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Autore: thenightsonfire    28/02/2014    14 recensioni
Prendete uno stage lavorativo a Cannes, una diciassettenne imbranata e allergica alla sensualità fan dei 30 Seconds to Mars, il cantante del suddetto gruppo, un'amica incapace di coprire le scappatelle, un professore troppo furbo e un Blackberry galeotto. Cosa si ottiene?
Un gran casino, se la suddetta diciassettenne si è appena svegliata mezza nuda in una camera d'albergo con Jared Leto affianco e, per qualche motivo, non ricorda nulla della notte appena passata.
Quindi, ricapitoliamo.
Sono a quattro piedi, in una stanza che adesso conosco, in un hotel che credevo d’aver visto solo da fuori e con una persona con cui probabilmente ho passato la notte a fare Dio solo sa cosa.
E, cosa più importante, sono in mutande. Questo significa che in questo momento sto dando una globale, perfetta visione a trecentosessanta gradi del mio culo a Jared Leto.
“Sempre che stanotte, del tuo culo, tu non gli abbia offerto solo la visione.”
Sotterratemi.
Genere: Comico, Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jared Leto, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Riassunto delle puntate precedenti: Elena, la protagonista, si sveglia nella suite di Jared con addosso solo una maglietta di lui e delle mutandine che dovrebbero essere bandite in tutti i continenti della terra, non ricordandosi come sia finita lì. Salto indietro a due settimane prima per capire come si è arrivati a questa situazione: dopo un imbarazzante incontro con Leto Jr., Elena scambia i loro BlackBerry. Impossibilitata a restituirglielo quello stesso pomeriggio, è costretta a tornare a casa con il cellulare di lui. Durante la notte, riceve la telefonata di Constance.

 

 

CAPITOLO 6, ovvero:

Tra Psicosi, Skype e Mollette Dal Dubbio Utilizzo

 

 

 

« Che aspetti? » fa Anna, spingendo il telefonino contro il mio petto. « Rispondi! »

« È sua madre! » squittisco, spingendo a mia volta il cellulare contro il suo petto.

« Ma andiamo, se fino a ieri la chiamavi tua suocera! »

 

È da tipo trentacinque secondi che facciamo così, per la cronaca, dopo che è scesa dal letto e ha praticamente saltato la scaletta per scendere da me con l'inaspettata e sorprendente agilità di un giovane giaguaro.

Non che stia tenendo il conto, eh. Ma il cellulare continua a squillare e ho, tipo, questa voglia irrefrenabile di lanciarlo fuori dalla finestra della stanza. O dentro il water. Mi ferma soltanto la consapevolezza che Jared mi farebbe setacciare le fogne di Cannes nuda, con l'inespressa speranza di farmi beccare qualche malattia mortale, pur di ritrovarlo.

« Che cazzo, Elena! » urla alla fine, afferrandomi per le spalle e strattonandomi. « Deriviamo da generazioni di donne sicule che per secoli e secoli hanno coltivato i campi fino a spezzarsi la schiena e partorito almeno dodici figli nell'arco di vent'anni! Se loro avevano due palle così, credimi, ce le hai anche tu, quindi tirale fuori e rispondi alla dannata madre di Jared Leto, che a quanto sembra dagli squilli è assillante quasi quanto la tua quando il frutto dei suoi lombi non risponde alle chiamate! »

Detto questo, mi strappa il telefono dalle mani, apre la chiamata e, anche se, in un ultimo, disperato tentativo di evitare l'inevitabile mi tiro indietro in una mossa alla Matrix che come minimo di causerà il colpo della strega, mi sbatte il telefono sull'orecchio.

Cazzo merda. Merda cazzo. Porca puttana. Puttana porc—

« Jared! » sta esclamando Constance, sensibilmente nervosa. « Avresti dovuto chiamarmi ore fa! Non mi importa che fossi impegnato a maltrattare Emma o che so io, non mi importa che hai quarant'anni, non mi importa quanto sei impegnato a limarti le unghie con una lima placcata d'oro o a parlare col tuo amico immaginario Bart—sei arrivato due giorni fa, ho aspettato che trovassi un momento ma niente, come morto—se ti dico che devi chiamarmi quando atterri, devi ricordarti di chiamarmi quando atterri! »

Ah, bene. Se persino Constance fa così con un figlio di quarant'anni, io posso scordarmi che mia madre smetta di pensare che il mio corpo senza vita si trovi in un canale di scolo se non rispondo per due volte di seguito alle sue chiamate.

