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Autore: Sherlokette    22/02/2014    0 recensioni
Trovò l'amico nascosto dietro alcuni rottami, ad osservare la scena di fronte a sé, e quando gli si affiancò vide anche lui l'alta gru che, calando il suo magnete sul tetto delle automobili, le sollevava con un'inquietante movimento lento e ripetitivo per poi portarle al di sopra della pressa e lasciarvele cadere pesantemente con un gran fragore di lamiere. Ma ciò che normalmente sarebbe sembrato un lavoro come un altro, ora sotto gli occhi dei due assumeva un'ombra d'orrore, poiché nell'ultima auto della pila che stava via via diminuendo ci fu un movimento.
-Annie... - mormorò John, coperto dal rumore.
Genere: Azione, Generale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Lestrade, Molly Hooper, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ormai finire nei guai era diventata una routine.

Ma come era stato possibile che finissero circondati da almeno una decina di delinquenti, armati di coltelli, pistole e bastoni, di notte, in uno sfasciacarrozze? In effetti gli mancava nella lista delle volte nelle quali avevano rischiato grosso.

-Sherlock... -

John si avvicinò all'amico spostandosi indietro, cercando di mantenere il sangue freddo, e i due si ritrovarono schiena contro schiena.

-Non preoccuparti, ne usciremo sani e salvi, vedrai. Avevo previsto che avrebbe tentato di fermarci, e quando si è agiati non ci vuole molto a pagare qualche body guard con la fedina penale sporca. - Il tono del detective non era né rassicurante né tradiva la minima traccia di paura.

-Allora dimmi, cosa facciamo adesso? -

-Aspettiamo. -

Il dottore si voltò a guardarlo un secondo, scandalizzato: - Come? Cosa significa “aspettiamo”? Non mi sembra che loro abbiano voglia di aspettare! -

-Niente panico. Sta arrivando la cavalleria. -

Uno degli aggressori si lanciò contro il dottore, brandendo una mazza da baseball, ma prima che John potesse reagire in difesa si udì un suono acuto e penetrante: sirene.

E non sirene qualunque, ma quelle della polizia.

Almeno quattro automobili di Scotland Yard circondarono il gruppetto, e quando alcuni malviventi tentarono la fuga, la voce di Lestrade nel megafono risuonò decisa: - Fermi tutti! Gettate le armi e mani in alto! -

Alcuni uomini ubbidirono, ma quelli che cercarono di scappare furono prontamente bloccati dagli agenti con abili placcaggi, anche se uno di loro costrinse i poliziotti a compiere un breve inseguimento prima di farsi catturare.

-State bene? - domandò l'ispettore a Sherlock e John, scendendo dall'auto.

-Il suo tempismo è invidiabile, ispettore - rispose il detective.

-Come sapeva che eravamo qui? - si intromise il dottore.

-Sherlock mi aveva mandato un messaggio dieci minuti fa. Aveva detto che probabilmente vi sarebbe servito aiuto. Sicuro che siano qui? -

-Sicuro come i capi di accusa a carico del nostro uomo: aggressione, rapimento e tentato omicidio, Lestrade, con un finale che potrebbe risolversi in un omicidio se non interveniamo. Ma rimandiamo le spiegazioni a dopo, adesso dobbiamo trovare la nostra vittima prima che sia troppo tardi. Seguitemi! -

Sherlock schizzò letteralmente via, diretto verso lo squadrato edificio grigio in cemento che costituiva l'ufficio amministrativo della discarica, seguito a ruota da un perplesso Lestrade e un sempre più preoccupato John Watson.

Quest'ultimo aveva notato lo sguardo del detective che esplorava il terreno dal momento in cui gli agenti erano arrivati, ma solo dopo si rese conto che stavano seguendo una pista di due serie di impronte, una dalla falcata molto marcata e una strascicata, incerta.

Raggiunta la loro meta, trovarono le finestre con le tapparelle abbassate e le luci spente. Sherlock controllò la porta degli uffici: chiusa. Non se ne meravigliò. Sarebbe stato strano, anzi, se l'avessero trovata aperta.

-Qualcuno ha un grimaldello a portata di mano? - domandò, voltandosi verso i compagni.

I loro sguardi mostravano una muta negazione.

-Allora dobbiamo ricorrere alle maniere forti. John? -

-Ho capito. -

I due si piazzarono a breve distanza dalla porta, preparandosi allo slancio. L'ispettore si fece da parte, tenendosi però pronto ad intervenire contro qualsiasi cosa ci fosse ad aspettarli.

