prossimo paio d'ore. O mesi. Non con un mal di testa di quelle dimensioni, comunque.

Doveva prendersi qualcosa per diminuire il dolore. Aveva qualcosa contro il mal di testa a portata di mano? O per il dopo-sbornia, che era ciò che doveva star sperimentando in quel momento, tutto sommato.

Era l'unica ipotesi plausibile per il blackout e il dolore. Ed il sapore orribile che si ritrovava in bocca. Ugh.

Ora che ci pensava forse ricordava di essere uscito con, ah, con chi è che era? Gli altri Miracoli, giusto. Doveva essere stata un'idea di Kise. Ed era stato invitato anche Kagami, ovviamente. Ed avevano bevuto. E poi...

- Ohi, mi ascolti sì o no?

Kagami era di nuovo vicino, adesso, e Aomine sentì il peso di un ginocchio piegare il materasso sotto di lui, finché la fioca luce che appena filtrava tra le sue palpebre non venne oscurata dalla sua ombra.

- Ehi. - ora la voce veniva da sopra di lui. Aomine continuò a non rispondere.

- So che sei sveglio. Apri gli occhi. Ohi. Ahomine.

Grugnì infastidito, ed il rosso portò una mano a colpire la sua guancia ripetutamente.

- Ho fame! Capisci? Sto morendo di fame! Devo mangiare immediatamente e il frigo è vuoto e io ho bisogno di mangiare o il mio stomaco inizierà a divorarsi da solo, ho fame.

- Ho capito! Piantala di prendermi a schiaffi! Scendi, vai da mia madre, col cavolo che in frigo non c'è niente, dille di cucinarti qualcosa e vai via, la testa mi sta uccidendo!

Kagami si fermò, per alcuni secondi non rispose e lui quasi pensò di averlo convinto.

- Eh? - disse poi, e Aomine grugnì. Ancora. Ma era così difficile lasciarlo dormire in sacrosanta pace?

- 'Eh' cosa, - si stizzì aprendo finalmente le palpebre, - che c'è di così difficile nel– uh. Questa non è la mia stanza. - constatò guardandosi attorno.

- Molto perspicace, - commentò sarcastico l'altro, lasciandosi poi cadere seduto sul letto ed incrociando le braccia al petto, - ora mi fai il favore di alzarti? Non posso lasciarti solo in casa mia. E poi è già tardi.

- È casa tua?

Kagami lo guardò scettico alcuni secondi, poi annuì.

- Ma che ti prende? Hai deciso tu di dormire qui, no? - disse stringendo appena gli occhi.

- Ah, sul serio? - forse un po' ricordava di... no, nulla. Perché aveva deciso di restare a dormire lì invece di tornarsene a casa?

- Tu...non ricordi niente di ieri sera, non è così? - chiese Kagami cauto, e Aomine si passò una mano sul viso e poi tra i capelli, dopodiché sospirò e prese a massaggiarsi le tempie.

- Niente. Vuoto completo. Ohi, non è che hai qualcosa per il mal di te– perché stai facendo quella faccia, ora?

Corrugò le sopracciglia, Aomine. Quella faccia non gli piaceva. Era un misto tra arrabbiato e deluso e perché Kagami stava facendo una faccia del genere?

- Non ricordi niente.

- No, te l'ho appena de–

- Niente? Niente di niente? Nemmeno ciò di cui abbiamo parlato in strada prima di venire qui?

Parlato? Avevano parlato? Lui e Kagami avevano parlato. Di che potevano aver parlato lui e Kagami di così importante che il fatto che non lo ricordasse fosse un problema per... oh.

Oh.

Cazzo.

 

Non che pensasse di tenerlo per sé per sempre. Insomma, sarebbe stato, oltre che stupido, decisamente impossibile. Perché - tralasciando Satsuki e Tetsu che praticamente l'avevano scoperto prima di lui - ormai lo sapeva la maggior parte dei suoi conoscenti, e in fondo si chiedeva come fosse possibile che quella testa vuota di Kagami ancora non l'avesse capito.