« Pronto? » pigolo, strizzando gli occhi.

C'è silenzio, per qualche secondo. Qualche lungo secondo. Lunghissimo secondo. Finché non controllo lo schermo del cellulare per controllare che non sia, che so, solo caduta la linea; ma niente, il cellulare continua a contare i secondi.

« Allora? » inquisisce Anna, perplessa.

« Non risponde » spiego velocemente, in un fil di voce. « Forse è morta » mormoro poi, impallidendo, e piagnucolo, a voce più alta: « Mio dio, ho ucciso la mamma di Jared Leto. Oh, mio Dio. Finirò in prigione per sempre e quando uscirò nessuno vorrà assumermi e finirò a chiedere elemosina accanto ai bagni pubblici e a parlare con i piccioni. E io odio i piccioni! »

Anna sembra essere nel bel mezzo di una lotta interiore sul darmi o meno un pugno in faccia. « Smettila di delirare e metti il vivavoce! » mi ordina, cercando poi, di nuovo, di agguantare il BlackBerry quando io non reagisco alle due parole.

« Dici che c'è linea dall'aldilà? » replico invece, con voce strozzata.

La linea cadrà presto sulla mia vita.

Pasqualina sta legando un cappio attorno al suo collo.

« La linea te la faccio io, sul collo, soffocandoti con un laccio delle scarpe se non metti il viva—» risponde lei

« Forse ho chiamato in un momento sbagliato » sento alla fine dall'altra parte della cornetta proprio mentre sto mettendo il vivavoce. « Va bene, uhm, è... imbarazzante. Credo di capire perché non mi ha chiamato prima, ma... uhm... posso sapere dov'è Jared? »

Mi ci vuole qualche secondo per ricordare come si parla decentemente in inglese. « Constance? » dico, stridula, avvicinando il telefono alla bocca. « Ciao. Sono Elena. Io... uhm... uh... eh... uhm. »

Uhn, uhm, eh, uh. Bene così: non sta pensando di parlare con una ritardata mentale, sta pensando di essere al telefono con un gorilla.

« Okay, Elena » fa lei, cauta. Sta sicuramente pensando di essere al telefono con una ritardata mentale. « Dov'è Jared? »

« Non è qui » rispondo, nervosa. « Non... non può rispondere adesso. Diciamo per tutta la notte. È una lunga, lunga storia, e... mi dispiace? »

Seguono altri secondi di silenzio. « Per tutta la notte? »

Mi stringo nelle spalle, non sapendo come spiegarle la situazione. « Abbiamo le mani legate » dico alla fine, a mo' di spiegazione.

« Avete le mani legate » ripete lei, in tono monocorde. « O—okay. Oh, mio Dio, io—ho decisamente chiamato nel momento sbagliato... »

Non capisco. Non capisco sul serio. Che ho detto stavolta? Che ho fatto?

Mentre io sono qui con la fronte aggrottata e quella che, potrei scommetterci un organo vitale, è un'espressione sveglia e intelligente a metà tra quella di un bradipo morto e Totti dopo che gli hanno chiesto di parlare del PIL italiano in diretta nazionale, Anna si è sbattuta una mano contro la fronte, si è girata e ha dato una testata ad una delle gambe del letto a castello.

Mimo, con le labbra: che ho detto? prima che l'effettiva realtà di quelo che ho appena pronunciata affondi veramente nella mia coscienza.

Jared non può rispondere.

Per tutta la notte.

Abbiamo le mani legate.

Porca troia!

