LA
REGINA DELLA NOTTE
E
IL PIANISTA DEI SOGNI
Aveva studiato duramente. Si era fatta venire mal di gola a furia di provare e riprovare i vocalizzi dei suoi pezzi preferiti e aveva passato ore e ore chiusa in camera per rendere la coloritura di ogni singola battuta perfetta.
E
ora era sul palco dell’auditorium della loro
città, a sfidare il pubblico con il suo sguardo scuro come
quello di un corvo e
il suo sorriso disarmante.
Era
una bella ragazza, Odille, e con il vestito
blu cobalto dalla scollatura pronunciata, il manto di voile nero e la
corona
argentata in testa pareva davvero Astrifiammante, la diabolica regina
della
notte del “Flauto Magico”.
Grace,
invece, non aveva nè la sua pelle
diafana nè i capelli lunghi, neri, appena ondulati sulle
punte…e nemmeno la sua
magnifica voce da soprano.
Non
era molto alta, ma in mezzo al palco,
immersa nella penombra del fumo e della luce bluastra dei faretti, il
fondale
trapuntato di stelle sullo sfondo, pareva una vera e propria regina; la
sua
figura minuta e sottile, veniva compensata da una voce
straordinariamente
potente per una ragazza di ventun’ anni, che trillava e
intrecciava incessanti
arabeschi nell’aria.
Grace
la guardava dalla sua poltroncina,
inchiodata da quella melodia così forte e struggente.
Lanciò uno sguardo veloce
a sua madre, una donna corpulenta che si tamponava gli occhi con un
fazzoletto,
commossa, e che sembrava la fotocopia della figlia: da giovane era
stata anche
lei una soprano, e anche di un certa bravura. Suo padre invece, seduto
alla sua
sinistra, fissava senza battere ciglio l’orchestra, in attesa
di anche solo un
minuscolo errore, che l’avrebbe fatto piacevolmente
irrigidire sulla
poltroncina, guardando le dita di un giovane flautista muoversi sicure
sul suo
strumento.
Grace
era una violinista: non per scelta, molti
membri della sua famiglia avevano infatti intrapreso quella carriera,
soprattutto tra i suoi cugini che abitavano in Italia, ma per volere
della
nonna paterna, profondamente delusa dalla scelta di Odille di dedicarsi
alla
lirica.
Anche
lei era venuta, comunque, a vedere la
nipote, e ora stava compostamente seduta, le mani intrecciate in
grembo, vicino
al figlio.
Grace
e la nonna si assomigliavano
incredibilmente: entrambe erano infatti più alte di Odille e
della madre, con i
capelli di uno strano castano-rossiccio (anche se, ora, Germana aveva
provveduto a tingerli definitivamente di biondo platino).
A
ragazza toccò nervosamente la custodia del
violino che batteva sulla sua gamba destra: sapeva che se avesse mosso
anche
solo un muscolo sarebbe caduto, e sua madre le avrebbe sussurrato un
rimprovero
in tedesco.
Dalla
tasca dei jeans scuri sfilò un
bigliettino tutto spiegazzato, orlato da eleganti arabeschi: scorse
brevemente
i pezzi che restavano alla fine del primo tempo della serata, e
contò
velocemente quelli del secondo prima della sua esibizione.
Grace
era al primo anno di conservatorio: aveva
quattordici anni, vissuti sballottando tra la Germania e
l’Italia, tra i severi
nonni materni (gli Skwarz), e gli altrettanto nonni paterni (i
Marcelli),
durante le vacanze estive e invernali.
Da
sempre era stata affascinata dalla musica,
anche perché viveva con i genitori e la sorella in un
piccolo appartamento
antico di Torino posto proprio sopra un insegnante di violino.
La
ragazza si ricordava bene che, quando era
poco più di una bambina, sua nonna Germana era venuta a
trovarli e, sentendo i
suoni malinconici del violino, si era improvvisamente riscossa
dall’aria cupa e
severa che da sempre ostentava.
E
si era deciso che la piccola fosse iscritta
immediatamente da quell’insegnante giovane e
“italiana”, come aveva
piacevolmente constatato la nonna, che non aveva mai approvato il
matrimonio
del figlio con una “crucca tedesca”.
Un
fragoroso applauso la riscosse dai suoi
pensieri: sbattè velocemente le palpebre, mettendo a fuoco
il palco e sua
sorella che si esibiva in un delicato inchino.
Si
mise a battere le mani anche lei, mentre
Odille scompariva già dietro le quinte e alcuni studenti
dell’ultimo anno
cambiavano velocemente la scenografia.
Una
voce fuori campo annunciò il prossimo
artista, mentre un ragazzo dall’aria spaurita si faceva
avanti stringendo
convulsamente una tromba tra le mani.
Mentre
attaccava incerto un pezzo di Viotti,
Grace notò che la porta vicino al palco si aprì,
lasciando intravedere la
figura della signora Pergolesi, la sua insegnate di violino, che le
faceva
segno di andare.
La
ragazza sussurrò un –Devo andare- alla
madre, che le diede un bacio affettuoso sulla guancia, e al padre, che,
assorbito com’era dal nuovo pezzo, la ignorò quasi
totalmente.
Percorrendo
quasi piegata in due la fila di
poltrone e passando davanti al palco, s infilò dietro la
porta, che la donna
chiuse di scatto.
-Hai
portato il volino? Archetto? Partitura?-
le chiese con la sua voce ironica e affettuosa, ripetendo un rito che
si era
instaurato quando, anni prima, al suo primo spettacolo, Grace aveva
dimenticato
l’archetto a casa, sul divano.
-Certo-
le rispose la ragazza, strizzandole
l’occhio.
-Bene-
fece la donna, indicandole un posto nel
cono d’ombra proiettato dalle quinte dietro il palco
–Aspetta qui, finchè non
arriva il tuo turno. Mi raccomando…-
-…niente
schiamazzi o urla, perché sono cose da
cantanti in fibrillazione- completò Grace, finendo la
raccomandazione che la
Pergolesi le faceva sempre.
-Giusto-
disse sorridendo fugacemente, e sparì
dietro la porta.
La
ragazza sospirò, dando un’occhiata intorno:
solito quadro di ogni concerto, ossia una marea di ragazzi agitati,
stipati
dietro le quinte come animali, boccheggianti dal caldo e
dall’agitazione.
Grace
stava per appoggiarsi rassegnata al muro
quando qualcuno attirò la sua attenzione…
“Ehi…”
pensò, osservando un ragazzo
perfettamente calmo dall’altra parte delle quinte, che
stringeva tra le lunghe
dita affusolate uno spartito.
§§§
BONJOUR!!!
Bene, ecco il primo capitolo di una nuova fan fiction che si sta
sviluppando
per caso. Mi scuso se non succede niente di eclatante, ma mi serviva
un’introduzione al personaggio di Grace. Per favore,
COMMENTATE (sono bene
accette anche le critiche!!!). Au revoir!!! Scribak
alias Arianna F.