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Autore: lilyhachi    24/02/2014    2 recensioni
(Sequel di Safe Harbor; spoiler terza stagione)
Isaac ebbe modo di rispecchiarsi in quegli occhi scuri che non ammirava da tanto tempo, e riconoscendo quello specchio, il suo specchio, che aveva rotto così tante volte, frantumandolo in mille pezzi che gli davano un’immagine completamente distorta di sé stesso.
Era stato un vagabondo senza meta e senza speranza, alla disperata ricerca di una parte di sé che non credeva avrebbe più trovato, alla ricerca del suo riflesso che giaceva proprio lì davanti a lui e completamente intatto, come se fosse stato custodito tutto il tempo all’interno del cuore di Lyla, in attesa del suo ritorno.
Genere: Angst, Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Isaac Lahey, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Because I don't have anyone'
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“Whatever our souls are made of,
his and mine are the same”.
 

Epilogo 
 

“You're like a mirror, reflecting me, takes one to know one, so take it from me.
You've been lonely. You've been lonely, too long”.
(The Civil Wars - Dust to dust)

 
 
Isaac aveva continuato a camminare con passi lenti e cauti, quasi come se si stesse muovendo sui carboni ardenti.
Aveva deciso di passare dalla porta principale quella volta: nessuna finestra, nessuna nocca battuta leggermente contro il vetro. Soltanto la macchina che lo aveva portato alla stazione e il suo cuore che batteva freneticamente nel petto, per ricordargli che aveva scelto la via più difficile per andare da lei, perchè invaso dalla paura che arrivare da Lyla sarebbe stata una specie di esecuzione. Dovette farsi forza più volte per ricordare che avrebbe dovuto percorrere una semplice strada e non una passerella che lo avrebbe condotto alla ghigliottina. Eppure, quella sorte gli sembrò per alcuni aspetti decisamente migliore di quella che lo attendeva. Persino una seconda immersione nella vasca con il ghiaccio gli appariva meno sgradevole.
Aveva davvero più paura di una ragazza e non di una quasi morte? Doveva essere impazzito, ma quella volta Isaac aveva deciso di comportarsi diversamente e di smettere di nascondersi dietro il vetro di una stanza, bagnato da gocce di pioggia. 
In realtà, Isaac avrebbe dovuto dire a sé stesso che se l'amava davvero, allora doveva lasciarla andare e smettere di ostacolare la sua felicità: ma Isaac non ci riusciva…e forse Stiles aveva ragione a sostenere che nessuno poteva essere felice accanto a qualcuno che non amava. Lei non provava nulla per Wyatt, l'unico pregio che poteva riconoscere a quel ragazzo era dovuto al fatto che lui era stato accanto a Lyla...quando lui non c'era.
Isaac era così perso nelle sue elucubrazioni mentali, che non si era accorto della ragazza tra la folla.
Il viaggio verso casa era stato accompagnato da un silenzio pesante e opprimente almeno quanto un masso da portarsi dietro per un lungo tratto di strada. Isaac non aveva proferito parola dopo aver visto Lyla e si erano limitati a salire in macchina, con gli occhi rivolti verso la strada.
