Serie TV > Glee
Segui la storia  |       
Autore: itsmeWallflower    21/02/2014    3 recensioni
AU!Klaine Teacher!Blaine, Student!Kurt__
Kurt Hummel è un nuovo studente dell'ultimo anno del liceo Mckinley, Blaine Anderson il nuovo insegnante di letteratura inglese.
Kurt però è anche il ragazzo della metà degli anni di Blaine, conosciuto ad un caffè letterario..
e Blaine è l'uomo che di ragazzo ha ben poco che Kurt ha conosciuto una sera tra l'asteroide 325 e 330.
*Il fatto era che si erano trovati nel momento e nel luogo sbagliati.
Blaine aveva ancora troppe cicatrici da disinfettare e la sua anima da scoprire.
Kurt aveva ancora troppe poche cicatrici da sanare e la sua anima ancora da formare.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Kurt Hummel, Sebastian Smythe | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Titolo: Defying Gravity.
Pairing: Klaine – Mini Finchel, Sebtana, Niff.
Raiting: giallo arancione (per accenni a contenuti sensibili e piccole scene smut, che ci saranno di sicuro! ;P)
Avvertimenti: AU, OOC (e non solo perché Blaine è l’insegnante e Kurt lo studente)
Note: giusto due, per spiegare alcune cosette.
-Kurt è maggiorenne, quindi una relazione col suo insegnante non è illegale, ma soltanto inappropriata e le conseguenze che potrebbero ripercuotersi su di loro dipendono tutte dal preside della scuola. Non volevo improntare l’intera storia sul problema dell’età e dell’illegalità della cosa. Ci saranno volte in cui l’essere Insegnate-studente, verrà messo da parte da altri argomenti e situazioni.
- non conosco molto bene il regolamento di un liceo americano e non so come si dividono le ore, i corsi extrascolastici e compiti vari.. mi sono documentata sì, ma alcune cose le ho inventate di sana pianta per il bene della storia.. spero non risultino troppo inverosimili.
- Ci sarà un terzo in comodo, ma non metterà zizzania. Vedrete!
Per ora è tutto.. se avete qualche domanda, chiedete pure!!
Stato storia: in corso.
Buona lettura
 

 

 
 
 

Prologo.

 
Kurt Hummel diciotto anni compiuti, orfano di madre a sette anni, gay dichiarato, fratellastro di Finn-ocenza Hudson e abitante della città "forse" più bigotta dell’Ohio da poche settimane, doveva pur credere in qualcosa.
E lui credeva nel Karma.
Karma che traduceva nella legge causa-effetto e lui era convinto di aver fatto molte-troppe azioni cattive nella sua vita precedente per avere in questa attuale così tanti effetti negativi.
Non c’erano altre spiegazioni.
Nato e cresciuto a Westerville, in Ohio, piccolo fulcro di pregiudizi e finto perbenismo si era trasferito a Lima quando suo padre aveva deciso di risposarsi con Carole Hudson, vedova anche lei e madre di un ragazzone con il quoziente intellettivo inversamente proporzionale alla sua altezza.
E Finn di altezza ne aveva tanta, ma comunque su questo il Karma era stato alquanto benevolo, perché nonostante il fatto che Finn non eccellesse in logica era comunque un bravo ragazzo e non sembrava aver mai giudicato Kurt e lo stesso valeva per Carole, donna di gran cuore, pratica e una cuoca eccezionale.
Quello di cui il Karma non si era risparmiato per niente era il posto in cui doveva passare il suo ultimo anno di liceo.
Perché se Westerville era una cittadina periferica con poche attrazioni e tanti stupidi balordi c’era comunque la Dalton, Lima invece era un buco del mondo tra il niente e il nulla il tutto contornato da una aria pesante fatta di ignoranza e pregiudizi.
Trasferirsi lì non era stata proprio una scelta per Kurt, ma semplicemente, una soluzione pratica dopo che Burt e Carole  avevano deciso di sposarsi, in quanto la nuova casa era a metà strada tra l’ospedale in cui lavorava lei e l’officina di lui.
 
Kurt quel giorno aveva lottato e implorato il padre di lasciarlo restare nei dormitori della sua adorata Dalton, scuola privata con tolleranza zero verso ogni tipo di discriminazione che frequentava ormai da due anni, ma non ci fu verso di convincere Burt.
“è il tuo ultimo anno prima di andare via per il college ed è la nostra ultima opportunità per stare tutti insieme come una famiglia, quindi non mi interessa quanti lavori saresti capace di trovare per mantenerti quei dormitori, tu resterai con noi”
“non cambierebbe nulla, passerei qui con voi l’intero weekend, tranne che per tre ore il sabato sera! Avanti, papà! Non puoi privarmi dell’unica cosa che mi fa stare bene in questo dannato Ohio! Tu hai avuto la tua possibilità di essere felice ed io non te la sto di certo negando!”
“se tu resti a Westerville ci resto anche io, lo sai Kurt. Finn ha detto che il Mckinley è figo.”
“non dire figo ti prego e non dare ascolto a Finn, lui era il quarter-back della squadra di football.. anche la mia vecchia scuola sarebbe stata figa per lui, papà”
“vuoi che resti a Westerville, allora?” il solo nominare il primo liceo del figlio cui era stato costretto a lasciare dopo una traumatica esperienza con degli homi di Neanderthal che la frequentavano e che gli era costata anche settimane di terapie, Burt sembrò quasi rassegnarsi.
 
Ma neanche a dire che una settimana dopo quella conversazione Kurt aveva fatto bagagli e valigie e aveva seguito il padre a Lima.
È solo un anno e sono solo 180 giorni di scuola. Posso farcela, Karma permettendo, si disse.
 
E ritornando al Karma, c’erano altri motivi se Kurt credeva che il suo fosse così tremendamente negativo.
Uno di questi erano i suoi due migliori amici: Nick e Jeff.
Li aveva incontrati il suo primo giorno di scuola alla Dalton e da quel momento non era più riuscito a scrollarseli di dosso e se la compagnia di Nick era piacevole grazie al suo quoziente intellettivo un po’ più alto della media e alla sua stessa passione per la letteratura.. Jeff era una vera e propria spina nel fianco.
 
Era una sera di inizio settembre, mancavano pochi giorni all’inizio della scuola e Kurt aveva deciso di mettere via tutti i depliant del Mckinley che elogiavano programmi di studio pressoché inesistenti e corsi extrascolastici di basso livello perché era inutile rimuginarci ancora sopra.
Se voleva essere accettato alle università cui aspirava ad entrare come Harvard o NYU, e Kurt lo voleva,  allora doveva mettersi a studiare per conto proprio, ecco perché aveva deciso di chiamare il suo amico Nick e farsi dare il programma scolastico della Dalton.
Perché aveva preso la decisione di chiamarlo proprio in quel momento, Kurt non lo sapeva.. ma sapeva però, un secondo dopo aver messo giù che ne era enormemente pentito.
Aveva avuto un’estenuante conversazione a tre con Nick e Jeff che dopo averlo ascoltato per soli tre minuti al massimo sul suo dilemma per i corsi di studi da intraprendere, Jeff aveva iniziato a sproloquiare su Sebastian Smythe, il suo ultimo ed entusiasmante libro e sul fatto che quella sera sarebbe stato al caffè letterario di Lima per una specie di meet and greet con i suoi fans.
Kurt aveva fatto di tutto per riattaccare e chiamare Nick in un altro momento, magari quando il suo ridicolo fidanzato non ci fosse stato o quando almeno riuscisse a mantenere una parvenza di normalità.
Ma Jeff era stato categorico: “Sebastian Smythe è stato un ex alunno della Dalton.. è una leggenda per noi della scuola e non solo per i suoi favolosi libri.. ma anche per tutto il suo sex appeal! Dobbiamo andarci e tu Hummel devi accompagnarci perché di Lima non conosciamo niente e questo caffè letterario sta a Lima”
“non potreste perdervi neanche se lo vorreste. Lima è grande quanto la sala comune della Dalton, quindi non è necessario che vi accompagni e poi questo Smythe mi fa storcere il naso. Ho letto un paio dei suoi romanzi e per quanto voglia ammettere che scriva bene si capisce anche che lo fa solo per accontentare il pubblico.. le sue storie sono un insieme di clichè triti e ritriti solo perché sa che fanno gola ai fan come te, Jeff”
“sei solo geloso perché a soli 28 anni è già autore di best seller che tu sogni di poter scrivere” lo rimbeccò Jeff.
“spero tu stia scherzando. Nick, ti prego dimmi che sta scherzando”
“passiamo a prenderti alle otto.” Disse risoluto Jeff senza lasciare il tempo agli altri due di poter dire altro e riattaccò.
 
