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Autore: Morgana le fay    24/02/2014    8 recensioni
Ispirata al telefilm "le streghe dell'East End".
...
Heather Beauchamp è una strega. Si è trasferita nella remota Wawanakwa per scappare dal passato con le sue due figlie adolescenti. Ma sa che il passato torna sempre a chiedere il conto e che forse la sua maledizione non è la cosa più pericolosa nella sua famiglia.
Genere: Dark, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Courtney, Dawn, Gwen, Heather, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale
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CAPITOLO UNO: L’inizio degli incubi.

 

 

 

Lindsay Mills staccò le labbra da quelle del suo fidanzato Tyler Oldring per riprendere aria e chiedendosi se non le avesse pastrocciato tutto il lucidalabbra sul viso.

Per fortuna la sera a quell’ora, era solo mezzanotte, nel parco non c’era nessuno.

Pomiciare andava bene, ma non voleva che nessuno vedesse il suo viso maltruccato.

Con un rapido movimento estrasse dalla borsetta uno specchietto, mentre sorrideva a Tyler che le passava il braccio dietro le spalle e la attirava a sé.

Un sorriso dolce nacque sulle labbra della bionda, aveva un po’, ma solo un po’, perso la testa per quel ragazzo.

Aprì lentamente lo specchietto e lo sollevò all’altezza del viso.

No, era tutto a posto.

Stava per richiuderlo, quando notò la persona che era dietro di loro. Non ebbe il tempo di voltare la testa che Tyler crollò a terra.

La ragazza si chinò su di lui e fece per sollevare il viso, quando ritrasse di scatto la mano. Era bagnata.

Portò la mano davanti ai suoi occhi e vide il sangue che le colava dalle dita.

“Tyler!” prese a scuoterlo. “No! Ti prego!”

L’aggressore intanto era di fronte a lei. Notò distrattamente la lama che gocciolava.

Gocciolava sangue.

Il sangue di Tyler.

Voleva urlare, ma non poteva.

Voleva scappare, ma non poteva.

Conosceva quella persona.

Prima però che potesse aprire le labbra per emettere un suono, quella si scagliò contro di lei.

 

 

 

 

 

L’urlo le riecheggiava nella testa.

Il dolore le lacerava tutte le membra.

La paura le impediva di respirare e calmarsi.

Con mani tremanti strinse il suo Cristallo di Rocca così forte da volerlo quasi inglobale nella mano, per fortuna che fece effetto e le calmò i nervi in fretta.

Una visione così vivida non le succedeva da secoli, ma non era solo quella.

Aveva sentito qualcuno pronunciare delle parole.

Solo non capiva cosa era stato detto dalla figura.

Con un gesto della mano gettò indietro i capelli, si sistemò a gambe incrociate e respirò profondamente.

Calmare la mente, ascoltare il cuore e seguire la visione.

‘..ledizione, vero?, B…’

Strinse di più la sua pietra.

‘E’ così che si inizia una maledizione, vero?..

Maledizione?

Erano poche le creature che potevano davvero dar vita a delle vere maledizioni in quel posto e in quel tempo. Le streghe non erano che una manciata ormai rimaste.

‘…Vero? Beau..’

Un brivido le percorse la schiena.

No, fa che non sia..

‘Vero Beauchamp?’

La concentrazione s’infranse all’istante.

E così erano in pericolo? Non bastava già il prezzo che stava pagando?

Non poteva tornare. Ma se non lo faceva, allora..

Scattò in piedi e iniziò a preparare una borsa in fretta e furia.

Doveva essere a Wawanakwa entro la mattina successiva.

 

 

 

 

 

Heather Beauchamp sollevò lo sguardo dallo schermo del portatile per portarlo sull’orologio alla parete opposta che segnava le quasi sette del mattino.

Aveva di nuovo lavorato troppo.

Tolse gli occhiali da vista e si massaggiò gli occhi.

Fortunatamente oggi non aveva lezione fino il pomeriggio e poteva prendersela comoda quindi.