Quando giunsero a destinazione, Lyla aprì la porta della sua casa, al momento vuota, e rimase ferma,  guardandolo senza dire nulla e pensando per certo a cosa fare. Isaac si sentiva esposto, debole e indifeso, come un cucciolo abbandonato sul ciglio della strada che non sapeva da dove iniziare per trovare la strada di casa. Avanzò con lentezza verso di lei: era come quella mattina in pullman, di ritorno da quella notte infernale.
Il ragazzo continuò a farsi vicino in maniera incerta e quasi impercettibile, facendo appello a tutte le sue capacità, come se non volesse emettere il minimo rumore: non voleva farla scappare di nuovo e non voleva che lei gli saltasse al collo da un momento all'altro.
Non gli importava di niente e nessuno in quel momento, soltanto di lei. Tese di nuovo la mano verso Lyla, come quella mattina di settimane fa.
Le dita gli tremavano leggermente ma non gli importava e continuò ad avvicinarla a lei, ancora ferma.
“Lyla”. Isaac la chiamò con voce sommessa, come se la sua fosse più una supplica.
La ragazza si fece più lontana, sfuggendo al suono della sua voce, che per lei era come un'unghia affilata sulla pelle, un suono stridente che le provocava brividi di fastidio lungo la spina dorsale. Era un suono che riecheggiava nella mente, come un eco.
“Ti ha mandato Stiles?”, domandò, con sguardo truce, uscendo da quello stato di trance.
“In un certo senso…”, rispose Isaac, restando nel vago. "Perchè piangevi al telefono con lui?".
La sua voce era calda e confortante per Lyla, come i raggi del sole in una mattina d'inverno.
"Non ti riguarda", rispose lei con fare velenoso.
Isaac quasi fece fatica a riconoscere la sua voce, visto tutto il tempo che aveva trascorso senza sentirla davvero, senza modo di starle abbastanza vicino da poterla udire, come accadeva un tempo, quando la percepiva ogni singolo giorno.
"Era a causa di Wyatt? Cosa ha fatto?"
"Quello che non hai fatto tu".
Eccolo: il pregio che lo stesso Isaac aveva riconosciuto a Wyatt, incombente come un'ombra che sarebbe sempre stata lì a ricordargli cosa aveva fatto e chi aveva preso temporaneamente il suo posto. Forse Lyla gli avrebbe urlato addosso, forse lo avrebbe attaccato ma non gli importava più.
Poteva anche fargli del male ma lui sarebbe rimasto lì a mandar giù ogni cosa, perchè lo meritava. Si sarebbe messo nella stessa situazione di Derek quando Boyd e Cora erano sotto gli effetti della luna piena, se fosse stato necessario. Isaac l'afferrò piano per le spalle, costringendola a guardarlo negli occhi chiari e dispiaciuti, per poi spingere le labbra sulle sue senza farle nemmeno capire le sue intenzioni.
Il ragazzo tremò un attimo al pensiero che quel bacio improvviso poteva segnare la sua condanna a morte, ma ancora una volta realizzò che non gliene importava un accidente di cosa gli sarebbe accaduto. Lyla non lo respinse, ma lasciò che le labbra di Isaac potessero premere ancora sulle sue e per un attimo il ragazzo pensò di avercela fatta, chiedendosi come mai fosse stato così facile.
La risposta arrivò nel momento in cui si staccarono e lui le rivolse un leggero sorriso.
Non appena Lyla vide quel sorriso, il suo sguardo spaesato divenne carico di rabbia e lo schiaffo che lo colpì in pieno viso fu troppo veloce e improvvisato per dare ad Isaac il tempo necessario per rendersene conto.