Si sarebbe prospettata una serata noiosa e imbarazzante. E non per il caffè letterario che Kurt aveva già frequentato e stranamente gli piaceva, ma perché ci sarebbe stato Jeff che con la sua insana passione per quel novello scrittore avrebbe messo in ridicolo tutti e poi perché alla piccola combriccola si era aggiunto Finn.
Finn che non conosceva la concezione di aprire un libro e leggerlo solo per il gusto ed il piacere di farlo si era auto-invitato a quella serata perché non aveva niente di meglio da fare e perché Nick e Jeff gli erano sembrati dei tipi apposto.
Tipi apposto non erano le parole adatte per descrivere quei due, ma Kurt non aveva saputo dirgli nulla per controbattere.
Alle otto in punto tutti e quattro si stavano dirigendo al Books&Coffe.
L’eccitazione di Jeff per l’imminente arrivo di questo fantomatico Smythe aveva toccato livelli a dir poco ridicoli prima ancora di ordinare da bere al bar per smorzare l’attesa, così Nick per il bene della salute mentale del suo amico, che si era già spazientito, aveva trascinato il suo ragazzo a sedere proprio davanti al piccolo palco allestito per l’occasione, lasciando Kurt e Finn a sorseggiare i loro tè agli unici due posti liberi al bancone.
La conversazione sulle cene del venerdì della famiglia Hummel-Hudson imbastita dallo stesso Finn non durò poi tanto e il ragazzone un po’ avvilito per lo scarseggiare di argomenti e per l’aumentare dell’imbarazzo lasciò che Kurt si mettesse a leggere svogliatamente il libro che aveva trovato sul bancone e mise da parte il tè per prendersi una birra.
Birra che non riuscì nemmeno ad assaggiare perché una ragazza, alta la metà di lui gliela rubò dal sotto il naso.
 
Kurt non si era minimamente accorto del battibecco di Finn e della ragazza, delle loro presentazioni, del terzo in comodo, amico di lei, che sbuffò quando capì le intenzioni dei due e si mise a sorseggiare il caffè brodoso guardandosi annoiato intorno, perché lui come sempre si era fatto prendere dalla lettura.
Lettura che fu bruscamente interrotta da un’alterata giovane barista che gli sbatté davanti agli occhi la copia de ‘il piccolo principe’.
Senza neanche alzare gli occhi dal libro Kurt sapeva perfettamente di chi si trattasse: Santana.
Ragazza con un caratterino niente male, un lingua lunga e affilata e un cuore grande quanto una casa anche se non voleva darlo a vedere.
Era stata la prima persona che aveva conosciuto in quel buco di posto ed era stata l’unica che gli era andata a genio. Una bellezza latina e una mente troppo acuta per Lima quella barista era stata ben presto una buona distrazione.
Certo non era mai stata gentile con lui, ma aveva subito capito che i nomignoli offensivi, le battutacce sul suo portamento e il negargli il caffè, pessimo, erano segno che anche lui andava a genio a lei.
“vedo che lo hai letto” commentò lui alzando finalmente gli occhi su di lei e mettendo da parte il libro che stava leggendo e quello che aveva suggerito a Santana di leggere la settimana prima.
“dovrei offrirti un caffè della casa solo per fartela pagare, Porcellana”
“cos’ha che non va questo libro? Io l’ho letto milioni di volte e ogni volta è come se fosse la prima.. c’è sempre da imparare dal picc-“
“questo Antoine vuole tanto fare il Peter Pan dei miei stivali.. lui che non vuole mai crescere ha avuto la faccia tosta di rendere una fottuta volpe, la furbizia per eccellenza, una rammollita senza cervello. Quella piccola checca di principe si è preso gioco di lei ammaestrandola pur sapendo che doveva, anzi mi correggo, voleva andarsene.. come era andato via da quella stronza di rosa. Scusami Hummel, questo libro è una merda”  Kurt era sicuro che dietro quelle parole rabbiose c’era molto di più che un presa di posizione nei confronti del libro,
“nessuno si è preso gioco della volpe Santana. Il piccolo principe è sempre stato onesto con lei, le aveva detto sin dal principio che non sarebbe rimasto in quel mondo per sempre, ma la volpe ha voluto che l’addomesticasse comunque.. e sono sicuro che mai una volta l’animale se ne sia pentito.. sono sicuro che ogni giorno, per sempre, guardando quel campo di grano, che le ricordava i capelli d’oro del principe lei era contenta. Si sta parlando di affetto e di bisogno Santana. La volpe era cosciente del fatto che avrebbe potuto continuare con la sua vita, senza lasciare che nessuno la addomesticasse, ma come lei stessa ha detto sarebbe stato noioso.. inutile, il principe gliel’ha in un certo senso completamente cambiata, dandogli un motivo per viverla in pieno. Non credi?”
“io credo che quella volpe parlava senza cognizione di causa Porcellana. Credo che non era affatto cosciente di quello che diceva, perché quell’idiota non sapeva cosa significava essere addomesticata e poi abbandonata. Prima di fare la saputella, avrebbe dovuto chiedere in giro, non trovi? Parlare forse con un cane abbandonato in uno stupido mondo pieno di merda sarebbe stato utile e le avrebbe risparmiato tante pene”
Kurt alzò gli occhi al cielo e poi con dita agili prese il libro in questione e cercò la pagina che aveva a cuore di leggere all’amica.
“Santana, io credo che la volpe è stata un po’ come il grillo parlante di Pinocchio. Quello che la volpe vuole insegnare al principe è che-“
“Non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi” a parlare non era stato Kurt, ne tanto meno Finn che era ancora intento a ciarlare con la ragazza della birra.. no, la voce calda e affabile che aveva parlato era di un ragazzo seduto a due sedie di distanza da lui, dopo Finn e la sconosciuta e lo stava guardando con una curiosità che Kurt non aveva mai visto negli occhi di altri rivolti a lui.
“Scusami, io non avevo intenzione di origliare ma..“ continuò il ragazzo passandosi una mano sulla nuca come se fosse in soggezione.
“non è quello l’insegnamento di cui parlavo” disse Kurt guardando lo sconosciuto dritto negli occhi prima di schiarirsi la gola e prendere a leggere il passo.
“Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile  per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa. Ecco Santana, credo che quando il legame che hai creato è vero e forte non puoi fare altro che prendertene cura. Sempre.”
“Fanculo Hummel, quello se ne è andato, se n’è fregato, e la volpe piange e magari la rosa è morta.” Santana gettò lo straccio con cui fingeva di pulire il bancone su una spalla e se ne andò spazientita a pulire i tavoli, lasciando Kurt completamente  sbigottito.
“almeno ci ho provato” borbottò Kurt a sé stesso  e di certo non si aspettava una risposta che invece arrivò puntuale.
“ci hai provato e non sei andato male” il ragazzo alzò il suo bicchiere a mo di brindisi e sorrise,
“se prima non avevi intenzione di origliare, ora l’hai fatto di proposito o sbaglio?”
“mi stavo sinceramente annoiando” lo sconosciuto indicò Finn e quella che doveva essere l’amica e continuò, “ci hanno messo da parte” Kurt invece indicò il palco dove il grande Smythe stava parlando, “l’autore di best seller potrebbe sentirsi offeso se sapesse che non è riuscito a catturare l’attenzione di tutti”
“oh credimi, lui capirebbe perfettamente se vedesse su cosa è focalizzata la mia attenzione ora”
Kurt non era mai stato un tipo così sfacciato da riuscire a mantenere lo sguardo con chi sembrava davvero star flirtando, forse perché non aveva avuto mai nessuno che ci provasse sul serio o forse perché non c’era mai stato un ragazzo che di ragazzo non aveva niente ma di uomo sì e anche troppo.
Comunque lui, per quanto sentisse le guance andare a fuoco tenne su lo sguardo perché in quello dell’altro riuscì a vederci un po’ di insicurezza e un po’ di imbarazzo e chissà che altro che lo rese meno predatore e più.. più carino, gestibile.
“Il piccolo principe. La mia attenzione è stata del tutto presa da quello. Il mio libro preferito da sempre.” Disse lo sconosciuto, come per far cadere ogni minima possibilità di flirt, come se non volesse più farlo, come se si sentisse sbagliato.
E Kurt se da un lato si sentì enormemente sollevato perché proprio non sapeva come comportarsi in caso di avances con tanto di fratello al seguito, dall’altro lato sì sentì un po’ deluso anche se non lo diede a vedere.
“non farti sentire da Santana, potrebbe bandirti dal locale” scherzò Kurt sorridendo e prendendosi qualche momento per guardarlo per bene.
E non era semplicemente un bel ragazzo come aveva già notato al primo sguardo.
Beh lui era bello, di una bellezza particolare.
I capelli elegantemente pettinati con quello che doveva essere un quintale di gel molto costoso, la carnagione olivastra che contrastava con un paio di occhi color dell’ambra che luccicavano di una strana luce difficile da definire, delle sopracciglia triangoli che gli donavano uno sguardo sempre allegro e quelle labbra carnose e ben delineate che erano piegate in un sorriso.. un sorriso in cui poteva perdercisi.
E forse lo aveva fatto perché non aveva notato che il ragazzo aveva preso il telefono che stava squillando e riuscì appena in tempo a sentire delle scuse farfugliate prima di vederlo allontanarsi fuori dal locale a passo affrettato.
 