« NONONONONO! » strillo, raggiungendo un acuto che, un paio di note più su, avrebbe fatto tremare i vetri e reso sordi i pipistrelli. Il genere di acuto che ci si aspetterebbe da un ragazza a causa di Jared Leto, sì, ma mentre lui le sta “dietro e col fiato sul collo” nel senso più sessuale del termine, e non in quello metaforico per cui, avendo 1) bagnato il suo Blackberry, 2) accidentalmente rubato il suo Blackberry, 3) informato sua madre di un incontro sessuale che non è mai avvenuto, a questo punto lui sarà così pronto a mettermela dove non batte il sole così a fondo, ma così a fondo, che il mio altrettanto metaforico didietro rimarrà indolenzito per tutta la vita. Ehi, lassù, gente!, non è questo il genere di “Mannaggia, sono fottuta” che chiedevo quando immaginavo un nostro ipotetico incontro! « No, Constance, insomma—ho diciassette anni! »

« Hai diciassette anni?! » esclama Constance. « Oh, buon Dio... »

“Giuro,” commenta Coscienza, “se ti pagassero un euro per ogni volta che hai straparlato, il Carlton potresti comprarlo.”

« No, non hai capito! » esclamo di nuovo, nel panico. « Cioè, ho diciassette anni, è ovvio che io e Jared non... non... insomma, hai capito—quando dico che abbiamo le mani legate intendo che non possiamo farci niente perché io ho il suo cellulare e lui non è con me! »

« Jared ti ha volontariamente dato il suo cellulare? » domanda lei, chiaramente stupita. « Ma chi sei? »

Vorrei svicolare dalla discussione. « Non proprio volontariamente... » faccio, schiarendomi la gola. « Diciamo che la serie d'avvenimenti che hanno portato al possesso del suo cellulare sono complicati, quasi impossibili da spiegare senza che sembri che mi stia inventando tutto o che sia patologicamente scema, anche se in molti concorderebbero su quest'ultima affermazione, e includono un bicchiere d'acqua, un autografo e un impermeabile beige. Ma tuo figlio è vivo, tranquilla » concludo, annuendo al nulla. « Sarà troppo impegnato a progettare il mio omicidio per morire. »

« Va bene » dice Constance, « sono confusa, ma... va bene. Aspetta, Jared ha lasciato che tu toccassi il suo cellulare? »

Cerco di trovare una risposta che non mi faccia sembrare una scippatrice. Io shippo, non scippo. Dovrei scrivermelo in una t-shirt. « Non che me l'abbia esattamente lasciato fare... » rispondo, tentennando.

L'angolo di curvatura del sopracciglio destro di Anna sta raggiungendo l'impossibile. « Tra tutti i tuoi problemi » mi informa, « la diarrea verbale è tra i peggiori. Tu non parli con le persone, le stordisci oralmente e le ammazzi di cazzate. »

Le faccio segno di non parlare con una mano, mentre con l'altra mi massaggio una tempia. « Ascolta, Constance, io... ho il cellulare di Jared, e non voglio far altro che ridarglielo, ma è complicato e mi dispiace di questa conversazione imbarazzante, perché credimi, faccio fatica anche solo a realizzare che sto parlando con Constance Leto. Devi scusarmi. Senza che tu mi abbia mai vista in faccia, sono certa che mi ricorderai come quella che ti ha bombardato di cazzate e fatto credere che tuo figlio fosse impegnato in pratiche sadomaso con una minorenne, quindi pensa un po' come sono dal vivo. »

E, per la prima volta, sento Constance soffocare una risata. « Tesoro, Jared una volta mi ha chiamato solo per lamentarsi che Shannon gli aveva finito i biscotti » dice. « A trentotto anni. »

« Lo so » rispondo subito, per poi chiarire: « Twitter. »

« Uhm, okay » riprende. « Io, uhm, devi solo dire a Jared che la ragazza per la manicure, quella di cui non ricordo mai il nome, mi ha chiamato perché non è riuscita a raggiungerlo. Abbiamo un appuntamento insieme tra tre settimane. »

Non so se sciogliermi perché Jared Come Ce L'ho Io Nessun Altro Leto va dall'estetista con sua madre o sentirmi profondamente a disagio per lo stesso motivo.

« Com'è salvata? » faccio, controllando il registro chiamate del BlackBerry. « Annabelle? »

« No. »

« Natasha? »

« No. »

« Katiusha? »

« Elena, n— »

« Hugo? »

« Sono abbastanza certa che sia ancora una donna » risponde Constance, « e che non abbia un nome da spogliarellista. »

Questo praticamente elimina il 90% dei contatti direttamente dalla vita di Jared, non solo dal suo BlackBerry. Alla fine, scartando tutte le altre possibilità, mi rimane soltanto una chiamata persa. Se è lei, giuro, riderò per sempre.