Il ragazzo si portò una mano alla guancia che gli bruciò per qualche secondo...non poteva certo pensare che sarebbe andata diversamente.
Tentò di avvicinarsi, ma tutto quello che il ragazzo ottenne fu uno spintone.
“Hai ragione”, continuò, facendo un passo avanti. “Me lo merito”.
“Decisamente”, rantolò lei, indietreggiando.
“Vuoi insultarmi? Ok”, aggiunse Isaac, mentre Lyla continuava ad osservarlo sconcertata per quella sorta di ammissione di colpa.
Sembrava tanto che Isaac stesse offrendo spontaneamente il suo collo al boia, cioè lei.
Isaac avanzò nuovamente verso di lei, e Lyla si fece prontamente indietro.
Un passo avanti per lui, uno indietro per lei.
Lyla era sfuggente, spaventata…come se sapesse che nel momento esatto in cui Isaac si fosse avvicinato ancora, lei non avrebbe più risposto delle sue azioni. Temeva di cedere, di perdonarlo, di lasciarsi stringere da quelle braccia nelle quali aveva trovato rifugio per tanto tempo.
“Io resto qui”, esclamò Isaac, con gli occhi chiari che nascondevano un velo di stanchezza e di sconfitta. “Qualunque cosa tu decida di fare, io starò qui e non andrò via per nessun motivo…anche se dovessi puntarmi un’arma contro”.
“Pensi che non lo farò?”, lo riprese Lyla, portando le braccia al petto.
“Non mi importa”, la stupì di nuovo con quell’affermazione. “Non cambierà nulla”.
“Smettila”, esclamò lei, cercando di sgusciare lontano da lui ma Isaac ne approfittava per farsi ancora più vicino.
“Tu sei sempre Lyla”, dichiarò lui con voce incerta, sforzandosi di trovare le parole. “Sei sempre la stessa Lyla che ho conosciuto nei corridoi".
“Stai zitto! Sei andato via”, Lyla aveva quasi urlato, sentendo chiaramente tutte le difese crollare a causa di quella risonanza che era la voce di Isaac.
Isaac aprì la bocca per dire qualcosa ma la ragazza non gli diede il tempo di parlare.
“Sei andato via senza dire niente”, continuò lei. “Mio padre è morto e tu hai fatto una stupida promessa che non sarebbe mai stata mantenuta".
“Io non volevo che le cose andassero in questo. Lyla, io...”.
“La promessa”, continuò lei, impedendogli di terminare la frase. “Tu ed Allison”.
Fu in quel momento che Isaac rivide tutto quello che Lyla aveva provato alla clinica: era di nuovo tutto lì davanti ai suoi occhi, c'era collera...tutta quella collera che lei aveva dovuto trattenere davanti agli altri e che gli avrebbe volentieri lanciato addosso.
“Non potevo negargliela”, esclamò lui, con una gran tristezza nella voce. “Non potevo…per quanto sapessi che l’avrei rotta io stesso".
A quella frase, Lyla alzò gli occhi verso di lui, scrutandolo con maggiore attenzione, mentre Isaac emetteva un profondo sospiro.
“Io non provo niente per Allison. Il fatto che sia riuscito a portarla indietro son significa niente. Non so di cosa abbia bisogno. Non so cosa posso donarle. Forse amore, certezza…ma qualunque cosa sia, io non sono in grado di dargliela”.
“E perchè mai?”. La sua domanda era pungente e velenosa.
“Perchè tutto ciò che ho posso donarlo ad una sola persona...tu”.

