La
mia vita cambia radicalmente
Okay, quel tipo era pazzo. Seriamente.
Aveva parlato di angeli e draghi e poi aveva detto qualcosa a proposito
del
fatto che noi dovevamo essere le loro reincarnazioni.
Alex era scoppiato a ridere, ma l'uomo l'aveva ammonito con una frase
di cui
non avevo capito il senso.
Poi era calato il silenzio.
Mi voltai verso Alex e lo vidi mentre stringeva uno strano ciondolo con
una
pietra rossa, la faccia sonvolta di chi ha appena visto un fantasma e
lo ha
riconosciuto come un suo vecchio amico morto.
Gli diedi una gomitata.
-Non vorrai credergli!- esclamai stupita, ma lui non rispose, gli occhi
sgranati che urlavano qualcosa tipo "devo farlo" o "mi
dispiace".
Feci qualche passo indietro.
-Okay, è uno scherzo, vero? E' tipo uno di quei nuovi
programmi in cui le
vittime vengono prese in giro e tutti se la ridono dietro lo schermo,
no? Okay,
ragazzi, venite fuori: il gioco è finito!- esclamai ad alta
voce voltandomi
verso l'entrata.
-Diane.
Mi voltai e incontrai lo sguardo duro dell'uomo. Duro e... dispiaciuto?
-Diane, proprio tu...
Mi accigliai.
-Che cosa vuole dire con questo?
Lui sospirò e mi si fece vicino.
-Tu non hai dimenticato chi sei, Diane- mi mise le mani sulle spalle.
-Lo sai
benissimo, ma non vuoi accettarlo. Ti spaventa il fatto che tu possa
soffrire
un'altra volta, non è così?
Mi guardò fisso negli occhi.
All'improvviso scene diverse mi si presentarono davanti.
Vidi delle immagini sfocate di due bambine, una più grande e
una più piccola,
che giocavano ridendo allegre. Poi una figura alata le
sovrastò. Infine, vidi
la bambina più grande che abbracciava il corpo della
sorellina, trapassato da
una lancia, attorno una nuvola di piume bianche.
Subito dopo l'immagine cambiò e vidi una grossa figura rossa
che lottava con
un'altra alata.
E poi ecco di nuovo la bambina più grande, ormai circa una
ventenne, che
piangeva sopra il corpo di un ragazzo con un armatura rossa.
Scossi la testa sbattendo le palpebre e indietreggiai, sfuggendo alla
presa
dell'uomo.
Le guance erano coperte di lacrime. Me le asciugai con stizza.
-Che diavolo...- Singhiozzai. -Cosa era quel... Il ragazzo... E la
bambina,
lei...
-Diane, non puoi rinnegare ciò che sei per la morte di una
persona cara. Anzi,
dovresti accettarla ancora di più e cercare di vendicarla.
Gettai un'occhiata ad Alex, che mi guardava con compassione, come se
sapesse
cosa significasse ciò che provavo.
Ma come faceva a saperlo lui, se neanche io avevo capito ciò
che avevo visto?
-Io... Io ci devo pensare, credo...
-No che non devi, Diane. Una parte di te ha già deciso da
tempo. Tu per prima
hai scelto.
-Cosa vuole dire?
-L'idea è stata tua, ricordi?
Un'immagine chiarissima si sovrappose nei miei occhi, come se fossi
lì
presente.
Mi muovevo calma nella stanza, ma la
verità è che l'agitazione era alle stelle dentro
di me. E se fosse successo
qualcosa? E se le reincarnazioni non avessero mai riacquisito coscenza?
E se...
"Per l'Amore del Dragone Divino, Shana, smettila con queste domande
sciocche!" mi dissi con un sospiro.
Sentii dei passi leggeri e capii subito chi era.
-Ciao, Ansem.
-Volevi vedermi?
-Sì...
Silenzio.
-Andrà tutto bene. Lo sai questo, vero?
-Finchè quell'Essere non morirà definitivamente
non andrà mai tutto bene-
ribattei.
-Ma non è necessario che tu ti distrugga così,
Shana! Sei sopravvissuta alla
guerra solamente per ucciderti tu stessa? Non mangi più e
non dormi più. Devi
riposare!
Silenzio. Non volevo rispondere a quella supplica così
dannatamente piena di
dolore.
Presi una coppa dorata piena del liquido che conoscevo e la porsi
all'uomo.
