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Autore: GreenBlood_    24/02/2014    10 recensioni
[Horror/Drammatico] [Accenni Shadouge] [OOC; Contenuti forti]
Quando mille pensieri negativi ci perseguono, cosa accade nella nostra anima? Si consuma, marcisce, fino a trasformarsi nel nulla più completo. C'è un modo per evitarlo? Eliminare la causa dei nostri problemi. E questo è proprio quello che Rouge The Bat tenterà di fare.
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{Estratto...
Una maledizione. Doveva essere una maledizione.
I corvi volarono via e in quel momento la pipistrella poteva tenersi compagnia solo con la sua ombra fioca. Riprese a tossire più intensamente, il sangue le sporcò la camicia da notte color confetto. Alla sola vista sgranò gli occhi, terrorizzata, stava morendo?
Forse si, forse no, solo il destino poteva dirlo.
Piegò le ginocchia e, senza neanche rendersene conto si mise a piangere, mai nella vita si immaginava di poter fare una fine del genere, soffocata nel suo sangue e nelle sue lacrime.
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Rouge the Bat, Shadow the Hedgehog
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
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The Picture 
Lingue ardenti di fiamma invisibile
imprimono il marchio dell'inferno sulla mia anima esausta

 
«Abbiamo chiuso»  
Shadow la guardò rimanendo passivo. Finalmente, dopo tante serie di tentativi era riuscito a liberarsi di quel peso. Sospirò alzando gli occhi al cielo notturno, riprese fiato, era un momento pesante, strano ed inquietante persino per lui, sembrò quasi che la sua frase trasudasse gocce di acido. 
«Ma Shadow …»  Rouge non sapeva come toccare discorso, era da tanti anni che non finiva in una situazione del genere, faticava a nascondere l’imbarazzo. Percepiva lo stomaco ribollire, ma non per la fame, stava quasi per esplodere. «Però possiamo sempre tenerci in contatto» Quella Fu la secca risposta del riccio striato. Senza esitare girò i tacchi e lasciò la giovane fanciulla in mezzo alla strada, sola.                           
E pianse in silenzio.
 ***
 
Erano passati alcuni mesi da quella piccola serata e Rouge continuava a vivere lasciando il mondo alle sue spalle. Sapeva che rimanendo in casa per molto tempo avrebbe superato la sua tragica  -a dir poco- esperienza. Rimanere nella propria dimora, per lei, era la più grande consolazione che il mondo potesse offrirle. Di andare in giro ormai le era passata la voglia, almeno in quel momento, e di certo non voleva mostrare a tutto il popolo di Mobius il suo viso malridotto e trascurato a causa della tristezza che la invadeva. Dovrei dimenticarlo, pensò, un sorso di vodka e via.
Ma sapeva che non sarebbe bastato, per la prima volta in tutta la sua vita si era veramente affezionata a qualcuno, tanto. In circostanze normali gli basterebbe un sorso di birra, qualche uomo dotato e un’intera notte insonne dedicata completamente ad altri svaghi vari.
C’era qualcosa che la bloccava, forse la delusione di non essere durata a lungo con un ragazzo dall' aspetto invitante, o forse solamente perché percepiva uno strano senso di solitudine.
Si alzò dal letto, di malavoglia, e scostò le tende color lavanda della finestra.                   
Pioggia. Sempre e solo pioggia in quel periodo, si era davvero scocciata, non solo lei era triste, ma anche il paesaggio che la circondava. In momenti del genere desiderava tornare da sua madre, farsi coccolare da lei e ridiventare bambina. Si ricordava ancora i giorni freddi di pioggia, proprio come in quella giornata, li passava sul suo letto, sotto le coperte, abbracciata a lei appoggiando la testa sul suo seno comodo. Quanto mi manca la sua pelle tiepida, pensò Rouge. Se mia madre fosse ancora qui di certo non mi sentirei così sola e respinta. Era strano per lei ammetterlo, ma amava davvero una persona, amava sua madre, talmente tanto che, chissà, cosa non avrebbe fatto per lei. La sua stella.
Segui me, piccolina, ti mostrerò un nuovo gioco.
 