Lyla indietreggiò ancora, scuotendo la testa con convinzione. “Smettila”.
Più Isaac si avvicinava, più Lyla si sentiva cadere senza nulla che fosse in grado di tenerla.
Più Isaac si avvicinava, più Lyla sentiva quelle corde che per tanto l’avevano tenuta lontana da lui, spezzarsi definitivamente.
“Io ti…”, cominciò a parlare ma Lyla non voleva starlo a sentire e lo zittì prima del tempo.
“Stai zitto”, aveva quasi urlato senza rendersene completamente conto.
Voleva spingerlo via, fargli del male per impedirgli di continuare a muovere le labbra, pronunciando parole che forse non era ancora pronta ad udire.
“Lyla, io…”, ancora un altro tentativo sventato sul nascere.
“Stai zitto”, era diventato il suo intercalare, ma Isaac era troppo vicino.
Il ragazzo portò le mani sulle sua braccia, mentre la presa si faceva poco a poco più salda e lei sentiva tutte le difese abbandonarla.
“Smettila…”, un sussurro, nulla di più, accompagnato da un primo singhiozzo a cui se ne stavano per aggiungere altri, impedendole di dire altro.
Lyla gli si era scagliata addosso, letteralmente, e aveva preso a colpirlo con tutta la forza che aveva in un turbinio di pugni e di lamenti strozzati.
Isaac la lasciò fare, non cercò in alcun modo di opporsi a quel disperato tentativo di sfogo da parte di Lyla. Il ragazzo lasciò che lei gli riversasse addosso tutto il dolore e tutta la frustrazione che aveva portato dentro di lei per troppo tempo e, soprattutto, per colpa sua.
Poteva sentire il dolore che le sue mani portavano: erano tutte le lacrime che Lyla aveva versato dopo aver scoperto che era andato via senza dire nulla; tutti gli allenamenti che aveva sostenuto per imparare a difendersi; tutti i lividi che si era procurata; tutto lo sconforto e il dispiacere che aveva provato nel guardarsi intorno al funerale di suo padre e scoprire che erano presenti tutti, tranne Isaac; tutte le gocce di pioggia che le avevano bagnato il viso prima di arrivare alla porta del loft per chiedere spiegazioni; tutto il male che le aveva fatto.
Poteva sopportarlo, anche se una parte di lui temeva che non avrebbe smesso.
Isaac la tenne ancora più stretta, inerme, sperando che si calmasse.
Fu a quel punto che Isaac le afferrò i polsi, notando che le nocche delle sue mani erano diventate bianche per quanto le aveva strette contro di lui.
Lyla, in un primo momento, cercò di districarsi dalla sua presa, con il viso contratto in una smorfia ed Isaac dovette trattenersi per non sorridere.
“Smettila”, esclamò il ragazzo con voce mortificata, cercando di farla desistere.
Lyla continuava a guardarlo mentre lo sguardo di Isaac era sempre lo stesso, capace di farla cedere: dolce, triste e con quel leggero velo di malinconia che aveva sempre avuto. C'erano persone che nascondevano il dolore nei loro occhi ed Isaac era sicuramente una di quelle.
Isaac avvicinò il suo viso a quello di lei per catturare le sue labbra, ma Lyla si scostò.
Ciononostante, Isaac non si diede per vinto e dopo un paio di tentativi riuscì a baciarla. Era come tornare a respirare a pieni polmoni, mentre l'aria finalmente veniva catturata e diffusa. Isaac non sapeva se stavano andando a fuoco più le sue labbra o quelle di lei, che con una mano gli aveva artigliato i ricci chiari, spingendoselo ancora più vicino, mentre lui l'aveva avvolta completamente fra le sue braccia, sollevandola leggermente da terra. Isaac sarebbe rimasto così per sempre, bloccato in quel momento, come se quell'abbraccio non fosse altro una bolla d'aria in grado di tenerli fuori da tutto. Voleva fermare il tempo e rimanere in quell'attimo intenso, cancellando tutto quello a cui Lyla era stata esposta.
Voleva rimanere congelato lì insieme a lei in quella casa, come se nulla fosse successo, come se fosse ancora possibile ridere di gusto, vivere profondi momenti di felicità, senza tener conto del male che presto si sarebbe abbattuto ancora su di loro e delle decisioni che in futuro avrebbero dovuto prendere. Voleva fotografare ogni profumo e ogni respiro, affondando in tutti i ricordi che essi trasportavano. (1)
Lyla tremava come una foglia. Aveva paura ed era evidente, mentre le dita indugiavano sul suo viso, segno che qualcosa voleva costringerla a spingerlo via da lei, perchè lui era sbagliato e lei non meritava di soffrire di nuovo, perchè ad un battito di ciglia lui poteva sparire ancora.
Solo che lui non aveva alcuna intenzione di andare via, perchè si trovava esattamente dove doveva essere...insieme a quella ragazza che era piombata nella sua vita all'improvviso, la cui essenza era insostituibile; quella ragazza che non era in grado di chiudersi in un guscio di dolore come faceva lui quando le cose apparivano troppo terrificanti per essere affrontate. Lei non si nascondeva sotto il letto, aspettando che il mostro andasse via dalla sua stanza. Lei gli aveva teso la mano per fargli capire che non c'era nulla di cui aver paura. Lei aveva fronteggiato più volte la solitudine, non aveva cercato di riempirla con persone o sentimenti a caso, come aveva cercato di fare Isaac. Lei aveva affrontato la pioggia e la tempesta, senza paura di quello che le sarebbe potuto succedere. Solo che a stare sempre da sola, il suo cuore sarebbe potuto andare a male. Si sarebbe decomposto e si sarebbe sciolto fino a diventare una poltiglia indefinita, e con esso anche tutto l'amore che si era portato dentro per tanto tempo.
Isaac non poteva permetterlo. Non poteva lasciare che si sciogliesse.
Si separarono un attimo e Isaac chiuse gli occhi, mentre le dita affusolate accarezzavano con timore la sua guancia, come per calmarla.

