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Autore: kleines licht    27/02/2014    2 recensioni
Aveva vissuto la sua vita come fratello maggiore, come quello che si deve occupare di un’altra persona ventiquattro ore al giorno e che comunque non richiede a gran voce una ricompensa, anche se gli pesa. Non che gli fosse sempre pesato occuparsi di Sammy, in realtà gli dava davvero fastidio più raramente di quanto si potesse pensare: lo aveva detestato quando per colpa sua papà gli aveva impedito di andare a vedere la partita di hockey, o quando aveva dovuto stare giorni in casa perché era uscito quasi nudo al freddo pungente dell’inverno in Minnesota ma per il resto infondo gli piaceva occuparsi di lui. Voleva bene a Sammy, sul serio. Gli voleva così tanto bene che avrebbe dato la vita per lui.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Contesto generale/vago
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Fandom: Supernatural
Pairing: Winchest
Rating: Arancione
Genere: one-shot , drammatico, incest, sovrannaturale, violenza
Words: +500



Sentiva il sangue pulsare nettamente nelle tempie, contro i polsi e contro la gola. Sentiva la pelle farsi sempre più inutile e sottile sotto la pressione del sangue che avrebbe dovuto smetterla di scorrere così velocemente, dannazione, o avrebbe finito per rendere inutilizzabile la sua giacca, oltre che la sua camicia.
La sua giacca. La sua amata giacca, il ricordo di un genitore assente e distante, in tutti i sensi e costantemente, che avrebbe dovuto odiare ma che aveva seguito e ascoltato fino alla fine.  Non avrebbe dovuto farlo, lo sapeva più che bene, eppure non gliene importava. Lui era il figlio diligente, lo stesso figlio che rimane in silenzio davanti a un ordine sbagliato ma che non è per questo il preferito.
Aveva vissuto la sua vita come fratello maggiore, come quello che si deve occupare di un’altra persona ventiquattro ore al giorno e che comunque non richiede a gran voce una ricompensa, anche se gli pesa. Non che gli fosse sempre pesato occuparsi di Sammy, in realtà gli dava davvero fastidio più raramente di quanto si potesse pensare: lo aveva detestato quando per colpa sua papà gli aveva impedito di andare a vedere la partita di hockey, o quando aveva dovuto stare giorni in casa perché era uscito quasi nudo al freddo pungente dell’inverno in Minnesota ma per il resto infondo gli piaceva occuparsi di lui. Voleva bene a Sammy, sul serio. Gli voleva così tanto bene che avrebbe dato la vita per lui.
E non era un eufemismo. Lo aveva fatto davvero, in effetti, e nemmeno l’inferno era stato capace di fargli rimpiangere la sua scelta. Poteva sembrare egoistico –e forse lo era- ma a lui non importava quel che pensava Sam al riguardo, il suo compito era quello di tenerlo al sicuro. Il resto veniva dopo. E spesso veniva dopo anche la sua stessa incolumità, come questa volta.
Aveva lasciato che Shirley –un demone secondario che aveva deciso di fare della ricerca del nascondiglio degli anelli dei cavalieri la sua ragione di vita- lo torturasse come meglio credeva pur di farla stare lontana da suo fratello. Andava bene tutto, finchè lei non lo toccava. Poco gli importava che le corde che gli legavano polsi e caviglie alla scomoda tavola di legno su cui era sdraiato gli stessero lacerando l’anima, finchè Sammy era al sicuro lui ne era felice.
Eppure avrebbe dovuto per una volta, dannazione per una volta sola nella sua vita, pensare a sé stesso, trovare una via di fuga e andarsene invece di concentrarsi solamente su Sam. Sam, Sam, Sam e ancora Sam. Riusciva solo a focalizzarsi sui suoi occhi che quella mattina lo avevano studiato quasi svogliatamente, quando aveva annunciato di avere voglia di una crostata, rispondendo alle sue proteste elogiando la libertà dei cittadini americani. Sui suoi capelli, che aveva ancora umidi quando era uscito dalla doccia. Su quei dannati addominali che aveva lasciato intravedere quando era uscito dalla doccia.
E non avrebbe dovuto pensarci, non era i pensieri di un fratello maggiore ma stava per morire dissanguato, poteva pensare a quel che voleva!