-Al mio tre: uno... due... TRE! -

Con tutta la loro forza, abbatterono quel sottile uscio di legno con una spallata, e mentre entravano nell'edificio a passo traballante, una volta certo che non ci fosse pericolo, Lestrade accese la luce; un mugolio sommesso provenne da dietro una scrivania, e quando i tre si precipitarono a controllare trovarono un uomo di una certa età, legato e imbavagliato, steso a terra con una ferita sulla nuca.

Prontamente Sherlock gli tolse il bavaglio, ma invece di chiedergli come stava, gli domandò con fermezza: - Lei dov'è? -

***

Molly Hooper aveva la testa che le faceva male. Si sentiva confusa, e aveva una forte sensazione di nausea.

Sbatté le palpebre due o tre volte, per poi rendersi conto di essere sdraiata su un materasso abbastanza soffice, sotto un leggero lenzuolo che sapeva di uno strano pulito asettico. Sotto il capo sentiva almeno due cuscini.

Focalizzò lo sguardo sul soffitto, di un bianco candido che le dava fastidio, e sulle luci bianche al neon. Piano piano la vista si schiarì.

Percepì chiaramente un forte odore di disinfettante, un odore familiare che sentiva tutti i giorni.

Era al Saint Bartholomew.

Provò a muovere un braccio, ma si sentiva fisicamente debole, e i suoi muscoli non obbedirono al pensiero. Voltò lo sguardo verso destra, dove c'era una finestra: era notte fonda.

Mentre cercava di capire cosa potesse esserle accaduto, avvertì un passo leggero dal corridoio, dalla parte opposta, e la porta si aprì. Un'infermiera di mezza età, dalla divisa azzurro acqua che le faceva risaltare gli occhi verdi e vivaci, le rivolse un ampio sorriso: - Molly, per fortuna ti sei ripresa! -

Molly riconobbe una sua conoscente, Doris, e con voce impastata domandò: - Cosa... è... -

La donna le si avvicinò: - Sei stata aggredita, Molly, ti hanno colpito alla testa e lasciata all'ingresso dell'ospedale. Ma non temere, non è un trauma grave. Ti rimetterai presto. -

La ragazza allora ricordò: stava uscendo dall'ospedale con la sua amica Annie... ANNIE!

Molly scattò su a sedere, e incurante dei dolori e della nausea pronunciò, nel panico: - Dov'è Annie? Doris, dimmi dov'è! -

Cercando di farla calmare, l'infermiera scosse la testa: - Non lo so, ma non avevi mandato il tuo amico a cercarla? -

-Il mio amico? -

-Sì, Sherlock. Ti ha trovato lui all'ingresso, e tu gli hai detto qualcosa che non ho sentito, ma... E' corso via non appena ti hanno messo sulla barella... Ma che fai, piangi? Molly? -

Ora si ricordava tutto.

Un uomo aveva rapito la sua amica Annie, sotto i suoi occhi, e quando aveva provato ad intervenire l'aggressore l'aveva colpita con qualcosa di duro sulla testa.

Poi buio totale fino a qualche momento dopo, dove l'immagine del volto di Sherlock pronunciava parole che non ricordava ma la sua espressione tradiva la sua preoccupazione.

-Ha preso Annie... La ucciderà! -

Doris la guardò confusa: - Chi? Come “la ucciderà”? Di cosa stai parlando? -

Molly respirò profondamente, cercando di articolare una spiegazione sensata: - Annie da un po' di tempo aveva ricevuto delle minacce anonime. Lei sosteneva che si trattasse del suo ex fidanzato, un tipo che si era arricchito con dei giri poco puliti, che non si rassegnava all'idea della fine della loro relazione, ma la polizia non era intervenuta. Così le avevo suggerito di rivolgersi a Sherlock per cercare protezione, e la stavamo tenendo d'occhio assieme a John, seguendola quando usciva da sola e cogliere quel tipo sul fatto, ma... Prima... Non hanno fatto in tempo a... -

Un capogiro improvviso le tolse la forza di parlare, e cadde all'indietro sul lettino. Doris la afferrò prontamente per la nuca, riadagiandola sui cuscini. Molly mormorò qualcosa prima di svenire nuovamente, qualcosa che Doris percepì come “Fai presto...”.

***

L'uomo legato nell'ufficio era il contabile della ditta che si occupava della demolizione delle auto. Mentre John controllava la sua ferita, disse ai tre di trovarsi lì perché stava recuperando delle pratiche arretrate, quando un uomo era entrato con una furia indescrivibile, trascinando una ragazza semi-cosciente all'interno dell'ufficio. Quando lo aveva visto, lo aveva minacciato con una pistola, intimandogli di gettarsi a terra e di non fare scherzi. Non aveva neanche avuto il tempo di suonare l'allarme. Disse di non ricordare molto altro, tranne che quell'uomo parlava di “schiacciare quella sgualdrina come un insetto”.

