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Autore: Nimue_    23/02/2014    5 recensioni
Emma Carstairs, la seconda cacciatrice più abile al mondo, trova in Jace Lightwood un maestro molto particolare, pronto a insegnarle sei proposte che un cacciatore non dovrebbe mai dimenticare.
V Lezione: "Molteplicità", Tessa Gray + Charles Dickens.
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clarissa, Jace Lightwood
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Clockwork City'
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lolli
Multiplicity
- Conosci te stesso. -
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Chi siamo noi, chi è ciascuno di noi se non una combinatoria di esperienze, di informazioni, di letture, d'immaginazione?
Ogni vita è un'enciclopedia, una biblioteca, un inventario di oggetti, un campionario di stili, dove tutto può essere continuamente mescolato e riordinato in tutti i modi possibili.
Italo Calvino, "Lezioni Americane -  Molteplicità"


Si sposarono in un giorno qualunque di un mese qualunque, scegliendo la data con spensierata casualità. Li aveva fatti sorridere sapere quanto le persone ritenessero importante sposarsi di Mercoledì, perché era un giorno fortunato, e farlo di Dicembre, perché era un buon mese. 
Però, quando fece il suo ingresso nella cattedrale di Westminster, dove erano convolati a nozze re e regine e dove l'Enclave aveva ritenuto giusto che si sposasse colei che aveva salvato il loro mondo, Theresa Gray realizzò che non era tutto così semplice come chiudere gli occhi e puntare il dito sul calendario. 
Rimase immobile per dei secondi interminabili, facendo scorrere lo sguardo sugli invitati e sulla moltitudine di facce diverse che la studiavano, sorridendo; volti commossi e orgogliosi, volti stizziti, volti ovunque. Non poté fare a meno di pensare che le sarebbe bastato stringere il fazzoletto di una donna sconosciuta tra le dita per mutare aspetto, rubarle l'identità e fuggire via per la paura di non essere pronta a mettere su famiglia. Avrebbe potuto essere tutti e nessuno in quel momento, eppure era ancora lì, in piedi con un velo d'oro a nasconderle il viso e Henry sulla sedia a rotelle che le teneva la mano.
Schiuse le labbra per respirare profondamente, poi cominciò a camminare. Dopo il primo passo la cattedrale si riempì dell'eco leggera dei violini. 
Infondo alla navata c'erano loro.

Quando le alzarono il velo sul viso, reclinandolo dietro la testa, finalmente lo vide distintamente. Fu come vederlo per la prima volta e innamorarsi di nuovo e all'infinito.
Will.
Will, con lo stesso sorriso che un tempo era così raro da doverne godere fugacemente e che adesso riempiva le giornate di chi lo riceveva. Era il sorriso più luminoso che gli avesse mai attraversato il volto. Will, con i capelli così ordinati che Tessa dovette trattenere una risata di gioia. Chissà se avevano dovuto legarlo, per pettinarlo con tanta cura. 
Will, con gli occhi di un blu a cui nessuno avrebbe mai reso giustizia a parole e in cui Tessa era solita perdersi, delle volte. In quel momento, sull'altare, con la mano di lui che si tendeva a toccare la sua, Tessa puntò lo sguardo nel suo e invece di perdersi ritrovò se stessa. 
Fu il giorno più chiaro della sua vita, in effetti.
Mentre i Fratelli Silenti recitavano il rituale della loro unione, con i cappucci abbassati sul volto e le rune rosse che decoravano i loro mantelli, Tessa sfogliò tutte le pagine della sua vita. Rievocò la molteplicità delle proprie esperienze e dei propri dubbi, le combinazioni del destino che l'avevano portata fino a quel giorno, con Will al suo fianco. Rievocò qual era stato il suo timore più grande, fino a quando non aveva detto di sì a Will:  vivere per sempre senza un'identità precisa, come una muta-forma capace di sfiorare infiniti aspetti e personalità, rischiando di perdere la propria; soffocare nella solitudine e nell'incertezza di non sapere chi era davvero.
I Silenti la distolsero dai suoi pensieri.
- Vuoi tu, Theresa Gray, accogliere William Owen Herondale come tuo legittimo sposo, in nome dell'Angelo Raziel, creatura di Dio, promettendo di essergli fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella luce e nella tenebra, e di amarlo e di onorarlo tutti i giorni della tua vita? 
- Oh, beh, - sospirò Will.
- Ci penserei, se fossi in te. Il nostro matrimonio durerà molto.
Nella navata centrale, una folla di Cacciatori non trattenne le risa. I fratelli Silenti non sembrarono cogliere nient'altro che l'imbarazzo della scena, incitandola a rispondere. Nella voce di Tessa si percepì una nota di divertimento.
- Sì, lo voglio. Per tutto il tempo. Sempre. 