Ma dichiararsi mentre ubriaco e poi dimenticare tutto il giorno successivo? Quello non era assolutamente il modo in cui immaginava sarebbe accaduto. Era la prima volta che incasinava tanto una situazione così seria. Era su un livello completamente differente rispetto ai suoi soliti casini.

Doveva rimediare.

Magari Kagami gli avrebbe creduto se gli avesse detto che non lo intendeva davvero. E poi era ubriaco, si dicono un sacco di stronzate mentre si è ubriachi, certo. Non era un problema irrisolvibile.

Però...però.

Kagami era ancora lì. E sembrava deluso dal fatto che Aomine non ricordasse nulla. In più, avevano dormito assieme, nello stesso letto. Forse non era andata tanto male quanto credeva...?

Ma bisognava esserne sicuri; e se quello fosse solo un modo come un altro che aveva Kagami di mostrare che non era cambiato nulla tra di loro? E se lui, facendo pressione sulla cosa, perdesse definitivamente il suo unico rivale degno di questo nome?

Ahhhh, perché non riusciva a ricordare? Maledizione!

- Senti... - iniziò piano, non sapendo esattamente cosa dire, - qualunque cosa io abbia detto–

- Non lo credevi davvero. Ovvio. Lo sapevo.

- No! - si affrettò a correggere Aomine, saltando su a sedere (e il movimento improvviso gli fece pulsare dolorosamente la testa, ma non era quello il momento di lamentarsene) trovandosi così faccia a faccia con l'altro.

- Non è così! Ascoltami! - provò ancora, perché se l'espressione metà delusa e metà arrabbiata di prima non gli era piaciuta, quella presente in quel momento sul volto di Kagami lo stava praticamente pugnalando dritto al petto.

- No, è okay, dovevo aspettarmelo. Eri ubriaco, non so perché non ci ho pensato prima.

- Ti sto dicendo che non è come credi, lasciami parlare una buona volta! È solo che... - si morse il labbro e distolse lo sguardo dagli occhi rossi, insicuro su come procedere. Ma perché non poteva semplicemente ricordare quel che era successo la sera prima? Sarebbe stato tutto così facile!

- Aomine–

- No, zitto, lasciami finire. È che... uh. È che ciò che tu hai... Insomma, qualsiasi cosa io abbia... Io non... Come hai... risposto?

Calò il silenzio, e Aomine non aveva idea di come fosse possibile che gli sembrasse che il suo cuore si fosse fermato quando allo stesso tempo lo sentiva battere così forte nel torace. Ingoiò a vuoto, poi riportò gli occhi sull'altro.

- ...eh? Che vuol dire? - rispose infine eloquentemente Kagami, e Aomine quasi decise che no, basta, non ne valeva assolutamente la pena.

Perché doveva essere proprio quell'imbecille di Kagami? Perché non una bella ragazza formosa e intelligente che non avesse bisogno di tutto spiegatole trecento volte? L'universo era contro di lui, lo era per forza.

- Vuol dire che ero ubriaco fradicio e non ricordo una mazza di quel che è successo e non ho idea di quale sia stata la tua risposta, cretino! - urlò puntandogli un dito indice contro, e la faccia di Kagami si contorse nella più soddisfacente espressione indignata di sempre.

- Non chiamarmi cretino, idiota! Come fai a non sapere cosa ho risposto, non è ovvio?!

- Se non lo ricordo non lo ricordo, stupido! Che differenza ti fa' ripeterlo!

- È ovvio che ho detto sì, rimbambito!

- Tu– oh.

Oh.

 

- Hai... detto sì.

- È quel che ho appena finito di ripetere, no?

Aveva detto sì. Kagami aveva detto sì. Lui si era dichiarato e Kagami aveva detto sì. O gli aveva chiesto di uscire e la risposta era stata sì. Lui e Kagami stavano dormendo nello stesso letto perché lui si era dichiarato e Kagami aveva detto sì.

Si domandò che espressione imbecille dovesse star facendo in quel momento.