Gli occhi di Lyla rimasero sulla sua figura per tutto il tempo, ed Isaac li sentiva per alcuni tratti accusatori, carichi di una delusione che forse non si sarebbe mai riassorbita del tutto. Il suo sguardo pesava e gli faceva esplodere qualcosa al centro del petto.
Isaac abbassò gli occhi all'improvviso, e rimase stupito quando due dita si poggiarono delicatamente sul suo mento, portandolo ad alzare il viso verso di lei. Isaac rimase con la bocca dischiusa per qualche secondo, chiedendosi se fosse morto e se quello non fosse altro che un sogno, ma Lyla gli regalò un timido sorriso che per lui era il mondo, e sarebbe voluto scoppiare per la gioia, ma dovette trattenersi.
Lyla emanava così tante emozioni, che Isaac non riusciva a distinguerle tutte.
Percepiva soltanto un vortice così intenso e carico da annebbiargli la mente, facendogli perdere ogni contatto con il mondo esterno, di cui non voleva sapere proprio nulla. Non voleva cantare vittoria da subito, ma quando la baciò di nuovo, non riuscì a contenere un sorriso.
Voleva dirle quanto l'amava e che tante immagini sul loro futuro gli stavano scorrendo nella mente come un fiume in piena.
Lyla era praticamente incastrata fra lui ed il muro, e non ricordava nemmeno come ci fosse finita, mentre le sue mani toccavano ed esploravano ogni centimetro del corpo di Isaac, come per riprendervi confidenza e ricordare ogni minimo dettaglio. 
Isaac appoggiò la fronte alla sua, tentando di inspirare quanto più possibile e di recuperare almeno un minimo di raziocinio che in quel momento era del tutto svanito. Sentiva quel bisogno sopito piombargli addosso come una valanga.
Sentiva il desiderio impellente di stringerla ancora più forte e di lasciarsi stringere a sua volta, fino a farsi male, fino a permetterle di conficcare le unghie nella pelle, pur sapendo che non avrebbero lasciato neanche il minimo segno. 
Sentiva l’esigenza di restare incollato a quel corpo fino al giorno successivo e anche oltre, per recuperare tutto il tempo perduto.
Quando Lyla alzò lo sguardo verso di lui, con gli occhi rossi e impastati di lacrime, mentre le labbra erano gonfie e leggermente dischiuse, Isaac sentì tutte quelle sensazioni diramarsi ancora più prepotentemente in tutto il suo corpo.
Aveva rischiato di perderla e non soltanto in senso metaforico. Aveva rischiato di perderla così tante volte che si sarebbe preso a pugni da solo per il rischio che aveva corso e che aveva fatto correre anche lei. Avevano corso insieme lungo una strada anfrattuosa e piena di buche, sapendo che alla fine non avrebbero trovato nulla se non un passaggio distrutto che si affacciava su un burrone.
Entrambi avevano percorso quella strada, sapendo che li avrebbe portati verso il baratro. Lo avevano fatto eppure, contro ogni previsione, adesso erano lì a guardarsi ripetutamente gli occhi e le labbra, aspettando un segno che permettesse loro di andare avanti.
Lyla, dal canto suo, non seppe come avevano fatto a ritrovarsi  in quella situazione ma percepì soltanto le sue stesse mani muoversi verso lui.
Gli circondò nuovamente il viso, suggendo con attenzione il naso, la linea dritta delle labbra e le guance, come per assicurarsi che Isaac fosse realmente lì dinanzi a lei. Quando le sue dita scesero sul petto, Isaac venne scosso da un brivido e Lyla allargò il palmo a livello del cuore, udendo chiaramente il suo battito impazzito. Isaac non riuscì a fare a meno di sorridere, ricordando una notte di qualche tempo fa, in cui era stato lui ad ascoltare i battiti del suo cuore, precisandole quanto fosse importante.
Lyla riavvicinò le labbra alle sue, stringendo i capelli ricci tra le dita mentre Isaac rispondeva a quel bacio, facendo qualche passo avanti e sovrastandola con il suo corpo. Lei era lì, tra le sue braccia, e per un attimo gli parve una cosa così innaturale e sbagliata, visti gli avvenimenti precedenti, che il suo respiro cominciò a farsi più pesante. Non voleva rovinare tutto, non di nuovo e temeva di ricaderci ancora, magari quella sera sarebbe andato tutto per il meglio e poi l’avrebbe delusa nuovamente.
Tuttavia, bastò un altro bacio di lei per scacciare via quei mostri che lo terrorizzavano come fosse un bambino spaurito.
Isaac riprese a baciarla, calibrando ogni gesto con calma e lentezza, come se fosse la prima volta che la sfiorava, perché sapeva che la distanza era stata così lacerante e reale da far dimenticare forse ad entrambi cosa significava stringersi a quel modo.
Isaac percorse tutto il suo volto con baci leggeri, a partire dalla fronte fino ad arrivare alle labbra mentre Lyla gli passava un braccio intorno al collo per stringerlo sempre di più e per annullare totalmente quella distanza maligna che per troppo tempo li aveva torturati.
Intrecciò le dita a quelle di lei, osservando quell’incastro perfetto e senza neanche sfiorare l’idea di scivolare via dal suo corpo, e rimase stretto a lei.
“Sta succedendo davvero”, domandò Lyla con voce roca, interrompendo quel silenzio fatto solo di respiri. “Sei davvero qui con me e non dovrò più vederti andare via? Andrà così o si ripeterà ancora la stessa identica storia?”.
Isaac la strinse forte e le rubò un altro bacio. Non voleva ancora spezzare quel momento, che li vedeva sospesi...in bilico e ad un passo dal cadere giù. Lui non voleva cadere, voleva restare insieme a lei, e tirarla su come aveva sempre fatto lei.
“Ogni volta che ho fatto passare un giorno senza te…ho capito che quel giorno non era un bel giorno”, (2) sussurrò.
Isaac preferì non dire altro, evitando di perdersi in discorsi inutili che non l’avrebbero certo rassicurata. Non le disse tutti i pensieri che gli stavano attraversando la mente in quel preciso istante. Non le disse che voleva continuare a baciarla fino a toglierle il fiato.
Avrebbe voluto urlarle a gran voce che l’amava e che non intendeva passare un altro giorno senza di lei, che ogni volta che l’aveva vista nel corridoio il suo stomaco si era attanagliato in presa ad una morsa di dolore misto ad imbarazzo. Voleva dirle tutte quelle cose che non aveva potuto pronunciare in quei mesi ma non lo fece, perché lei lo sapeva, lo aveva sempre saputo.
 
