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Autore: SparklingLetters    27/02/2014    0 recensioni
[Stable Queen]
Regina non ha vita facile, tra il complicato rapporto con la madre e l’isolamento dal resto del mondo. Poi, un giorno, fa amicizia con un ragazzino di nome Daniel…
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cora, Daniel, Henry (Padre), Regina Mills
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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From A Small Seed A Mighty Trunk Shall Grow

Capitolo 1
Blind Man’s Buff


La primavera, attesa con ansia e appena arrivata, ha rapidamente dipinto la manciata di alberi e arbusti sparpagliati lungo la piazza con fiori in sboccio e foglie in germoglio. Tutti gli abitanti sembrano essersi riversati dalle porte per crogiolarsi nei primi raggi caldi dell’anno. Un cane passa di corsa con un bottino di carne sugosa, tra le rumorose proteste del macellaio grassoccio, il quale, invece di sforzarsi ad acciuffare il ladro peloso, si limita ad agitare il pugno verso di lui.
Regina si rallegra per il cucciolo ispido. Siede appollaiata sul suntuoso sedile di velluto della carrozza, facendo capolino da dietro le tende di pizzo, desiderando di essere là fuori col resto del mondo.
La mamma le ha detto di non uscire e di aspettare dentro che lei ritorni, così lei è bloccata all’interno, nel ventre scuro della bestia. Almeno, questa è la storia che lei si racconta, poiché suona molto più eccitante della noiosa carrozza che è in realtà. Un leviatano. O una balena, forse. Talvolta, è un dragone.
In un modo o nell’altro, adesso la bestia sta dormendo.
Solo la mamma può svegliarla e comandarla, piegarla alla propria volontà e farle fare ciò che vuole.
La bestia non sta facendo del male a Regina, non lo fa mai. Si limita a tenerla prigioniera.
Succederebbero cose terribili se provasse a scappare dal suo stomaco senza fondo, rimugina lei.
Guarda con occhi assottigliati la porta della locanda dentro la quale la mamma è scomparsa. Adesso è un po’ che la mamma non si fa vedere, la bestia è addormentata e il giorno… oh, è così bello! Regina sta iniziando a sentirsi al sicuro, o coraggiosa, o avventata. Che male può fare una passeggiatina?
Presa la sua decisione, Regina salta rapidamente giù dal sedile e spalanca la porta. Si sporge, e guarda a destra e a sinistra con occhi scintillanti.
Il cocchiere volta la testa al suono della porta che viene spalancata, e incontra il suo sguardo.
Sa che ci si aspetta che lui tenga d’occhio Regina, ma tecnicamente è solo un cocchiere, non una bambinaia.
La bambina dai capelli scuri sorride e gli fa l’occhiolino, ignara, fiduciosa. L’uomo non può che restituirle il sorriso.
Chiuderà un occhio sui progetti della piccola Regina: Lady Cora la tiene sotto stretto controllo già a sufficienza, decisamente troppo, pensa lui. Restituisce l’occhiolino e si gira.
Regina capisce. Adesso loro hanno un accordo, il cocchiere non la denuncerà.
Scende di un gradino, poi salta trionfante sulla piazza coperta di sporcizia. Dovrà ricordarsi di pulirsi le scarpe prima che la mamma torni, così non noterà niente.
Regina se la svigna attorno alla carrozza, per timore di essere sorpresa da un qualche potente nemico. Una delle teste del dragone addormentato, per esempio.
Il suo cuore sprofonda un po’ quando lei raggiunge il davanti, anche se sapeva che i cavalli sarebbero stati condotti nelle stelle per essere sfamati e dissetati mentre la mamma si occupa dei suoi affari.
Questo significa che rimarranno per un po’, il ché è una buona notizia per Regina, adesso che ha deciso di combattere per uscire dal ventre del dragone nel fresco giorno primaverile.
La piazza è piena di vita, molto più così che da dietro le tende, sente Regina, e per Regina, tutto è affascinante, specialmente le persone.
Loro vanno e vengono, per lo più facendosi gli affari propri, senza mai guardare nella direzione della carrozza lussuosa e ben visibile posteggiata all’entrata della locanda.
In verità, molti lanciano un’occhiata fugace, ma si girano entro una frazione di secondo, mai abbastanza per rallentare il loro passo o interrompere qualsiasi attività stiano portando avanti.