Fu Jem a disegnare la runa dell'amore sul polso di Will, dove l'avrebbe sempre vista, perché lei non poteva imprimere quel marchio sulla sua carne, ma fu come se fossero state le sue dita a stringere lo stilo e a tracciare le linee ricurve del simbolo. Mentre il disegno dorato cominciava a prendere forma, Tessa si chiese se non fosse crudele, far compiere quel gesto proprio a Jem, che avrebbe voluto trovarsi a posto del suo parabatai e che non avrebbe mai potuto.
Jem era solito dirle che i sogni potevano realizzarsi se si credeva fermamente che fosse possibile. Il suo sogno si realizzò, ma a viverlo fu qualcun altro; eppure, nel momento esatto in cui lei e Will diventarono ufficialmente marito e moglie, le labbra di Jem si tesero verso l'alto, increspandogli le cicatrici sulle guance. Will pianse come un bambino.
Fu come nei libri che leggeva da piccola, con i petali d'arancio che venivano lanciati sulle loro teste e i chicchi di riso e la gente che gridava "viva gli sposi", rischiando di svegliare i poeti assopiti che riposavano a Westminster Abbey. C'era qualcosa, però, che lei non aveva mai immaginato prima: le scintille che scoppiettavano sulle dita di Magnus Bane, il modello di "macchina fotografica" perfezionato da Henry, e le battute di Will sulle anatre che avrebbero servito arrosto al banchetto del matrimonio. Fu una tale molteplicità di immagini, quella, che Tessa non sapeva come inserirle tutte nel libro della propria vita. 
E poi c'era quell'uomo.
Quasi non l'aveva notato, in principio, nascosto nell'ombra, ma poi le sue espressioni di disappunto cominciarono a stimolare la sua attenzione, fino a quando sulla soglia della cattedrale, prima che varcasse l'uscita, qualcuno pestò lo strascico del suo vestito. Tessa si voltò a guardarlo, interdetta ma troppo felice per curarsene. La sorpresa nel vedere che era proprio Lui fu difficile da mascherare. L'uomo si degnò di alzare il piede solo quando i loro occhi si incontrarono.
Per un momento il vociare degli invitati si fece soffuso, e la ragazza non sentì che la sua voce.
- Vi faccio i miei auguri, Signora Carstairs. Oh, vi chiedo scusa, Herondale. La molteplicità del vostro amore mi confonde.
Sorrise sotto i baffi striati di grigio.
- Confonde tutti noi, in effetti.
Tessa, la bocca cucita da migliaia di aghi di ghiaccio, esitò a lungo prima di parlare.
- Grazie per la vostra benedizione, Signore - mormorò, il tono di voce congelato. Chi poteva essere tanto sfrontato da voler incrinare quel giorno di gioia meritata, agognata come mai nient'altro aveva desiderato in vita sua? 
- Benedizione? Null'affatto. Sono venuto solo per vedere che cosa avevo combinato. Dopotutto questo matrimonio è anche merito mio. 
Una patina tremula increspò il volto dell'uomo come fosse stato di vapore, facendolo vibrare. Tessa trattenne il fiato. Un fantasma. Avrebbe dovuto pensarci, dopotutto: ogni cosa in quella figura appariva innaturale. Il colorito pallido, il modo in cui la sua voce risuonava isolata rispetto a quella degli altri, la traccia assente della sua scarpa sullo strascico del vestito, gli invitati che scorrevano al loro fianco come se Tessa e il suo interlocutore fossero invisibili. Perfino Will continuò a camminare senza di lei, sebbene i suoi movimenti fossero incredibilmente lenti.
- Non può essere. 
- Ho detto la stessa cosa il giorno in cui mi sono risvegliato, ma a quanto pare può essere.
- Voi siete...
- Charles Dickens, sì. Lo scrittore. Sono sepolto qui, e ho pensato che bastasse a rappresentare un invito al vostro matrimonio.
Tessa trovò sostegno sullo schienale di una panca, deglutendo. Si sentì avvampare per l'emozione, timida tutto d'un tratto.
- Il mio scrittore preferito è un fantasma. Ed è al mio matrimonio. - 
Represse l'impulso di lanciarsi verso di lui e stringergli la mano, cosciente che avrebbe sfiorato nient'altro che fumo. Come aveva potuto dimenticarselo? Dickens riposava da qualche anno proprio nella cattedrale, insieme agli intellettuali più famosi d'Inghilterra!
Si sentiva stupida ad ammettere che il corsetto era diventato troppo stretto per reggere i suoi respiri affannosi.
- E' un onore, Sir, voi siete...
- Il miglior scrittore inglese del secolo, a parere vostro, sì. Ma da qui fino a comportarvi come avete fatto, il passo è arduo.
Le sembrò di aver ricevuto uno schiaffo in pieno volto. Le orecchie ovattate per azione sovrannaturale del fantasma non aiutavano nell'impresa, ma Tessa non riusciva a credere che l'uomo avesse detto una cosa del genere.
- Scusate? 
- Mh. Sapete che parlo di "Racconto di due città". E' il vostro libro preferito. 
- Io non credo di capire.
Dickens aveva l'aria leggermente scocciata.
- Non ho abbastanza tempo per guidarvi verso la comprensione, quindi cercherò di essere conciso. Sono Io che non ho capito Voi. Siete un mistero, per me, così lassù hanno deciso di soddisfare uno dei miei capricci; a patto che mi dia una mossa, naturalmente.
Tessa serrò la bocca: se l'avesse tenuta spalancata un secondo di più, se la sarebbe slogata.
- Ascoltatemi bene e rispondete brevemente, - disse il fantasma, scandendo ogni parola, - che cosa vi ha insegnato il mio libro?
Di tutta quella situazione, una domanda del genere era decisamente l'aspetto meno insolito, rifletté, cercando di schiarirsi le idee. Doveva essere il pensiero fisso degli artisti, quello di riuscire a trasmettere un messaggio al maggior numero di persone possibili.
- Che si possono amare due persone con la stessa intensità, - annuì con sicurezza.
La sicurezza sfumò non appena Dickens si mise una mano sulla fronte, roteando gli occhi. 
- No. No. No. NO NO NO. Sbagliato. Ero sicuro che aveste interpretato erroneamente la mia opera somma. 