Sicuramente – e se ne rendeva conto, solo che proprio non riusciva ad evitarlo – aveva praticamente smesso di respirare. Si sentiva un nodo alla gola e non era certo il suo cuore stesse ancora funzionando. Aveva lo stomaco come stretto in una morsa e i palmi delle mani erano sudati.

- Ehi, che ti prende all'improvvi–!

Fu più forte di lui. Nel momento stesso in cui iniziò a registrare propriamente ciò che Kagami gli aveva detto e il sorriso iniziò a premergli agli angoli della bocca, si lanciò in avanti, afferrando con entrambe le mani il viso dell'altro e premendo le labbra contro le sue, in un bacio casto ma deciso.

Per una manciata di secondi, Kagami restò completamente immobile. Poi portò le mani alle spalle di Aomine, spingendolo via con forza e quasi cadendo dal letto nella fretta di allontanarsi.

- Ch-ch-che–! Che diavolo era quello! - urlò coprendosi la bocca. Il suo viso era rosso quasi quanto i suoi capelli ed, alzando un sopracciglio, Aomine si chiese che gli prendeva adesso.

- Un bacio...? Che razza di domande inutili fai?

- Perché mi hai baciato?!

Va bene, forse Aomine doveva essere davvero stupido quanto Satsuki diceva, decise, perché proprio non riusciva a capire quale fosse il problema.

- Come perché? Hai detto tu di aver risposto... - oh. Merda. Merda, no, cazzo, non poteva essere. - Kagami. Di che abbiamo parlato ieri sera tornando qui?

Cazzo, fa' che si stesse sbagliando, fa' che i suoi sospetti non fossero fondati, non era possibile.

- A-appartamento. Di andare alla stessa università e condividere un appartamento. Mi hai chiesto. Mi hai chiesto di condividere un appartamento.

Cazzo.

- Per questo ho dormito qui.

Kagami annuì piano, abbassando la mano dal coprirsi la bocca, ma non abbastanza da non poterla riposizionare in un qualsiasi momento.

- Hai detto che valeva la pena provare, prima di affittare una... - la voce, alla fine della frase, si ridusse ad un sussurro, e completò il pensiero con un gesto vago ad indicare la stanza che li circondava.

L'appartamento. Il fottuto appartamento. Ci doveva pensare, cazzo se ci doveva pensare, aveva passato tutta la giornata precedente ad auto-ricordarsi di proporlo a Kagami, aveva anche avvisato sua madre che forse non avrebbe dormito a casa. Merda. Cazzo. Porca puttana!

- Aomine–

- No! Sono un coglione, merda! Dimentica– fai come se non– ugh! 'fanculo! Cazzo! - al diavolo non perdere il suo unico rivale! Era un completo imbecille! Ma non poteva chiedere di che avessero parlato invece di decidere arbitrariamente che–! Argh! Stupido! Stupido, stupido, stupido, stupido!

Si spostò sul letto fino a raggiungere il bordo del materasso - accuratamente evitando di toccare in qualsiasi modo Kagami - e fece per alzarsi, quando una mano dell'altro lo afferrò per un braccio.

- Aomine–

- No, senti, la testa mi fa talmente male da sentirmela sul punto di implodere, mi sento uno schifo e non ho la forza di affrontare questo maledetto discorso adesso, non dovevo farlo, sono un idiota, ho presupposto che il tuo sì si riferisse a quello e mi sbagliavo e sono un totale idiota, ma–

- Quello cosa?

La faccia di Kagami era completamente impassibile, quasi avesse preso lezioni private da Tetsu, e Aomine sentì l'improvviso desidero di prenderlo a pugni. Molto violentemente.

- Che vuol dire quello cosa? Sai perfettamente a che mi riferisco!

Liberò il braccio con uno strattone, si alzò e tentò di allontanarsi, ma Kagami fu più rapido, afferrandolo questa volta per il polso e fissandolo con quello sguardo improvvisamente impenetrabile.