Un uomo con l’aspetto di un mercante in viaggio guarda Regina saltare oltre una pozzanghera in mezzo alla piazza e la saluta con la mano. Regina s’illumina e saluta di rimando, facendo accidentalmente cadere nel fango la gonna tirata su.
Il fabbro accanto al mercante aggrotta le sopracciglia, si china su di lui e sussurra nel suo orecchio. Il viso del mercante s’incupisce. Lui dà uno strano sguardo di traverso a Regina e si gira cupamente.
La fronte di Regina si corruga in un piccolo cipiglio, poi lei scrolla le spalle e torna alla pozzanghera, pronta a saltarla di nuovo.
Il suo cuore fa un balzo.
Là, al limite opposto della piazza, vicino a un vecchio pozzo di pietra, un gruppo di bambini sta giocando. Uno di loro ha gli occhi coperti da uno straccio e procede a tentoni, con le braccia tese, per prendere uno degli altri, che in cambio stanno evitando il bambino come meglio possono, gridando e ridendo ogni volta che riescono a fare una manovra particolarmente abile e a scivolare appena al di là della sua portata.
Regina è sul punto di correre da loro quando la voce di mamma le riecheggia nelle orecchie, così nitida come se la mamma le fosse davvero dietro, china su di lei: «Una lady non corre scioccamente in giro. Una lady deve essere aggraziata».
A Regina non importa molto di essere una lady, ma alla mamma sembra importare moltissimo, così la maggior parte del tempo Regina obbedisce solo per farla felice.
Questa volta, tuttavia, Regina vuole solo essere come quegli altri bambini e bambine laggiù, intenti a correre e a piegarsi e a divertirsi.
E la mamma non è lì a vedere.
Regina solleva lievemente la gonna del suo vestito e corre senza sforzo la breve distanza fino all’altro lato della piazza.
Si ferma di colpo nel bel mezzo della massa urlante di bambini.
All’inizio nessuno sembra notarla nella fitta confusione del gioco. Poi una ragazzina lentigginosa con le trecce e un dente mancante si blocca e la occhieggia con curiosità, guardandola dalla testa ai piedi.
«Ciao» dice Regina.
«Ciao» replica la ragazzina, gli occhi spalancati che fissano prima il suo abito ricamato di pervinca, e poi il suo polso.
«Ti piace il mio braccialetto? Posso dartelo se vuoi. Il mio nome è Regina. Posso giocare con voi, per favore?»
Al ché, una ragazza più grande con una treccia spessa si presenta improvvisamente e mette un braccio protettivo attorno a quella piccola. Hanno entrambe le stesse lentiggini.
«È la bambina della Lady Spaventosa!» sibila la ragazza grande.
Gli altri bambini raggelano. Il bambino che era la mosca cieca strappa lo straccio dai suoi occhi.
Lei li guarda, sbattendo una volta le palpebre. «Mia mamma è Lady Cora. Ma adesso non è qui. Non arriverà per un po’. Posso fare io la mosca cieca» propone.
Il bambino che regge la benda logora guarda la sorella grande con le lentiggini.
Lei continua a fissare intensamente Regina e adesso i suoi occhi acquisiscono uno strano luccichio.
«Non vogliamo nessun problema» dice alla fine. «Ti lasceremo giocare solo perché forse Lady Spaventosa diventerà malvagia se non lo facciamo…»
Tutti i bambini annuiscono vigorosamente. Apparentemente, questa Lady Spaventosa è persino più spaventevole della carrozza-dragone… oh.
Regina sta completamente immobile ma indaga tutti loro con occhi acuti.
«Ma noi non giochiamo con sciocche piccole Lady» dichiara il bambino con lo straccio, la parola adulta bizzarra nella sua bocca.
«Io non la sono!» prorompe lei, appassionatamente.
«Non ci prenderà comunque» squittisce un’altra bambina, poi si fa ancora più audace. «Tu non giochi come facciamo noi».
«Vi posso battere in qualsiasi momento» dice Regina quietamente.
La ragazza grande con le lentiggini fa un passo avanti. «Facciamo un accordo. Se non prendi nessuno, quella cosa sul tuo polso è nostra» la sfida malignamente.
«Bene».
Regina tende la mano verso lo straccio. Il bambino si sposta dietro di lei e lo lega attorno ai suoi occhi così che lei non possa vedere. «Ecco» dice con soddisfazione.
