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Autore: Psiche_delica    19/02/2014    7 recensioni
Dopo la nascita di Mya Gandy, David ed Emy si trovano alle prese con i ruoli di genitori. Sono spaventati ed inesperti.
Le continue notti in bianco porteranno David ha prendere una decisione, e proprio grazie a quella decisione che riscoprirà l'amore verso una famiglia.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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- Questa storia fa parte della serie 'E' l'Amore che ci guida...'
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Una Famiglia





Psiche_delica*






1
 
 
 





Solo attorno a una donna che ama può formarsi una famiglia.

Friedrich von SchlegelIdee, 1801

 




Le cose cambiano, si evolvono e tu non puoi far niente per opporti perché ti accorgi che questo cambiamento è tutto quello che, segretamente, hai sempre desiderato. Ma alle volte arrivi a pensare che inizia a starti tutto stretto; il non riuscire più a stare in intimità con la propria moglie, il non poter accettare il primo lavoro che ti propongono perché questo ti porterebbe lontano da loro per settimane, il non poter far più nulla perché si hanno delle responsabilità.
David James Gandy era stufo di tutto questo, amava sua moglie, Emiliana O’Connor, e sua figlia Mya Gandy, ma da qualche tempo era sempre irritato e nervoso. Avevano da poco avuto una bambina, una graziosa bambina, ma sembrava che questa non volesse proprio lasciare un po’ di quiete ai genitori. La notte, puntualmente, ogni tre ore il suo pianto si estendeva per la casa, svegliando tutti. Emy era sempre più stanca, ma non si tirava indietro. Ogni notte si alzava e correva dalla bambina, l’istinto materno era qualcosa che David non riusciva a capire del tutto. Ogni notte lui rimaneva solo nel letto, e odiava quel letto freddo.
Voleva che la sua Emy stesse lì, accanto a lui, nel letto. Gli mancava così tanto il corpo della moglie che aveva paura di essersene dimenticato. Non sapeva più com’era morbida la sua pelle, non sapeva più quale fosse il suo odore, anche quello più intimo.
Erano un paio di notti che Emy aveva proprio deciso di trasferirsi nella camera della bambina.
“Così potrai dormire”, gli aveva detto con dolcezza, quella dolcezza che David voleva anche risentire sotto le lenzuola, mentre amava sua moglie.
Non aveva risposto, troppo stordito per poter replicare e per questo, come le sere precedenti, si ritrovava solo nel letto, mentre passava le mani sul posto vuoto e freddo di Emy.
Era un continuo girarsi nel letto, un continuo fruscio di lenzuola e sospiri. Stava arrivando al limite, più volte aveva chiesto quando tutto questo sarebbe terminato e ogni volta si sentiva rispondere che presto tutto sarebbe finito, ma lui non vedeva la fine.
Dopo l’ennesimo sospirò si alzò dal letto e prese a girare a vuoto per la camera. Era tutto così impossibile.
Uscì dalla camera e andò dritto verso quella di Mya. Voleva convincere Emy a tornare a letto con lui, ma il pianto della bambina, per l’ennesima volta squarciò il silenzio che riscaldava la casa.
Entrò nella stanza, ma di Emy non c’era nemmeno l’ombra. Si allarmò e si guardò intorno, mentre il pianto della bambina gli fracassava i timpani.
Si portò una mano sul viso e si avvicinò alla culla, si sporse verso di essa e allungò le braccia per prendere sua figlia. La piccolina continuò a piangere e David non sapeva cosa fare, non sapeva nemmeno dove fosse Emy, dannazione!
In preda al panico guardò la bambina, troppo piccola per le sue braccia possenti, agitarsi e l’unica cosa che gli venne in mente fu di metterla a pancia sotto, passando il braccio sotto il suo corpicino e carezzandole la schiena.
“Ssst” continuava a ripetere, mentre la sua enorme mano ricopriva tutto il corpicino della piccola. Era la prima volta che rimaneva solo con Mya, era la prima volta che doveva vedersela con il suo ruolo di padre, perché da quando era nata David non aveva osato rimanere con lei per più di cinque minuti.
Era stato al settimo cielo quando era nata, ma ora, dopo tutti i problemi che stava portando non riusciva ad essere felice. Con stupore notò che la piccolina si era calmata.
Tirò un sospiro di silenzio, quando sentì un altro pianto.
Emy…
Con Mya tra le braccia si diresse verso il bagno che si trovava di fronte e trovò sua moglie rannicchiata a terra mentre piangeva.
Oh Dio…
Con la paura che gli trapassava ogni singolo neurone, David cercò di chinarsi stando attento alla piccola.
“Emy…” la chiamò, ma le mani di Emy erano aggrappate ai capelli, come a volersi tappare le orecchie per non sentire più nulla.
“Portala v… portala in camera” la sentì dire, mentre singhiozzava pesantemente.
David guardò il fagotto che aveva tra le braccia ed annuì. Posò con delicatezza la piccola nella culla e quando uscì dalla stanza lasciò aperte le porte.
Tornò da Emy e la prese tra le braccia, cullandola.
“Scu-scuami” disse tra le lacrime che non volevano cessare.
“Per cosa?” le chiese e le passò una mano sulla guancia per scacciare tutte quelle lacrime.
“Per n-non essere una bra-brava moglie e…u-una brava madre” disse lei e si aggrappò alle spalle nude del marito.
“Ssst” non era il momento adatto per parlare di questo.
Emy continuò a piangere e David la prese in braccio, portandola in camera.
“No… io…”
“Emiliana dormi” le disse con tono autoritario e si stese accanto a lei, bloccandola per non farla fuggire.
“La bambina” disse, priva di forza.
“Ora sta dormendo” le rispose e la tirò con forza a sé, imprigionandola tra le sue braccia e dio… quel contatto gli era mancato da morire.
Si perse ad annusare l’odore dolce di sua moglie e pregò che la bambina non si svegliasse più, ma non c’era preghiera di David che potesse essere esaudita e come ogni altra notte, il corpo della moglie lo lasciò da solo nel letto.
 