Colto da un tremendo presentimento, Sherlock si precipitò alla finestra che dava sulla pressa da demolizione: era in funzione.

-Oh, no... - mormorò fra sé e sé, - dobbiamo muoverci... Dobbiamo muoverci e subito! -

Scattò di nuovo verso la porta: - Lestrade, raduni i suoi uomini e venga alla pressa il prima possibile! - e corse via senza aggiungere altro.

John e l'ispettore si guardarono un attimo, per poi uscire a loro volta il primo dietro al detective e il secondo (borbottando qualcosa sui continui ordini di Sherlock) a fare ciò che gli era stato chiesto.

Il dottore, mano a mano che si avvicinava alla pressa, avvertì un rumore continuo e assordante. Trovò l'amico nascosto dietro alcuni rottami, ad osservare la scena di fronte a sé, e quando gli si affiancò vide anche lui l'alta gru che, calando il suo magnete sul tetto delle automobili, le sollevava con un'inquietante movimento lento e ripetitivo per poi portarle al di sopra della pressa e lasciarvele cadere pesantemente con un gran fragore di lamiere. Ma ciò che normalmente sarebbe sembrato un lavoro come un altro, ora sotto gli occhi dei due assumeva un'ombra d'orrore, poiché nell'ultima auto della pila che stava via via diminuendo ci fu un movimento.

-Annie... - mormorò John, coperto dal rumore.

Quando il cubo di metallo appena formato dall'ultima auto demolita andò ad unirsi agli altri a fianco della pressa, il dottore capì cosa intendeva il rapitore con “schiacciare come un insetto”. Prese Sherlock per un braccio, e cercando di farsi sentire gli domandò cosa avesse intenzione di fare.

-Tu pensa ad Annie, io mi occupo di lui! - gli rispose il detective cercando a sua volta di sovrastare quel gran baccano, poi si separarono, uno diretto alla gru e uno alla pila di automobili.

Ne rimanevano solo due prima di quella dove era prigioniera la ragazza.

Quando Sherlock raggiunse la sua meta, con movimenti il più possibile furtivi aprì la porta della cabina della gru; all'interno stava un uomo alto e robusto, dai corti capelli castani e negli occhi scuri riflessi nello specchietto retrovisore sopra di lui una luce da folle.

Sherlock calcolò le possibilità che aveva di stenderlo da solo, e si rese conto che erano piuttosto basse, ma aveva comunque dalla sua il fattore sorpresa. Così afferrò il primo oggetto che gli capitò a tiro, ovvero una sbarra metallica, e portandola all'altezza della gola del suo avversario lo trascinò via dai comandi con tutta la forza che aveva. Quello reagì cercando di contrastare il detective, ma non poté non fare qualche passo indietro per evitare di essere strangolato.

Questo diede tempo a John, che nel frattempo era arrivato da Annie, di dare un'occhiata all'interno dell'auto dove lei era rinchiusa e valutare le sue condizioni; era legata e imbavagliata sul sedile posteriore, e con gli occhi verdi sgranati e pieni di lacrime di terrore gli lanciò una muta richiesta di aiuto.

John si mise allora ad armeggiare con la serratura della portiera con un filo di ferro trovato lì per caso, ma nonostante Sherlock gli avesse fornito una basilare infarinatura sulle tecniche di scasso non aveva la stessa mano ferma del detective.

Quest'ultimo stava continuando a lottare, ma la forza dell'avversario era notevole e quest'ultimo non cedeva. Nella colluttazione, con il gomito l'uomo spostò la leva che controllava la rotazione della cabina, e questa iniziò a girare lentamente. Di conseguenza il braccio della gru si spostò, e con esso il magnete, che oscillando andò a colpire la pila di auto, facendo cadere le ultime due che separavano Annie da morte certa, molto vicino al povero John, che istintivamente si appiattì contro la portiera.

Il criminale riuscì a liberarsi di Sherlock, buttandolo all'indietro e quasi facendolo cadere di sotto dalla cabina, per poi riprendere i comandi. Accese il magnete e lo calò sull'auto che gli interessava davvero. Quando un tonfo metallico molto vicino sovrastò il resto, John capì che non c'era più tempo, e riprese a lavorare sulla serratura. Annie si agitò, sempre più nel panico, mentre l'auto si sollevava, e il dottore, piuttosto che rinunciare così, si aggrappò d'istinto alla maniglia della portiera. Solo dopo, quando il terreno gli mancò sotto i piedi, si rese conto che aveva fatto una cosa davvero stupida.