-Cos'è?- mi chiese.
-Le Lacrime di Sangue che ti servono affinchè tu viva in
eterno.
Prese il bicchiere osservandone il contenuto rosso.
Mi voltai e mi diressi verso il tavolo al centro della stanza.
-E tu? Non le prendi?
-No... Preferisco piuttosto attenermi al piano... Mi
ricongiungerò ai miei
compagni, in attesa del momento opportuno.
-Non l'hai ancora detto agli altri, vero?
-No- risposi distratta mentre studiavo le gemme che avevo davanti. -Ma
ho
intenzione di parlargliene.
-Quando?
Presi la gemma azzurra e me la portai all'altezza degli occhi.
Vidi il mio riflesso, il viso magro, le ombre sotto gli occhi colmi di
tristezza, gonfi di lacrime, e le guance ancora coperte dei graffi
ottenuti in
guerra. Ansem aveva ragione: ero davvero ridotta male. Sospirai
riponendo la
gemma insieme alle altre sette.
-Immediatamente- risposi voltandomi e sorridendo amara.
Di nuovo mi ritrovai a scuotere la testa e a battere le palpebre, ma
questa
volta non incontrai lo sguardo dell'uomo, ma il soffitto della sala.
Due braccia forti mi aiutarono ad alzarmi e mi sostennero mentre
barcollavo in
avanti.
-Tutto okay?- chiese allarmato Alex avvicinandosi. Negli occhi potevo
leggergli
l'ansia.
-Sì, sto bene...- dissi incerta con un sorriso. Che poi non
so neanche perchè
stessi sorridendo.
-Ora sai, Diane.
Mi voltai verso la voce dell'uomo e collegai...
-Ansem?!
Lui sorrise amaro. -Era molto che non udivo questo nome...
-Aspettate, volete dirmi cosa sta succedendo?- chiese Alex confuso e
agitato
insieme. Eccolo che tornava, la sua indole iperattiva, così
opposta alla mia.
-Credo sia giunto finalmente il momento delle presentazioni- convenne
l'uomo.
Alex mi lanciò un'occhiata strana, che non seppi decifrare,
come se si stesse
chiedendo cosa avevo che non andava.
-Dunque, mi sembra giusto che una presentazione ufficiale sia
d'obbligo. Io
sono Ansem- cominciò l'uomo. -Come già detto voi
siete le reincarnazioni di
alcuni Dragoni, cioè coloro che ereditarono i poteri degli
otto Draghi
Elementari, durante la guerra. Si chiamavano Dart, Shana, Meru, Kongol,
Rose,
Belzak, Sharley e Lavitz. Lavitz, signore del vento, Sharley, della
terra,
Belzak, maestro del metallo, Rose, signora del fulmine, Kongol, maestro
delle
ombre, Meru, signora della luce, Shana, la mezzasirena, signora
dell'acqua e
del ghiaccio e Dart, maestro della fiamma. Voi due siete i discendenti
di Shana
e Dart. In passato essi sconfissero Melbu Frahama, Re degli Alati.
Tuttavia...
sconfiggerlo non fu sufficiente. Egli fu intrappolato, sigillato
lontano dalla
terra, nella speranza che non potesse mai tornare. Io e Shana,
però, sapevamo
che lui sarebbe tornato, così io bevvi le Lacrime di Sangue
per poter avere la
vita eterna. Shana, invece, preferì attendere la morte. Si
occupò, però, di
preservare gli Spiriti dei Draghi, le gemme che vi danno i vostri
poteri e le
affidò ai figli dei suoi amici.
-Aspetti... ci sta dicendo che lei ha vissuto in prima persona
questa...
guerra?- chiese Alex.
-Sì... ero il Viceré di Dragavaar. La mia stirpe
condivideva lo Spirito del
Dragone Divino, il primo drago che camminò sulla terra. Per
istruire coloro che
dovranno affrontare di nuovo Melbu Frahama, ho atteso millenni.
-Che successe agli altri dragoni?- chiese Alex.
Silenzio carico di tensione.
Sapevo già la risposta, e probabilmente anche il moro
l'aveva intuita.
-Morirono tutti... nella guerra contro gli alati.
Quelle parole mi pesarono più di quanto avrei mai creduto.
Alzai lo sguardo dal pavimento ad Ansem.