 
Finn e quella che gli presentò come Rachel non avevano nessuna intenzione di coinvolgerlo nella loro conversazione e sinceramente lui neanche voleva farlo, aveva già sentito abbastanza nei primi minuti per avere la nausea almeno per giorni.
Andare da Jeff e Nick non se ne parlava anche perché arrivare fin sotto al palco con tutta quelle gente accalcata sarebbe stato un suicidio, così ci provò sul serio ad ascoltare Sebastian Smythe che sembrava davvero riuscire a far pendere tutti dalle sue labbra.
Tutti tranne lui, che continuava a volgere lo sguardo alla porta e poi al bagno e poi in ogni angolo del locale come se da un momento all’altro potesse spuntare il misterioso ragazzo di prima.
Aveva anche pensato di chiedere alla famigerata Rachel, ma dando uno sguardo alla ragazza intenta a sussurrare chissà cosa all’orecchio del fratellastro che arrossì come uno scolaretto davanti alla professoressa sexy lasciò perdere e decise di rischiare.
Cosa aveva da perdere? Assolutamente nulla.
Ecco come stavano le cose: si stava annoiando, i suoi amici lo avevano abbandonando, quel Sebastian Smythe non gli diceva nulla, Santana stava facendo il lavoro di almeno tre camerieri e il misterioso ragazzo era ancora fuori dal locale appoggiato al lampione che ascoltava la voce al telefono e si guardava pensieroso le scarpe.
Kurt non sapeva cosa lo stava spingendo ad alzarsi e raggiungerlo, non aveva mai sentito un istinto così forte.. lui non era quel tipo di ragazzo che rimorchia in un bar, non era quello che rimuginava su un ragazzo per più di dieci secondi e non era quel tipo di persona che cercava attenzioni.. il suo estro e il suo portamento erano già abbastanza, grazie.
No, Kurt non sapeva cosa fosse quella forza che lo spinse fin fuori al locale e non sapeva di chi fosse quella faccia tosta che sorrise allo sconosciuto quando si appoggiò al muretto che costeggiava la caffetteria fingendo di smanettare col cellulare.
“ascolta ora devo andare, ma cerca di dormire okay? ci vediamo domani.” Il ragazzo sorrise, poi sbuffò, alzo gli occhi al cielo e sbuffò ancora, “certo, saluterò Seb da parte tua. ti voglio bene anch’io” disse prima di riattaccare e nascondere il cellulare nella tasca dei jeans.
“ora sei tu quello che origlia, o sbaglio?” domandò accennando uno sguardo verso Kurt che alzò gli occhi dal telefono mettendolo svelto via.
“sbagli, avevo solo bisogno di un po’ d’aria.. dentro, beh dentro ero diventato di troppo”
“Rachel ha puntato gli occhi sul tuo amico. Mi dispiace” disse lui sorridendo e avvicinandosi al muretto per sedersi proprio di fianco a lui, non troppo vicino da toccarlo ma neanche troppo lontano da non sentire il suo calore.
“se non dispiace a mio fratello allora non dispiace neanche a me. Non ha nessun problema vero?” la risata del ragazzo fu così forte e sincera che fece ridere anche lui,
“non di solito, no. Ma non ti assicuro niente” Kurt fece spallucce e poi gli tese una mano,
“sono Kurt”
“Blaine Anderson” disse dopo un attimo di esitazione.
 
Eccolo lì Blaine Anderson, 28 anni compiuti, gay dichiarato, laureato alla NYU, insegnante di scuola superiore, ossessionato dalle serate karaoke, figlio unico di Marie Anderson: donna forte, madre devota e divorziata da un gran bastardo.. era seduto di fianco ad un ragazzo che aveva,forse, la metà dei suoi anni ed era bello il doppio e non sapeva da dove iniziare.
Blaine Anderson che fino a pochi mesi prima aveva sempre creduto in sé stesso ora non aveva più niente in cui credere.
Sarebbe stato facile per lui abbordare il ragazzo con qualche frase ad effetto che il suo amico Sebastian gli aveva più volte suggerito, portarlo a casa, passare qualche ora di puro piacere magari ritrovando un po’ di quell’autostima che aveva perso lungo la strada e chiamargli un taxi che lo riportasse a casa.
Ma lui non era quel tipo di persona, no.. non conosceva più chi fosse ma sapeva chi non era.
E Blaine Anderson non era un predatore, nonostante le batoste ricevute lui restava comunque un inguaribile romantico.
Era un ragazzino un po’ cresciuto che indiscutibilmente non si sarebbe fatto scappare una notte di pura passione, ma preferiva che questa fosse preceduta da appuntamenti romantici, chiacchiere davanti ad un fuoco scoppiettante del camino, film strappalacrime abbracciato al suo lui sotto una piccola coperta e che fosse seguita poi da baci e parole dolci.
Queste notti con tanto di coccole c’erano state e fino a pochi mesi prima Blaine pensava che ci sarebbero sempre state con lui.. Jeremiah.
 
Jeremiah, la causa e l’effetto della vita di Blaine.
 
 
Si erano conosciuti al suo primo anno di college a New York. Era tutto tremendamente nuovo per Blaine. Vedeva la città troppo grande per un ragazzo di provincia come lui, con occhi sognanti, quasi persi e Jeremiah che al tempo era l’assistente dell’ insegnante di letteratura inglese, venticinque anni compiuti, s’insinuò nella vita frenetica di Blaine con calma e gentilezza.
Aveva trasformato in poco tempo gli occhi ingenui del ragazzo in occhi ammirati e fieri.
Jeremiah lo aveva corteggiato per bene, prima che Blaine si lasciasse andare.. c’erano stati appuntamenti galanti, cene sull’Empire State Building, passeggiate nell’Upper West Side, colazioni da Tiffany, weekend negli Hampton e chiacchierate lungo il fiume Hudson o su una panchina di Central Park e senza che se ne accorgessero le piccole cose e i piccoli passi si trasformarono poi in un appartamento per due a Brooklyn, cene con la famiglia di lui, discorsi importanti, feste di laurea e fidanzamento.
Blaine credeva di toccare il cielo con un dito e non perché Jeremiah fosse perfetto, anche perché non lo era.. non gli piaceva stare accoccolati sotto le coperte a vedere un film, odiava i musical e sembrava fosse allergico alle manifestazioni di affetto in pubblico. Un paio di volte aveva dimenticato il loro anniversario e molte volte Blaine si era ritrovato a feste di amici da solo perché lui era impegnato col lavoro.. ma nonostante ciò Blaine era felice, perché si amavano, o almeno così credeva, perché in un modo particolare Jeremiah si prendeva cura di lui, perché sapeva come farsi perdonare.. perché Blaine con lui aveva trovato un posto nel mondo in cui si sentiva al sicuro.
 