- Aomine, - disse piano, tenendo gli occhi puntati nei suoi – cosa pensavi di avermi chiesto ieri sera?

- Lo sai cosa–

- Aomine.

Sospirò, il più alto. Poi si passò una mano tra i capelli e distolse lo sguardo.

- Pensavo che... Ero sicuro di... Che poi perché devo dirlo se è evidente che tu–!

- Perché non ne sarò certo finché non te lo sentirò dire. E perché voglio esserne certo.

- Maledizione, Kagami...

Si lasciò ricadere sul letto, Aomine, e Kagami finalmente gli lasciò il polso, ma non smise di fissarlo.

Perché non poteva essere il solito Kagami? Perché non poteva semplicemente urlare e dirgli di andare via o una qualsiasi cosa somigliasse più al Kagami che conosceva? Perché doveva fare Tetsu all'improvviso?

Maledizione.

- Ero certo... Ero sicuro di... Dio questa deve essere la cosa più disgustosamente melensa che io abbia mai detto e mi faccio schifo al solo pensiero di continuare, ma è arrivato al punto da tenermi sveglio la notte ed odio non avere le palle di dirtelo, anche se è perché quando dirai no diventerà tutto così stupidamente complicato e non potrò più giocare con te, o magari dirai sì e comunque rovineremo tutto e non c'è neanche una buona ragione perché debba succedere quindi che senso ha dirtelo solo per far cambiare tutto inutilmente, è una stronzata, ed ero sicuro di poterlo tenere per me ancora un po', ma poi dovevo essere così idiota da ubriacarmi e non ricordare niente ed ero così certo di avertelo detto ieri che–!

Inspirò, e si ostinò a tenere lo sguardo lontano dal volto di Kagami, perché qualsiasi espressione ci fosse sul suo viso in quel momento, era praticamente certo di non volerla conoscere.

- Dannazione, - imprecò a mezza voce, poi abbassò la testa fino a poggiare la fronte sui palmi delle mani. Che senso aveva girarci attorno, comunque? Tanto ormai Kagami lo sapeva. Dirlo a voce o no non avrebbe cambiato niente. Inspirò profondamente, espirò tutto d'un fiato.

- Mi piaci. - disse.

- Mi piaci come a Satsuki piace Tetsu. Mi piaci più di quanto dovresti piacermi. - specificò, ed il silenzio calò nella stanza.

 

Era un silenzio opprimente. Un silenzio che faceva sì Aomine fosse certo che Kagami potesse sentire i battiti frenetici del suo cuore come fosse il proprio.

Si strofinò le tempie con i pollici, attese ancora che l'altro rispondesse. Attese ciò che potevano essere due minuti come un intero quarto d'ora. Nel silenzio della stanza riusciva a sentire il ronzio del frigorifero proveniente dalla camera accanto. Il ticchettio dell'orologio sul comodino. Il televisore dei vicini acceso su un programma con risate pre-registrate, il vociare di un gruppo di ragazzini in strada, il rombo di una moto.

Poi decise che ne aveva abbastanza di aspettare, ed alzò appena la testa, giusto il necessario per ruotarla e spostare lo sguardo sul viso dell'altro.

Dire che l'espressione di Kagami lo colse alla sprovvista era un eufemismo.

Il volto di Kagami era talmente rosso da fare concorrenza alla sua chioma e probabilmente vincere. Aveva gli occhi sgranati, la mano destra di nuovo a coprirgli la bocca ed era visibilmente irrigidito; la mano sinistra era stretta in modo spasmodico al lenzuolo del letto, ed Aomine era praticamente certo non stesse respirando.

- Ma che diavolo–!

- Jesus Christ you actually said that – mormorò in inglese da dietro la mano, e per un momento Aomine pensò di averlo, boh, rotto. Ho rotto Kagami, pensò. In più, non aveva la minima idea di cosa avesse detto: l'inglese di Aomine aveva sempre fatto completamente schifo. E l'altro continuava a mormorare frasi che alle orecchie del più alto suonavano totalmente senza senso.

Stava iniziando ad irritarsi, Aomine.

