Storie originali > Favola
Ricorda la storia  |      
Autore: Moonlight_1    26/02/2014    2 recensioni
Adrian non credeva alle favole, finché un giorno incontrò Eden. Eden era una leggiadra creatura con un passato triste alle spalle. Il bambino e la delicata fanciulla.
[...]– Allora, – iniziò la madre – lascia che ti racconti la storia della donna che non volle più vedere il mondo. –
– La storia della donna che non volle più vedere il mondo? – ripeté il bambino con curiosità spalancando i grandi occhi neri.
– Chi era? Aveva un nome? – [...]
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Adrian si era smarrito nel bosco. Aveva paura in quella fitta vegetazione. I suoi genitori erano spariti da un po’ così si era messo a cercarli.
Con i calzoncini al ginocchio, la bianca camicia e i ricci neri al vento, evitava tutti gli ostacoli saltellando di fratta in fratta.
 – Mamma! Papà! – urlava – non lasciatemi solo, dove siete? –
Il piccolo tremava, un po’ per il freddo un po’ per la paura. Calò all’improvviso una fitta nebbia, poco prima che i suoi genitori sparissero.
 Era solo l’inizio d’autunno; a fine settembre un tiepido sole scaldava ancora quel bosco. Adrian non c’era mai stato ma sua madre e suo padre decisero di portarcelo per un pic-nic.
Si diceva fosse un luogo incantato.
Che sognatori i suoi genitori: lui era un tipo con la testa sulle spalle. Non esistevano fate, mostri e lupi mannari, oh no! Quelle erano favole per ingenuotti. Così la pensava Adrian.
­– Ne sei convinto, Adrian? – chiese sua madre.
– Assolutamente! – rispose deciso con quella vocetta squillante.
Erano da poco arrivati in prossimità del bosco, avevano appena sistemato la tovaglia a terra.
– Allora, – iniziò la madre – lascia che ti racconti la storia della donna che non volle più vedere il mondo. –
– La storia della donna che non volle più vedere il mondo? – ripeté il bambino con curiosità spalancando i grandi occhi neri.
– Chi era? Aveva un nome? –
Sua madre rise: era riuscita a catturare l’attenzione del figlio.
Annuì scuotendo i ricci biondi.
– Aveva un nome. Era tanto bella. –
– Come si chiamava? – chiese al massimo della curiosità.
– Oh, è un segreto. Se la incontrerai, dovrà dirtelo lei. -
– Ecco lo sapevo. Un’altra delle tue favole. – sbuffò rumorosamente.
Rise imperterrita.
– Ma no, non è una favola. Aveva davvero un nome e cucì i suoi occhi perché ciò che vedeva le faceva troppo male. –
Il bambino non capì a quell’affermazione, così sua madre fu più specifica.
– Il mondo è cattivo, brutto, Adrian. Lei aveva visto cose che le facevano troppo male al cuore, così cucì i suoi occhi. –
Adrian fece una smorfia di disgusto arricciando il naso e tirando fuori la lingua.
– Ma è terribile e poi chissà che dolore. –
– Già. E pensa: è successo proprio in questo bosco. – gli sussurrò la madre all’orecchio.
Il bambino rabbrividì di paura.
Sua madre rise e con l’indice gli colpì il naso.
– Ah! – esclamò – ingenuotto! E’ solo una favola! – terminò facendogli il verso e la linguaccia.
Il bambino non se la prese più di tanto ed esclamò. – Me l’hai fatta! –
In quel momento suo padre la chiamò.
– Elinor, puoi venire a darmi una mano? Sta calando un po’ di nebbia e non vedo bene dove metto i piedi –
– Certo tesoro, vengo subito. –
Elinor si allontanò di poco, ma quel tanto affinché sparisse alla vista di Adrian.
Stava calando una nebbia sempre più fitta.
Era troppo strano, non era possibile accadesse una cosa del genere in un periodo dell’anno ancora piuttosto caldo e soleggiato.
Attese alcuni minuti, i suoi sembravano svaniti nel nulla.
Mentre proseguiva alla ricerca dei suoi genitori, la nebbia calava sempre più. Oramai il bambino vedeva solo bianco lattiginoso attorno a sé.
Si fermò. Ebbe paura a proseguire, non vedeva più nulla.
– Mamma, papà. – chiamò ancora con l’ultimo fiato rimastogli. – Dove siete? – iniziò a piagnucolare e poi a piangere.
Si sedette su qualcosa, forse un tronco. Quella nebbia era eccessiva, irreale, gli sembrava una sorta di fumo bianco.
– Chi è là? – chiese una voce melodiosa.
Il bambino trasalì e si asciugò in fretta le lacrime.
– Chi è là? – ripeté ancora quella voce.
– So-sono Adrian. – balbettò
– Sei un fanciullo. Quanti anni hai? –
– Otto. – rispose tirando su col naso. – voi chi siete? –
– Oh. – rise. Aveva una risata allegra e squillante, sembrava un leggero scampanellio.