Scese le scale, diretta in cucina, nulla al mondo l’avrebbe divisa dalla sua tisana mattutina, così calda e piacevole. Una volta pronta si sfregò gli occhi ed allungò le dita verso il manico della tazza fumante sul tavolo. Se la portò alla bocca e prese due sorsi. Il liquido le scivolò rovente in gola, fino allo stomaco. Bruciava.
Sobbalzò e la tazza le cadde per terra, frantumandosi. Eccome se bruciava. Si strinse la gola affondando le unghie nella carne, quella -infernale- bevanda gli aveva completamente ustionato l’interno della gola; stava letteralmente cuocendo.
«Stasera pipistrello al vapore» Mormorò poi sorseggiando un bicchiere d’acqua preso al volo (così velocemente da battere perfino Sonic stesso)
Una volta ripresa -o meglio spenta- aprì un cassetto, nel vano tentativo di trovare un pezzetto di carta su cui adagiare i cocci di ceramica una volta raccolti. «Che peccato, era la mia tazza preferita»
L’inferno ti sta chiamando, rispondi bambina mia.
 
Rovistando nel cassetto trovò una pezzo di carta bianca, con incisa una piccola macchiolina scarlatta. La osservò bene, poi, senza neanche accorgersi del movimento, l’afferrò con due dita e la capovolse verso di se. Mai si sarebbe immaginata di pentirsi così amaramente di un singolo gesto avvenuto in mezzo secondo. Le mancò il fiato, smise di respirare e cadde di nuovo a terra, con la foto un poco sgualcita stretta nel suo palmo destro. Quella sono io? Che cos’è quel sangue? Si domandò Rouge.
Aveva incominciato a tremare. L’immagine raffigurava lei, da piccola, con in braccio un orso di peluche.
Un orso di peluche sporco di sangue.
Riprese forza e si alzò da terra, col fondo schiena dolorante. Si rigirò quella maledetta foto tra le mani, più e più volte, ci doveva essere una spiegazione per tale apparizione, anche la più idiota possibile.
«Saranno state mestruazioni» Fu l’unica spiegazione. «Forse anche le prime, sembravo molto spaventata 
»
 