Come se fosse stata spinta, Tessa fece un passo all'indietro, puntando le scarpe perlate per non cadere.
- Il vero significato del mio racconto era l'opposto. La molteplicità del sistema, sfocia nella brutalità. Chiaro, essenziale, semplice, maledettamente lampante, signora Carstairs. Herondale, quello che è! Cara, vi è parso per caso un romanzo d'amore? Non lo era. Era un romanzo sulla gente, sugli squilibri tra proletariato e aristocrazia, sul terrore che la molteplicità di condizioni può causare. Ci pensi. Ad alcune persone il destino non riserva nulla. Ad altre riserva tutto. Le sembra equo? Non lo è. Ecco perché viviamo in un mondo così disordinato. E lei che cosa ha assimilato dalla lettura di "Racconto di due città"? Che può essere la Lucie della situazione, che può tenere il piede in due scarpe. 
Dickens sospirò alla vista dei suoi pugni stretti. Non riusciva a credere che stesse accadendo, che dovesse provare un dolore tanto forte in quello che avrebbe dovuto essere il giorno più bello della sua vita. Non riusciva ad accettare che una delle persone che aveva sempre stimato di più la stesse attaccando in quel modo.
-  Lucie ha scelto di amare una persona sola, alla fine. Non vi siete mai chiesta perché lo avesse fatto?
Ricacciò indietro le lacrime con tutta la determinazione di cui era capace.
- Io ho scelto Will. Sono qui perché ho scelto lui. Mi sono sposata perché ho scelto di stare con lui. 
La sagoma dello scrittore si incupì fino a colorarsi di fumo nero, mentre il gelo calava tutto intorno.
- Fossi in te, ragazzina, non mi permetterei di mentire in Chiesa. Ne hai scelto uno solo perché l'altro è stato costretto alla Città di Ossa e alla solitudine e all'ombra. E tu, per contro, gli fai fare il testimone di nozze. Gran bella faccia tosta.
- Smettetela!
Si accorse che la sua voce suonava sottile e acuta come una nota stonata, come il tasto di un pianoforte premuto per errore.
- Smettetela, adesso. Non sapete nulla di me!
- Mi chiedo se ne sappiate qualcosa voi stessa.
Non devo piangere, non devo macchiare il vestito. Improvvisamente la vista di quell'uomo divenne insopportabile, e Tessa dovette spostare lo sguardo altrove. Chaucer, Jane Austen, avrebbe voluto parlare con qualunque altro poeta sepolto della cattedrale, purché Dickens sparisse.
- Il mondo è vario, Sir, come le sue storie, e i lettori delle stesse. Ognuno interpreta il messaggio di un libro come questo gli arriva al cuore.
L'anello che Will le aveva infilato al dito non le era parso tanto pesante, sull'altare, ma in quel momento gravava sulle sue ossa come piombo.
Dickens annuì, ma c'era una fierezza intellettuale in lui che lo faceva sembrare una statua imponente.
- Non ne dubito, ma questo non rende l'interpretazione meno sbagliata. Io so che cosa volevo dire, io so che il messaggio corretto era uno solo, il mio. Il resto è polvere mascherata d'argento da un relativismo universale che usate solo quando v'è comodo.
- Siete pieno di certezze, Sir, - mormorò a denti stretti.
La sposa si asciugò gli occhi e tornò a confrontarsi con lo scrittore.
- Grazie a Dio è così. Se non mi credete potete frugare nella mia tomba, chiudere le dita attorno al mio cadavere e vestire i miei panni per un po'. Forse essere Charles Dickens vi aprirebbe la mente molto più che leggere Charles Dickens.
Ingoiò il desiderio di invocare il Santo Padre affinché lo rispedisse da dove era venuto, e rifletté su quell'insolita proposta. Se farsi aprire la mente voleva dire voltare le spalle a Will o a Jem, l'avrebbe tenuta sigillata per l'eternità.
Tessa girò i tacchi e se ne andò, arrestandosi solo sulla controfacciata dell'ingresso. Tornò a guardare Charles con le labbra curvate verso l'alto in una smorfia deliziata, come se all'improvviso quella situazione fosse diventata infinitamente divertente. Non era il tipo di sorriso che era bene rivolgere in Chiesa.
- Sapete, Sir Dickens, ho capito, finalmente. Avete ragione su tutto. Sono innamorata di due persone, il mio volto può assumere infiniti aspetti, la mia stessa vita non è stata che un susseguirsi di avventure tra le più disparate. La mia esistenza è descritta dalla molteplicità e dal disordine.
Charles inarcò un sopracciglio, sinceramente colpito. 
- Fatemi indovinare, c'è un ma. - azzardò una risata.
- Ma ho sbagliato su un punto e "A Tale of Two Cities" non è il vostro libro preferito.
- Oh, lo è, eccome se lo è. Il mio libro preferito in assoluto.
- Suvvia, che cosa ho malamente inteso, dunque?
Nel cortile di Westminster la folla esplose in una risata contagiosa. Il tempo aveva ripreso a scorrere normalmente, e come per incanto tutti si erano accorti dell'assenza di Tessa. Lo sposo si è perso sua moglie, gridavano gli invitati, di già! La ragazza riusciva a sentire la voce squillante di Will che giustificava il suo ritardo con una delle sue orribili battute. 
Tessa decise di averne avuto abbastanza. Lanciò il bouquet il più lontano possibile, verso lo scrittore, come da tradizione. I fiori di pesco attraversarono lo spirito aereo di Charles, fendendo l'aria, e rovinarono a terra senza che nessuno li prendesse; Tessa non aspettò di vedere la reazione dell'uomo e prese a camminare verso l'esterno.
- Non avete sbagliato nulla, ma non sono la Signora Herondale, né la signora Carstairs, né entrambe. E non sarò mai Charles Dickens, per fortuna. Sono Tessa, solo Tessa. E se fossi un libro, voi ne avreste interpretato male il messaggio. Non è quello che avete detto voi? Solo chi scrive un libro ne conosce i segreti.
Accarezzò l'angelo che portava al collo, scendendo a sfiorare il pendente di giada.
- Non permetterò mai a nessuno di definirmi, Sir. La molteplicità di giudizi come il vostro è polvere mascherata d'argento.