Chiuse lo schermo e lascò lo studio per andare in camera sua, dove si spogliò in fretta e si fece una doccia. Tornò poi in camera e, quasi accidentalmente, studiò la propria figura nuda allo specchio.

Per avere –dimostrare sarebbe forse il verbo più adatto- quarant’anni, aveva un bel fisico: alta più di un metro e settanta, con gambe lunghe, morbide forme e una pelle pallida.

“…E’ baciata dalla luna, tu sei come la notte. Lo sai, vero?”

Scosse il capo con forza.

No, non era il momento di pensare alle parole del Bastardo!

Indossò in fretta la biancheria e dei pantaloni skinny di colore scuro –forse non proprio adatti all’età che “dimostrava”, ma non le importava-, un maglioncino leggero color geranio e si sedette alla sua toletta.

Prese la spazzola e iniziò a pettinarsi con rabbia i lunghi capelli neri.

Quando pensava al Bastardo, finiva sempre infuriata con sé stessa e questo non andava bene. Doveva essere superiore. Lui non era niente per lei. Più niente.

I colpi di spazzola la rilassarono pian piano.

Si sfiorò con la punta delle dita la ciocca di capelli grigio ferro che le spuntava tra i capelli, ricordando quanto fosse passato dall’ultima volta in cui non tornava a casa. Per la Dea Madre, quanto tempo era passato!

Poi scosse la testa, ridendo da sola della sua stupidità: non sarebbe più tornata a casa! Che le prendeva oggi? Non era certo una persona che sta lì a rimuginar sul passato, quando ha un futuro da conquistare.

Dei rumori di passi, urla e colpi alle porte le fecero capire che le sue figlie erano sveglie.

Legò i capelli in una coda bassa e sospirò tra il divertito e l’irritato. Si allacciò la sua collana di rubino e scese le scale. Non sarebbero cambiate mai, almeno loro.

In cucina accese il fornello del gas per cucinare loro la colazione.

Sentì solo qualcuno entrare borbottando sottovoce e capì subito chi fosse, senza guardare.

“Buongiorno Courtney.”

“Giorno mamma!”

Sua figlia maggiore era seduta al tavolo, quando le portò il piatto con la colazione, che borbottava e scriveva frenetica al cellulare.

Guardarla le faceva male, però. Molto.

Assomigliava troppo al Bastardo.

I capelli castani erano lisci fino le spalle, portati in un caschetto ordinato e semplice. Era piuttosto alta e aveva un bel fisico formoso, con la pelle da latina che le risaltava le lentiggini sul naso e le labbra piene.

Però aveva qualcosa di mio: gli occhi neri da gatta.

Non marroni scuro o grigio ferro, ma proprio neri. Neri come la notte.

Ammise che avrebbe voluto si vestisse un po’ meglio. Non si può andare in giro come una segretaria zitella quando sei adolescente. No, proprio no.

Lo stridio di una sedia le fece notare l’arrivo della mia secondo genita: rannicchiata a braccia conserte sulla sedia col broncio, guardava la colazione davanti a lei senza alcuna intenzione di mangiare.

“Buongiorno Gwen. La colazione non si mangerà da sola, inizia che sei tardi!”

Uno sbuffo infastidito le uscì dalle labbra truccate di scuro, ma prese un pezzo del toast come per dire ‘guarda sto mangiando, vedi?’.

Gwen le assomigliava di più come aspetto fisico: pelle pallida, capelli neri tagliati in un corto carré alla mascella –con delle mesh turchesi che io disapprovavo pienamente-, le labbra sottili e gli immancabili occhi neri delle Beauchamp. Era però piuttosto bassa –sul metro e sessantacinque- e un po’ troppo magra per i suoi gusti di madre.

Il suo modo di vestire non accoglieva la sua approvazione come il trucco scuro: quegli abbinamenti fatti di neri, grigi canna di fucile e blu notte la facevano sembrare la morte. Ma chi a quel età segue i consigli materni?

