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Autore: Dragon410    20/02/2014    1 recensioni
«Lo so Dominick, ma mettiamo in pericolo migliaia di persone là fuori.» disse Kate puntando il dito verso la finestra.
«Trentamilasettecentoquarantatre, per la precisione.» disse lei saltando giù dalla scrivania. Iniziò a camminare attraverso la stanza nervosamente, passando una mano tra i ciuffi dei capelli corti che andavano un po’ dove volevano.
«Trentamilasettecentoquarantadue, senza l’uomo o la donna che c’è dietro a questi omicidi.»
Genere: Avventura, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Dominick appoggiò la pistola sulla scrivania e si lasciò scivolare sulla sedia di pelle nera. Sul tavolo, il fascicolo dell’ennesimo caso di omicidio attirava la sua attenzione come un più bello dei diamanti.
Avvicinò la sedia con le rotelline e, torturando con due dita la pietra azzurra che portava al collo, aprì il fascicolo: Ellen McQueen, diciannove anni.
Fece una smorfia quando i suoi occhi incontrarono la foto della ragazza che, come tutte le altre, era stata in sostanza sventrata. Un senso di nausea s’impossessò del suo stomaco e lei s’impose di non vomitare.
Quello era il sesto caso di omicidio in tre settimane e, se le cose fossero andate avanti in quel modo, ne avrebbe dovuti vedere ancora molti altri.
Per un secondo si maledì per essersi proposta di seguire quel caso.
Era chiaro che si trovassero davanti ad un Serial Killer che colpiva secondo uno schema ben preciso: gli omicidi erano avvenuti nelle serate di mercoledì e venerdì di quelle tre settimane; di fianco ai cadaveri era stata trovata la loro carta d’identità, senza la quale sarebbe stato impossibile effettuare un riconoscimento; erano tutte donne, per ora comprese tra i diciassette e i venticinque anni, ma apparentemente senza nessun nesso comune.
Dominick lasciò cadere di nuovo quel mucchio di fogli e lasciò scivolare la testa all’indietro, appoggiandola al bordo dello schienale: altri due giorni e un’altra donna sarebbe stata uccisa, forse per solo piacere personale.
Non avevano indizi su chi potesse essere il colpevole, ma ogni volta che arrivava un nuovo fascicolo lei provava un moto di rabbia investirle i sensi.
La più grande che era stata uccisa aveva la sua età: probabilmente doveva ancora laurearsi e aveva mille sogni nel cassetto che uno squilibrato le aveva strappato via.
Tornò con la testa per terra solo quando sentì bussare alla porta del suo ufficio: «Avanti…» la sua voce suonò stanca, arrendevole.
«Ciao, posso?» la donna sulla porta le sorrise e, quando Dominick annuì, entrò nella stanza con passo lento chiudendo la porta delicatamente.
«Hai visto il fascicolo?» le domandò.
Dominick alzò la busta: «Ho appena finito di esaminarlo, cosa ne pensi Katherine?».
«Esattamente quello che pensavo venerdì scorso, ossia che se non ci sbrighiamo a trovare il colpevole questa storia finirà male.»
Dominick si alzò in piedi facendo correre le mani sui jeans neri per farli scendere più dolcemente lungo le sue gambe lunghe: «Questa storia è già finita male, Kate.» le disse andando dall’altra parte della scrivania per poi sederci sopra accavallando le gambe.
«Donne come noi escono di casa solo in caso di estrema necessità. Non si vedono più bambini in giro e anche gli uomini iniziano ad avere paura. Alcuni cittadini si sono già trasferiti.» Kate la guardò facendo una smorfia di disapprovazione.
«Non possiamo biasimarli. La Polizia è troppo impegnata a coprire la nostra unità, non possono in contemporanea fingere di lavorare al caso.»
L’unità di cui Dominick faceva parte era segreta e volta a garantire la massima sicurezza ai cittadini in casi in cui, come quello, la Polizia non avesse avuto le competenze adatte.
«Ho parlato con il capo, questa mattina- disse Kate facendo qualche passo verso di lei- dice che se le cose andranno avanti così ancora per molto saremo costretti ad uscire allo scoperto.»
Dominick irruppe in una risata ironica e quasi isterica: «Se siamo sempre riusciti a lavorare come abbiamo lavorato, è solo perché non abbiamo nessuno che ci stia addosso.»
Kate spostò una ciocca dei suoi capelli biondi dietro all’orecchio e Dominick lasciò cadere a penzoloni le sue gambe, guardandola.
Tra di loro c’era sempre stata più di una semplice amicizia, dalla prima volta in cui si erano conosciuto nella base dell’unità: da una parte c’era Dominick che era una donna affermata, piena di obbiettivi e voglia di fare, contenta di poter camminare a testa altra senza nascondere il suo orientamento e dall’altra parte c’era Kate, timida, insicura, infallibile arma dell’unità ma troppo spaventata da quello che provava per poter anche solo pensare di darle un bacio sulla guancia davanti ad altre persone.
«Lo so Dominick, ma mettiamo in pericolo migliaia di persone là fuori.» disse Kate puntando il dito verso la finestra.
«Trentamilasettecentoquarantatre, per la precisione.» disse lei saltando giù dalla scrivania. Iniziò a camminare attraverso la stanza nervosamente, passando una mano tra i ciuffi dei capelli corti che andavano un po’ dove volevano.
