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Autore: emotjon    23/02/2014    10 recensioni
«Posso contare le lentiggini che hai sul viso?».
«Faresti prima a contare le stelle, Malik».
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Zayn Malik
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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*ce l'ho fatta :) no, tipo che dovevo postare ieri sera...
poi stamattina. vi ho illuse su fb un'ora dopo l'altra, alè.
e comunque, ci siamo. e ringraziate il mio vicino di casa, sto approfittando di lui, lol.
e niente, vi lascio alla lettura, penso di non dover dire altro.
alla prossima bellezze...
- emotjon.*







Lentiggini.
                                                                                      

«Posso contare le lentiggini che hai sul viso?».
«Faresti prima a contare le stelle, Malik».
 

Vanessa e Zayn si conoscevano da sempre. Insomma, non proprio da sempre. Non erano cresciuti insieme. Solo, dopo sette anni, era come se si conoscessero da sempre. Lui conosceva tutto di lei. Lei conosceva tutto di lui. E le loro mani erano la cosa più compatibile che conoscessero, entrambi.
Lei sapeva che lui era più grande di un anno, ma non le importava. Era stato bocciato in prima liceo, ma non le interessava. Anzi, era proprio per quella bocciatura che si conoscevano. Aveva avuto un trilione di ragazze, forse. Ma anche quello non le importava. Non avrebbe potuto importarle di meno.
Zayn aveva ventun’anni. Era… bellissimo. Inutile negarlo. Portava i capelli perfettamente scompigliati, sempre. E la barba quasi sempre lunga di un paio di giorni. E a Vanessa questo era sempre piaciuto. Sapeva di essere bello, ma allo stesso tempo minimizzava il tutto col suo incredibile senso d’umiltà.
Nessuno aveva mai capito di che colore fossero i suoi occhi. Forse solo Vanessa. Ma solo perché lei era una delle poche persone che non aveva paura, di quegli occhi. Al contrario, li avrebbe fissati per ore intere, senza mai stancarsene. Perdendocisi dentro.
Perché ad ogni cambiamento di luce i suoi occhi cambiavano colore. Da marrone, a cioccolato fuso, a nocciola, ad ambra, all’oro più splendente. E, riflessi in quelli della ragazza, a volte prendevano un’incredibile sfumatura verde scuro. Che vedeva solo lei, solo quando erano occhi negli occhi.
E gli occhi di Zayn si illuminavano quasi in automatico, quando c’era lei.
Solo che questo Vanessa non l’aveva mai notato.
Lei, sapeva che Zayn sorrideva spesso, praticamente sempre. Adorava quando le regalava un sorriso, solo per lei. Era quasi una magia, quando scoppiava a ridere, arricciava un poco il naso, strizzava leggermente gli occhi e infilava la lingua tra i denti. Era ancora più bello, in quei momenti.
Come il sole che fa capolino tra le nuvole dopo la pioggia. Come le margherite che a lei piacevano tanto, quando sbocciavano in primavera. Come… oh, lui era unico, in quei momenti. Paragonabile a niente, agli occhi di Vanessa.
Con lei, Zayn era sé stesso. Niente maschera, niente facciata da cattivo ragazzo. La castana sapeva che il moro adorava i tatuaggi, che gli piaceva disegnare, che adorava cantare. Sapeva che non sapeva nuotare, e lei era l’unica con cui non se ne vergognasse. Sapeva che passava da una ragazza all’altra più che altro per mantenere la cattiva reputazione tra la gente.
Zayn era dolcissimo, in fondo. Bastava imparare a conoscerlo.
E a volte a Vanessa bastava uno sguardo, o un mezzo sorriso, per capire cosa gli passasse per la testa. Questo solo per farvi capire quanto si completassero, quei due. Uno sguardo, e sapevano un mondo l’uno dell’altra, senza bisogno di spiccicare parola.
Lui sapeva di lei che aveva un anno in meno e, se non fosse stato per la bocciatura al primo anno di liceo, nemmeno l’avrebbe conosciuta, quella ragazza castana dagli occhi incredibili. Ma ovviamente non gli importava, che lei fosse più piccola. Era la sua piccola, in un certo senso.