« Constance, è possibile che l'abbia salvata con una emme e un cuoricino? »

« È possibile » risponde lei. « Gli fa lo sconto sullo smalto semi-permanente. »

 

*

 

Jared ha avuto un sacco di brutte nottate. Un sacco, davvero. Tutte quelle della preparazione di This Is War, per esempio, o quella in cui ruppe con Lindsay Lohan e divenne bravo nell'evitare bicchieri volanti per puro spirito di sopravvivenza. (Non scherza quando dice di saper fare delle ottime mosse ninja. È vivo solo per quelle.) Ma questa, questa senza il suo Berry, senza l'unica sua ragione di vita, senza ciò che lo sveglia al mattino e gli dà la buonanotte meglio di tutte le sue amanti—questa è la peggiore.

Fino alle due, la mancanza di qualsiasi apparecchio tecnologico a parte il televisore a parete poteva anche essere sopportabile. Più o meno. Con un notevole sforzo di volontà. Poi, non sa bene come, è finito a guardare un film presumibilmente polacco degli anni settanta con i sottotitoli in francese con addosso un plaid e delle ciabatte a forma di orso, e gli è venuto il dubbio che non fosse esattamente così che da ragazzino aveva immaginato i suoi quarant'anni (ma all'epoca uno dei tanti scenari prevedeva lo spaccio di droga, ed è tutto dire), e ha deciso di spegnere la tv per provare a dormire. Berry non era con lui, ma forse poteva sopravvivere.

Alle due e mezza, fissava una delle pareti della sua camera con gli occhi iniettati di sangue e aveva elaborato all'incirca otto possibili scenari che prevedevano, in alternativa o tutti assieme:

  • Il suo BlackBerry finito in qualche modo in un canale di scolo;

  • Il contenuto del suo BlackBerry reso pubblico su internet e almeno dieci scandali scoppiati i America, Europa e Asia

  • Le tette di Scarlett su Twitter.

 

Alle tre, è sceso nella hall dell'albergo e ha ordinato di dargli un mac. Un mac qualunque. Più precisamente, il nostro Uomo Dal Pigiama a Righe si è messo a tamburellare sul bancone della reception finché chi di dovere non è arrivato e ha deciso di dare una mano all'Amish vestito da deportato all'ingresso dell'albergo. Solo a questo punto Jared ha gentilmente chiesto un Mac.

“Non abbiamo Mac in più,” ha risposto Chi Di Dovere, perplesso.

“Ho bisogno di un Mac,” ha ripetuto Jared.

“Signor Leto,” ha fatto per rispondere l'altro, “mi dispiace, ma...”

“Non ci siamo capiti,” ha detto Jared. Si è indicato il volto e gli occhi azzurri infossati e circondati da due brutte occhiaie violacee. “Questo non è il volto di qualcuno che accetta un no.”

 

Venti minuti dopo, Jared è nella sua suite da unnumeroindefinitodieuro a notte a tamburellare sul Mac del direttore dell'albergo. Dietro di sé, ha lasciato solo polvere, due Tizi della Reception in lacrime, il Direttore del Carlton con i capelli più bianchi di quanti ne aveva quando ha cominciato la giornata e, forse, pure una possibile denuncia per minacce e intimidazioni.

« Ehilà, fratellino » esclama Shannon rispondendo alla sua chiamata Skype. Jared riesce a vedere, alle sue spalle, il sole accecante di Los Angeles. Stringe gli occhi, ormai abituati al buio della sua suite. Lo odia profondamente. « Passata una bella giornata? »

« Tu non hai idea » sibila, lanciando un'occhiata al BlackBerry della pazza. « Non hai idea di ciò che mi è capitato oggi. »

« Ce l'ho, in realtà » ridacchia Shannon. « Come sta il cellulare di Elena? »

Passa qualche secondo.

Jared fissa Shannon.

Shannon ridacchia.

Jared continua a fissare Shannon.