Courtney scattò dalla sedia appena finito. “Mamma, stasera torno tardi: ho comitato studentesco e il turno in biblioteca.” Scorreva l’indice sullo schermo touch del cellulare mentre controllava tutti i suoi appuntamenti. Per avere solo 17 anni era un po’ troppo impegnata, ma le piaceva. Quell’ambizione e desiderio di fare, così simili ai suoi, la rendevano orgogliosa. Avrebbe distrutto qualunque concorrenza.

Salì su in camera sua a recuperare la borsa coi libri, Gwen la seguì rapida e silenziosa come sempre.

Sospirò con disapprovazione del piatto intatto della mia seconda figlia, un bel discorsetto le sarebbe servito sicuramente.

Non che non volesse bene a Gwen, ma le era così difficile trovare un modo di comunicare assieme che non comprendesse il mutismo della figlia e la cattiveria della madre.

“No, non mi sono dimenticata di te, entra” volse la sua attenzione alla gatta di famiglia.

Dal pelo nero e gli occhi ancora più scuri, Dubh (*nero in scozzese celtico), fece il suo ingresso sinuosa in cucina. Con un balzo arrivò accanto da Heather ondeggiando la coda come se ne sapesse una più del diavolo.

“Noi andiamo mamma. Buona giornata.” Courtney sbucò dalla porta e mi fece cenno con la mano.

Gwen tentò di defilarsi in fretta. “E tu a che ora torni?”

La ragazza puntò gli occhi a terra. “Dopo cena.” Sussurrò.

“Non è un po’ tardi?”

Gwen non rispose.

“Sarebbe meglio se…” il clacson dell’auto di Courtney fece scattare Gwen e con un ‘ciao’ biascicato uscì dalla porta.

Heather si voltò verso il gatto. “Hai dei buoni consigli? Ora sarebbero utili.”

Dubh si limitò a far ondeggiare la coda osservandola.

 

 

 

 

Courtney parcheggio l’auto al suo solito posto nel parcheggio della Wawanakwa High School e si rivolse alla sorella minore.

“Ti serve un passaggio al ritorno? Perché sarò qui fin le sei passate sicuro, ma poi sono disponibile.”

Scosse la testa corvina. “No, combino.” Si allontanò a grandi passi per raggiungere i suoi amici.

“Qual è il suo problema?”

Non capiva la sorella il più delle volte. Anzi, sempre.

Proseguì per l’ingresso della scuola, cercando il suo gruppo di amici. Intravide Gwen con quel suo gruppetto di amici strambi: Zoey Mamabolo, Noah Hayden, Leshawna Edwards e Duncan Nelson.

Che gruppo bene assortito!

Non poteva trovarsi altra gente, non so.. Un po’ più seria o almeno meno sfigata.

Incrociò gli occhi turchesi di Duncan che le fece l’occhiolino. Courtney volse il capo con indignazione. Che incontri!

“Courtney! Courtney!” Dakota Milton stava correndo verso di me il più veloce possibile, tacchi permettendo.

“Oh ciao Dakota!”

“Si si, ciao. Hai saputo?” i suoi occhi verde brillavano come due luci al neon.

“Saputo cosa?”

“Di quello che è successo a Lindsay Mills e Tyler Oldring!”

“Che è successo?”

“Pare che fosse al parco ieri sera, insieme e beh.. sai, che escono insieme da un po’ ma non era ufficiale.. poi…”

“Dakota! Arriva al punto!”

“Pare che siano stati aggrediti entrambi e colpiti ripetutamente con un coltello!”

Sentiva il respiro che le mancava. Dakota intanto si passava le mani tra i capelli biondo grano.

“E’ orribile! Nessuno sa chi sia stato e la polizia sta indagando.”

“Hei ragazze! Avete saputo?”

“Oh ciao Justin! Si, stavo raccontando a Courtney cosa è successo, giusto ora.”

