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Autore: Aesingr    23/02/2014    6 recensioni
Spyro e Cinerea hanno combattuto e sconfitto il perfido Malefor, drago viola dai poteri immensi. l'hanno sempre considerato un nemico vile e spietato, insensibile di fronte al dolore che stava causando.
Si sa, l'oscurità può sorgere anche dalla luce. A volte l’amicizia, l’amore ed ogni altro sentimento positivo possono mutare in artigli roventi, con cui è facile dilaniare la carne e le ossa per giungere al cuore.
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ALL'ORIGINE DELLE OMBRE



Dal ghiaccio e dal fuoco nacque la leggenda.
“Airack. Non credi che abbiano bisogno di te al tempio?”
il drago rosso si voltò a scrutare la compagna torvo, con un mezzo sorriso ad increspargli le labbra.
“E tu non credi che sia più importante la famiglia del lavoro? Due spade possono aspettare”
“quando avrai scatenato l’ira dei guardiani non venire ha chiedermi aiuto”
“Non ho paura di quei vecchi rimbambiti” ribatté lui, sbuffando refoli di calore.
La dragonessa lo ignorò, voltando lo sguardo alle proprie spalle. La loro grotta, di modeste dimensioni, presentava pareti levigate di pietra bianca come quella che costituiva il semicerchio di colonne disposto attorno all'ingresso. Sul fondo si trovavano Due nicchie incavate; al fianco di una di queste, su un piccolo giaciglio di paglia, era disteso un uovo.
Un uovo viola, con la superficie cosparsa di striature nere e bluastre che disegnavano una piccola figura alata stilizzata. Il drago dalle squame cremisi si mosse lentamente e si avvicinò all'uovo, che oscurò con la sua enorme mole.
“Il nostro piccolo”
“Sì” Rispose la dragonessa, le cui squame azzurre si accostarono a quelle rosse del compagno. I suoi occhi perlacei riflettevano la bontà del suo animo puro e desideroso di poter sorridere d'innanzi alla schiusa di quel piccolo uovo viola, che sapeva le avrebbe regalato incommensurabili soddisfazioni.
"Lehr, non possiamo far finta di niente”
Lei lo fulminò con lo sguardo.
“Ti ho già detto mille volte io stessa che non possiamo far finta di niente. Ma non voglio neanche che venga considerato diverso dagli altri. Né tanto meno loro nemico”
Airack mosse la lunga coda spinata, per poi acquattarsi come a voler proteggere l’uovo.
“Non lo abbiamo portato con le altre uova proprio per paura di metterlo in pericolo. Non mandiamo tutti i nostri sforzi in fumo”
Lehr gli si avvicinò.
“Significa che vuoi vederlo crescere isolato da tutto e da tutti? Che vuoi vederlo guardare gli altri cuccioli che giocano impedendogli di unirsi a loro?”
“Ovviamente no. Ma conosci la leggenda” insisté lui.
“Allora saremo noi la sua guida. Ciò non toglie che debba trascorrere giorni felici e crescere con gli altri draghi”
Airack sembrò rassegnarsi e chinò il capo in segno di resa. Prese il fragile uovo tra gli artigli rapaci e lo osservò come farebbe un cucciolo con il suo primo gioco.
“Puoi andare" continuò la dragonessa. "Non c’è bisogno di te al momento. Non voglio che al tempio ci siano litigi”
“non ve ne saranno” Rispose il drago rosso, stringendo il figlio tra le dita della possente zampa, per poi riaprirla e restare diversi secondi immobile a contemplarlo. “Ti auguro un futuro radioso”
Lehr sorrise.
“Ed un padre che non trascuri il proprio dovere di fabbro”
L’altro sogghignò e si diresse svelto verso l’uscita della grotta. Quel giorno non perse tempo ad osservare l’alba ancora incompleta, ma lanciò un’occhiata ai primi raggi del sole che splendevano alle sue spalle. Il suo sguardo tradiva la sua incertezza. Non era assolutamente convinto che abbandonare Lehr e l’uovo fosse la scelta più saggia. Si sollevò comunque in volo, scagliandosi in cielo con un balzo piuttosto elegante per la sua massa fisica.
Volò alto nella brezza fresca del mattino soleggiato, dilettandosi nell’sservare le scimmie e le talpe che sotto di lui erano impegnate nelle più disparate attività: chi scavava tane, chi costruiva capanne, chi disseminava i campi fertili di semi e grani e chi batteva ferri sulle forge.
Intorno a lui le fronde degli alberi più alti sembravano correre in direzione opposta alla sua; le sue ali sferzavano un vento portatore di dubbi e incertezze, mentre le sue squame percepivano il disagio come la schiuma di un'onda che raggiunge e investe la sabbia per farne fango.
Nonostante il cielo fosse terso e l’alba gioisse festosa sui tetti delle capanne e sulle strade che si diramavano nei dedali circostanti, l’atmosfera era carica di tensione. Airack sentiva che quel giorno il tempio non lo stesse aspettando invitante come i giorni precedenti. Scacciò il pensiero e prese velocità, giungendo in breve alla palude che circondava il tempio degli elementi.