Alla fine sibila: « Tu cosa? »

« Ti stai godendo la tua prima notte da BlackBerry-dipendente in riabilitazione? » gli domanda Shannon. « Oggi ti ho chiamato, per la cronaca. Quando ha risposto una ragazza sono rimasto un po' confuso, sai, visto che tratti il tuo cellulare meglio di come tratti la maggior parte della gente e non permetti a nessun altro di toccarlo... »

« Questo non è vero » ribatte Jared Dal Pigiama a Righe.

« Jared, gli hai dato un nome, l'hai assicurato e la sera gli auguri la buonanotte. È verissimo. Se il matrimonio fra uomini e oggetti inanimati si potesse legalizzare, tu saresti il primo della lista per Los Angeles. »

E tu con il caffè, dovrebbe rispondere Jared. Ma uno dei suoi ultimi neuroni ancora in vita, quello di solito addetto alle risposte pronte e al sarcasmo, si è appena suicidato per la stanchezza. « È successo una volta e stavo scherzando » sottolinea solo, blandamente.

« Sarà » concede Shannon. « Comunque sia, mi ha raccontato una storia che aveva dell'assurdo con protagonista te, un tavolino del bar, del sesso orale e uno scambio di BlackBerry. Tu sì che sai come scegliertele, le psicopatiche. »

« Non dirmelo » replica Jared. Si prende la base del naso tra il pollice e l'indice, prendendo un respiro profondo.

« Perché non la stai chiamando tu? »

« Forse perché, mio illuminato fratello, questo telefono ha il blocco? » borbotta Jared.

« Fratellino » risponde Shannon, « è una Echelon, non un esponente della CIA. Prova con la tua data di nascita. »

Seppur di controvoglia, Jared fa come gli dice il fratello e digita “1971”.

Ovviamente il dannato BlackBerry si apre a lui come la caverna ad Alì e i quaranta ladroni. Come ha fatto a non pensarci prima? Arriccia il naso e lancia un'occhiata altezzosa degna di una diva della vecchia Holywood a Shannon, che sta sghignazzando allegramente, e fa per comporre il suo numero.

« Sai, Jared, non credo che dovresti chiamarla adesso » fa Shannon. « Non tutti sono come te. Esiste anche chi dorme »

« Stai zitto o ti licenzio » replica Jared, gelido. « Questa ragazza ha il mio BlackBerry in ostaggio. Non merita di dormire. Non merita di vivere. Il mio piccolo, brillante, tenero BlackBerry è nelle mani di una sconosciuta da quasi un giorno e io non so nemmeno dove abita. »

« Non puoi licenziarmi, sono tuo fratello! » dice Shannon, oltraggiato.

« Mi stai sfidando? »

« E io ti finisco i biscotti. »

Jared assottiglia gli occhi fino a farli diventare due fessure. Nessuno tocca i suoi biscotti. « Non oseresti. »

Shannon incrocia le braccia al petto. « Tu non minacciare di prendere un altro batterista. »

« E sia » concede Jared. « Comunque, se non posso chiamarla, posso comunque farmi un giretto nel suo cellulare. Nei suoi messaggi... »

« Non parli italiano. »

« Nelle sue foto... »

« La cosa più interessante sarà una fiera di paese. »

Jared considera seriamente di chiudere a chiamata Skype e mandargli un fax con scritto soltanto, a lettere cubitali, un enorme: “BLOW ME”. Tuttavia, fa soltanto un gesto che dovrebbe dimostrare disinteresse con la mano e si mette a curiosare tra le app della ragazza. Viber, zero messaggi. Whatsapp, zero messaggi non letti. Twitter, nessuna notifica. Praticamente, considerando che questa ragazza non sembra avere particolare attenzione dal mondo esterno, o è l'emblema della classica ragazza che non si caga nessuno a meno che non inciampi davanti a scuola alle otto di mattina, o è sociopatica sul serio.

L'opzione della sociopatia, perlomeno, spiegherebbe i suoi comportamenti da psicopatica.

Potrebbe entrare su Tumblr.

Oppure no.

Una parte di lui ha paura di quel sito, onestamente. Sembra essere popolato solo da vergini perverse, vergini psicopatiche e fanboys.