In effetti quella era morte decisamente stupida, pensandoci, per un cacciatore che aveva passato cose ben peggiori: morire per un eccessiva perdita di sangue era da imbecilli e incauti, non avrebbe dovuto lasciarsi abbindolare in quel modo!
Eppure questa volta aveva lasciato che i demoni vincessero, aveva stupidamente lasciato a loro il vantaggio. Perché? Semplice. Si era distratto. Era stupido da dire e anche da pensare, ma si era fatto distrarre da un inutile, insulso pensiero: l’immagine di suo fratello addormentato sul divano letto, qualche settimana prima, distrutto per essere ancora in fase di disintossicazione da quel fottuto sangue demoniaco. Non sapeva perché diavolo di motivo avesse pensato a quello mentre uno di loro lo stava attaccando, e forse la troppa ira che lo aveva travolto verso quella specie, verso quelli come loro, gli avevano impedito di reagire saggiamente.
Chiunque sfiorava anche solo un capello a suo fratello meritava la morte. Ma anche essere ucciso dai suoi stessi carnefici forse non era male.
…Ma chi diavolo voleva prendere in giro?! Da quando suo fratello era così vulnerabile era tornato come il bambino di sette anni facile all’influenza: una persona da proteggere, da nascondere dai pericoli del mondo e lui da morto non poteva farlo. E stranamente l’idea di lasciare Sam da solo, di andarsene senza poterlo salutare decentemente gli faceva mancare il respiro.
Sì, Dean Winchester si stava arrendendo all’evidenza, stava gettando la spugna: aveva deciso che più tempo avrebbe dato al suo fratellino per scappare il più lontano possibile, più la sua vita sarebbe stata spesa per un motivo sensato. Perché sperava che Sam avesse capito come mai non era ancora tornato e che avesse deciso di seguire la sua intelligenza e andarsene. Lui avrebbe potuto salvarsi, e per Dean tutte le fatiche, tutti i sospiri, tutto il dolore…ogni cosa avrebbe avuto senso.
Il problema era che ancora una volta aveva sopravvalutato, o forse sottovalutato, il suo fratellino. Lo stesso che spesso aveva fatto scelte sbagliate, che lo aveva allontanato, sapeva capire molto bene quando le cose si mettevano male. Per lui ma soprattutto per Dean. Non aveva mai capito davvero di che cosa si trattasse ma era una specie di sesto senso che lo avvertiva quando il fratello era nei guai. E questa volta il suo sesto senso aveva cominciato a urlare furiosamente da quando Dean aveva varcato la soglia del Motel.
Aveva semplicemente provato a ignorarlo, ma quando si era trasformato in nausea ed emicrania aveva deciso di lasciar perdere. Seguire le tracce era stato più faticoso del solito, ma era riuscito finalmente a raggiungere, anche se dopo parecchio, una specie di edificio pericolante e fatiscente nella periferia della cittadina del Distretto di Columbia.Già a primo acchito l’edificio non sembrava in grado di reggersi da solo, o in ogni caso non sembrava capace di farlo ancora per molto.
Sam sapeva bene che entrare dalla porta principale e fare razzia di demoni da soli, senza che nessuno gli coprisse le spalle e in condizioni a dir poco pietose –colpa dell’ansia e di qualcos’altro che non voleva analizzare- non avrebbe aiutato la sua causa per questo si fece violenza per parcheggiare l’auto e aspettare.
Monitorò la zona per quanto più tempo possibile, malgrado dopo un po’ finì la serie di pensieri inutili da vagliare e cominciò lentamente a pensare a tutte quelle cose orribili che avrebbero potuto essere successe a Dean nel frattempo.
Gli ultimi minuti divennero ore interminabili, ed esalò un profondo respiro vedendo uscire almeno quattro demoni dalla porta sul retro. Questo abbassava di parecchio la media di presenza nell’edificio e si convinse ad agire. Istantaneamente i suoi movimenti divennero automatici, dettati dall’esperienza di anni e anni nel settore, e cominciò a prendere tutte le armi necessarie, aggiungendone due nel caso fossero servite anche al fratello.