-E' necessario che accettiate al vostra natura, ma se non volete non vi
costringerò a farlo.
Ci guardammo entrambi negli occhi per un paio di secondi, azzurro
contro
castano, chiaro contro scuro. Poi annuimmo.
Ansem sorrise. Un sorriso che per un attimo mostrò tutta la
tristezza di quegli
occhi millenari, e la loro speranza, il loro sollievo.
-Bene. Allora cominciamo.
In breve, ci fece visitare il castello, o ciò che ne
rimaneva.
Poi, ci condusse in una stanza sotterranea, ampissima e rossa:
l'armeria.
Appese alle pareti, armi di ogni tipo.
Archi, pugnali, spade, mazze ferrate, fruste, daghe, lance, asce e
così via
erano appese in bella mostra lungo le pareti, quasi ferme nella stessa
posizione di un duello, come se i loro proprietari le avessero lasciate
a
combattere da sole ma il tempo si fosse fermato nel bel mezzo del
combattimento.
Ero troppo impegnata ad ammirare quel posto meraviglioso, per guardare
dove
andavo a mettere i piedi. Urtai contro qualcosa, o meglio, qualcuno.
Alex si voltò e io fui ben attenta a fare un passo indietro,
imbarazzata.
-Ehm... Scusa.
-Nessun problema- rispose lui ammiccandomi.
Ricambiai il sorriso, riconoscente.
Cominciava a starmi simpatico.
-Dunque- ci richiamò Ansem. -Vi ho portato qui per affidarvi
la prima missione
importante.
Ci guardammo confusi.
-Le gemme contenenti gli spiriti dei Draghi sono andate perdute nel
corso del
tempo. E' vostro compito trovare le gemme a voi destinate.
-Okay, ma...- provò a chiedere Alex, ma Ansem lo interruppe
con un gesto della
mano.
-Tu non hai bisogno di cercare, Alex. La tua gemma la possiedi
già.
Alex assunse una faccia sconvolta. -Io...
-L'hai appesa al collo.
I miei occhi scattarono sulla sua collana, senza che la testa si
muovesse.
Lui, invece, fu più lento a metabolizzare l'idea, ancora
sotto shock.
Lentamente si portò una mano alla gemma rossa.
-Mia madre...- mormorò a testa bassa, ma non disse altro.
Provai ad andargli vicina e mettergli una mano sulla spalla, ma
incontrai lo
sguardo di Ansem che diceva "lascialo solo con i suoi pensieri, per
ora", quindi rimasi al mio posto.
-Dove troviamo le altre gemme e gli altri Dragoni?- chiese Alex
rialzando il
capo, come se niente fosse, ma uno sguardo ai suoi occhi e capii che
stava solo
cercando di distrarsi.
Provai il forte impulso di consolarlo, ma forse Ansem aveva ragione:
doveva
affrontare i suoi demoni da solo.
-Degli altri Dragoni non dovete preoccuparvi, al momento. Senza la
Gemma di
Shiva, il Drago che donò potere a Shana, Diane è
completamente priva di difesa
e imamgino che lei non voglia passare la vita come una donzella in
pericolo,
no?- mi chiese con l'ombra di un sorriso che mi fece capire che sapeva
già la
risposta e che questa lo divertisse molto.
-Dove la troviamo?- chiesi.
-Questo dovrai dircelo tu.
-Ma come...
-Devi soltanto concentrarti. Il tuo cuore sa dove si trova.
Lanciai un'occhiata dubbiosa ad Alex e lui ricambiò con una
di incoragiamento.
So per certo che avrebbe sorriso, se non avesse ricevuto la notizia che
lo
aveva scosso, poco prima.
Respirai a fondo e chiusi gli occhi, concentrandomi sulla visione che
avevo
avuto circa un'oretta prima. La gemma azzurra si andò a
delineare sempre più
nella mia mente, finchè tutto non divenne nero.
Bianco. Freddo. Blu.
Qualcosa brilla nell'oscurità, spaventa il lupo grigio, lo
mette in allerta.
Azzurro, in mezzo al bianco. Splende nel buio.
Il lupo si lancia e il suo nemico scompare nella neve.
L'ha battuto.
Bianco, blu e rosso, nell'oscurità.
Pieghe nel vento e una montagna di ghiaccio sul mare.
Mi svegliai e incontrai lo sguardo preoccupato di Alex.