Sapeva che l’unica cosa che Vanessa riuscisse ad amare del suo aspetto erano i capelli. erano castani. Un semplicissimo color nocciola. Ma al sole cambiavano. Ed erano uno spettacolo. Prendevano i propri riflessi direttamente dal sole, diventando rossi, o quasi biondo ramato, a seconda dell’intensità della luce.
E la stessa cosa facevano i suoi occhi.
Brillavano, letteralmente. E sempre, per qualsiasi cosa. Soprattutto per merito di Zayn.
Gli occhi di Vanessa erano verdi. Verde scuro, scurissimo. Quasi… quasi castano. Ma a guardarli bene erano incredibilmente verdi. Verdi come le vecchie foglie degli alberi, come il riflesso degli alberi nella Senna – perché Zayn sapeva quanto lei adorasse Parigi – o come un prato a primavera, prima che le margherite prendano il posto dei fili d’erba.
Lui, sapeva perfettamente quanto lei sorridesse per lui. L’aveva capito fin dal giorno in cui l’aveva conosciuta. Le era spuntato un sorriso meraviglioso sul volto. Sorriso tanto bello che forse nessuno aveva mai visto davvero, se non lui. Sapeva quanto potesse essere forte, anche grazie a quel sorriso.
Perché era timida con tutti, tranne che con lui.
Con lui sorrideva senza curarsi di quel che poteva pensare la gente. Con lui faceva le peggio stronzate. Con lui si divertiva. Con lui era sé stessa, alla massima potenza. E con lui rideva, la maggior parte del tempo. Aveva un motivo per farlo. Un motivo per ridere che valeva più di qualsiasi altra cosa al mondo.
Lui, era il suo motivo per essere felice.
E lei era quello di Zayn.
Zayn, che quel giorno di maggio la stava cercando dappertutto.
Perché aveva sentito i ragazzi della squadra di pallanuoto ridere di lei. Perché lei stava insieme al capitano di quella squadra di imbecilli da più di un anno. Perché era innamorata, o almeno credeva di esserlo. Di certo, era quello che aveva detto a Zayn. Perché l’imbecille in questione l’aveva solo illusa e usata.
Un classico, no?
Così Zayn si era trattenuto dal cercare lui e spaccargli la faccia, perché in fondo teneva a lei più di quanto non fosse disposto ad ammettere. Ed era uscito dal campus correndo, cercando lei. Solo lei. Perché di lui non gliene fregava un cazzo. Gli importava di lei, come sempre. E stava finendo le idee, i posti dove cercarla… quando gli venne in mente una cosa.
Una vecchia conversazione.
«Adoro da morire questo posto, sai?», gli aveva detto lei, l’anno prima. Zayn l’aveva portata fuori dal campus, per farla svagare. Aveva litigato con Brad. La loro prima vera litigata, quando stavano insieme solo da un paio di mesi. Aveva tirato fuori una tovaglia e un cestino da picnic.
Quasi come stessero insieme, e non fossero solo amici.
E si erano stesi in quel prato. Immenso, quasi sterminato. Ricoperto di piccole margherite tutte diverse ma allo stesso tempo tanto simili. Non c’erano alberi, in quel prato. Né panchine, o giochi per bambini. Non c’era niente. Era solo un campo, pieno di fiori fino all’ultimo millimetro.
Aveva portato le fragole ricoperte di cioccolato, quelle che tanto piacevano a lei. E l’aveva osservata sorridere tutto il tempo, felice di essere la causa di quel sorriso. Avevano riso e scherzato tanto, quel giorno. Finché lei non si era addormentata tra una margherita e l’altra, la testa posata sul petto del suo migliore amico, e le lacrime ormai secche sulle guance.
Era stato quel giorno, che Zayn aveva cercato di contare le lentiggini sulle guance della ragazza. Ma si era arreso dopo poco, scuotendo la testa con una mezza risata. Come se in fondo pensasse che quella era davvero una cosa stupida da fare.
Come se per lui quella ragazza fosse talmente importante da volerne conoscere ogni più piccolo particolare. Numero delle lentiggini compreso. E forse era davvero così importante per lui, ma il moro si limitò a liquidare la cosa con una scrollata di spalle. Minimizzando tutto. Persino e soprattutto l’affetto che provava per lei.
E un altro stralcio di conversazione, sempre lì, sempre loro.
Sempre dopo una litigata tra la castana e il capitano della squadra di pallanuoto.
«Perché mi hai portata qui, Zay?».