- Senti, non ho idea di cosa tu stia blaterando, ma come ho già detto ho mal di testa ed ho bisogno di tornare a dormire e possiamo parlarne un'altra volta o magari non parlarne mai più e dimenticarlo, perché–

No?, fece per concludere, ma le labbra di Kagami premute sulle sue gli impedirono di completare la frase.

Le labbra di Kagami.

Sulle sue.

Eh?

Era stato un gesto talmente rapido che Aomine neanche l'aveva registrato: Kagami gli aveva afferrato il collo della maglia, lo aveva tirato a sé sporgendosi a sua volta in avanti e l'aveva baciato.

Lo stava baciando.

Aomine ci mise una buona manciata di secondi per capire cosa stesse succedendo, poi chiuse gli occhi e portò le mani ad afferrare di nuovo il volto di Kagami, attirandolo ancora più verso di sé.

La sua pelle era più calda di quanto fosse normale, anche se era sicuramente dovuto al rossore, e comunque lo stesso Aomine era certo di non essere da meno in quel momento.

Si sentiva andare a fuoco dall'interno.

Premette le labbra più forzatamente su quelle dell'altro, lasciando scivolare appena i polpastrelli tra le ciocche rosse e poi dietro le orecchie, e Kagami emise un suono gutturale, stringendo le dita sulla sua maglia. Incoraggiato, Aomine gli prese il labbro superiore tra le proprie e succhiò lentamente una, due volte, e Kagami rispose prendendo il suo inferiore tra i denti, mordendolo piano e poi passandovi sopra la lingua in un gesto rapido, per poi succhiare a sua volta. Aomine gemette un leggero ah, ed inspirò con un movimento rapido ed improvviso.

Il profumo di Kagami - quello stesso profumo che aveva sentito ogni volta che si erano marcati sul campo, o avevano conversato l'uno con il braccio attorno alle spalle dell'altro, o un altro miliardo di insignificanti ed allo stesso tempo indimenticabili volte - gli invase le narici, forte ed intenso, ed Aomine provò il desiderio insopprimibile di sentire sotto le proprie labbra tutto.

Mosse le mani ancora una volta, trascinando le dita tra i capelli dell'altro, e Kagami rilassò finalmente la presa sulla maglia, muovendosi fino carezzargli la nuca. Al gesto, Aomine sentì scariche elettriche corrergli lungo la spina dorsale, e premette di più le labbra su quelle del rosso, succhiando e mordendo e leccando con gesti lenti dove aveva morso.

Il primo a rompere il bacio fu Kagami, allontanandosi di pochi millimetri dal volto di Aomine, riprendendo fiato con respiri regolari e controllati come nel bel mezzo di una partita intensa, e la vista di quell'espressione lo fece eccitare più di quanto credesse fosse possibile. Fissava le sue labbra, Kagami, con occhi semi-chiusi ed appannati; Aomine poteva sentirne il fiato carezzargli la bocca, ed inspirò ed espirò il suo profumo. Le labbra di entrambi erano gonfie e lucide di saliva, e nessuno dei due riusciva a distogliere lo sguardo da esse.

Aomine poggiò la fronte contro quella del rosso, muovendo ritmicamente un pollice a carezzargli una tempia, mentre l'altra mano scendeva a poggiarsi su una guancia accaldata.

Il televisore dei vicini continuava a farsi sentire attraverso la parete, e c'era un cane che abbaiava proprio sotto la finestra della stanza. Le auto sfrecciavano veloci sull'asfalto e la gente chiacchierava allegramente neanche dieci metri più giù rispetto a loro.

Tutto ciò che Aomine riusciva a sentire era comunque solo il respiro del rosso ed il battito furioso del proprio cuore.

 

Kagami inclinò appena la testa verso il palmo dell'altro, sospirò socchiudendo gli occhi, ed Aomine ruppe il momento di stallo, spingendosi in avanti ed attaccando nuovamente la sua bocca.