Ma lui non rimase a guardarmi, spostò lo sguardo su Ansem,
poco lontano.
-Si è svegliata!- esclamò e lui si fece vicino
mentre mi alzavo.
-Dunque?
-E'... E' complicato. C'era della neve e... Un momento, sono svenuta di
nuovo?!
-Effetto collaterale delle visioni, va avanti.
-Allora, c'era della neve e un lupo... e qualcosa di azzurro che
brillava.
-La gemma- dedusse Ansem.
-E poi c'era... credo fosse una bandiera: bianca, blu e rossa. E poi...
una
specie di montagna bianca nel mare- continuai.
-Un ghiacciao- disse Ansem.
-Un ghiacciaio? Vuoi dire come l'Iceberg del Titanic?- chiese Alex.
-Paragone interessante, ma sì: come quello- rispose Ansem,
trattenendo un
sorriso.
-Quindi...- incoraggiai l'uomo a continuare.
-Credo sia in Russia. La bandiera è quella e lì i
ghiacciai abbondano, come i
lupi.
Mi chiesi cosa mai ci facesse un lupo su un ghiacciaio...
-Non è un gran punto di partenza- commentò Alex.
-Forse...- mormorai, ma mi interruppi.
-Forse?- mi incalzò Alex.
-Qualcuno potrebbe sapere il luogo specifico...- risposi titubante.
-Che intendi?- chiese Ansem, massaggiandosi il mento.
-Bè, mia madre è nata in Russia. Potrebbe
saperlo, no?- chiesi speranzosa.
L'avevo lasciata da sola, a cercarmi sicuramente. E il senso di colpa
mi stava
uccidendo.
-Mmh... Magari in gioventù è stata
inconsapevolmente attratta da quel luogo...
Dopotutto ospitava lei lo spirito di Shiva, prima di te, anche se
questo non
l'ha mai richiamata.
-E...?- chiese Alex.
-Potrebbe saperlo.
Dentro di me esultai di gioia.
-Ma prima che andiate prendete queste.
Ansem si voltò e si diresse verso un cassettone in mogano,
con strane incisioni
sopra.
Lo aprii ed estrasse una spada stretta e lunga, la lama rosso fuoco e
l'elsa
nera.
Era un'arma bellissima, che Ansem porse ad Alex.
Quando lui la impugnò la lama si illuminò come
fosse incandescente.
-E' scaglia di drago, e puoi usarla solo tu. Altrimenti qualcuno ci
perderà una
mano- spiegò Ansem e stetti bene attenta a registrare quella
informazione nel
mio cervello.
Poi l'uomo si voltò ed estrasse due pugnali stretti e lunghi
-per quanto può
esserlo un pugnale- con le lame bianche e le else elaborate azzurre.
Me li porse e quando li impugnai, da essere di sprigionò uno
strano fumo
freddo, come quando apri un freezer. Però non mi dava
fastidio, anzi... Il fumo
sembrò avvolgermi la mano come un guanto.
Guardai le armi ammirandone la bellezza.
-Vi serviranno anche questi- disse passandoci dei foderi legati a delle
cinture.
Ce li allacciammo entrambi alla vita.
-Bene, siete pronti.
-Emh... Queste armi... Non crede che daranno problemi in aereoporto?
-Sono armi magiche, Diane. Gli umani e quegli... eccentrici
strumenti tencnologici non le possono vedere o rilevare-
disse storcendo le labbra.
Sorrisi divertita.
-Okay, ma come facciamo ad uscire da Dragavaar?- chiese Alex.
Ansem estrasse una chiave dorata dalla tasca dei pantaloni e gliela
porse.
-Questa vi permetterà di andare e venire in città
quando vorrete. Funziona solo
con il contatto fisico. Dovete concentrarvi intensamente e riuscirete a
raggiungere il cortile del castello. Tutto chiaro?
Annuimmo.
-Bene. Buon viaggio, Dragoni. E cercate di restare vivi.
Prima che potessi fare qualcosa, Alex mi prese per mano.
Mi sentii risucchiata da una forza invisibile e capii che avrei di
nuovo
provato la sensazione del teletrasporto.
L'ultima cosa che vedi, fu il sorriso triste di Ansem.
L'atterraggio fu più o meno doloroso.