«Per dirti che anche se litighi con lui, avrai sempre me. E questo posto», aveva aggiunto lasciandole un bacio su una guancia, bevendo una delle sue lacrime come fosse un bicchier d’acqua nel deserto. Come se ne avesse bisogno per sopravvivere.
E Vanessa era arrossita, facendo quasi scomparire quelle lentiggini che tanto odiava, ma che a Zayn piacevano da morire. Erano la cosa più bella e particolare di lei. Ma anche quella volta, quando lei si era sdraiata sul prato chiudendo gli occhi… lui non aveva nemmeno provato a contarle.
Ancora una volta, si era sentito dannatamente stupido.
Il moro alzò lo sguardo al cielo. Limpido, se non fosse stato per qualche nuvoletta bianca qua e là. Ma in fondo Vanessa si sarebbe nascosta in quel prato comunque, persino se ci fosse stata la pioggia a portar via le sue lacrime, e non le labbra di Zayn. Forse sarebbe stato meglio, nonostante sperasse con tutta sé stessa che lui la trovasse.
Lui. Zayn, non Brad.
Non era strano?
Certo non era strano che continuasse a sentire le parole del capitano della squadra del college. «E’ stato bello piccola… ma sinceramente ho provato di meglio…». E le aveva riso in faccia. L’aveva lasciata lì, nel cortile, a lottare contro sé stessa per non scoppiare in lacrime davanti a tutti.
L’aveva usata. Aveva finto di amarla. Solo per arrivare al sesso.
Come potevano esistere ragazzi del genere? E cosa aveva fatto lei di male per innamorarsi di lui? Come aveva potuto fidarsi? Non lo sapeva. Forse credeva che stando con lui sarebbe riuscita a smettere di pensare al suo migliore amico come qualcosa in più. Qualcosa che non sarebbe mai stato, sicuramente.
La ragazza fece un respiro profondo, lasciandosi cadere delicatamente tra le margherite e inspirando il loro profumo, chiudendo gi occhi. E continuando a lasciar libero sfogo alle lacrime. Tanto era da sola. In quel prato enorme. Non l’avrebbe sentita nessuno, nemmeno se si fosse messa ad urlare.
E lo fece. Pianse. Singhiozzò. Urlò. E prese a strappare le margheritine dal prato, con urgenza, rabbia, disperazione. Fino a rompersi un’unghia e piangere ancora, sempre più nervosa e arrabbiata.
Arrabbiata con Brad. Arrabbiata sé stessa per aver permesso quella situazione.
E arrabbiata con Zayn, che non arrivava.
Che poi, perché sarebbe dovuto arrivare? Di sicuro lei non contava niente, per quel ragazzo meraviglioso. Magari l’aveva presa in giro anche lui. Ogni abbraccio, ogni “ti voglio bene”, tutta finzione. Magari ogni sua parola era stata uno scherzo. Proprio come era appena successo con Brad.
Poi il cielo aveva iniziato a riempirsi di nuvole, mentre Zayn scendeva dal taxi, ai margini di quel prato enorme. Poteva vederlo, anche così lontano, un lembo di prato completamente scompigliato. E la sentì urlare, Vanessa, anche da quella distanza.
Iniziò a correre, mentre una goccia di pioggia gli cadeva prepotentemente sul viso, come a far finta di essere una lacrima. E una goccia cadde anche sulla guancia di Vanessa, nello stesso istante. Una goccia, a mischiarsi con le lacrime. E poi un’altra, e un’altra ancora. Fino a che il rumore dell’acqua che stava cadendo dal cielo riuscì a coprire i passi di Zayn sul prato.
Dieci metri di distanza e Vanessa aveva finalmente trovato la forza di alzarsi da terra, anche se ormai era zuppa di acqua, fin dentro le ossa. E il moro aveva rallentato il passo, anche lui zuppo, prendendola poi per un polso e facendola voltare. La fece sgranare gli occhi, sorpresa.
Si era davvero convinta che anche il suo migliore amico l’avesse presa in giro.
«Che ci fai qui? Vattene, Zayn…», gli aveva urlato contro, riempiendogli il petto di pugni. Lui l’aveva semplicemente stretta a sé, fino a sentirla singhiozzare ancora, il viso nascosto contro la sua spalla. «Mi hai preso in giro anche tu, come lui…», si era ritrovata a sussurrare, cogliendolo di sorpresa.
