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Autore: _eco    28/02/2014    10 recensioni
Annie era anche silenzio.
Meraviglioso silenzio di acqua che scorre.
[...]
Annie era anche silenzio.
Struggente silenzio.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annie Cresta, Finnick Odair
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Annie era silenzio.
"Il silenzio può avere molte forme. A volte è un'acqua buia."
- Donatella Bisutti.


 
Se Finnick fosse nato nell’Otto, si sarebbe probabilmente abituato all’aria pesante del fumo tipico delle fabbriche. Nell’Uno, avrebbe semplicemente imparato a distinguere le diverse tipologie di gemme. Nel Sei avrebbe acquisito le conoscenze necessarie all’assemblaggio di un hovercraft, e avrebbe di certo saputo dell’alto tasso di morfaminomani lì presenti. Nel Nove avrebbe appreso le tecniche della coltivazione.
Ma, per qualche ragione – frutto della decisione di un qualcuno o semplicemente legata al caso – Finnick era nato nel Quattro.
 
E suo nonno gli aveva sempre detto: “Potrai imparare a lavorare la legna e a costruire circuiti elettrici, ma il mare non s’impara ad amarlo. Si ama e basta.”
 
E Finnick lo amava già dal momento in cui somigliava più a un pesciolino che a un bambino, e quasi nuotava nel caldo ventre della sua mamma.
Ce l’aveva dentro, Finnick, l’amore per il mare.
Forse perché sua madre passava pomeriggi interi con i piedi immersi nell’acqua limpida e sussurrava alla tonda sporgenza del suo ventre: “sarai un pescatore degno del tuo papà.”
Forse perché era così e basta.
 
All’età di quattro anni, Finnick zampettava nell’acqua con un piccolo tridente, affondando colpi un po’ a caso, beccando raramente uno sfortunato pesciolino – “Resta dove tocchi, giovanotto!”, lo ammoniva suo padre –.
Quando aveva circa otto anni, sua madre aveva costruito con lui una barchetta di legno.
Era molto graziosa, ben intagliata, frutto del lavoro di mani delicate. Mani di fata. Una gentile donna, giù al Villaggio, aveva intrecciato una rete da porre all’estremità della barchetta, come una fedele imitazione delle imbarcazioni dei pescatori, che scendevano in mare in piena notte a caccia di creature dell’acqua.
Finnck l’aveva ringraziata con un bacio appiccicoso sulla guancia destra.
Chiunque si sarebbe asciugato la faccia, infastidito dalla saliva mista ai resti del dolce che il marmocchio aveva ingurgitato poco prima. Ma quella gentile donna non lo fece. E non lo avrebbe fatto mai.
Proprio mai.
Nemmeno quando, sei anni dopo, avrebbe spiegato a quello stesso ragazzino come assicurarsi un nascondiglio nell’arena.
E quello stesso bambino, ormai uomo, non avrebbe provato il ribrezzo che ci si sarebbe aspettati, quando la gentile donna dalle labbra ormai raggrinzite gli avrebbe regalato un ultimo bacio sulla bocca.
 
La barchetta di legno, già.
Finnick si rannicchiò come una lumachina nel suo guscio, le ginocchia puntellate di sabbia, gli alluci dei piedi che facevano clap clap, immergendosi nello specchio d’acqua salata e emergendo poco dopo. Adagiò la sua barchetta sulla superficie limpida e azzurra, che in realtà, come gli aveva spiegato suo nonno, era trasparente. Come l’acqua da bere.
Rifletteva un po’ il cielo, che la sovrastava, e un po’ la sabbia, che le stava sotto.
La barchetta di legno, sospinta dalle onde leggere, vagò per qualche minuto, sotto lo sguardo vigile di un Finnick bambino.
 
Ci avrebbe giocato a lungo, anche una volta divenuto ragazzino, anche dopo i Giochi.
Avrebbe coinvolto Annie Cresta in quel meraviglioso, quotidiano rito. Avrebbe sospinto con lei l’estremità della barchetta, e insieme l’avrebbero guardata navigare in quel recinto d’acqua delimitato da due scogli contro cui, nei giorni di tempesta, s’infrangevano le onde, riversando schiuma spumosa e bianca come la neve.
 