 
Lyla aveva i capelli castani che le ricadevano completamente sulle spalle, mentre una mano era abbandonata sulle ginocchia, chine sull’erba.
Isaac non riusciva a distogliere lo sguardo dalla sua figura, dai suoi capelli che si poggiavano in morbidi boccoli sulle spalle, dal cappotto color malva che indossava. Non riusciva a guardare altrove, anche se il sole dritto in faccia aveva iniziato a dargli fastidio, lui continuava a guardare Lyla, portando alla mente i ricordi delle giornate precedenti.  Il suo stesso stomaco fece una capriola al pensiero di tutti i baci che si erano scambiati, delle mani di Lyla sulla sua schiena, delle sere che avevano passato insieme, durante le quali lui aveva smesso di entrare dalla finestra, preferendo la porta. Era bello crogiolarsi in quella certezza beata e fresca, come una brezza estiva lungo la spiaggia, che lei stessa rappresentava. Era bello guardarla e vedere ciò di cui aveva sempre avuto bisogno.
Lyla percepiva chiaramente il respiro di lui a poca distanza da lei, che si infrangeva continuamente come le onde del mare sugli scogli. Sentiva, in quel silenzio di completa e assoluta serenità, il suo battito calmo e si lasciava cullare, come fosse una dolce ninna nanna.
Sapeva con certezza che Isaac la stava osservando, pur essendo di spalle, ma preferì continuare a fingere di non accorgersene, beandosi di quella sensazione che lo vedeva accanto a lei in un momento come quello.
Inutile dire che niente e nessuno aveva risparmiato una gran bella strigliata a Stiles per il tiro basso che le aveva riservato il giorno del suo ritorno a Beacon Hills, ma doveva riconoscere che era merito suo.
Si impose di non sorridere al ricordo di quel sapientone di Stiles che gongolava al pensiero di aver permesso al suo piano malefico, e forse geniale, di realizzarsi. Aveva evitato di chiuderli da qualche parte, costringendoli a chiarire, come facevano la maggior parte degli amici in situazioni simili, quindi gli era decisamente grata.
Lyla poteva sentire, dopo un tempo indefinito, di essere probabilmente in pace con sé stessa e anche con il resto del mondo.
Pensare che, in fin dei conti, raggiungere anche un briciolo di felicità poteva essere così semplice, la fece quasi ridere.
Forse avrebbe potuto evitare tutti quei dolori che aveva causato a sé stessa e anche ad Isaac, pur non volendo.
Il luogo in cui si trovava in quel momento era forse la prova certa di ciò che aveva raggiunto.
Era passato un po’ di tempo prima di trovare il coraggio per compiere quel passo, ma con Isaac accanto a lei, ogni cosa non sembrava per nulla impossibile. Osservò quella lapide fredda e priva di vita che portava su di essa un nome che le scaldava il cuore ogni volta.
Guardò la lapide di James Evans e la sua foto sorridente, chiedendosi se sarebbe stato felice di vederla con Isaac in quel momento, dopo tante peripezie. Forse sì o forse no, ma in ogni caso non avrebbe mai potuto saperlo. L’unica cosa certa era l’amore immenso che suo padre aveva provato per lei, per tutta la sua vita.
Sorrise, ricordando il modo in cui l’aveva incoraggiata ad andare alla partita di lacrosse e ad analizzare bene la situazione, convinto del fatto che Isaac l’avesse lasciata per un motivo più che serio. Suo padre aveva avuto indubbiamente ragione e se non fosse stato per lui, forse lei non avrebbe mai scoperto la verità. La sua mancanza si faceva sentire ogni volta, come se fosse costretta ad alzarsi ogni giorno con un arto mancante. Una mattina si ritrovava senza braccio, un altro senza gamba, e così via…in modo che il suo corpo sperimentasse come l’assenza di suo padre la rendesse in qualche modo menomata ogni singolo giorno.
Quando Lyla si alzò, Isaac allungò il braccio verso di lei, stringendole la vita da dietro e affondando i capelli nella sua spalla mentre lei si abbandonava contro di lui.
Isaac la guardò per un attimo, sfiorando la sua guancia con il naso, facendola sorridere.
Si sentì un bambino che vedeva per la prima volta qualcosa che non credeva esistesse e cominciava ad esplorare, come per accertarsi che fosse tutto vero e non frutto della sua immaginazione. Intanto, Lyla sospirò, osservando la lapide di James Evans che si ergeva dinanzi a loro, portando alla ragazza un mucchio di ricordi di ogni tipo.
“Cosa fai?”, domandò lei, appoggiando il viso contro il suo petto.
“Ti guardavo”, rispose lui semplicemente, stringendo maggiormente la presa.
Lyla sollevò lo sguardo e gli rivolse un sorriso dolce per poi riportare lo sguardo.
Lei gli prese la mano, intrecciando le dita con le sue, per poi cominciare a camminare.
Isaac ebbe modo di rispecchiarsi in quegli occhi scuri che non ammirava da tanto tempo, e riconoscendo quello specchio, il suo specchio, che aveva rotto così tante volte, frantumandolo in mille pezzi che gli davano un’immagine completamente distorta di sé stesso.
Era stato un vagabondo senza meta e senza speranza, alla disperata ricerca di una parte di sé che non credeva avrebbe più trovato, alla ricerca del suo riflesso che giaceva proprio lì davanti a lui e completamente intatto, come se fosse stato custodito tutto il tempo all’interno del cuore di Lyla, in attesa del suo ritorno.
 