E Zayn le aveva preso il viso tra le mani, ancora sotto la pioggia, allontanandola appena da sé per guardarla, ancora in lacrime, con le guance rosse e le labbra screpolate dai morsi dati dal nervosismo. «Pensi davvero di non contare niente?», le chiese piano, costringendola a guardarlo negli occhi.
Si sarebbero persi, l’una negli occhi dell’altro, se fosse stato possibile.
Ma Vanessa rimase a guardarlo, senza riuscire a dire niente.
«Pensi davvero che sarei venuto qui se non contassi niente? Pensi che sarei venuto qui, quando sarei potuto andare da quell’imbecille di Brad e riempirlo di pugni, se tu non fossi importante?». Se tu non fossi più importante.
Lei… era confusa. Continuava a guardarlo, non capendo dove volesse arrivare.
«Pensi che scherzassi quando ti ho promesso che ci sarei stato sempre?».
Era quello che aspettava Zayn. Il momento in cui la sua migliore amica e il suo ragazzo si fossero lasciati, per qualsiasi motivo. Aspettava quel momento, solo per dimostrarle quanto ci tenesse a lei. Perché ci sarebbe stato, sempre. Anche se lei non lo avesse voluto tra i piedi.
«Io… scusa…», borbottò la ragazza scostandosi i capelli ormai appiccicati al viso.
«Sei la cosa più importante che ho, stupida…», le sussurrò lui in un orecchio, attirandola a sé. Come se quello fosse il loro piccolo segreto. Una cosa che doveva sapere solo lei, e non dirla a nessuno, per il momento. Perché lei era appena stata lasciata, e lui non si sarebbe aperto con lei ora che era così debole.
Non avrebbe approfittato di lei. Mai. Nemmeno sotto tortura.
«Davvero?».
«Davvero, Ness».
E quella era la cosa più simile ad una promessa che avessero, in quel momento. Sarebbero stati loro due contro il mondo, sempre, qualsiasi altra cosa sarebbe successa. Vanessa c’era stata persino la settimana dopo, quando nel cortile del campus Zayn aveva preso a pugni Brad.
Lei lo aveva preso per una spalla, quasi prendendosi il pugno che era rivolto al suo ex. E il moro aveva sgranato gli occhi, al vederla con gli occhi lucidi, lo sguardo fisso sulla sua mano, con le nocche spaccate e gonfie. Ma non era riuscito a dirle niente. Non era riuscito ad abbracciarla.
Non aveva fatto niente. Non aveva detto niente.
Ogni parola che avrebbe voluto dire era stata risucchiata dal vortice creato dalla risata del ragazzo che aveva appena conciato male. Malissimo. Doveva avergli rotto il naso, a giudicare dal sangue che stava sputando.
Ma ancora una volta a Zayn non importava di Brad.
L’aveva appena lasciata scappare da lui. Le aveva fatto paura. L’aveva delusa, era evidente da come l’aveva guardato. E stranamente non riusciva a muoversi. La paura di correre da lei e sentirsi dire che non avrebbe voluto avere a che fare con una persona così… era troppa. Si era comportato come Brad.
Aveva sbagliato. Anche se l’aveva fatto per lei.
Ma poi si era guardato intorno, ignorando nel modo più assoluto qualsiasi cosa gli stessero dicendo Brad e il resto della squadra di pallanuoto. E aveva preso a correre. Come se andasse della sua stessa vita. Ignorando anche il dolore atroce che sentiva alla mano. Corse come non aveva mai fatto. Corse fino a farsi mancare il fiato. Corse… rendendosi conto di quanto avesse finto in tutto quel tempo che la conosceva.
Le aveva mentito, a dirle che le voleva bene. Ogni abbraccio da amico che le aveva dato, aveva detto una bugia. Perché non le voleva solo bene. Non le aveva mai voluto solo bene. All’inizio la invidiava, per quel sorriso, per i suoi occhi. Poi dall’invidia era passato direttamente all’affetto.
E all’amore.
E alla gelosia. Lei aveva scelto Brad, non lui.
Era innamorato di lei. E si era preso cura di lei tutti quegli anni facendo finta di esserle solo amico, e di volerle sono bene. Quando in realtà era più che evidente quanto le fosse attaccato, e non solo da amico. Zayn voleva vederla sorridere per il resto della vita. E quello non era esattamente un comportamento da migliore amico, no?