Quindi le raccomandazioni di Rachel o le parole offensive di Sebastian -“è un falso ipocrita Blaine, io conosco tipi come lui.. io sono come lui, solo che a differenza sua uso i miei burattini per una notte.. al massimo due se il sesso è davvero eccezionale, poi li scarico.. lui invece, Blaine lui sa che qualsiasi cosa succeda tu ci sarai. Cosa sai dirmi invece di lui? ci sarà sempre per te Blaine? perché guardati! Ci sono io su questo maledetto aereo per l’Ohio, non lui! per quanto ancora dovrai competere col suo lavoro eh? Sempre se si tratta di lavoro poi!”- o i consigli materni non scalfivano, perché Blaine nemmeno li ascoltava.
Dovevano sposarsi loro. 
Jeremiah glielo aveva chiesto al ritorno da uno dei suoi viaggi di lavoro che era durato più del previsto e per questo aveva mancato il suo compleanno.
Non era stata una grande proposta, ma l’anello era favoloso e Jeremiah bellissimo.
Aveva passato i mesi successivi a preparare le nozze, trovare la località giusta, la torta perfetta, una casa per una famiglia e non più un semplice appartamento, per poi scoprire a poche settimane dal matrimonio Jeremiah a letto con un altro.
Solito cliché, starete pensando.. trovare il futuro marito a letto con uno più giovane e bello, rincasando un po’ prima perché l’assemblea a scuola era durata meno del previsto.. Prevedibile, starete dicendo eppure quello che sentì Blaine, in quel momento ma soprattutto dopo, fu tutto tranne che banale.
Era stato tradito, non solo per l’atto fisico in sé, ma per la fiducia distrutta, per i nove anni buttati al vento, per tutte le mancanze perdonate.
Blaine ne uscì distrutto.. annientato.
Aveva preso tutte le sue cose ed era andato da Sebastian. Quella volta, l’amico non ebbe il fegato di dirgli “te lo avevo detto”, lo accolse, lo coccolò, lo fece sbronzare come Dio comanda, gli tenne la mano quando chiamò sua madre per dirgli che il matrimonio era saltato e poi cercò di fargli riprendere in mano le redini della sua vita.
Ma quello che più sconvolse Blaine, non era la perdita del suo amore o la rottura del suo cuore.. assolutamente no.. dopo settimane di solitudine più assoluta rannicchiato sul morbido divano di Sebastian incolpandosi per quello che era successo, inventandosi colpe e atteggiamenti che non c’erano stati, pensando anche di perdonarlo e trovare un compromesso.. aveva capito che sì, ci stava male e sì Jeremiah era stato importante per lui, ma che non era l’amore della sua vita.
Quel pensiero, più di tutti lo destabilizzò.
Aveva capito, ad un passo dal matrimonio, che quello con cui stava per condividere la vita intera non era il suo mondo.
Blaine Anderson aveva concretizzato di aver buttato via nove anni per una persona che non era la sua persona.
Si sentiva solo, sbagliato e ferito e non per la fine della storia con il fidanzato secolare, ma perché per tutto quel tempo aveva preso in giro sé stesso.
Perché aveva creduto che gratitudine e riconoscenza che provava per Jeremiah fossero amore.
Il fatto era che quando lo aveva conosciuto lui era poco più di un adolescente, che sapeva ben poco della vita e che vedeva in New York la madre matrigna che lo avrebbe divorato non appena messo piede fuori dalla metropolitana.
Il fatto era che si era aggrappato a Jeremiah come ad un’ancora perché credeva che da solo sarebbe annegato.
Il fatto era che aveva perdonato tutte le mancanze di quell’uomo, accettato ogni compromesso, annullandosi e assecondandolo perché inconsciamente aveva creduto che quello era tutto ciò che potesse avere.
Colpa del padre, forse, o delle esperienze vissute al liceo che lo avevano portato a pensare, senza che se ne accorgesse, che tutti quelli come lui fossero diversi- sbagliati e che non meritassero di essere felici, che non avrebbero trovato mai l’amore, perché con quelli come loro non si può parlar d'amore.
“che cazzata Anderson, se tu fossi un personaggio del mio libro, ora ti avrei già fatto morire di una morte lenta e dolorosa per la stronzata colossale che hai detto” lo rimbeccò Smythe dopo aver bevuto tre birre e scolato una bottiglia intera di whisky.
“beh guardaci Seb, abbiamo 28 anni, siamo ubriachi e soli. E comunque non ci credo che avresti il coraggio di farmi morire. Io sarei l’eroe del tuo libro”
“pff ma per favore, noi non siamo soli B, io ho te e tu hai me. Warblers una volta, Warblers per sempre, era così la cazzata no? Se va proprio male.. ma male, male.. possiamo sempre sposarci io e te.”
“no grazie. Preferisco essere ucciso in modo lento e doloroso”
“bugiardo. A letto siamo una bomba”
“si ma una volta fuori io e te siamo tremendi. Troppo male assortiti, lo sai”
“tua madre ne sarebbe più che felice”
“lo so, forse questo è il problema”
 
Dopo quella sera in cui aveva bevuto fino a vomitare l’intero pranzo di Natale di mesi prima, aveva preso la decisione di lasciare per un po’ New York.
Doveva disintossicarsi da quella città, doveva dimenticare tutte le abitudini che aveva con Jeremiah e doveva mettere più distanza possibile da quella vecchia vita per poterne avere una nuova.. e visto che poteva insegnare in qualsiasi parte d’America, tornò a casa da sua madre.
Westerville era forse il posto più adatto per stare lontano da storie e uomini e concentrarsi solo su sé stesso.
Perché finalmente Blaine Anderson aveva capito che prima di stare bene con gli altri, doveva stare bene con sé stesso.
Ed era passato tanto tempo dall’ultima volta in cui era rimasto davvero solo con lui stesso e di quella persona che era diventato nel frattempo, non sapeva niente.
Doveva conoscersi e riconoscersi.
 
Per le prime settimane era stato sotto lo stesso tetto della madre, donna di gran cuore ma apprensiva come poche.. così quando la sua lettera di richiesta d’insegnamento al Mckinley fu accettata non ci pensò due volte a trovarsi un piccolo appartamento più vicino la scuola.
Ovviamente la sua solitudine alla riscoperta di sé stesso non durò molto, perché quell’appartamento divenne forse il più frequentato di Lima.
Sua madre passava a trovarlo tutti i giorni con prelibatezze cucinate da lei per assicurarsi che facesse almeno un pranzo decente al giorno ed era inutile ricordarle che non era più un adolescente e che era sopravvissuto nove anni da solo senza morire di fame, sua madre non sarebbe andata via se non avesse visto il figlio mangiare almeno due terzi del piatto.
Rachel Berry, piccola donna e stella nascente di Broadway, amica d’infanzia, si era impossessata della stanza degli ospiti dopo che aveva lasciato New York a causa di uno scandalo che la vedeva protagonista insieme al regista –più che sposato- del musical di cui faceva parte,
“anche io ho bisogno di capire chi sono, B. Credevo di amare quell’idiota di Cameroon, ma non è così e quello scandalo mi potrebbe rovinare la carriera. Ho bisogno di tempo” gli aveva detto e Blaine non seppe dirgli di no.
Quando poi a Rachel si aggiunse Sebastian, Blaine credette di avere una crisi isterica.
“questa casa non è un albergo, Smythe!” urlò lui con tanto di tic all’occhio,
“infatti io e Rachel divideremo le spese con te” disse tranquillo Sebastian affondando nel divano del salotto mangiucchiando le patatine di Blaine, che il ragazzo prontamente gli tirò via dalle mani,
“Queste sono mie” disse per poi continuare, “e non voglio condividere le spese con nessuno, Rachel resterà qui fino a quando non avrà sistemato le sue cose a New York.. ma tu! Tu! Perché diavolo sei in Ohio?! si può sapere?”
“New York non m’ispira più. Ti ricordi quel libro che ho iniziato al liceo e che non ho più finito? Bene. Ora sono convinto di poterlo scrivere. Ora, qui. vincerò un Pulitzer e ti prometto che nei ringraziamenti quando verrò premiato ti citerò per primo. Lasciami restare”
“puoi permetterti l’intero Ohio, perché ti accontenti del mio divano?”
“avanti Anderson ti sto risparmiando l’umiliazione di strisciare ai miei piedi fra qualche settimana.. quando questa città ti avrà letteralmente mandato in pappa il cervello e tu avrai bisogno di qualcuno per non annegare nello squallore che ti circonda e comunque io dividerò il letto con te.”
“non potrai portare nessuno: uomo o donna che sia. Non frequenterai di nuovo lo Scandals perché io non verrò a ripescarti ubriaco,  non mangerai le mie cose e dormirai sul divano. Sono stato chiaro?”
“cristallino” disse lui sgraffignando il pacco di patatine di Blaine e mangiucchiandole proprio davanti agli occhi di Blaine a mo di sfida.
 
Blaine era un tipo programmatico, nel senso che adorava avere tutto sotto uno schema ben preciso.
Dalla spesa alle serate karaoke, dalle chiamate a quei pochi amici di New York alle pulizie domestiche.. tutto era scandito da un piano architettato con cura.
La vita quotidiana di Blaine era programmata minuto per minuto e quello lo faceva sentire sicuro, rassicurato, come se avendo sotto controllo le sue abitudini riuscisse a tenere a bada anche i suoi istinti.
Ma si sa, l’istinto è involontario.. non puoi schematizzarlo, non puoi pianificare quando agire e come agire.. ed era proprio per questo istinto fuori controllo che Blaine si ritrovò, quella sera di inizio settembre poggiato a quel muretto di fianco ad un bellissimo ragazzo, che lo rendeva nervoso.
 
Ed erano nove anni e tre mesi che Blaine Anderson non provava nelle vene il vero nervosismo.. e stranamente quel sentimento lo fece sentire di nuovo vivo e irrequieto e ogni piano logico- di fuga compreso, non ebbero più importanza.
 