Il panno ruvido le morde e graffia il viso ed è intrecciato troppo stretto attorno alla sua fronte.
Provocatoria, combatte l’urgenza di aggiustarlo.
«Siete pronti? Sto arrivando» annuncia Regina solennemente, dando loro la possibilità di disperdersi.
Inizia a girare in un lento cerchio, decidendo quale strada prendere. Tutto è calmo per qualche tempo. Un momento più tardi, quando finalmente trovano il coraggio, i bambini iniziano a canzonarla, chiamando: «Ohi, da questa parte!», «Prendimi se ci riesci!», e persino «Fetente, fetente!» in una cacofonia di voci.
Regina continua a girare cautamente, ascoltando, aspettando, cullandoli in un falso senso di sicurezza. Improvvisamente si scaglia in avanti e arriva a un pelo dall’afferrare la ragazza grande con le lentiggini, che la schiva all’ultimo momento con un guaito.
Regina perde l’equilibrio per un momento ma lo riguadagna abbastanza velocemente. Inizia nuovamente a girare.
I bambini tornano a farsi più cauti. Questo non è un gioco di tutti i giorni.
«La lady bebè di Lady Spaventosa» arriva un grido acuto da dietro Regina.
Lei si gira bruscamente e si lancia in avanti. Subito dopo, si ritrova sdraiata a faccia in giù in una pozza d’acqua fangosa, il pasticcio viscido caldo e stantio sulle sue labbra.
La risata dei bambini risuona nelle sue orecchie. Lei sente il proprio viso diventare rosso per l’imbarazzo. Saggia il terreno circostante con i piedi… C’è un’asse di legno nelle vicinanze; deve esservi inciampata.
Gli occhi di Regina bruciano e la sua mano vola istintivamente alla benda. Poi indugia a mezz’aria, si ritira di nuovo a terra lentamente, e Regina si spinge in piedi. Sente l’acqua gocciolare dalla sua faccia e inzupparle il vestito. Tiene la testa alta, la boccuccia serrata.
La risata si spegne e cala un completo silenzio. Regina si può sentire respirare. Forse può sentire respirare anche loro, se presta abbastanza ascolto. Ci prova, e sente, non il respiro dei bambini, ma un tonfo sordo di legno sullo sterrato da qualche parte dietro di lei. Balza in avanti al momento giusto prima che la voce beffarda abbia il tempo di seguire. Evitando con successo la trappola, Regina agita le braccia di fronte a sé – e prende una manciata di capelli, una grossa treccia spessa.
«Ouch! Lasciami!»
Con un breve lampo di trionfo sul viso, Regina lascia la presa. Si toglie la benda dagli occhi e sbatte le palpebre nella luce solare.
La ragazzina la guarda in cagnesco con odio, massaggiandosi il cuoio capelluto, dove Regina ha tirato la spessa treccia.
Regina fa un passo esitante verso di lei ma la ragazzina indietreggia. «Va bene, hai vinto. In ogni modo tu ottieni sempre ciò che vuoi, non è vero? Sei comunque solo principessa viziata e piena di sé, e la sarai sempre! Non inganni nessuno!»
Regina si limita a ricambiare il suo sguardo, sconcertata, incredula. Fa un altro passo verso la ragazzina infuriata.
L’aria si muove quando i bambini ansimano all’unisono.
La ragazzina impallidisce. «Vuoi farmi ferire dalla tua mamma adesso? Sappiamo che è una strega malvagia!»
Gli occhi di Regina luccicano. Lei porta una mano al suo polso. Fa scivolare via il suo braccialetto e lo avvolge nella benda che sta ancora reggendo. «Ecco» dice piano, offrendoli entrambi alla piccola ragazzina con la treccia e le lentiggini, che sobbalza con paura come Regina le si avvicina, ma accetta il fagotto, ritraendosi immediatamente. Gli occhi di Regina tornano alla sorella più grande: «…se lo volevi così tanto». Volta loro le spalle e si mette a correre, gridando da sopra la propria spalla: «E la mia mamma non è malvagia!»
Sfreccia via, i pugni serrati e i capelli che volano in tutte le direzioni, inconsapevole di dove sta andando. Solo lontano da lì, lontano da loro, lontano anche dal ventre della bestia… Lontano.


















Prossimo aggiornamento: giovedì 6 marzo.
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