“Che brutta cosa! Certo, potevano stare più attenti quei due!”

“Forse si.”

Smisi di ascoltare il loro parlare, mentre delle gocce di sudore mi scivolavano lungo la schiena.

Stava per succedere qualcosa di brutto.

Lo sentiva.

Ne era certa.

 

 

 

 

 

Gwen osservò di soppiatto i suoi amici, come tutti stavano parlando di Lindsay Mills e Tyler Oldring. Per quanto nessuno di loro li conoscesse erano tutti piuttosto abbattuti dalla notizia.

Ma lei non voleva dire nulla. Preferiva ascoltare.

“Hei Gwen, va tutto bene zuccherino?”

Leshawna le stava parlando con quella sua apprensione materna che tanto le piaceva.

“Si, sono solo stanca” le sorrise con più convinzione che poteva. “Ho dormito poco e questa storia mette i brividi. Tutto qui.”

“Oh hai proprio ragione, zuccherino! Da matti, dico è proprio da matti!”

“Non avrebbe senso poi aggredirli poi, di sicuro avevano soldi e glieli hanno dati subito.”

“Questo è ciò che farebbe chiunque Noah.”

“Ho saputo da mio padre, in via confidenziale, che avevano ancora i soldi nei portafogli.”

“Sul serio Duncan?”

Lui annuì. Zoey si portò le mani alla bocca e scosse il capo.

“Su su ragazzi, troveranno chi è stato e pagherà il suo debito.”

Tutti annuirono.

Noah, Zoey e Leshawna avanzarono nel corridoio per andare alla lezione di letteratura e Duncan le si affiancò.

“Stai bene?”

Gwen rivolse lo sguardo su di lui: alto, bel fisico, un viso da briccone con quegli occhi turchesi, i piericing e quella cresta color verde fluo questo era Duncan, il suo migliore amico.

Gli sorrise un po’ più rilassata. “Si, sono solo stanca.”

“Troppi sogni la notte?”

Il sorrise prese una piega amara. Sogni? Quali sogni? Lei aveva solo incubi.

“Si” rispose lentamente “troppi sogni la notte.”

Lui le sorrise in quel modo malizioso e le si avvicinò al viso. “Oh ma so cosa sogni!”

Questa vicinanza le fece battere il cuore un po’ fuori dal solito ritmo.

“Eh?”

“Ma certo, sogni il tuo bel Mc Cord!” ridacchiò.

Le guance di Gwen diventarono bordeaux e lo colpì al braccio. “Non urlare!”

Lui continuò a ridersela. “Guarda un po’ chi c’è laggiù poi”

Spostò lo sguardo davanti a sé e vide Trent Mc Cord salutarla con la mano.

“Vai e fammi divertire!” le diede una spinta e lei prese nota mentalmente di vendicarsi dopo.

Si avvicinò a Trent e pregò di avere un aria decente.

Trent era quel genere di ragazzi che ci si chiede da dove vengano: carini –alto, capelli corvini un po’ lunghetti e due occhi verde chiaro mai visto-, gentili e simpatici.

“Ciao Trent!”

“Gwen che bello vederti!”

Oh non aveva idea lui di quanto lo fosse per lei.

“Abbiamo lezione di letteratura, se non sbaglio. Mi mostri dov’è l’aula, temo di averlo scordato.” Le sorride con espressione un po’ dispiaciuta di crearle problemi.

“Oh ma certo! Ti ci porto io!” Si maledì per l’enfasi messa nel dirlo. “Cioè, si seguimi. Ci stavo andando proprio ora.”

Perché non si comportava in modo normale con lui?

Che aveva fatto di male per fare figuracce una dopo l’altra?

Si passò una mano tra i capelli.

La stanchezza iniziava a farsi sentire.

“Mi sembri stanca. Stai bene?”

Oh, ma certo che non stava bene.

Quegli incubi la uccidevano.

Scappare da quel.. quell’essere, non sapeva come altro definirlo, era faticoso anche in sogno.