Stava provando ad essere positivo, a pensare che Dean sarebbe stato perfettamente in grado di reggersi in piedi da solo e difendersi, standogli spalla contro la spalla, proteggendolo come sempre. Non sapeva perché ma odiava difendere Dean: non nel senso che odiasse proteggerlo, lui infondo apprezzava poterlo fare ogni tanto forse anche solo per sdebitarsi, ma quando doveva proteggerlo sul serio significava che le cose si stavano mettendo male. Per entrambi o solo per Dean. E non era mai qualcosa di piacevole.
I demoni si dimostrarono pochi e impreparati, cosa che lo insospettì parecchio ma si convinse che era una coincidenza, che avrebbe avuto poco tempo per andarsene e che doveva fare in fretta.
Tutte le sue certezze, però, crollarono all’unisono quando si ritrovò al piano superiore. Il corridoio era stretto, umido e polveroso. Le poche porte che si aprivano davano su stanze vuote, o piene di teli e ragnatele. Avrebbe potuto semplicemente voltarsi e andarsene, ma qualcosa lo aveva spinto ad aprire l’ultima porta rimasta. Era quasi scardinata, cigolava parecchio e sembrava sul punto di restargli in mano tanto era precaria ma quel che mostrò era tutt’altro che semplice nulla.
La stanza era malamente illuminata, ma quello che spiccava tra tutto era l’odore acre di cenere e sangue. Una combinazione che avrebbe messo in allarme chiunque, ma che riuscì a svegliare totalmente Sam dallo stato di catalessi nel quale era caduto: se poco prima era un automa pronto a uccidere chiunque gli si parava davanti, improvvisamente l’ansia e l’angoscia costrinsero il suo cuore a un ritmo ben sostenuto che gli mozzò il respiro.
I pochi metri che lo dividevano dal tavolo al centro della stanza sembrarono chilometri infiniti, resi ancora più pesanti dal continuo rimbombo del suo stesso battito nelle orecchie.
Quando i suoi occhi si furono adattati completamente al buio desiderò solamente di esserseli cavati a mani nude, di non essere mai entrato lì dentro e non aver mai concesso a suo fratello di comprarsi l’ennesima crostata. COME DIAVOLO FACEVA AD AVERE SEMPRE  VOGLIA DI UNA DANNATA CROSTATA?!
In quel momento avrebbe solo voluto urlare, far sapere al cielo, agli angeli, a Dio quanto li stesse odiando, quanto fossero stupidi a pensare che Dean meritasse tutto quello. Lui non meritava un destino simile, lui non meritava quella vita e forse…forse non si meritava nemmeno un fratello come Sam. Quest’ultimo ne era convinto: avrebbe avuto una vita più semplice senza di lui, anche se Dean faceva sempre il cocciuto e sosteneva che non sarebbe andata così.
Ma ormai era troppo tardi per entrambi per mollare, per lasciarsi…per dividersi. Erano uno parte dell’altro.
Sam si avvicinò con il cuore in gola, provando a sondare il più oggettivamente possibile le condizioni del fratello. A primo acchito gli era sembrato quasi tutto nella norma, a parte qualche graffio, ma solo da vicino potè notare i numerosi ematomi sulle costole e sulle caviglie, i lividi violacei e impregnati di sangue che le corde stavano lasciando su polsi e caviglie e il volto ormai sfigurato. Quest’ultimo dettaglio gli fece risalire la bile in gola, facendolo sentire tremendamente male. Vedere quel viso tanto conosciuto, tanto famigliare conciato in quel modo lo stava facendo morire dentro, lentamente.
Si avvicinò ai polsi per liberarlo, il più lentamente possibile, quando Dean esalò un singulto quasi impercettibile, spezzando il silenzio e dando una prova evidente che era vivo. Sam non aveva nemmeno controllato, non tanto perché lo sapesse già ma perché non voleva nemmeno prendere in considerazione quella possibilità.
Si voltò velocemente verso quegli occhi verde foglia, aperti solo leggermente in parte per i lividi e in parte per la stanchezza, e si sforzò di accennare un sorriso di incoraggiamento quanto meno credibile.
Sssh va tutto bene…non urlare… sussurrò Sam con voce roca, slegandogli con calma e pazienza i polsi e le caviglie.
Dean non seppe mai dire se quello che successe era frutto della sua fantasia o dello stato di incoscienza in cui il dolore lo aveva trascinato ma avrebbe giurato di aver sentito le labbra di Samm
 
   
 
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