Non entra su Tumblr da quando ha digitato il suo nome nelle tag e tra quelle suggerite c'era “farelleto”. Piccola parentesi: non riesce proprio a capire perché, tra i due, secondo l'opinione comune, fosse lui la passiva. Solo perché ha una piccola passione per le gonne da uomo, l'eyeliner e gli smalti.

E insomma.

« Jared... » continua Shannon. « Ti stai comportando come un bambino. Non le farà piacere. »

« Rapitrice di BlackBerry, ergo non merita rispetto » sottolinea Jared. « A proposito, perché mi hai chiamato al cellulare? »

« Emma mi aveva detto che non l'avevi ancora contattata. »

« Già » mormora Jared. Alla fine abbandona l'idea di Tumblr, blocca di nuovo il cellulare e si ripromette che dopo farà un bel giretto nella gallery. « Era preoccupata? »

« Si stava ubriacando » risponde Shannon, sogghignando. « Per festeggiare. »

Jared chiude la chiamata.

 

*

 

Quando apro gli occhi, ci metto un po' a capire chi sono, dove sono e come mai mi trovo qui. Nella luce straordinariamente accecante della mattina, mi rendo conto che c'è un altro corpo accanto a me.

Uh?

Mi muovo piano, cercando di districarmi dall'ammasso di coperte e arti del letto, allungando una mano alla cieca per prendere il mio BlackBerry.

Mentre la luce del sole rischia di bruciarmi gli occhi cancellandomi gli ultimi gradi di vista che mi sono rimasti, mi appiccico il cellulare il faccia per leggere l'ora, e una parte del mio cervello – l'unica porzione di cervello in funzione che non sta soffrendo di un terribile mal di testa – registra che sono le sotto meno un quarto.

Accanto a me, il corpo morto che mi sta infilzando un fianco con un gomito grugnisce e si gira un po'.

Mi stropiccio gli occhi.

Sono in quella fase dei primi minuti di veglia in cui Emenegildo e Pasqualina stanno ancora dormendo con la bava alla bocca. Quella in cui la cosa più coerente che riesco a pensare è: “devo andare in bagno” e la mia massima aspirazione è raggiungere la cucina strisciando per bere un po' di caffè. Quel momento della mattina.

Con uno sforzo sovrumano, inforco gli occhiali, mi tolgo le coperte di dosso e arranco fino al bagno con la voglia di vivere di una gazzella con il collo già tra le fauci di un leone e la delicatezza di un orso bruno in un negozio di ceramica cinese. Una volta lì, il riflesso che mi accoglie davanti allo specchio è quello di un essere umano distrutto: non ho due borse sotto gli occhi, ho due valigie. Un trasloco. I miei capelli sembrano la criniera di un leone dopo una permanente malriuscita. Praticamente potrei sterminare qualsiasi accenno di testosterone nel raggio di dieci chilometri.

Dio mio. Passandomi le mani sulla faccia, mi rendo conto che non è qualcosa che sciacquarsi la faccia possa sistemare. Un lifting sarebbe meglio.

« Anna » la chiamo, allungando il collo oltre la porta del bagno. « Sei sveglia? »

Lei grugnisce di nuovo, si toglie la coperta da sopra la testa e si volta verso di me ancora con gli occhi chiusi. « Muori » sussurra soltanto, prima di tornare a tuffarsi sotto il piumone.

È sveglia. Appoggio la fronte allo stipite della porta e gemo per il dolore pulsante alle tempie. « Siamo in ritardo per scuola. »

La sua voce è così sepolcrale che sembra provenire dall'inferno. « Ricordati che devi morire. »

È bello sapere di essere circondata da persone ottimiste come me.

« Mi fa male la testa » mormoro. « Mi sembra di star dimenticando qualcosa. Perché non è suonata la sveglia? »

Finalmente Anna riappare dall'ammasso di lenzuola e apre gli occhi per lanciarmi uno sguardo che avrebbe solo Hannibal Lecter dopo essere stato costretto ad una dieta vegetariana per due settimane. I suoi corti capelli neri sono sparati da tutte le parti in una capigliatura che è un incrocio tra un porcospino, un truzzo e un Super Sayan.