“We've been lonely. We've been lonely, too long”.
 
 
Angolo dell’autrice
 
- (1) riferimento ad un verso della canzone "Sospeso" de Il Nucleo;
- (2) riadattamento della frase "When I let a day go by without talking to you, that day isn't just no good", pronunciata da Barney in How I met your mother e riferita a Robin (una delle mie coppie preferite della serie).

Ci siamo: è ufficialmente finita, proprio nel senso che non ci saranno altri sequel, prequel o quant’altro. Non credo di avere molto da dire su questo epilogo, spero soltanto che vi sia piaciuto e che non sia sembrato banale il modo in cui li ho fatti (finalmente!) riappacificare. Non è bello da dire, ma non vado molto fiera di questa storia (vabbè che io non vado fiera di nessuna storia xD) ma penso sempre che avrei potuto gestirla meglio.
Comunque quel che è fatto è fatto, forse va bene così, quindi ringrazio immensamente tutti coloro che hanno letto, recensito, ecc. lasciandomi commenti meravigliosi che mi hanno spinta a portare avanti questo seguito, seppur con un po’ di lentezza.
Fatemi sapere cosa ne pensare con un commentino, se vi va, non so cosa ne sia uscito, quindi mi affido a voi...come sempre.
Non potrò mai ringraziare abbastanza, ma questo epilogo è anche merito di tutti i lettori, quindi grazie infinitamente <3
A presto, spero, un abbraccio!
   
 
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