Che se ne fosse accorto troppo tardi? Che l’avesse persa?
Così corse. E arrivò al loro prato di margherite quasi senza fiato. Con la fronte ricoperta di goccioline di sudore e le guance rosse dall’affanno della corsa. Solo, rimase vagamente spiazzato quando non la vide. Non c’era nessuno, ad esclusione di alcuni bambini che giocavano tra loro, ignorandolo completamente.
Si passò la mano sana tra i capelli, tirandoli appena. Aveva sbagliato. Lei non c’era.
Chiuse gli occhi, sconfortato, e si mise a sedere sul prato, cercando di aprire e chiudere la mano, per fare un conto dei danni che si era fatto spaccando la faccia all’imbecille. Avrebbe voluto che nessuno toccasse Vanessa, se fosse stato possibile. Doveva essere lui. Non Brad. Non qualcun altro.
Lui l’avrebbe trattata come meritava. Lui non l’avrebbe usata. Lui l’avrebbe abbracciata quando stava male. Lui l’avrebbe consolata, baciata, amata. Ringraziata ogni giorno di esistere.
Ma lei… non c’era.
Finché non sentì un respiro affannato unirsi al suo, e il fruscio dell’erba intorno a lui, segno che qualcuno si stava sedendo. Continuò a tenere gli occhi chiusi, strizzandoli dal fastidio quando sentì la mano di Vanessa sfiorargli le nocche spaccate. «Sei proprio un cretino, lo sai?». Scosse la testa, aprendo poi gli occhi e puntandoli in quelli di lei, sedutagli di fronte.
La vide asciugarsi una lacrima, che imperterrita continuava a scenderle lungo la guancia.
Ma non disse niente, non ci riuscì. A corto di parole davanti a tanta bellezza. Perché era bella anche con gli occhi gonfi. Anche spettinata e con le guance rosse. Anche col mascara colato. Lei era bella sempre.
«E tu sei bellissima, Ness».
La vide sbiancare. Poi schiudere le labbra a formare una piccola “o”. E chiuse gli occhi, semplicemente, non volendo guardarla in faccia mentre lo rifiutava. Due insicuri, uno peggio dell’altra. Innamorati, entrambi, uno peggio dell’altra. «Che…?», fu l’unica cosa che la ragazza riuscì a dire, confusa.
Si rese conto di tutto solo quando lo vide alzarsi in piedi e fare per andarsene.
Solo che non se ne andò. Si voltò nuovamente verso di lei e si abbassò al suo livello, lasciandole un bacio sulla fronte, leggero come i petali delle margherite che li circondavano. «Ti ho mentito, avevi ragione… non ti ho mai voluto bene. È solo che l’ho capito troppo tardi per evitare di…».
Gli occhi verdi di Vanessa erano pieni di lacrime. «Di…?». Era sull’orlo del baratro. Sarebbe scoppiata in lacrime da un momento all’altro, se le parole del suo migliore amico non le avessero spezzato il respiro.
«Di amarti».
Un sussurro, portato dal vento. Due parole, delicate più di qualsiasi altra parola le avessero mai detto. Nonché le più sentite, le più ricche di sentimento. Le due parole più sentite della sua vita. il suo primo vero “ti amo”.
Ne sono stati scritti libri, canzoni. Migliaia e migliaia di frasi per far dire a qualcuno di essere innamorato di qualcun altro. Migliaia di parole, di sentimenti mischiati. Migliaia di respiri infranti contro le labbra di qualcuno, o migliaia di occhi incatenati a formare l’intreccio perfetto. Migliaia di… lettere, attaccate le une alle altre. Quando in realtà in ciascun caso sarebbero bastate due, semplicissime, parole.
«Ti amo, Ness». Un altro sussurro. Perché Zayn era sul punto di piangere, al vederla immobile e apatica in quel modo. Anche se Vanessa era solo troppo scioccata, per cercare di tirar fuori una risposta. «E ho preso a pugni Brad per te… perché quando due settimane fa ti ho sentita singhiozzare, urlare in quel modo… non ci ho visto più», le disse, appena più sicuro, e continuando a tenere gli occhi nei suoi.
Cioccolato nel verde.
«Forse non sei stato l’unico a mentire», ammise la ragazza, col labbro inferiore che le tremava. Forse aveva amato Brad credendo che fosse Zayn. O forse aveva finto di amare un ragazzo che non fosse il suo migliore amico per il semplice motivo che credeva che lui non la potesse amare.