      ***
 
Rouge camminava in avanti, senza una meta. Sentiva i brividi percuoterla interiormente a partire dalle spalle. Tremava e tossiva, sputava macchie rosse. I corvi gracchiavano, urlavano, chiamavano lei. Volevano avvisarla, doveva fuggire, ma la pipistrella non ascoltava, non capiva il senso di tutto quel trambusto. Dinanzi a lei il vuoto, un pavimento morto, un paesaggio senza fine.
Il cielo si fece grigio, e alla ragazza trasalì la voglia di andare avanti, sempre più veloce, per trovare una via di fuga il più presto possibile. Si udì il rintocco delle campane, ma da quelle parti neanche l’ombra di una chiesa.
Per chi stanno suonando? Suonano per te Rouge?
Una maledizione. Doveva essere una maledizione.
I corvi volarono via e in quel momento la pipistrella poteva tenersi compagnia solo con la sua ombra fioca. Riprese a tossire, questa volta più intensamente, il sangue le sporcò la camicia da notte color confetto. Alla sola vista sgranò gli occhi, terrorizzata, stava morendo? Forse si, forse no, solo il destino poteva dirlo. Piegò le ginocchia e, senza neanche rendersene conto si mise a piangere, mai nella vita si immaginava di poter fare una fine del genere, soffocata nel suo sangue e nelle sue lacrime.
«E dimmi The Bat, se tu dovessi morire adesso, chi pensi piangerebbe per la tua morte? » Una voce roca si percepiva dietro le sue spalle, ma lei era troppo agitata per potersi girare a guardare.
«Chi sei? Che vuoi? Che posto è questo? » E gli avrebbe urlato altre domande, a non finire, ma già le mancava il fiato, la gola le bruciava.
«Ma cara, come sarebbe? Tu hai sempre vissuto qui. Questo posto è l’interno della tua anima, sciocca»
La vera te stessa ti spaventa? Errore, errore.
Bisogna sempre amare se stessi.
«Non ti capisco …» E chi mai sarebbe riuscito a comprendere una cosa del genere?
La figura alle sue spalle rise, una piccola risatina soffocata. «Non hai notato niente di strano qui? » Il suo tono proponeva sfida, a Rouge tutto questo non piaceva per niente.
«E’ un posto desolato e spoglio» Borbottò lei con quel filo di voce che le rimaneva.
«Ding dong, risposta esatta. » Sogghignava l’altro «Questa è la tua anima, non è un bello spettacolo. Sono venuto qui per aiutarti. Non sarebbe stupendo rendere questo paesaggio più vivido? Magari cambiando questo grigio ameba in un cremisi … sai come devi fare?» La sua voce si era fatta più sensuale e penetrante. La pipistrella sentì un leggero succhiotto al collo, si girò e lo spinse via, con tutta la sua forza rimasta. Continuava a guardare in basso, senza inquadrare il volto dell’assalitore. «Maniaco! »
«Liberati del male in te, elimina chi ti fa soffrire. Fa la stessa cosa che ha fatto tua madre
Rouge cambiò nuovamente posizione, ma questa volta fuggì via. Non le importava dove e neanche per quanto tempo, le bastava allontanarsi da quel pazzo.
«Liberati, liberati, liberati» Poteva ancora sentirlo alle sue spalle, sussurrandogli al orecchio.
Uccidilo, uccidilo, uccidilo. 
Uccidi il pregiudizio.
 Altrimenti sai chi morirà al posto suo? 
Te.
Mai si sarebbe scordata la sua voce.
                                                                                                                                    ***
 
Si svegliò si soprassalto, completamente sudata. Un incubo, un maledetto incubo. Forse sarebbe inutile cercare di capire cosa avesse procurato tale shock mentale, certe cose devono rimanere un mistero. Tese le braccia all'insù e si stiracchiò per bene.
Guardò l’orario, erano le tre del pomeriggio. La tisana forse aveva fatto troppo effetto, si era fatta un sonno  -neanche ristoratore- bello lungo. Una vera fortuna per lei non avere impegni per almeno due mesi.
«Forse dovrei trovarmi un hobby, mi sento cos-» Ma il pensiero fu interrotto dal suono del citofono.
Chi mai poteva essere così di buon ora?
Osservò dallo spioncino. Chi altri poteva essere se non Shadow? Prese un respiro profondo e poi sospirò. Che cosa vorrà adesso quello screanzato? Pensò, Non poteva starsene tranquillo a casa sua?
Aprì la porta, poi fece un segno quasi paragonabile ad un saluto amichevole.
«Fuori piove e casa mia è lontana, posso restare qui finché non smette? »
Rouge l’osservò meglio da cima a fondo, era completamente fradicio, dalla cima delle orecchie alla punta delle scarpe. In quella condizione provava un senso di pena nei confronti del riccio dagli occhi color rubino. Annuì con la testa e lo fece accomodare nella sua dimora luminosa.

 
Sei troppo generosa. Non lo sai che lui ti ha ferito? 
Fai schifo The Bat.