Un’ombra attraversò la copertura naturale della grotta nella quale Lehr e il piccolo riposavano ignari. Quattro artigliate zampe silenti si posarono sulla superficie rocciosa della caverna. L'intruso restò in ascolto, nel tentativo di captare anche la più insignificante forma di movimento. Nessuno l'aveva udito, neanche la stessa Lehr, che se ne stava pensierosa a fissare la volta che costituiva il soffitto della caverna ignorando che qualcuno si trovava proprio sopra di essa.
“Comune, semplice, per niente sospetta. Una casa perfetta per nascondere qualcosa” commentò l’intruso, grattando pigramente sulla pietra ruvida.

“Airack, erano anni che non tardavi. Cos'è successo?”
Un drago dalle squame glaciali come l'azzurro dei ghiacci se ne stava seduto sulle zampe posteriori, le ali stese lungo i fianchi, osservando Airack in piedi di fronte a lui. Sostenne nervosamente lo sguardo, cercando di apparire quanto più naturale possibile. Intorno a loro, le mura antiche come il tempio che le ospitava si ergevano circolarmente fino al soffitto, costituito da un oculo vitreo dal quale filtrava la luce mattutina. Sulle pareti erano incastonate lame affilate: spade, asce, lance e mazze di ogni forma e dimensione, che rappresentavano il risultato di una faticosa mano d’opera da parte del drago cremisi. Airack trascorreva lì molto del suo tempo per esercitare le sue abilità di fabbro, offrendo le sue capacità per fornire ad ogni specie un armamento adeguato. Amava il suo lavoro, quasi quanto amava Lehr.
“Se dopo tutto questo tempo un piccolo ritardo dovesse costarmi la vostra fiducia non esiterò ad andarmene” ribatté scorbutico.
“Nessuno ti ha chiesto di andartene”
Airack mosse leggermente le ali per donare al suo aspetto una sfumatura più solenne e composta.
“Allora non vedo dove sia il problema. Per me è un onore servire te e gli altri guardiani, ma di questi tempi il vostro comportamento mi sta lasciando al quanto perplesso”
L’altro sbuffò sonoramente, spingendo il muso di qualche centimetro più vicino a quello dell’interlocutore, che non indietreggiò. Il suo corpo, nonostante apparisse robusto e navigato, al confronto di quello di Airack pareva piuttosto esile.
“Non scaldarti, non ce n’è alcun bisogno. Il tuo aiuto, che tu erroneamente chiami servizio, ci è molto utile. Se ti senti oppresso dal nostro comportamento sei libero di andartene”
Airack socchiuse le palpebre e per un attimo sembrò pentirsi della propria irruenza.
“Non intendevo dire questo. Solo che ogni errore o incertezza riesce a diventare un pretesto di lamentela da un po' di tempo a questa parte. Non sei tu a turbarmi Axius, sai che sei l’unico qua dentro del quale io mi fidi, ma l’aria che si respira al tempio mi sembra diventata piuttosto pesante”
Le iridi marine di Axius si intrecciarono con quelle scure del fabbro, che non distolse lo sguardo per non lasciar trasparire quel guizzo di incertezza che avrebbe potuto tradirlo come il movimento chiassoso di una preda nascosta.
“Noi pensiamo Airack che il tuo comportamento così inusuale, così lontano dal tuo consueto modo di fare abbia un'origine pericolosa. Non hai mai fatto ritardo, neanche di un secondo, non fosse stato per qualcosa di più che rilevante. La tua fretta di tornare a casa ogni giorno, tutte le domande alle quali ti guardi bene dal rispondere in maniera esaustiva, hanno insospettito soprattutto Flarendor. Io personalmente ho molto rispetto per te e per le tue doti manuali, ma se c’è qualcosa che al tempio non piacciono sono i segreti pericolosi”
La mente di Airack comprese che c’era poco tempo per elaborare una risposta convincente e credibile. Cosa l’aveva tradito? Quale aspetto del suo comportamento aveva destato tali sospetti nei guardiani del tempio? Il suo muso non riuscì a non contorcersi in una smorfia di astio nei confronti delle sue lacunose capacità di mascherare i propri pensieri.
“Non ho mai mentito a voi guardiani degli elementi e mai lo farò. Ma non posso fare attenzione ad ogni mio gesto preoccupandomi della vostra interpretazione”
Axius si sollevò rapidamente sulle quattro zampe, lasciando che le ali azzurre gli scivolassero a coprire le spalle.
“Ti prego Airack. Cosa nascondi in quella tua grotta che noi non dobbiamo conoscere? Flarendor è diretto proprio lì. Ho cercato di fermarlo, ma non ha voluto sentir ragione”
Come se una delle sue spade lo avesse trafitto su ogni singola squama del corpo, un brivido di terrore pervase Airack.
“Maledetto!” Un ruggito scaturì dalle profondità del suo essere. Il guardiano del ghiaccio ebbe l’istintivo riflesso di gettarsi indietro fino a sfiorare la parete opposta con la punta della coda. “Se si azzarda a toccare Lehr o l’uovo io...”
Troppo furente e devastato dalle paure per degnare il guardiano anche di una minima attenzione, Airack si gettò fuori dalla stanza e attraversò a balzi gli ampi atri del tempio fino a lanciarsi da un oculo privo di invetriata. Sfruttò lo slancio della spinta delle zampe posteriori sulla pietra che rivestiva l’esterno del tempio e come un’enorme saetta rossastra si confuse con violenza tra gli albori prossimi a lasciar spazio ad un giorno di paure; giorno in cui dall'azzurro del ghiaccio e dal rosso del fuoco avrebbe avuto luogo la nascita del leggendario drago viola.
  
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