Prese una sigaretta al mentolo dal suo pacchetto e notando lo sguardo inquisitorio del ragazzo gli chiese se ne volesse una anche lui.
“no grazie, non mi piace l’odore del fumo. In verità non mi piace il fumo e basta”
“è al mentolo” spiegò lui mentre ispirava una boccata di fumo,
“non ti credevo tipo da sigarette al mentolo, o da fumo in generale.. ma quanto è vero che non si giudica un libro dalla copertina” disse Kurt alzando le spalle e guardando dritto di fronte a lui, perché guardare come quella sigaretta si consumava placida tra le labbra di Blaine, non era un buon modo per restare lucidi.
E per quanto il suo tono non fu accusatorio, Blaine senza una ragione valida si sentì in dovere di giustificarsi,
“non è un vizio il mio. Fumo solo-“ non poteva dirgli: fumo solo quando sono nervoso e che l’ultima volta che ho acceso una sigaretta è stato tre mesi fa quando ho deciso di ritornare in Ohio.
No, di certo non poteva dirgli che un ragazzino della metà dei suoi anni lo rendeva nervoso, sarebbe stato ridicolo e assurdo, perché mai un ragazzino avrebbe dovuto renderlo nervoso, poi?
Già, perché? Forse perché questo Kurt non aveva niente di quei ragazzi che lui era solito insegnare a scuola o forse perché non aveva niente di lui alla sua età. Non riusciva a vedere in lui quel Blaine spezzato e un po’ insicuro come ogni adolescente, non riusciva a vedere nemmeno un po’ di spocchia che ogni ragazzino ha per nascondere un carattere indeciso. No, quel Kurt era molto più uomo di lui alla sua età e lo destabilizzava.
“ma almeno hai l’età per fumare? Oppure dovresti presentare un documento falso per comprarti un pacchetto di sigarette?” chiese Blaine sperando che l’altro non si accorgesse del suo cambio di argomento.
“se dovessi comprare un pacchetto di sigarette e per fortuna non devo farlo, presenterei un documento vero. Mi scusi Di Grazia, ma forse è lei che è un po’ vecchiotto e fa sentire me un po’ troppo giovane” Kurt aveva capito che dietro quel fumare di Blaine e dietro quella mezza frase incompiuta ci fosse molto di lui che non voleva dar a vedere ad uno sconosciuto qualunque e Kurt l’aveva apprezzato.. aveva capito che in un certo qual senso non si stavano svendendo fuori quel locale, aveva capito che non era un abbordo da bar.. qualsiasi cosa fosse quella cosa tra loro due, su quel muretto, non era una cosa semplice.
“e sentiamo Di Grazia, quanti anni pensi che io abbia per darmi del vecchiotto?” Kurt si scostò dal muretto e si parò di fronte a lui,
“dammi le mani” Blaine ci pensò solo per un secondo poi buttò via la sigaretta fumata neanche per metà e poggiò i suoi palmi interni su quelli di Kurt.
“non sai quante cose si possono scoprire dai segni delle mani.” Disse Kurt mentre carezzava leggero ogni punto delle mani di Blaine, dai polpastrelli ruvidi alle nocche rilassate, dalle dita affusolate ai polsi coperti da piccoli bracciali portafortuna.
“non mi hai mentito, davvero non fumi spesso.. quasi mai” disse Kurt senza alzare lo sguardo e Blaine sorrise,
“le tue mani sono curate, ma ruvide.. suoni” e non era una domanda, Kurt sapeva osservare davvero bene.
“la chitarra?” però chiese
“e il pianoforte, di tanto in tanto” rispose lui in un sussurrò perso nelle sensazioni che il tocco di Kurt gli stava regalando.
“anche io lo suono, di tanto in tanto.. ma non sono bravo” Blaine avrebbe voluto sapere sul serio come suonasse il ragazzo solo per poter dissentire.. era normale? Non lo sapeva, ma non gli importava in quel momento.
“dal segno che hai sull’anulare sinistro direi che porti spesso un anello e che lo hai portato per un bel po’ fino a poco tempo fa.” Kurt passò il pollice sulla traccia che la fascetta metallica aveva scalfito sul dito di Blaine e lui fece per tirare via la mano, perché improvvisamente si era ricordato come mai era lì in Ohio, perché odiava il suo istinto e perché c’era un vuoto sul quel dito.. ma Kurt strinse più forte la presa e continuò,
“non sto giudicando Blaine e non sto curiosando. Osservo e basta. Hai delle macchie d’inchiostro sull’indice, sei mancino.. il tuo lavoro ti porta a scrivere?” questa volta era una domanda e Blaine annuì,
“ma non è un lavoro d’ufficio, vero?” Blaine assentì di nuovo,
“hai trent’anni Blaine. Sei più che vecchiotto!” esclamò d’un tratto lasciando andare le mani dell’altro e mettendosi a sedere di nuovo sul muretto, questa volta però un po’ più vicino di prima.
“ehi! La mia età non sfiora neanche lontanamente i numeri col 3! Sono nel pieno dei miei vent’anni!”
“un uomo della tua età non dovrebbe mentire” asserì Kurt divertito,
“okay, bene. ma non ho trent’anni”
“gel, papillon e pantaloni alla caviglia, molte volte non nascondo bene l’età Mr. Anderson”
“non avevi detto che non stavi giudicando?”
“sto solo osservando e non dirmi che lo sto facendo male!” Blaine scoppiò a ridere,
“purtroppo per me, lo fai anche fin troppo bene” sospirò lui con un aria teatrale che divertì Kurt.
 
Quella sera i concreti furono Finn e Rachel, loro con piccoli aneddoti e tanti sorrisi si raccontarono della vita pratica e quotidiana.
Parlarono di scuola, college, del lavoro di lei a Broadway e del lavoro di lui in officina per mantenersi gli studi.
Parlarono del Mckinley visto che –in anni differenti- l’avevano frequentata entrambi e misero subito in chiaro la loro età e la loro situazione sentimentale, trascurando un po’ quello scandalo di cui Rachel non andava fiera e la vecchia storia di Finn di quando aveva creduto di aver messo incinta la sua vecchia fiamma del liceo, senza esserci nemmeno andato a letto.
 
A differenza di Finn e Rachel, pratici e un po’ timidi.. Kurt e Blaine si persero in discorsi astratti. Avevano parlato molto e si erano raccontati un po’ senza raccontare di loro.
Avevano parlato di tutto e niente, contemplando un mondo a parte, irreale.. dove la realtà apparente era bandita.
Avevano camminato lungo vie mai viste e luoghi mai esistiti, visitando personaggi dei grandi libri e lasciando che la corrente li portasse in un universo parallelo dove non esistevano differenze di gusti sessuali e tutti erano semplicemente innamorati dell’amore.. un universo in cui Blaine era solo Blaine senza l’appellativo di “sciocco tradito” e Kurt era semplicemente Kurt senza il nomignolo di “quello troppo gay”, erano in un universo in cui Jeremiah non era mai esistito e dove forse era esistito un qualcheduno per Kurt, erano in un luogo dove loro due non erano due sconosciuti, ma erano qualcosa.. un qualcuno per loro.
 
Parlavano perché in quella dimensione in cui si erano rifugiati, non c’era l’imbarazzo e perché l’età non contava, erano soltanto numeri senza importanza.

“posso farti una domanda Blaine?”
“spara”
“che sapore ha la vita a New York?” quando aveva detto di aver abitato a New York Blaine non lo sapeva, ma sapeva che quella domanda era una delle più difficili e brillanti che gli avessero mai posto e rispondere non sarebbe stato semplice, perché lui neanche sapeva se l’avesse assaporata in pieno quella città, quella vita.. ma voleva provarci.
“Io- io credo che abbia più sapori. A volte sa’ di casa perché c’è accettazione ovunque, a volte ha il sapore dei sogni perché sembra che lì tutto è possibile, a volte però ha il sapore della mela avvelenata di Biancaneve perché in quelle volte quella città è troppo grande e tu sei sempre così piccolo e per quanto corri e sali c’è sempre qualcuno avanti a te, ma sono solo poche le volte che assapori quella mela e non è davvero dannosa, solo realistica- credo. New York ha il sapore del caos, anche quando tutto è silenzioso ci sono quelle luci che ti fanno sempre un po’ compagnia e se sai chiedere ti portano consiglio. Sai Kurt, credo che devi saperla assaporare quella città altrimenti sarà lei a masticarti come vuole e tu ti ritrovi anni dopo a rimpiangere di non aver cacciato gli artigli prima. Ti ritrovi a conoscere le strade di quella città e non più quelle del tuo cuore.”
“e il sapore della felicità, Blaine? non l’hai mai assaporato a New York?”
“Quando capisci che non tutto deve andare come vorresti per essere felici allora troverai la felicità in ogni piccolo gesto. Quindi, sì, ora col senno di poi posso dire di aver assaporato anche la felicità a New York”
“la felicità è racchiusa in quegli attimi che quando li vivi neanche ti rendi conto che siano felici.”
“posso farti anche io una domanda?” Kurt annuì,
“se tu avessi la possibilità di viaggiare nel tempo, dove andresti? Nel tuo passato per cambiare qualcosa o nel tuo futuro per poter essere in grado di cambiarlo nel tuo presente?”
“non mi piace barare. Del mio passato non cambierei niente perché se sono la persona che sono ora lo devo grazie a tutto quello che ho avuto, errori compresi- forse soprattutto quelli. E del futuro mi piace pensare che non esiste e che siamo noi a scriverlo, giorno per giorno ora, qui.. nel presente. Non credi?”
“credo che sia un po’ ipocrita. Credo che tutti almeno una volta nella vita abbiano pensato: ‘come vorrei poter tornare indietro’, non dirmi che tu non l’hai mai fatto”
“no, io non- oh aspetta questa mattina ho mangiato un’intera scatola di biscotti e quando ho letto le calorie che conteneva, non solo l’ho pensato ma l’ho pure urlato al cielo “se solo potessi tornare indietro!”
Kurt fece spallucce e Blaine si ritrovò a ridere con le lacrime agli occhi senza riuscire a fermarsi.
 