Lo confortava, la consapevolezza di poter proteggere la sua barchetta. Di poter intervenire prontamente, nel caso in cui questa si fosse incagliata nell’insenatura tra gli scogli, o, peggio, avesse imboccato una rotta che l’avrebbe condotta al largo.
 
Annie era pace. Annie era casa. Annie era mare.
E Finnick l’amava.
Perché ce l’aveva dentro, l’amore per il mare. E perché Annie ce l’aveva proprio dentro, il mare.
Nei suoi occhi verde intenso, nel suo sorriso candido e frizzante, come la spuma che s’infrangeva contro gli scogli, tregua di una guerra che andava dissolvendosi nel silenzio.
Annie era anche silenzio.
Meraviglioso silenzio di acqua che scorre.
 
Annie sembrava una barchetta di legno graziosamente intagliata, il giorno in cui Finnick le insegnò a nuotare. O almeno così Finnick pensava.
Lo confortava, la consapevolezza di poter proteggere Annie. Di poter intervenire, nel caso in cui avesse incautamente aperto la bocca e ingerito acqua, o, peggio, si fosse lasciata prendere dal panico e avesse iniziato ad agitare le braccia alla rinfusa.
Ma, con grande sorpresa di Finnick, Annie imparò quasi subito, e alla fine si lasciò guidare dalle onde del mare, sospinta di qua e di là, come la barchetta di legno.
Finnick, però, restava sempre in guardia, la controllava con la coda dell’occhio mentre lei, tranquilla, stava stesa di schiena sull’acqua.
 
La barchetta di legno imboccò una rotta che l’avrebbe portata al largo.
Il mare era sull’orlo di una tempesta. Finnick avrebbe dovuto saperlo che non era il giorno adatto a una delle navigazioni clandestine della sua piccola barca.
Ma Annie aveva insistito tanto, ed era così raro ormai che parlasse. Non che avesse davvero detto qualcosa: aveva soltanto piagnucolato e indicato l’imbarcazione di legno sulla mensola; ma era già qualcosa.
 
Annie era apatia. Annie aveva perso la sua casa. Annie temeva il mare, adesso.
Aver visto chiazze di sangue caldo riempire la distesa d’acqua dell’arena le avrebbe inciso nel cervello che il mare era cattivo per un bel po’ di tempo.
E tuttavia Finnick l’amava.
Perché, nonostante tutto,  Annie ce l’aveva ancora dentro, il mare.
Nei suoi occhi verde intenso, nel suo sorriso che sembrava più una smorfia di dolore.
Annie era anche silenzio.
Struggente silenzio.
 
E quel pomeriggio, mentre la barchetta imboccava la rotta sbagliata, la quiete s’infranse e Annie iniziò a urlare.
Con il rumore delle onde che s’infrangevano contro gli scogli, Finnick nemmeno tentò di salvare la barchetta che risaliva alla sua infanzia.
Strinse Annie e pianse lacrime di mare.
 
Lo distruggeva, la consapevolezza che avrebbe comunque dovuto guardarla andar via, sospinta da onde che rimestavano senza pietà ricordi di morte.

 

Angolo autrice (?):
Da quanto non pubblico nel fandom? Sicuramente un mesetto, forse poco meno.
Non avrei mai creduto di poter tornare a scrivere ispirata da Finnick e Annie, eppure è successo.
In realtà, mi era venuta in mente un'introspettiva sul tema del "lasciar andare via", sempre legata alla metafora scema della barchetta, ma poi ho fatto due più due.
Barchetta + mare + andare via --> Finnick e Annie. ♥ ♥
Ed è uscito fuori qualcosa sicuramente migliore di quanto credessi.
Penso di riuscirmi a esprimere meglio, se sono protetta, in un certo senso, da personaggi inventati da qualcun altro. E non c'è da sorprendersi, è così per molti, almeno credo.
Insomma, fatemi sapere cosa ne pensate e se ho scritto una cavolata colossale ditelo, assolutamente! U.U
Vi abbraccio. ♥
S.

 
  
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