BACK IN TIME
Cassandra odiava
Bellatrix Lestrange. Ma la odiava proprio.
Era come una pustola da quanto le stava simpatica.
Aveva da poco
finito di leggere il sesto libro della saga di
Harry Potter, e aspettava con ansia che uscisse l’ultimo in
libreria: nessun
libro però l’aveva emozionata tanto quanto
“Harry Potter e la Camera dei
Segreti”, forse perché per la prima volta era
stato approfondito il personaggio
del Cattivo, ovvero Tom Orvoloson Riddle, alias Lord Voldemort, come
sedicenne
erede di Salazar Serpeverde, primo scopritore della Camera dei Segreti.
Stava appunto
per rimettersi a studiare (un po’ di relax fa
bene a tutti, dopotutto), quando inspiegabilmente sentì la
testa appesantirsi e
senza volerlo si appisolò sulla scrivania, con il libro di
testo ancora alla
prima pagina.
Non si aspettava
quello che le sarebbe successo poi.
Nessuno se lo
sarebbe aspettato.
“Signorina!
Signorina! Siamo in biblioteca! Non si può
dormire qui!”
La prima cosa
che vide Cassandra, oltre la nube del sogno, fu
un viso incartapecorito: sebbene in un primo momento non fosse riuscita
a
connettere, un momento dopo si ritrovò per terra dal
terrore. Qualcuno era
entrato in casa? Ma non si trovava a casa …
“Chi
è lei? Cosa vuole da me?!”
Lo stupore
iniziale sul volto della mummia diede il posto
alla furia più totale: “Signorina, siamo in una
biblioteca! Non gridi!”
E subito dopo:
“Ha bevuto un filtro, per caso?”
Filtro???
“Non
sono ubriaca” si difese lei offesa da tanta impertinenza
e arroganza, e dopo essersi goffamente rialzata, aggiunse: “E
non ho fatto
nemmeno snif-snif, se se lo sta
chiedendo”
“Forse
dovrei chiamare le infermiere” concluse dopo un attimo
di riflessione, allontanandosi tutta impettita.
“Infermiere
… bene” sussurrò la ragazza,
guardandosi intorno.
L’ambiente
le era in un qualche modo familiare, ma le sembrava
appartenere ad un altro universo: era una biblioteca ovviamente, ma
quello che
la colpiva erano piccoli particolari, come i vestiti dei ragazzi che le
stavano
intorno, il calamaio e la piuma di fronte a lei, i libri antichi.
Quello che lei
aveva indosso.
Tastando la
testa si accorse di avere legato i capelli biondi
e ricci in una treccia veloce (e nemmeno venuta bene), mentre
guardandosi dall’alto
notò di indossare una specie di uniforme scolastica, con
gonna a vita alta fino
al ginocchio, maglioncino nero, camicetta bianca e cravatta a righe blu
e nere,
con intarsi dorati. Ai piedi aveva delle ballerine nere, calze nere e
calzettoni della stessa fantasia della cravatta che arrivavano fino al
ginocchio.
Tutto mi
è familiare …
Un’illuminazione
improvvisa le fece rialzare la testa, e,
prima che potesse rendersene conto, era fuori dall’enorme
aula.
Corse per i
lunghi corridoi, ma era una sola cosa che voleva
vedere, e presto, grazie al suo orientamento, la trovò.
Il soffitto era
come ogni appassionato di Harry Potter
potesse immaginarlo, anzi: era perfino di più, talmente
bello e mistico che
nemmeno i film erano riusciti a rendergli abbastanza giustizia.
Fu allora che
avvertì il rigonfiamento sul fianco, incastrato
nella gonna: la sua bacchetta.
La mia bacchetta,
riflettè con un sorriso sulle
labbra, e sono a Hogwarts.
Certo, era ad
Hogwarts, ma in che periodo?
Gli abiti
potevano darle una stima, ma voleva saggiare con
mano la sua ipotesi: individuò presto una matricola della
sua Casa (non per
niente Corvonero, pensò lei orgogliosamente) e si
avvicinò tutta impettita.
“Ehi
tu, ragazzino!”
“S-s-sì???”
rispose lui subito spaventato, guardando il suo
petto.
“Che
stai guardando? Fissami negli occhi, prego!” lo
richiamò
Cassandra schioccando le dita davanti al visetto del bambino:
l’attenzione fu
subito su di lei.
“Sai
in che anno siamo?”
Il bambino
rimase a fissarla imbambolato, mentre l’interlocutrice
aspettava una risposta sensata, possibilmente.
“Allora?”
“Nel
1942” rispose la matricola tutto d’un fiato,
“siamo nel
1942”