– Avvicinati e mi vedrai. –
– Ma io non vedo a un palmo dal naso, ho paura d’inciampare, cadrò. – piagnucolò e tirò su con il naso.
– Non cadrai. – disse ella. – occhio solo ai gradini. -
– Gradini!? –
– Sì, gradini. Fai dieci passi avanti a te e sali il primo: in totale sono tre. -
Adrian si sentì preso in giro, ma fece ciò che la dolce voce suggeriva.
– E adesso? – chiese.
– Adesso, alza lo sguardo. -
Il bambino alzò gli occhi e impallidì.
Poco distante da lui, vi era una donna bellissima, quasi interamente bianca. L’unica nota di “colore” erano i capelli neri, più delle piume di un corvo, lunghi fino alla vita e delicatamente ondulati. Spiccavano in quel candore. Le labbra carnose, la pelle color del latte, aveva indosso un lungo vestito che le arrivava fin sotto i piedi, le spalle nude e solo una cintola con piccoli diamanti spezzava quel bianco. La morbida veste pareva quella degli angeli raffigurati nelle chiese.
Adrian restò a bocca aperta da tale bellezza ma allo stesso tempo, rabbrividì: la donna aveva le palpebre cucite.
– Sento la tua paura, non averne piccolo. Non voglio farti del male. –
– Sei tu la donna che non voleva più vedere il mondo? –
Annuì debolmente.
– Allora … esisti. –
– Certo che esisto. – disse continuando a tenere la testa bassa.
– Dove mi trovo? Come ti chiami? E … –
– Calma piccolo, una domanda per volta. Ti racconterò tutto, promesso. Mi chiamo Eden e vivo qui da quando decisi che il mondo non era posto per me. –
– Perché dici così? – il timbro vocale era triste e Eden captò la sua emozione.
– Oh, piccolo Adrian, tu ancora non hai conosciuto il mondo. Ho visto cose meravigliose, anzi: ho creduto di vederle. Ho creduto di vedere il bene, ma non era, l’amore … tutto ciò che c’era di bello ho creduto di vederlo negli occhi delle persone, intorno a me. Un inganno, Adrian. La gente non sa amare. Non ho riconosciuto mai il male. Ho pianto tanto, troppo. I miei occhi sono diventati aridi e così li ho cuciti. Niente più falsa luce, niente più sofferenza. Non voglio più il sole, non voglio il calore. Solo questo freddo che senti e questa nebbia che non posso vedere ma percepisco, pervadono me e il mio mondo. L’amore non esiste Adrian, è tutto un grosso inganno. I baci, gli abbracci, il sole che ti scalda la pelle, non esistono. Senti il freddo? Vedi la nebbia? Prima o poi calerà il buio. Ecco Adrian, ecco cosa resta quando ciò che credi di percepire, svanisce. – chiuse una mano a pugno e della brina cadde dal palmo. Iniziò a nevicare. Il bambino batté i denti.
– Eden fa freddo! Fallo smettere. –
– Non decido io, è il mio cuore. Tu vedi e senti quello che ho dentro. –
– Vedi male, Eden! L’amore esiste, il sole e il calore anche. Sei tu che sei diventata cieca e hai deciso fosse giusto cucirti gli occhi. Stai sbagliando, però! Io sono amato, io sono nato dall’amore perché i miei genitori si vogliono bene. Lo vedo e lo sento! – urlò il bambino.
Una goccia di sangue stillò dall’occhio chiuso.
– Non volevo farti piangere. – indietreggiò il bambino cadendo: aveva dimenticato i gradini.
Eden tremò e altre gocce di sangue stillarono attraverso quelle cuciture, caddero sul vestito macchiandolo, le sporcarono le belle guance e le labbra.
– Non lo vedo piccolo, non lo sento. Perdonami. I tuoi genitori si sono smarriti nella nebbia e sento dei battiti strani. Che siano due cuori? –
– Tu non hai un cuore? -
Scosse la testa.
– Io non sento il mio cuore da anni. –
– Non piangere più, ti prego. –
Era profondamente dispiaciuto per averle procurato un altro dolore.
– Perdonami. Posso asciugarti le lacrime? – chiese tutto intirizzito.
La pelle di Adrian stava assumendo una colorazione bluastra.
A fatica tirò dalla tasca il fazzolettino di stoffa. Eden avvertì la sofferenza del bambino e si chinò per prendere il fazzoletto. Era molto alta, più di due metri e venti, era chiaro non fosse creatura umana. Oltre che gigantesca, aveva una forza eccessiva per essere donna. Adrian l’avrebbe scoperto di lì a poco.
Terse il sangue dalle cuciture e avvertì uno strano calore quando portò il fazzoletto a contatto con il viso.
Trasalì.
– Cos’è questo, che hai fatto? –
– Io non ho fatto niente. – rispose battendo i denti più che mai.
– Vieni qui. – disse prendendolo in braccio. Lo sollevò come fosse stato un fuscello.