Eravamo ricomparsi nel vicolo dove eravamo stati attaccati, tutti
interi, solo
che subito dopo eravamo scivolati sul ghiaccio ed eravamo finiti l'una
sopra
l'altro.
-Aehm...- balbettai poggiata al suo petto, guardandolo negli occhi, troppo vicina.
Mi sentii avvampare e mi alzai in fretta e furia, stando attenta a non
scivolare di nuovo.
Mentre lui faceva lo stesso mi spazzolai per bene il cappotto coperto
di neve.
Uscimmo dal vicolo senza avere il coraggio di guardarci.
-Casa mia è da quella parte- dissi indicando una via,
nervosa. -Andiamo.
Nessuno dei due parlò per tutto il traggitto, ognuno perso
nelle proprie
riflessioni.
Alla fine arrivammo davanti alla palazzina ammuffita dove abitavo.
Sospirai e gli fece strada su per le scale, fino alla porta del nostro
appartamento.
-Mia madre ti sembrerà un po'... strana, diciamo
così- lo avvisai, poi, senza
aspettar risposta, bussai.
Quando la porta si aprì, incontrai lo sguardo azzurro spento
di mia madre, lo
stupore e la paura dipinta in viso.
-Diane! Diane, Santo Cielo, dov'eri?!- mi chiese abbracciandomi,
rettifico, soffocandomi come un
pitone.
-S-sto bene, mamma. Non uccidermi, ti p-prego!- dissi senza respirare.
Lei allentò di pochissimo la stretta su di me, da pitone che
ti sta per
uccidere, a pitone che vuole farti morire lentamente.
-Dove sei stata?- ripetè.
-Ero...- gettai un'occhiata ad Alex.
Solo allora mia madre parve accorgersi di lui, e lo guardò
allarmata.
Mi afferrò il braccio e mi spinse dietro di lei, puntando un
dito contro Alex.
-Cosa-hai-fatto-a-mia-figlia?- scandì minacciosa.
-Mamma! Alex è un amico!- esclamai stupita.
Mia madre parve tranquillizzarsi.
-Salve...- salutò Alex, con l'aria di uno che stava
valutando se scappare o no.
-Mamma, dobbiamo parlare con te. Subito.
Dal tono in cui lo dissi, mia madre capì la
gravità della situazione.
-Entrate.
Eravamo seduti intorno al tavolo della cucina.
La casa, notai, era stranamente in ordine. Neanche fosse passato il
team di
"Extreme Makeover Home Edition" in persona!
-Mi sono data da fare mentre non c'eri- sembrò giustificarsi
lei imbarazzata.
-Mamma, è passata una notte...- le feci notare.
-Ero preoccupata... Pensavo che così saresti tornata... E lo
hai fatto- rispose
stringendomi la mano, le lacrime agli occhi.
Sorrisi.
-Allora, ragazzi... Di cosa volevate parlarmi?- chiese.
Io e Alex ci scambiammo un'occhiata.
-Ecco... Abbiamo una cosa importante da fare, mamma. E...
-Ci serve il suo aiuto per trovare un posto. Un posto importante,
molto-
completò Alex.
Mia madre ci pensò su. -Importante, dite?
-Sì- dissi guardandola. -Vedi... E' complicato, e non sono
sicura di potertene
parlare, ma...
-Non centra la droga, vero?
-Cosa? NO!
-Allora va bene- sorrise sospirando sollevata dalla notizia. -Dunque,
che posto
è?
-Crediamo si trovi in Russia. Un ghiacciaio.
Assunse una faccia sconvolta.
-Che devi andarci a fare in Russia?!
-Ecco... Te l'ho detto, non possiamo dirtelo- dissi dispiaciutissima.
Mi guardò negli occhi per un po', poi... sorrise?!
-Mio nonno me lo diceva...
Io e Alex ci guardammo confusi.
-Mamma, cosa...?
-Il tuo bisnonno parlava sempre di cose folli, quando ero bambina... Mi
diceva
che la nostra stirpe era destinata a salvare il mondo-
spiegò parlando con
dolcezza e malinconia. -Diceva che discendevamo da gente speciale... Da
gente
/molto/ spieciale.
Silenzio.
-Centra questa storia, vero?- chiese poi.
Annuimmo lentamente.
Sorrise.
-C'era un ghiacciaio...- mormorò persa tra i ricordi.