 
 
 
“Perché stai preparando la valigia?”
La voce di Emy lo colse impreparato e si voltò a guardarla.
“Ho un servizio da fare”
“E perché non ne hai parlato?” chiese lei stizzita. Aveva due profonde occhiaie che le segnavano il volto. I capelli non erano più sistemati, ma li portava legati in modo molto disordinato, non che a lui importasse, per lui sarebbe stata sempre bellissima, ma vedeva come Emy si era lasciata andare, vedeva come la stanchezza e l’essere madre l’avessero sfiancata.
“Perché ho accettato questa mattina” disse David, buttando un paio di boxer nel borsone da viaggio.
Emiliana gli si avvicinò e lo allontanò. “Faccio io” gli disse ed iniziò a sistemargli il borsone con molto più ordine.
Lui continuò a guardarla e moriva dalla voglia di abbracciarla, di baciarla, di toglierle il fiato… ma sapeva che erano tutti pensieri vani, impossibili.
“Quanto starai via?” gli chiese lei.
“Due settimane” rispose, cercando di non guardarla in viso.
“D-due?” chiese lei, lasciando che una maglia di David le cadesse dalle mani.
David annuì.
David sapeva cosa Emy stesse pensando, fra una settimana sarebbe stato il suo compleanno e lui pensava di passarlo lontano da casa, lontano da loro che erano la sua famiglia.
“Come preferisci” rispose Emy e chiuse il borsone con stizza e se ne andò, lasciandolo solo. Come sempre.
 
 
 
Erano passati già cinque giorni dalla partenza e anche se la notte finalmente riusciva a dormire, senza mai svegliarsi in preda ad una crisi isterica per via del pianto di un neonato, casa sua gli mancava. Forse proprio quella quotidianità, quell’essere esasperato, quel continuo rigirarsi tra le lenzuola aspettando invano l’arrivo di Emy, gli stavano facendo capire che forse accettare questo servizio era stato uno sbaglio. Perché quando ci sono problemi, il modo migliore per affrontarli, per accantonarli è parlare, non scappare. Non come aveva fatto lui.
Dipendente ormai da sua moglie, da tutto ciò che la riguardasse, David prese il cellulare ed inoltrò la chiamata.
“Pronto?”
Non riusciva a parlare. Voleva dirle tante di quelle cose, che non riusciva nemmeno a dirne una.
“Pronto?!”
La voce di Emy si faceva sempre più irritata.
“Sono io…”
“Allora sei vivo”
“Co-come state?” chiese, ma sapeva che fra poco sua moglie sarebbe esplosa.
“Davvero ti interessa sapere come stiamo?”
“Sì”
“Male, ecco come stiamo! Cosa pensavi di fare, andandotene? Sentiamo! Mi hai lasciata da sola, con nostra figlia, mi hai lasciata da sola a gestire tutto, come se per me non fosse la prima volta! Credi che sia facile per me? Credi che starti lontana ogni fottuta notte mi renda felice? Smetti una buona volta di fare il bambino trascurato, privo di attenzioni!”
Lo sapeva, lo aveva immaginato, ma sentirle dire tutte quelle cose lo stava portando al senso di colpa più estremo.
“Emy… io…”
“Tu, tu, solo e sempre tu. Maledetto il tuo lavoro ed il tuo ego!”
David sapeva bene quanto Emy odiasse la moda ed il suo lavoro, ma ora sentiva l’avversione di lei come qualcosa di tangibile, che potesse essere toccato.
Le meritava tutte quelle parole.
“E pensare che non sono solo io a sentire la tua mancanza! Tua figlia piange, ora, giorno e notte perché non ci sei!”
Oh…Mya…
David si passò la mano libera sul viso e cercò di pensare con lucidità, ma era troppo difficile.
“Emy, perdonami se puoi. Io… non sapevo come gestire la cosa. Non…”
“Allora continua a stare lì e cresci” e gli chiuse il telefono in faccia.
Si lasciò andare contro il letto e si passò entrambe le mani sul viso.
Doveva prendere una decisione, giusta o sbagliata che fosse. 
   
 
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