 
 
E passarono così il resto della sera.. in un mondo loro a modo loro e neanche l’intromissione di Jeff, Nick e poi Sebastian scalfirono alcuno effetto.
Le battutine sarcastiche di Smythe e le sue offese poco velate non ebbero alcun peso per Blaine e Kurt, neanche i commenti trasognati di Jeff scompensarono l’equilibro che i due avevano creato in poche ore.
Si erano trasferiti al bar tutti insieme, facendo compagnia a Rachel e Finn, ma ognuno era perso negli occhi di qualcun altro.
Blaine aveva deciso che per quella notte poteva concedersi un viaggio in quelle iridi cangianti color del mare,
Nick come al solito aveva occhi solo per il suo ragazzo Jeff, che una volta dichiarato la sua passione per lo scrittore si lasciò trascinare dalle parole del suo ragazzo.
Rachel aveva lasciato che gli occhi un po’ ingenui e dolci di Finn la rapissero e infine Sebastian aveva trovato un fuoco negli occhi neri come la pece di Santana che aveva finito il suo turno e si era unita al gruppo solo per il gusto di dare ancora un po’ di fastidio a Kurt.
 
“beh Kurt io e Jeff dovremmo andare, Westerville non è poi così vicina” disse ad un tratto Nick e Kurt non ci mise molto a rispondere di stare attenti e che li avrebbe chiamati il giorno dopo, tornando a voltarsi verso Blaine,
“sei in macchina con noi Kurt e anche Finn” gli fece notare però Jeff,
“casa nostra è a due passi da qui, ci farà bene una passeggiata”
“Kurt ha ragione, tranquilli andate pure” disse Finn con un veloce gesto della mano prima di ritornare al discorso con Rachel,
“come volete allora.. Kurt? sei sicuro che-“
“Nick ti chiamo domani”
“tranquillo Nicholas perchè se la maggior aspettativa di Kurt è quella di passare una notte di fuoco insieme al sexy cucciolo di labrador qui, si sta sbagliando di grosso. Blainy ha fatto un voto di castità. Quindi non ci sarà nessun problema”
“Sebastian!” lo ammonì l’amico rosso in viso, perché ormai si era abituato alle sue idiozie ma ancora non si era rassegnato al fatto che dovesse dirle davanti a tutti.
“l’unica mia aspettativa per la serata era quella di non dover sentire uno strazio di meet di uno scrittore mediocre e grazie alla compagnia del tuo amico, sono stato soddisfatto, quindi potete star tranquilli tutti.” Sbottò Kurt inviperito e Sebastian fece per replicare ma Blaine fu più veloce,
“Seb te lo sei meritato. Quindi non farne drammi da prima donna” disse alzandosi e porgendo una mano a Kurt,
“il muretto lì fuori credo che sia più ospitale, non credi?” chiese e Kurt non rispose ma si lasciò semplicemente trascinare fuori.
“è successo anche a me. Anche io quando lo vidi per la prima volta mi lasciai influenzare dal faccino d’angelo e mai avrei creduto che potesse avere una lingua biforcuta come un serpente” disse Santana con un sorrisetto compiaciuto.
“mi piace” sentenziò l’altro sorseggiando il suo drink.
 
Kurt e Blaine decisero, come se avessero fatto un tacito accordo, che si sarebbero fatti bastare il tempo che avevano quella notte.
Si erano concessi solo una notte e nemmeno troppo folle.
Il fatto era che si erano trovati nel momento e nel luogo sbagliati.
Blaine aveva ancora troppe cicatrici da disinfettare e la sua anima da scoprire.
Kurt aveva ancora troppe poche cicatrici da sanare e la sua anima ancora da formare.
C’erano troppi elementi, troppi pensieri, troppi ostacoli che loro nemmeno conoscevano, ma che avrebbero potuto accantonare solo per una notte.
 
Una soltanto, credendo e sperando di conservarne solo un bel ricordo.
 
“è stato un piacere conoscerti Kurt”
“buone cose Blaine e grazie per la compagnia”
“magari ci rivedremo al prossimo straziante meet di uno scrittore mediocre”
“o magari tra l’asteroide 325 e 330” disse Kurt  ricordando il “piccolo principe” prima di avvicinarsi e stampare un leggero bacio a fior di labbra a Blaine e allontanarsi da lui prima che potesse aggiungere altro.
 
Kurt aveva raggiunto di nuovo il bar, mentre Finn salutava Rachel fuori dal locale accordandosi per una cena il venerdì dopo e per scambiarsi i  rispettivi numeri di cellulare.
Erano stati davvero pratici loro.
“Porcellana, attento che di piccoli principi che addomesticano e abbandonano c’è ne sono a milioni in giro e fattelo dire da un cane randagio, non c’è niente di bello nel sentirsi abbandonati” disse Santana salutando con un gesto del capo Sebastian e Blaine dall’altro lato del vetro
“San, non so di cosa stai parlando”
“e spero per te che non lo capirai tanto presto”
**
 
 
Nei giorni seguenti Blaine si era ritrovato ad ascoltare gli sproloqui di Rachel su quanto fosse adorabile e carino e presente Finn con tutti i suoi messaggini da diabete, dovette sorbirsi gli estenuanti e poco velati apprezzamenti di Sebastian sul sedere di Santana, su quella bocca peccaminosa e sulle sue gambe chilometriche e dovette più volte rifiutare una “capatina” da Books&coffe.
Mentre lui, dal canto suo, aveva tenuto per sé ogni pensiero e ricordo di Kurt.
Come se gli altri non potessero capire la strana alchimia che era scattata tra loro quella notte.
 
Come se Kurt fosse “solo suo”, come se fosse una questione privata e la volesse custodire con gelosia.
Ed era così infatti.. era geloso di ogni parola e di ogni gesto e di ogni sguardo che Kurt aveva riservato solo a lui quella notte.
era geloso, e non voleva ammatterlo, ma anche un po' ossessionato- dal quel breve e quasi inesistente contatto di labbra contro labbra che gli aveva lasciato una strana elettricitá per tutto il viaggio in auto fino a casa.
E per quanto, durante la giornata, era riuscito a mettere da parte quegli occhi intensi e quelle labbra rosse e invitanti.. la notte, durante il sonno incosciente, era impossibile dimenticarlo.
Tutti i suoi sogni, da quella sera, erano stati popolati da Kurt.
Kurt che suonava il piano, Kurt che si accoccolava con lui sotto le coperte, Kurt che scriveva mentre lui correggeva i compiti dei suoi alunni, Kurt che era uno dei suoi studenti e lo provocava nella sua classe quando tutti erano già usciti, Kurt che si muoveva e dimenava e, ogni mattina si risvegliava sempre più frustato e sempre più eccitato.
Era una grosso problema quello.. e non riusciva ad accettarlo.
Accettare il fatto che uno sconosciuto si era insinuato sotto la sua pelle, senza che se ne accorgesse e in così poco tempo era impossibile.
 
 
Kurt non era messo meglio di Blaine.. no, per niente.
E se per Blaine il giorno era un buon amico per Kurt era una continua agonia.. sempre questione di Karma negativo, lui ne era convinto.
Durante il giorno aveva Finn che con i suoi discorsi di elogio su Rachel, finiva inevitabilmente col parlare di Blaine.
“Rachel abita insieme a Blaine, magari qualche volta possiamo uscire di nuovo tutti insieme”
“Rachel ha detto che Blaine mi saluta, non è carino?”
“Rachel dice che Blaine-“
Blaine, Blaine, Blaine.
Anche i suoi amici Nick e Jeff non gli davano un momento di tregua,
“tu e quel Blaine, ieri vi stavate mangiando con gli occhi”
“perché non hai chiesto il numero di Blaine?”
“ma quanti anni ha poi questo Blaine?”
“Blaine e Smythe sono davvero così amici?”
“ma Blaine-“
Era un lento e atroce tormento.
 