Uscì dalla cattedrale senza guardarsi indietro, e a Westminster risuonarono le campane. 
Dickens si sistemò il panciotto quasi fosse di vera stoffa, poi si arricciò i baffi con fare altezzoso.
- Tornate quando la vostra vita sarà un classico della letteratura inglese, Signora Carstairs. Herondale. Tessa, quello che è.



Angolo autrice: prima di mandarmi a quel paese perché Dickens non era così bastardo, tranquillizzatevi. Considerate il capitolo un "what if?" e Dickens un OOC. Premetto che secondo me l'interpretazione di Tessa di "Un Racconto di Due Città" è davvero sbagliata. Se avete letto il libro sapete che non è un romanzo d'amore ma un romanzo storico dalla potenza comunicativa straordinaria. Quello che volevo trasmettere con questo capitolo, però, è che anche se  Tessa delle volte ci ha fatto arrabbiare, la sua caratterizzazione non è semplice. Tessa è preda della molteplicità di esperienze. Potendo essere chiunque, rischia di perdere se stessa, e invece Cassie l'accompagna fino al raggiungimento di un'identità. Secondo me è qualcosa che va oltre la consapevolezza di amare due persone, perché prima di amare gli altri devi amare te stessa e capire chi sei. Spero di essere stata esaustiva. Per quanto riguarda l'ambientazione, Tessa e Will si sposano davvero a Westiminster se ben ricordo, e Dickens è davvero sepolto lì.
Il fantasma immaginatelo come uno spirito inconsistente, ma capace di muovere oggetti e fare altri scherzetti: insomma, uno spettro comune.
Ringrazio chi segue questa raccolta. Fatemi sapere cosa ne pensate, non rimanete silenziosi! E' una spinta per andare avanti :)
Saluti! <3


   
 
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