«Trentamilasettecentoquarantadue, senza l’uomo o la donna che c’è dietro a questi omicidi.»
Dominick annuì, fermandosi davanti alla finestra del suo ufficio. Erano le tre del pomeriggio, eppure il marciapiede sotto il palazzo era semivuoto.
Tutti chiusi in casa con i lucchetti alla porta per paura di perdere la cosa più cara che aveva: la vita.
«Lo prenderemo tesoro, vedrai.» Kate era andata verso di lei e le aveva messo una mano sulla spalla per rassicurarla, parlando a bassa voce. Aveva paura che qualcuno potesse scoprire il loro segreto da un momento all’altro. In fondo, erano in mezzo a detective.
«Sì, ma quando?- disse Dominick girandosi di scatto- Quante donne dovranno ancora morire prima che commetta un passo falso che ci permetta di avere uno straccio d’indizio?!» una ruga si era formata in mezzo alla sua fronte.
Kate abbassò lo sguardo e si allontanò da lei, timorosa che qualsiasi cosa avrebbe potuto dire sarebbe stata scontata e inutile.
Dominick tornò a sedersi dietro la scrivania e ricominciò ad esaminare tutti i casi ricondotti al serial killer; cercava disperatamente un appiglio, anche un minuscolo granello di polvere che potesse darle un punto di partenza.
«Chi sono gli addetti alla ronda, venerdì?» domandò Kate sedendosi di fonte a lei e prendendo una scheda a caso per aiutarla.
«Le squadre K, M, X1 e D. Sono in totale una centinai di corpi.»
«Potremmo uscire a cena ed approfittarne per dare un’occhiata in giro.» azzardò Kate.
Dominick scosse il capo ancor prima che lei potesse finire di parlare: «Il capo ci vorrà qui, nella speranza che trovino quel bastardo.»
Si fermò per un secondo a pensare che, tra un caso e l’altro, fosse davvero da tantissimo tempo che non passavano una serata insieme, ma non poteva assolutamente permettere che qualcosa la distraesse dal suo incarico. Inoltre, Kate era stata aggiunta alla sua squadra, che era la principale di quel caso: il capo si era accorto che in azione avevano una grande intesa e riteneva sprecato assegnare Kate ad un altro caso quando poteva essere così utile a quell’operazione, ma per Dominick quella era solo una preoccupazione in più. Averla così vicina in una situazione così delicata e di grande stress emotivo la costringeva a pensare a che cosa sarebbe stato di lei se a Kate fosse successo qualcosa. Era un pensiero che odiava fare, ma era troppo affezionata a lei per permettere che qualcosa nuocesse alla sua salute.
«Ma com’è possibile che le telecamere non abbiamo ripreso nulla?»
Dominick sorrise a quella domanda: «In questi casi la tua impulsività è, se possibile, ancor più palese, ma posso accettare la domanda visto che ancora non hai fatto sopraluoghi insieme a me- fece una breve pausa, godendosi quello scambio di sguardi scherzoso- Segue uno schema preciso in tutto, compreso il luogo dell’omicidio che, probabilmente, studia in precedenza. In tutti i sei casi, infatti, l’omicida ha agito in una prospettiva tale da non essere ripreso da nessuna telecamera.»
«È sicuramente un esperto, ma deve conoscere bene il posto. Insomma- disse chiudendo la cartella- questa città è piena di viuzze secondarie e vicoli cechi.»
Dominick annuì, lanciando una rapida occhiata all’orologio appeso al muro: «È un cittadino, non c’è dubbio. Ma queste sono cose che già sappiamo.» disse svitando il tappo dalla bottiglia d’acqua che era sulla scrivania e bevendone un sorso.
«Non abbiamo in mano nient’ altro, Dominick. Possiamo solo aspettare e sperare che decida di non uccidere più, ma in quel caso rimarrebbe a piede libero.»
Dominick capì immediatamente quello che Kate intendeva dire: dovevano aspettare un altro omicidio e sperare che facesse un passo falso, che lascasse un segno. Era l’unico modo che avevano per mandare avanti le indagini. Anche se a discapito di una settima donna.
Non le era mai capitato un caso del genere: non era nuova nel campo, ma era sempre riuscita a prendere chiunque prima del quarto omicidio.
Quello che la tormentava era che, se non ci fossero riusciti loro, nessuno avrebbe potuto fermarlo.
«Il profilo psicologico è arrivato?» domandò Kate.
«No, non sarà pronto prima di lunedì.»
Dominick aveva voglia di fumare. Aveva smesso da poco più di due anni e le sarebbe dispiaciuto cedere, ma era l’unica cosa che l’avrebbe calmata.
«A quel punto almeno avremo in mano qualcosa di concreto.»
«Oh sì, un foglio di carta pieno di teorie!» sbottò Dominick.
Le lancette dell’orologio segnarono le quattro e Dominick si alzò. Poco dopo, Kate fece lo stesso.
«È ora di stimbrare.- disse infilando la pistola nella fodera appesa alla cintura- Andiamo a casa. Di filata.»
Per quanto Dominick cercasse di nasconderlo, era irrequieta esattamente come tutte le altre donne della città: in fondo, avere una pistola non faceva di loro due immortali.

Ad un paio di km di distanza, una figura china in una stanza buia aveva un pennarello rosso in mano; pigiando con tutta la forza che aveva, cerchiava un punto ben preciso sulla mappa della città.


 
  
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