Kurt non voleva dimenticarlo, era stato piacevole e stimolante quell’incontro, ma non voleva però dare spiegazioni a nessuno.
Perché non sapeva darle nemmeno a sé stesso.
Il fatto era che più ripensava a quella serata più si chiedeva perché si erano concessi solo quella.
Potevano essere amici, potevano essere qualcosa l’uno per l’altro, Kurt lo aveva capito dal modo in cui si erano parlati, dal modo in cui si era sentito aperto e confidente e a suo agio come mai era riuscito ad esserlo con uno sconosciuto.
Non voleva nessuna distrazione o complicazione però, questo era vero, l’unico suo obiettivo era finire il liceo col massimo dei voti ed entrare al college dei suoi sogni.
Doveva pensare solo a scrivere, studiare e scrivere ancora fino a quando il suo desiderio di diventare uno scrittore ,uno di quelli che sua madre amava citare, uno di quelli che lui adorava leggere, non si sarebbe avverato.
Fino a quando la scrittura non avrebbe smesso di essere solo un modo per evadere da quel mondo che non gli piaceva e lo avrebbe portato in uno in cui invece amava, lui non doveva distarsi.. e Blaine sembrava il tipo di persona che ,come un uragano, ti sconvolge e ti fa perdere il contatto con la realtà.
 
No, Kurt non poteva permettersi nessuna distrazione.
 
Quindi, al quarto giorno di agonia, dopo l’ennesimo messaggio di Rachel che Finn gli aveva letto e che inevitabilmente citava Blaine, Kurt aveva deciso di allontanarsi di casa e riordinare i suoi pensieri da Books&coffe, ritrovarsi Sebastian Smythe al bancone che faceva il marpione con Santana, fu il colpo di grazia che il Karma estremamente cattivo gli aveva inflitto senza ritegno, che gli fece capire che passare oltre a quel piacevole e indescrivibile incontro era impossibile.
 
“ti porto il solito tè, Kurt?” domandò Santana salutandolo con un cenno del capo,
“si grazie, io mi siedo al solito tavolo” rispose lui evitando di guardare Sebastian per poter fingere di non vedere la sua presenza, come se quello potesse fermare Smythe dall’essere il solito.. Smythe.
“Oh ma qual buon vento ti porta qui, Signorina?”
“Salve anche a te Sebastian e non chiamarmi più Signorina che potrei citarti per danni morali”
“sempre troppo suscettibile”
“e tu, troppo confidente”
“credevo ti piacessero le persone affabili e simpatiche”
“tu non fai parte di nessuna delle due categorie”
“ma Blaine sì, vero?”
“cosa vuoi Smythe?” Sputò Kurt richiudendo di scatto il libro che aveva aperto solo nella speranza che l’altro lo lasciasse in pace,
“ti conviene non scherzare con Porcellana, potrebbe mordere” intervenne Santana facendo un occhiolino a Kurt mentre gli porgeva il suo tè,
“ma non è detto che sarei io quello a farsi male” fu la risposta pronta di Sebastian, che sembrò aver abbandonato ogni tipo di interesse verso l’altro subito dopo, permettendo così a Kurt di rilassarsi.
 
Sebastian dopo aver parlottato ancora un po’ con Santana che sembrava lusingata dalle sue attenzioni ma per niente arrendevole –atteggiamento che faceva fremere di piacere e non poco Sebastian- si era deciso ad alzarsi e andarsene, ma prima di prendere la strada per la l’ingresso si fermò al tavolo di Kurt, che non alzò gli occhi dal libro fino a quando Sebastian non si schiarì la gola e disse un secco: “ecco” poggiando sul tavolo un foglio con su scritto un numero di cellulare,
“grazie ma non sei il mio tipo” disse Kurt allontanando il biglietto e tornando con lo sguardo al suo libro.
“per quanto possa essere interessante il tuo sedere, il tuo caratterino cozza con il mio e non potrebbe mai succedere niente di erotico tra di noi”
“buono a sapersi” rispose Kurt per niente piccato e neanche un po’ curioso del fatto che Sebastian avesse fatto un apprezzamento sul suo sedere anche se fino a pochi secondi prima stava apertamente corteggiando Santana.
“Senti, hai già compiuto diciotto anni, vero?”
“certo che sì, ma perché-“
“bene e quindi non frequenti il liceo. Ottimo, così non potrebbe esserci nessuno scanadalo.”
“io veramente-“ ma di nuovo Kurt fu bloccato dall’altro che sembrava impaziente di arrivare al dunque,
“se sei ancora un verginello, non importa, Blaine è molto versatile a letto.. in tutti i sensi”
“eh?” Kurt strabuzzò gli occhi, rosso in viso senza capire il filo conduttore del discorso di Sebastian
“è il numero di Blaine. Avete entrambi bisogno di sfogarvi e sciogliervi un po’. Lui non vuole saperne di venire allo Scandals e Lima non offre niente di meglio. Ma ho visto come ti guardava e come tu guardavi lui, si arrenderebbe a te dopo un misero bacio.. quindi chiamalo.” Kurt che aveva stretto i pugni sotto al tavolo, fino a farsi diventare le nocche bianche stava chiamando a raccolta tutta la sua forza di volontà per non ustionare il bel faccino di Smythe col suo tè bollente.
Ma come si permetteva? Era un emerito idiota.
“ne io né il tuo amico abbiamo bisogno di te per procurarci del sesso occasionale. E se Blaine ha bisogno di sciogliersi come dici tu, non è un problema mio. Quindi, se vuoi scusarmi ora ho davvero bisogno di un buon caffè” disse Kurt piccato alzandosi dal suo posto e lasciando sul tavolo una banconota da cinque dollari per pagare il conto.
“tu pensaci” disse veloce Sebastian infilando quel dannato foglio nella tasca della giacca di Kurt allontanandosi dal locale dopo un’ultima occhiata a Santana.
 
Sebastian era arrivato all’esasperazione, ecco perché l’aveva fatto.
Era da mesi che non riconosceva più il suo amico e se doveva essere sincero solo quella sera di quattro giorni prima gli aveva rivisto quel sorriso che non vedeva più da anni a quella parte e il merito era del damerino dagli occhi di ghiaccio e dalla lingua biforcuta.
Blaine aveva bisogno di rimettersi di nuovo in gioco e perché non farlo con quel ragazzino tutto pepe che avrebbe di sicuro dato una scossa a quell'uomo di ventotto anni che sembrava essere diventato un professore in pensione?
La sua scelta di avvicinarlo fu anche data dal fatto che Kurt stava leggendo lo stesso libro che Blaine aveva in quei giorni sul comodino: “le notti bianche” di Dostoevskij.
Quel libro parlava di un sognatore che aveva incontrato una donna in una notte durante una passeggiata, che era riuscita a risvegliare nel protagonista quel sentimento d’amore da tanto sepolto.
Era una coincidenza che quei due avessero preso a leggere lo stesso libro, con tanto di riferimento al loro incontro, nello stesso momento? Forse, ma Sebastian non credeva molto nelle coincidenze.. e per questo aveva dato quel biglietto a Kurt.
 
La meta di Kurt, che uscito dal caffé letterario, si dirigeva a passo svelto era il Lima Bean, perché quella del caffé non era solo una scusa per chiudere quella conversazione imbarazzante con Smythe, ma anche una vera e propria necessitá.
Aveva davvero bisogno di un caldo e vigoroso caffé, magari pure corretto con qualcosa di forte che gli desse il coraggio di buttare via o usare -a ragione- quel maledetto numero di cellulare che pesava e scottava nel taschino della sua giacca.
Il Lima Bean era l'unica caffetteria in quel buco di mondo che servisse caffé degni di questo nome e Kurt non vedeva l'ora di affondare il naso in quell'aroma dolce e caldo per questo quando entrò nel locale neanche si degnò di guardarsi intorno prima di raggiungere la fila alla cassa.
Era indeciso se concedersi un caffé macchiato con tanto di caramello o prendersi il suo solito nofat-mocha quando sentì una voce chiamarlo -o meglio imprecare il suo nome- a pochi metri da lui.
 
Blaine Anderson amava il caffé del Lima Bean e amava il fatto che fosse a due passi dal suo nuovo appartamento, frequentava quel posto ogni giorno da mesi ormai e mai, mai aveva visto Kurt entrarci prima di allora, ne era sicuro anche perché gambe come quelle di lui fasciate in jeans tremendamente stretti non sarebbero passate inosservate.
Quindi non era di certo preparato a ritrovarselo alla fila del locale, bello e incosapevole, per questo aveva imprecato neanche tanto a bassa voce, aveva racchettato le sue cose ed era fuggito via, prima che il protagonista dei suo sogni che popolavano la sua mente da giorni potesse anche solo voltarsi verso di lui.
 