Come se fosse vero.

“Oh, ma certo che sto bene.”

Gli sorrise pregando che entro fine giornata ci credesse pure lei.

 

 

 

 

 

Dubh stava dormendo acciambellata sulle gambe della sua padrona che stava scrivendo al computer con una rapidità sorprendente.

Era così bello stare lì, al calduccio con Heather che ogni tot le faceva un grattino.

Finché non si accorse della presenza alla porta.

Allora scattò su e infilò le unghie nelle cosce della padrona. Heather prese il gatto e lo poggiò furiosa sul tavolo, ma non si stupì quando sentì il campanello suonare.

Dubh aveva un sesto senso per gli avvenimenti importanti, nonostante il discutibile metodo per avvisarla per tempo.

Andò alla porta e appena aperta aveva già voglia di sbatterla in faccia al visitatore.

“Heather! Aspetta!”

La visitatrice alzò la mano da cui pendeva il braccialetto con il Cristallo di Rocca che ben conosceva. L’altra mano se la passò tra i capelli biondo chiari, un po’ come i raggi del sole e della luna, che tradì il nervosismo.

“Non abbiamo più nulla di cui parlare da almeno.. Beh, da un bel po’ di tempo, Dawn!”

Non riuscendo a chiudere la porta, fece volare la sua mano destra alla collana di rubino rosso scuro sangue, capendo cosa stava facendo Dawn.

“So che sei arrabbiata, sorella e non ti biasimo, ma..”

“Non siamo mai state sorelle, quindi risparmiati di dire così almeno!”

“Ok, scusami.. Heather. Ma dobbiamo parlare. E’ importante!”

Strinse il rubino con più forza. Avrebbe potuto vincere, senza sforzo.

“Pensi che sarei venuta, se non fosse per qualcosa di grave? L’ultima volta ci siamo lasciate male e sai che non posso mentire.”

La corvina lasciò lentamente il rubino a forma di stella a sei punte. “Si, hai ragione.” Le fece gesto di entrare.

“Grazie!”

“Le valigie stanno fuori. Ti ascolterò e basta.”

Dawn le riappoggiò a terra e seguì Heather in casa. Era stata ben arredata con mobili semplici e tutti di colore chiaro. C’erano molte finestre ed era ariosa.

“Hai una bella casa.”

“Grazie.” La corvina iniziò a preparare del tè dandole le spalle, mentre la bionda si accomodò al tavolo. Non sarebbe stato facile.

“Allora di che volevi parlarmi?”

“Ieri sera nella tua città c’è stato un omicidio.”

“Al telegiornale hanno detto solo che due ragazzi sono stati aggrediti e basta.”

Dawn scosse il capo, triste e rassegnata. “No, il ragazzo è morto.”

“Mi spiace per lui. Cosa centra?”

“Era un sacrificio.”

Heather si sedette davanti a lei e la scrutò con quei suoi occhi neri che mettevano paura. “Arriva al punto.”

“Un rituale di sacrificio. Heather, sai anche tu quali sono i cinque sacrifici che vanno fatti per compiere una vendetta. Rivolta verso la tua famiglia!”

“Non esistono streghe a Wawanakwa. Sono venuta qui apposta per questo motivo.”

“Però è stato compiuto lo stesso, quindi ci sono. Controlla i tarocchi se non mi credi.”

Ci fu un lungo silenzio da parte di Heather. Ecco spiegato il motivo della sensazione nostalgica avuta quella mattina. Doveva tornare ad essere una strega? Ok, in quel tempo non esistevano più roghi, né inquisizione, ma non voleva che si rovinasse tutto di nuovo.

“Non uso più la magia, Dawn.”

Ora la bionda sembrava arrabbiata. “Come no? E alle tue figlie cosa insegni? Non dirmi quelle cose newage senza senso. Sei una strega Heather per amor della grande dea!”