 
Il Riccio si sedette sul divano. Gli occhi di entrambi si incrociarono. Da quanti mesi che Rouge non provava una sensazione simile. Di rimorso. L’aveva lasciato andare, come una stupida, mai si era sentita talmente insulsa e debole. Se lo sentiva, nel fondo, il suo cuore in frantumi.
Lo sguardo di Shadow si abbassò, ma non verso il pavimento, si posò sul seno della ragazza. Quel farabutto, pervertito schifoso, ti odio, ti odio. La ragazza ne avrebbe trovati tanti di insulti da ribattergli in faccia, ma era stanca dei litigi, fin troppo. Avrebbe fatto finta, come sempre, se ne sarebbe fregata, anche di quello, tanto ormai non poteva più farci niente.
«Elimina chi ti fa soffrire» Si Ricordò le parole del suo sogno. Il male. Quello doveva essere per forza Shadow.  Perché percepiva quella sensazione? Quella sensazione di odio irrefrenabile?
Forse voleva davvero darci un taglio a tutta quella sofferenza?
Scosse la testa, turbata. Forse era il troppo alcool ingerito nel ultimo periodo.
Ma c’era davvero qualcosa che non andava in lei, più si soffermava nei particolari più le veniva voglia di esplorare l’interno del suo spirito, senza tornare indietro. Si perdeva in quegli aculei scuri, scuri come le notti di Agosto. Cercò di riassumere nuovamente la situazione. Lei soffriva, lui no. Perché?
Era mai possibile che fosse sempre lei a rimetterci?
Andiamo a raccogliere i fiori, dai, 
rilassati almeno una volta

 
Per un momento le sembrò che la stanza si fosse dipinta di rosso, un lieve attimo sfuggente, ma che inquietava. La sua anima spoglia implorava pietà. Come avrebbe soddisfatto la sua fame?
«Liberati, liberati, liberati ed uccidilo. Fai come tua madre.» Come sua madre? Rouge continuava a non capire. Cosa aveva fatto quella santa donna? Confusione, troppa. Eppure, poteva udire la sua voce, che la chiamava. Lei amava la sua voce, era così pura, così chiara, così meravigliosa.
Era quella foto, quella foto bastarda. Era colpa sua se adesso stava così. Se bramava vendetta. Mai avrebbe placato quei pensieri, lo sapeva, voleva troppo provare il gusto della pace, della vendetta.
Si sfiorò il collo, la dove il misterioso uomo del suo sogno l’aveva aggredita. Mi hai convinto. Sussurrò. Andò in cucina e, dopo neanche un minuto, tornò nel salone, di fronte a Shadow.
La fonte di tutto. Il dolore in persona.
«Ho visto come mi guardavi seno, Shady» Rouge chinò la testa da un lato, sorridendo sensualmente. Il riccio striato la guardò imbarazzato -ovviamente senza farlo notare- «Io … non stavo … » Farneticò una frase a caso, senza neanche pensare.
Avanti, ce l’hai quasi fatta. 
Non è magnifico? Nutriti della sua linfa vitale.
Il sorriso della ragazza si tramutò in una smorfia orrenda. «Sei uno stronzo! »
«La rabbia ti acceca, non è così? Avanti, fallo »
Rouge si fiondò sul corpo del ragazzo, con un coltello da pane impugnato nella mano destra. Lo penetrò violentemente, il sangue sgorgò ininterrottamente, schizzi di sangue scarlatto volarono per tutta la stanza, il divano ne era completamente tinto.
«Rou…ge…» Un’ultima parola invasa dal dolore. I suoi occhi scarlatti persero la luce, fino a che non si spensero completamente. Shadow  aveva davvero bisogno di lei? Forse la ragazza dai lineamenti ricurvi  non era poi così importante.
Altra tensione, altro odio. Rouge impazzisce.
Congratulazioni, la tua anima ora risplende.
Risplende di rossa disperazione.
 
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«Avanti piccola, guarda l'uccellino e sorridi»
La bambina tremava, aveva i piedi ancorati perfettamente sull'erba leggermente umida. Fissava la donna di mezza età con sguardo spento, inorridito, quasi -stranamente- vitreo «Ma mamma, perché hai riempito il mio peluche di coniglietti morti? Mi sto sporcando con il loro sangue»
«Non sono morti, hanno solo trovato la loro pace interiore»
 
 
  
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