Sherlock, aggrappandosi dove e come poteva, risalì in cabina, e si gettò sull'altro cercando di trascinarlo di nuovo via lontano dai comandi. In quel momento un lampo blu elettrico attraversò il buio all'esterno: era arrivato Lestrade.

John, muovendo le gambe per non cadere, nel vedere la pressa che si avvicinava perse un po' del suo autocontrollo e iniziò a temere per la vita sua e di Annie.

Nel frattempo, continuando a lottare, il detective tastando dietro di sé riuscì in qualche modo ad arrestare il movimento della gru arrivando ai comandi. L'altro provò a liberarsi dalla sua stretta allora, ma Sherlock riuscì a resistere, e stavolta controllando ciò che faceva, riuscì a spegnere la pressa.

Lestrade, scendendo dalla sua vettura, non riuscì a credere a quello che vedeva: John Watson, appeso alla portiera di un'auto che si muoveva terrorizzato, su in alto, poco sopra la pressa, e poi il loro sospettato cadere di sotto dalla cabina della gru, atterrando malamente e con un vistoso livido in faccia.

Sherlock apparve nel vano della porta della cabina stessa, col fiatone, guardando di sotto, poi si rivolse all'amico: - John, va tutto bene? -

Con tono lievemente isterico, il dottore replicò: - Devo anche risponderti?!? -

***

Molly riprese i sensi il mattino successivo. Questa volta trovò John e Sherlock ad attenderla.

Il detective fu il primo ad accorgersi che si era svegliata, e mormorando un “hey” diede un colpetto al braccio del dottore, addormentato accanto a lui. Quest'ultimo ebbe un leggero scossone, strinse gli occhi due o tre volte e poi si rese conto del risveglio della ragazza a sua volta.

Lei si tirò su a sedere: la sensazione di nausea era svanita, e il dolore alla testa era diminuito. Si sentiva decisamente meglio, ma il sorriso che voleva rivolgere ai due amici svanì subito, poiché il pensiero le tornò al motivo per il quale si trovava lì.

Prontamente John le si avvicinò e la rassicurò, vedendo il suo cambio di espressione: - Va tutto bene, Molly. L'abbiamo salvata. E' nella stanza qui accanto. -

Sospirando di sollievo, lei si adagiò con la schiena sui cuscini: - E Fred, il suo ex fidanzato? -

-Lestrade se ne sta occupando in questo momento - si aggiunse Sherlock, avvicinandosi a sua volta.

Ancora più sollevata, finalmente sorrise; Annie poi comparve sulla soglia della stanza, i capelli corvini scarmigliati e il sopracciglio coperto dai cerotti ma viva, che sorridendo raggiunse l'amica e l'abbracciò, felice.

-Lasciamole sole, adesso, John, noi due siamo di troppo... - mormorò il detective rivolto l'amico, ma si voltò un attimo a guardare le due ragazze prima di andare.

Molly se ne accorse, e da sopra la spalla di Annie guardò colui che per lei era molto più che un amico. Muovendo le labbra articolò un silenzioso “grazie”, che sperò esprimesse almeno un po' l'immensa gratitudine di entrambe.

Sherlock le sorrise di rimando, soffermandosi ancora per una manciata di secondi, prima di raggiungere John nel corridoio.

-Non vedo l'ora di dormire nel mio letto... - borbottò il dottore, stiracchiandosi, - le sedie dell'ospedale non sono affatto comode... -

-Ma come, un valoroso soldato come te dovrebbe essere abituato a cose peggiori - scherzò l'altro.

-Mi consolo del fatto che abbiamo salvato una vita. Ma mi è rimasto un che... Un dubbio, ecco. -

-Quale dubbio? -

-Perché lo sfasciacarrozze? Poteva benissimo ucciderla in maniera meno eclatante. -

-E invece voleva proprio infliggerle una punizione esemplare, anche torturandola psicologicamente. Un'auto alla volta, poi sarebbe toccato a lei. “Finirai così” sembrava dire. E poi quello sfasciacarrozze apparteneva a lui, è stato abbastanza facile capire dove l'avesse portata. -

All'uscita dal Saint Bartholomew, ad attenderli c'era una giornata insolitamente soleggiata. Il cielo azzurro e l'aria fresca del mattino rinvigorirono i due amici, che rimasero lì fermi per un po'. La città era già sveglia, e il traffico scorreva tranquillamente.

-Vuoi ancora tornare a casa, John? -

Il dottore ci pensò su un attimo, poi sorrise: - Sai... Il sonno mi è passato. -

  
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