Lei non era perfetta.
E quelle lentiggini che le ricoprivano il viso ne erano la prova lampante.
«Posso provare a contare le lentiggini che hai sul viso?», le chiese Zayn all’improvviso, sfiorandole il naso con il suo. Poteva vederle, una per una, quelle piccole lenticchie che le costellavano la pelle, soprattutto gli zigomi.
Vanessa rise, soffiandogli il proprio respiro sulla pelle, sulle labbra.
«Faresti prima a contare le stelle, Malik», gli rispose lei dopo qualche secondo, un sopracciglio inarcato. Curiosa della risposta che avrebbe potuto darle. Ma lui non le rispose. Si avvicinò e basta, posando le labbra su una piccola lentiggine.
«Uno, due, tre…», iniziò a contare.
Una lentiggine dopo l’altra. Un bacio dopo l’altro, ad ampliare sempre di più il sorriso sul volto di Vanessa. Fino a velocizzare i piccoli baci e smettere di contare. Fino a ritrovarsi con le labbra le une ad un millimetro dalle altre. I respiri mescolati, gli occhi fusi. Come nel migliore dei film romantici.
«Posso provare ad amarti?», le chiese ancora, le labbra quasi posate sulle sue, a sfiorarsi impercettibilmente. La vide sorridere, ma dopo un attimo scosse la testa, trattenendo una risata divertita. «Ah, no?», scherzò Zayn, spingendola fino a farla sdraiare sull’erba. Fino a sdraiarsi sopra di lei. «Perché no?».
«Sarebbe più semplice contare le stelle che amare me».
Lo lasciò senza parole. Letteralmente a bocca aperta e senza sapere che dire. Come faceva spesso, del resto. Ma quella era una situazione diversa. Si trattava di sentimenti, e non era il momento di scherzare.
«E se ti dicessi che ti amo da sempre e nemmeno me n’ero accorto?».
Ancora naso contro naso. Ancora quasi labbra contro labbra. Ma Zayn era stufo di quella situazione di impasse. Così si decise, prese un bel respiro profondo – che odorava di lei – e posò le labbra sulle sue, sentendola sospirare. Sospirò che ricambiò, sollevato, quando la sentì ricambiare.
Muovere le labbra contro quelle di Zayn come se ne andasse della sua stessa vita.
Rendendosi finalmente conto dell’amore che trasmettevano, quelle labbra. L’amore che aveva sempre sognato, e voluto, e creduto di possedere con Brad. Era sempre stato lì, a due centimetri da lei, e non se n’era mai resa conto.
Schiuse le labbra, lasciando che le loro lingue si incontrassero, e fu un attimo prima che potesse anche solo pensare di farlo… invertì le posizioni, trovandosi a cavalcioni su lui. Fili d’erba nei capelli, ancora labbra contro labbra. Una risata, dalle labbra del ragazzo, che li costrinse a staccarsi, sfortunatamente.
«Piccola…», le sussurrò con un sorriso, costringendola a riaprire gli occhi.
Di nuovo, cioccolato nel verde. Ma le mani di Zayn ad accarezzarle la schiena, e poi la testa di Vanessa posata delicatamente sul suo petto, ancora con quel sorriso meraviglioso ad incresparle le labbra.
«Mh-mh…?», si costrinse a bofonchiare, continuando a godersi il momento.
«Ti amo, principessa», le sussurrò lasciandole un bacio si capelli.
Per tutta risposta lei gli lasciò un bacio sul petto, per poi salire lungo la gola e finire sulle sue labbra. Una serie di baci a stampo, che significavano più di qualsiasi altra cosa, in quel preciso momento. «Ti amo anch’io, Zayn».
Sempre lei. Sempre lui. E sempre lì.
Ogni momento della loro vita legato a quel prato, a quelle margherite. Ogni momento legato al vento che scompigliava loro i capelli, o ai fili d’erba che sfioravano loro la pelle. Ma soprattutto, ogni momento di uno legato all’altro. Come se non potessero vivere l’uno senza l’altra.
E forse, era proprio così, in fondo.
In fondo. O magari in superficie.
A loro non importava. Gli bastava essere insieme.
Si sarebbero bastati a vicenda. E gli andava bene così.


 

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