Trascinò la lingua lungo il labbro superiore, poi intrappolò l'inferiore e succhiò una volta; Kagami gemette sommessamente ed Aomine lo prese come un invito ad approfondire il bacio. Spinse la lingua tra quelle labbra così morbide, ed esse si aprirono in un sospiro contento, lasciandogli libero accesso e completo controllo, e le braccia del rosso si mossero a cingergli leggere il collo.

Il sapore di Kagami era... meglio di quanto Aomine avesse mai potuto immaginare, e sentirlo la prima volta lo fece gemere di un suono basso e quasi affamato. Era forte, e decisamente lui, proprio come il suo profumo. Sentiva come se non se ne sarebbe mai potuto saziare, e probabilmente era vero.

Mosse la lingua contro quella di Kagami, facendola prima scivolare contro di essa e poi ritirandola, succhiandogli nuovamente il labbro inferiore e riportandola ad invadere la sua bocca, lasciando poi che l'altro facesse altrettanto.

Kagami portò una mano tra i capelli di Aomine, muovendola ritmicamente, afferrandoli e rilasciandoli secondo lo stesso ritmo dei movimenti delle loro labbra, mentre l'altra si spostò a stringergli un bicipite. Aomine mosse quella che fino ad allora era stata intrecciata alle ciocche rosse e la portò alla schiena di Kagami, spingendolo in avanti e sporgendosi fino a far aderire il proprio petto al suo.

Poteva sentire il cuore del rosso battergli nel petto come se fosse esattamente accanto al proprio, e si chiese, per un breve momento, se l'altro provasse lo stesso.

Quando il bacio si interruppe ancora una volta, gentilmente e lentamente, quasi in modo reclutante, Kagami congiunse la propria fronte a quella di Aomine, chiudendo gli occhi ed inspirando profondamente.

Restarono in quella posizione – volti a pochi millimetri di distanza, fiato dell'uno a carezzare le labbra dell'altro, mani intrecciate in capelli e stoffa di magliette – per una manciata di minuti che parvero interminabili e comunque troppo corti. Poi Kagami sollevò lo sguardo scarlatto alle iridi blu di Aomine, e un piccolo sorriso iniziò a tirargli appena le labbra.

Aomine guardò quel sorriso rilassato sbocciare sul suo viso, poi involontariamente replicò il gesto sul proprio volto, e si abbassò a coprire la distanza infinitesimale per posare un bacio casto prima a un lato di quella bocca, poi all'altro, poi sul mento, poi su uno zigomo, finché il respiro di Kagami non si tramutò in risata ed Aomine pensò, cavolo, sono diventato proprio sdolcinato.

Però non era un problema, si disse, se faceva sì che il suo stupido rivale – il cui volto era solitamente contorto in una smorfia irritata o un ghigno di sfida - si dissolvesse in risate malamente trattenute e lo abbracciasse, come stava facendo in quel momento, talmente stretto da quasi spezzargli la schiena, nascondendo il volto nell'incavo tra il suo collo e la sua spalla. Sì, se quello era il risultato poteva permettersi di essere melenso una volta ogni tanto.

Lasciò cadere la testa a posarsi sui capelli ispidi di Kagami, Aomine, e ricambiò l'abbraccio in modo rilassato, chiedendosi esattamente cos'era che fosse successo.

Il bacio significava che Kagami ricambiava i suoi sentimenti.

Questa volta aveva davvero detto di sì.

Oh.

Davvero, si disse, sorridendo appena e muovendo la guancia contro i capelli dell'altro in un gesto distratto. È successo davvero.

 

Non aveva più mal di testa, si rese conto dopo un po' all'improvviso, e stava anche per annunciarlo come fosse la più grande notizia dell'anno, quando Kagami mormorò qualcosa che si perse contro il suo collo, riscaldandogli la pelle e solleticandolo appena percettibilmente.

- Eh? - domandò, ed il rosso si spostò quel tanto che bastava per rendere comprensibili le sue parole.

- L'appartamento l'anno prossimo. Per l'università. È un'ottima idea.