-Quando vivevo in un
piccolo paesello in Russia, poche centinaia di metri dalla costa, c'era
questo
immenso ghiacciaio, Garderuth. Era... Come una montagna bianca sul
mare, molto
grande.
Sussultai appena, mentre ricordavo il mio sogno.
Pieghe nel vento e una montagna di
ghiaccio sul mare.
-E...
-Non so se centra qualcosa, ma da piccola ne ero sempre attratta.
Guardai Alex.
-E' un buon punto da cui partire- convenne lui sorridendo
incoraggiante.
Ricambiai grata.
-Bene, non c'è tempo da perdere, allora- disse poi mia
madre.
La guardai confusa.
-Devi andare, cara, forza!
Ci alzammo, ma mia madre fu più veloce. Corse in camera mia
e tornò poco dopo
con uno zaino. Riuscii a intravedere un paio di cambi di vestiti e il
mio Mp3,
prima che lei prendesse a riempire di viveri in scatola dal nostro
frigo e a
sistemarglieli dentro.
-Mamma, no! Così tu...
-Silenzio, cara- mi interruppe lei con un sorriso.
Sbattei ripetutamente le palpebre, scioccata. Perchè
d'improvviso si comportava
come... bè, come un madre vera?
-Non ho molti soldi con me- disse aprendo un barattolo e tirandone
fuori
qualche centinaio di dollari.
-Mamma! Che stai...
-Prendetevi cura di voi, okay? State attenti e cercate di tornare sani
e salvi-
mi interruppe ancora mia madre, il volto serio.
-Purtroppo non ho vestiti maschili, qui in casa- si scusò
con Alex.
-Non si preoccupi, passerò a prenderli in albergo- sorrise
lui, grattandosi la
nuca.
Mamma annuì.
-Andate, ora, forza.
Alex andò verso la porta, lasciandoci sole.
-Mamma, perchè stai facendo questo?
-Sei mia figlia, no?
Non seppi cosa replicare.
-Stai attenta, bambina mia.
-Mamma...
-E perdonami di tutti questi anni in cui hai dovuto prenderti cura di
me.
Rimedierò, promesso.
Sorrisi abbracciandola forte.
-Ti voglio bene, mamma.
-Anch'io, angelo. Sii forte come la dea di cui porti il nome.
Risi, perchè aveva toccato uno degli argomenti di cui andavo
pazza: la
mitologia.
-Forza, ora. Non vorrai fare aspettare il tuo nuovo ragazzo!
-E' solo un amico!- esclamai scandalizzata.
-Bè, ma è carino, no?
Avvampai, ma non risposi.
Mia madre rise.
-La Russia è lontana, ti conviene muoverti.
Mi feci sospingere fino alla porta d'ingresso, poi ripresi come
coscienza di
me, anche se non riuscivo ancora a guardare Alex in faccia.
-Arrivederci, signora...
-Chiamami Karen.
Lui sorrise ed uscì.
-Ciao, mamma.
-Ciao, tesoro- mi salutò lei e io seguii Alex oltre la soia.
Come aveva detto, Alex mi fece strada verso il suo albergo.
Scoprimmo con amarezza che la chiave che ci aveva dato Ansem funzionava
solo
per teletrasportarci a Dragavaar e non in giro per il mondo.
Sarebbe stato troppo facile, altrimenti,
ovvio!
Il moro preparò anche lui uno zaino con dei
vestiti e dei soldi, e mi
trascinò via dall'albergo senza che potessi fare domande,
poi, insieme, prendemmo
un taxi per l'aereoporto.
Mentre eravamo in fila per comprare i biglietti che ci avrebbero
permesso di
raggiungere la Russia -tutti e due muniti di passaporto- ripensai a
quanto era
cambiata la mia vita nel giro di qualche ora.
Guardai Alex mentre parlava con la donna dietro il bancone per
procurarci i
biglietti. A quanto pare era pratico di queste cose. Io non avrei
saputo da
dove comiciare.
Anche se era una testa calda, dovevo ammattere che se la cavava in
certe
situazioni meglio di me.
E poi era carino...
Smettila, Diane!
Lo vidi tornare verso di me con un'aria di trionfo.
-Tra due ore parte l'aereo. Ma il viaggio durerà un po'...
Annuii.
-Almeno è stato facile!- commentai per sciogliere la
tensione.
Non sapevo ancora quanto mi sbagliavo.