– Abbracciami. – ordinò al bambino.
Adrian chiuse gli occhi e l’abbracciò. Rabbrividì da morire a contatto con quella pelle fredda e marmorea. Dentro sé, il bambino voleva guarirla, desiderava ch’essa tornasse a vedere e a vivere.
Dopo pochi minuti sentì uno strano calore scaturire dal corpo della donna, egli stesso non aveva più freddo. Gli parve che il sole splendesse e gli uccellini cantassero.
Aprì di colpo gli occhi e … meraviglia!
Era giorno fatto, il bosco risplendeva di luce. Tutto era verde, caldo, le farfalle svolazzavano nel prato e gli uccelli cinguettavano. Il bambino era incredulo.
Guardò il braccio della donna, la spalla nuda e la trovò stranamente colorita e … calda.
Alzò lo sguardo al volto della gigantessa e scorse le guance piacevolmente rosate. Le cuciture agli occhi erano sparite e al loro posto c’era una polverina d’argento.
– Adrian, che succede. Cos’è questo … calore? – chiese spaesata
– Apri gli occhi! – esclamò il bambino al colmo della felicità.
– Non strillare. Ho gli occhi cuciti, come potrei? –
– Non sono cuciti! Aprili! – le ordinò, alzando le manine al cielo.
Eden aprì lentamente gli occhi. Delle iridi talmente chiare, così tanto da non riuscire a decifrarne l’esatto colore, fissavano il bosco davanti a sé. Erano screziate d’oro. Adrian non aveva mai visto occhi tanto belli e di quel colore.
Dalle ciglia lunghe, folte e nere, cadde la polverina argentata che disparve nel tiepido vento.
Eden sbatté le palpebre incredula, abbassò lo sguardo fissando Adrian: lo teneva ancora stretto al petto.
– Io … vedo. –
Il bambino sorrise. – Volevo tu non piangessi più e stessi bene. –
– Dunque, tu mi vuoi bene? – una lacrima vera cadde dall’occhio.
Il piccolo annuì con forza.
– Volevo farti sentire l’amore nel cuore, volevo non piangessi più. –
– Oh, dolce Adrian. –
Strinse il bambino più forte, lo tenne stretto fin quando la sua statura non rimpicciolì. Arrivò a un metro e sessanta circa, una donna minuta e graziosa. Non era più una gigantessa bianca, fredda e infelice.
Ormai Adrian toccava con i piedi a terra ma continuava ad abbracciare Eden.
Rise allegra.
– Troveremo i tuoi genitori, dammi la mano. –
Il piccolo si staccò dalla donna ed essa lo guidò per il bosco. Non c’erano più tronchi marci e rovi ma solo fiori colorati, cespugli verdi e rigogliosi.
Eden cantava mentre teneva la mano di Adrian; era rapito da quella voce melodiosa.
Arrivarono ad una radura scaldata dal sole, piena di fiori variopinti. Addormentati e abbracciati, vi erano un uomo e una donna.
– Mamma, papà! – chiamò il bambino pazzo di gioia quando capì chi fossero. I due si destarono e non capirono bene dove si trovassero, erano confusi.
– Adrian! – urlarono i suoi dopo aver realizzato cosa stesse succedendo. Si alzarono e si svegliarono completamente dal torpore.
Eden rise forte mentre i tre si abbracciarono. Solo allora il padre e la madre di Adrian, si accorsero della sua presenza. Essa sorrise, salutando con la mano.
– E’ la donna che non voleva più vedere il mondo, mamma. – spiegò il bambino. – è Eden. Le ho fatto sentire i buoni sentimenti ed ora vede di nuovo tutto chiaramente. Ha sentito amore incondizionato palpitare nel petto. – continuò allegro.
Si avvicinò con passo delicato alla famiglia, la veste troppo lunga la impacciava ancora.
Posò una mano sul cuore di entrambi i genitori, chiuse gli occhi e sorrise.
– Amore appassionato. Questo volevo sentire. Scorre puro nelle vostre vene. Ora posso andare. –
– Dove vai? – chiese dispiaciuto Adrian.
– Lontano da qui. Hai liberato la mia mente dall’egoismo e hai aperto i miei occhi alla vita. Non vedevo prima perché ho cercato l’amore nei posti sbagliati, nelle persone errate. Ora vedo tutto chiaramente. –
Cantò tre note altisonanti e un unicorno arrivò al trotto.
– Ora vado miei cari. Grazie di tutto. – disse montando in groppa al bianco animale.
Sparirono agli occhi della famigliola avventurandosi nel bosco.
In realtà non si addentrarono nel bosco ma si dissolsero in procinto degli alberi.
Il padre e la madre di Adrian si guardarono increduli, mentre il bambino li scrutava entrambi con riconoscenza.
Canzonò sua madre: – Solo una favola, eh? –

 
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Favola / Vai alla pagina dell'autore: Moonlight_1