Aomine rise di una risata bassa e proveniente dal petto, ed arruffò i capelli di Kagami lentamente.

- Certo che lo è, - disse – è una mia idea dopotutto.

- E proprio per questo era probabile si rivelasse pessima, - farfugliò il rosso in un sussurro, ed Aomine lo sentì, lo sentì perfettamente, ma chiese comunque conferma con un vagamente irritato ah?

- Niente, niente. Forza, io ho ancora fame, andiamo da Maji, - saltò su Kagami, recuperando il cellulare dal comodino, mettendolo in una tasca dei pantaloni e porgendo poi all'altro il proprio.

Aomine contemplò un secondo la mano protesa verso di lui, e l'idea di doversi alzare e camminare e poi aspettare due ore che il rosso finisse di mangiare.

- Nah. - disse gettandosi nuovamente sul letto, chiudendo gli occhi e dando le spalle a Kagami, - Io ho ancora sonno, resto a dormire qui.

- Che? Non se ne parla! Io sto morendo di fame! Ho fame, ho bisogno di mangiare!

- E chi se ne frega? Vai, chi ti sta fermando!

- Tu che ti rifiuti di seguirmi mi stai fermando, idiota! Te l'ho già detto, non posso lasciarti qui da solo! - si lamentò, Kagami, afferrando Aomine per una gamba e cercando di trascinarlo giù dal letto.

- Dall'anno prossimo vivremo assieme e tu non ti fidi abbastanza da lasciarmi in casa a dormire? Bell'inizio per una convivenza, imbecille! - ribatté lui, liberando la gamba con uno strattone e portandosi a sedere di modo da poter fissare Kagami negli occhi.

- Magari cambio idea! Magari alla fine chiedo a Kuroko di convivere con me, sarebbe sicuramente meno stressante che avere a che fare con la tua maledetta pigrizia!

- Tetsu non conviverebbe mai con un cretino come te! E poi la sua università è dall'altra parte di Tokyo, come pensi di fare, eh?

- Magari decido di cambiare anche università!

- Magari facendolo mi faresti un favore!

Si guardarono in cagnesco per ancora qualche secondo, poi Aomine emise un suono gutturale che sembrava quasi un ruggito, gettando la testa all'indietro in un gesto esasperato, e Kagami si portò le mani a scombinarsi i capelli con movimenti alterati, per poi abbassare le spalle sconfitto.

- Vengo se mi prometti una one-on-one subito dopo, - concesse Aomine. Che comunque aveva sempre avuto intenzione di seguirlo, alla fine: come si faceva a dire seriamente di no a quell'idiota?

- Come se ci fosse anche il bisogno di chiedere, - rispose Kagami, ed Aomine si ritrovò a sorridere per l'ennesima volta quella mattina.

Quando il rosso gli porse nuovamente il telefono lo accettò, portandosi in avanti e finalmente alzandosi dal letto, stirando la schiena in un gesto che un po' lo fece somigliare ad un grosso gatto appena svegliatosi. Poi recuperò il pallone da basket da un angolo della stanza, cinse le spalle di Kagami con il braccio libero e si incamminò verso la porta.

- Muoviamoci, prima sono sul campo e meglio è.

- Oh, adesso vai di fretta!

- Certo, il basket è una questione della massima importanza.

- Dammi almeno il tempo di mangiare e digerire.

- Mangiare sì, digerire? Hm, poi vedremo.

- Ohi, vuoi farmi vomitare nel bel mezzo della partita, forse?

- Sarebbe solo colpa tua e del tuo stomaco debole ed inferiore.

Kagami si lamentò sommessamente, un suono basso ed incomprensibile, poi si scostò dal braccio di Aomine e si diresse verso la cassettiera alla loro destra.

- Non penserai di giocare in jeans, no? Muoviti, ti presto un paio di pantaloni.

Aomine ghignò, afferrando l'indumento che quello che ora era il suo ragazzo gli aveva lanciato.

Il suo ragazzo.

Eh.

La giornata era decisamente iniziata bene, decise soddisfatto.

  
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