La corvina scosse il capo. Aveva preso una decisione e questa volta non avrebbe ripetuto lo stesso errore. “Non conoscono la magia. Né Courtney né Gwen.”

“Cosa? Perché?” Dawn assunse un’ espressione di rabbia che non le si addiceva. “Come si proteggeranno?”

“Con un corso di autodifesa, funziona bene in questo secolo e pare basti.”

“Sai cosa intendo.”

“Certo, che lo so! Ma questa volta non lo farò.”

“Non ha senso!”

Heather si sentiva stanca. “Dawn, sai che la mia maledizione comporta che ogni volta che le mie figlie appena arrivano a poco meno di vent’anni muoiano in modo orribile, no? C’eri pure tu quella volta e pure a te non è andata meglio! Sono stufa che mi vengano portate via ogni volta, nonostante la magia, quindi ho deciso che questa vita non insegnerò loro la magia e magari le terrà fuori dai guai.”

Dawn allungò la mano e gliela strinse.

Heather era sempre stata quella forte tra loro, ma tutti hanno un punto di rottura.

“Oh Heather, capisco il tuo punto di vista.”

Heather ricambiò la stretta di mano per un attimo.

“Però devi fare qualcosa. Una entità molto potente ha meditato vendetta contro la tua famiglia e non puoi lasciare che accada.”

“No, non posso. Lo farò!” la luce si riaccese nei suoi occhi.

“Puoi contare su di me.”

Ci fu un altro momento di silenzio.

“Grazie, accetto l’aiuto. Potrai restare qui.”

“Per le ragazze però andrebbe…”

“No, loro non verranno coinvolte! Tu ed io siamo abbastanza potenti da farcela.”

Dawn ricacciò le proteste in gola. Non era il caso di discutere ora, Heather accettava il suo aiuto per la prima volta nella vita e avrebbe avuto ancora tempo per convincerla che Courtney e Gwen andavano avvicinate in fretta alla magia.

“Come vuoi tu, Heather.”

 

 

 

Lindsay Mills aprì gli occhi.

L’odore di disinfettante, la luce dei neon, il sapore di sangue in bocca e il dolore che si propagò nel suo corpo funzionarono da sveglia.

Intravide, dopo aver sapientemente messo a fuoco, sua madre, suo padre, sua sorella Paula che parlavano con Beth e quello che le pareva lo sceriffo Nelson.

Aprì la bocca per parlare ma le uscì uno strano rantolo, che però attirò la loro attenzione.

“Tesoro!”

Sua madre corse più veloce di tutti. “Sei sveglia!”

Suo padre corse fuori a chiamare il medico che fecero uscire tutti, la controllò e lasciò rientrare lo sceriffo Nelson.

“Hei bambina, sei più forte del previsto.”

Lindsay fece una smorfia che avrebbe dovuto essere un sorriso. Di sicuro anche Tyler era stato forte.

“Devo chiederti una cosa, so che non sarà facile, ma voglio che ci provi. Ricordi cos’è successo?”

La testa della bionda si mosse in un assenso.

“Anche chi?”

Assentì di nuovo.

Sì, Lindsay Mills poteva fornire un nome. Di chi non si sarebbe mai aspettata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Era da una vita che non scrivevo qualcosa in questo fandom.

Dio, quanto mi era mancato!

Allora per prima cosa voglio ripetere che la storia è ispirata alla serie tv “Le streghe dell’East End”, però mi discorderò in alcune parti.

I personaggi non mi appartengono, invece sono della Teletoon.

Ora so che come inizio non è granché, ma ci vuole tempo per sviluppare la trama e non ho intenzione di bruciare le tappe. Tutto a suo tempo.

So che siete sconvolti da Mamma Heather (come me del resto!), ma ha senso. Non so bene neppure io come, ma ne ha.

Sappiate che sono una multishipper, quindi ci sarà di tutto e di più come pairings!

Spero vogliate lasciarmi un commento!

Il capitolo verrà betato entro breve.

 

 

Baci,

 

Momo

  
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