Kurt era riuscito soltanto a vedere una chioma di ricci neri disordinati che filava prima di capire che apparteneva a Blaine.
Quel Blaine.
Quel Blaine Anderson proprietario di quel maledetto numero di cellulare che aveva nella tasca.
Quel Blaine che appena lo aveva visto se l'era data a gambe.
 
Blaine era scappato, da cosa però, non lo sapeva.
Si era comportato da un vero idiota e forse Kurt, ora credeva che lo fosse sul serio, idiota.
Magari ora stava pensando che avesse fatto o detto qualcosa di offensivo quella sera per essere disdegnato in quel modo.
O ancora peggio non aveva fatto una piega al fatto che lui, l'adulto della situazione, non si era degnato neanche ad un cenno col capo a mo di saluto,
Ma la possibilitá di lasciar Kurt nell'incertezza che il problema fosse lui, lo fece tornare indietro al Lima Bean.
Aveva il fiatone per la corsa che nemmeno si era accorto di aver fatto per ritrovare Kurt.
"Non volevo fuggire via come un idiota" sentenzió Blaine una volta davanti all'altro seduto al posto che fino a poco prima era il suo.
Kurt alzò gli occhi da quel libro che non stava nemmeno leggendo e guardò interrogativo e confuso quel ragazzo bello e insicuro che si stava mordendo le labbra per il nervoso, forse,  e che non lo stava guardando di rimando.
"É okay" disse, risposta che fece decidere Blaine a guardarlo negli occhi,
"Non volevo che pensassi che tu avessi fatto qualcosa che potesse spingermi ad evitarti" continuò lui,
"Eppure qualcosa ti ha spinto, no? Non mi devi nessuna spiegazine, comunque" Blaine sospirò rassegnato e si sedette al posto libero difronte all'altro,
"Spero tu non stia aspettando nessuno" disse lui mentre con un gesto della mano chiamava la cameriera per ordinare un'altro caffé,
"No, nessuno" disse Kurt per poi ripoggiare gli occhi su quelle pagine ingiallite dal tempo, cercando di capire il comportamento di Blaine.
Era fuggito via e poi era ritornato solo per.. solo per cosa? Fargli presente che lui, Kurt, non aveva fatto niente per metterlo a disagio?
In effetti Kurt in quei minuti aveva dato di matto e stava anche pensando di usare quel numero che gli aveva dato Sebastian solo per potergli chiedere quale fosse il suo problema.
Non lo avrebbe disturbato se non avesse voluto e un sorriso per saluto sarebbe stato quantomeno educato.
"Kurt? Io-io non mi aspettevo di vederti e ,e non lo so perché sono scappato, anzi forse lo so, ma spiegarlo é difficile. Dovrei essere io l'adulto qui e invece.." Kurt sospirò forte e mise del tutto via il libro per potersi dedicare a Blaine,
"Te l'ho detto che non mi devi nessuna spiegazione e comunque forse tu mi hai solo preceduto, magari se ti avessi visto per primo sarei stato io quello a scappare. Neanche io mi aspettavo di vederti.. sai, pensavo che avrei dovuto cercarti tra l'asteroide 325 e 330" Blaine gli fu estremamente grato per essere riuscito con così poche parole a smorzare la tensione e addirittura farlo ridere.
"Lima é grande quanto il pianeta del piccolo principe, rivedersi era inevitabile e noi non lo sapevamo"
"C'é solo una piccola differenza, qui nessuno si occupa di sdradicare i Baobab dalla terra" Blaine sorrise amaro, perché Kurt aveva ragione, l'Ohio era pieno di arbusti cattivi con radici troppo profonde per poterli abbattere.
"Forse dovremmo smetterla di citare Il piccolo principe, non credi?" Chiese Blaine e Kurt fece spallucce prendendo un foglietto che gli porse con attenzione.
Solo quando Blaine sgranò gli occhi leggendolo lui parlò di nuovo,
"Se proprio dobbiamo smetterla di citare il libro, allora voglio dirti la veritá. Se non fossi fuggito tu, lo avrei fatto io, per quello" disse indicando il biglietto, "me lo ha dato il tuo amico Sebastian neanche mezz'ora fa"
"Cosa?"
"L'ho incontrato al Books&coffe e lui ha pensato bene di trovarti un appuntamento. Dice che hai bisogno di scioglierti un pò ed io con te"
"E tu l'hai-l'hai accettato?" Blaine sembrava imbarazzato, incazzato e incuriosito allo stesso tempo,
"Lui me lo ha infilato nel taschino prima di andarsene"
"Smythe! Lui é… Dio é così imbarazzante. Mi dispiace"
"Lo sarebbe stato di più, imabarazzante intendo, se avessi usato le sue esatte parole. Ma lo risparmio a entrambi" disse Kurt facendo spallucce e nascondendo le guance rosse dietro alla sua tazza di caffé.
"Anche solo immaginarle é abbastanza, grazie" sorrise Blaine, di quel sorriso dolce e sensuale insieme, di quel sorriso che Kurt aveva avuto stampato nella mente per giorni.
 
Alla fine quel biglietto di Sebastian anche se non era stato usato era servito a qualcosa.
Era servito a lasciare che Kurt e Blaine ancora una volta dimenticassero l'imbarazzo e le loro vite e parlassero di tutto senza toccare niente conoscendosi comunque.
 
Magari Blaine non sapeva l'etá di Kurt o se frequentasse ancora la scuola ma sapeva in che modo torturava la dita quando non trovava le parole e che amava prendere il caffé senza zucchero e che adorava la moda quasi quanto la letteratura.
 
E Kurt magari non conosceva il lavoro di Blaine o il suo conto in banca, ma sapeva come giocava con i riccioli liberi dal gel alla base del collo quando era in imbarazzo e che amava inzuppare i biscotti nel caffé e che aveva un'ossessione cronica per i papillon.
 
"Papillon e karaoke saranno la mia rovina. Lo so! Ero arrivato ad un punto della mia vita in cui avevo pensato di aprire un bar karaoke e chiamarlo bowtie! Fortuna che Sebastian mi ha fatto rinsavire!"
"Non sembra tanto male. Voglio dire guarda questo posto, si chiama Lima Bean eppure va alla grande. Io ci andrei al Bowtie per una serata karaoke"
"Allora se un giorno sentirai parlare di un Bowtie ricordati di me e vienimi a trovare"
"E tu ricordati di offrirmi la prima canzone gratis!"
 
Quando si era fatto tardi e le luci della cittá si erano accese, il locale si era svuotato e lo stomaco di Blaine aveva brontolato.. ridare a Kurt quel famigerato foglietto fu più naturale del previsto.
"Se vuoi, puoi tenerlo e magari chiamarmi quando passi da queste parti e hai voglia di parlare ancora"
"Magari lo farò" disse Kurt guardandolo alzarsi e perdersi ancora una volta in quelle iridi cangianti.
 
Nessuno dei due in quel momento sapeva che quelle cose "pratiche" di cui non avevano parlato, che credevano fossero irrilevanti si sarebbero rivelate da lì a qualche giorno fin troppo rilevanti.
 
Perché, non lo sapevano ancora.. ma non sarebbero più stati per loro soltanto Kurt e Blaine.
Ma sarebbero stati professore e studente.
Mr. Anderson per Kurt
E Hummel per Blaine.
Ancora non sapevano che quell'alchimia tra loro, facile da creare e difficile da dimenticare sarebbe stata un problema da non sottovalutare.
 
Il Karma, dunque, a volte é un gran bastardo burocratico e Kurt e Blaine avrebbero dovuto farci i conti.
 


 
Angolo Wallflower_
 
Buon anniversario a me!
Oggi è un anno dalla creazione di questo account e dalla pubblicazione di Broken Toys e volevo farmivi un regalo pubblicando una nuova storia.
 
Sarò sincera, non so quando avrò il tempo di pubblicare ancora, ma prometto che non scomparirò per mesi interi.
Semplicemente, mi trovo su di un cucuzzolo di montagna a cercare lavoro, quindi non c’è né tempo ne linea per pubblicare.. ma scrivo, sempre. Quindi non preoccupatevi.
 
Spero che il prologo sia stato esauriente e soddisfacente e non solo lungo e noioso.
 
Lascio i commenti a voi, ditemi cosa ne pensate di questi due nuovi Kurt e Blaine e non temete di essere cattivi, l’importante è essere sinceri.
 
Ora scappo.
Alla prossima, guys! ;)


questa è la mia pagina autore fb.  
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: itsmeWallflower