« Forse » risponde, a denti stretti, « perché quello è il cellulare di Jared Leto? »

Ci metto un paio di secondi per metabolizzare la sua risposta.

Forse un po' di più.

Forse anche dieci.

Alla fine gemo, mi porto le mani alla faccia e mi lascio cadere contro il muro, gemendo, per poi cominciare a sbatterci piano la nuca. « Allora non era un sogno » dico, con voce lamentosa. « Voglio morire. »

« Sto per accontentarti io » dice lei, la voce attutita dal contatto col cuscini.

« Uccidimi. Poni fine ai miei tormenti. »

« Ti sto per lanciare una scarpa in faccia. »

Considerata la mia faccia di prima mattina, al massimo me la può sistemare.

Mi sdraio per terra a pancia su. « Perché a me? »

Anna geme un'altra volta e si mette seduta sul letto, i gomiti poggiati sulle ginocchia divaricate e il volto tra le mani. « Ti odio » borbotta. « Per colpa tua siamo andate a dormire alle tre. Ti. Odio. »

Non quanto io odi me stessa, secondo me. No di certo. Lei non ha rubato per sbaglio il cellulare di Jared Leto, aka l'unico amore della sua vita, aka l'unica cosa che riesce a mantenerlo sano di mente, no, lei non l'ha fatto. Sono stata io.

Ma.

Porca.

Troia.

Mi sembra di essere in una di quelle fanfiction in cui le protagoniste incontrano i loro idoli durante un viaggio. Solo che in quelle storie solitamente finiscono per farci sesso. Io no. L'unica cosa che Jared infilerà in me sarà un coltello a serramanico nella mia gola quando mi avrà a portata di mano.

« Di' un po' » mi fa Anna. Volto un po' il collo per guardarla e vedo che ha in mano il BlackBerry. « Hai idea di quale sia il codice di sblocco? »

« Come no » le rispondo in un borbottio. « Me l'ha sussurrato soavemente tra una minaccia di morte e l'altra, giusto poco prima di farmi capire che l'unica ragione al mondo per cui mi metterebbe le mani al collo è per farmi fuori. Per farci cosa, poi?

« Giocarmeli al lotto » replica, acida. « Secondo te per cosa? »

Tamburella con le dita sulla sua gamba. « Qual era lo pseudonimo che usa per i suoi video? »

« Bart Cubbins » rispondo, tornando a guardare il soffitto. « Perché? »

Passa qualche attimo in cui rimane in silenzio, prima che la senta esclamare: « AH! Sono un genio. »

Mi tiro su sui gomiti, confusa. « Che hai fatto? »

« Il codice numerico corrispondente alle lettere di Bart è il codice di sblocco. Dio mio, sono un genio » sospira. « Che ci faccio ancora qui in mezzo a voi plebei? »

Spalanco la bocca, scioccata. Non è vero. Non può essere vero. La mia migliore amica non sta per infilare il naso negli affari privati di Jared. Sebbene una buona parte di me – quella spiccatamente femminile e che collega impulsi tipici del gentil sesso quali la curiosità, lo spirito di gossip e il fangirleggiamento – stia fremendo all'idea di poter sul serio sapere cose private della vita di Jared, un'altra – quella un po' più razionale, non completamente controllata dai feromoni – storce il naso. « Non credo sia una buona idea... » sussurro, mordendomi il labbro.

« Sì, sì, sì, be', guardo solo io. » La vedo smanettare col cellulare per qualche altro attimo, poi corrucciarsi visibilmente. « Uh » fa, inclinando la testa di lato. « Questo è un braccio o...? Oh. Non è un braccio » esclama, sbarrando gli occhi. « Certo che se è quello di Jared c'è da rimanere impressionati. Per forza che lo chiamano Satan. Lo provi una volta e ti brucia talmente tanto che sembrano le fiamme dell'inferno. »

« Cosa? » esclamo, mettendomi seduta. « Stai fingendo. Non hai appena visto il pene di Jared in foto. »

Vero? Vero?!

Cambia foto. « Oddio, che dolore. »

« Cosa?! »

« Credo che questo sia il backstage di Hurricane. »

« Smettila. »

Cambia di nuovo foto. « Oddio, che schifo. »

« Anna! »

Cambia ancora foto. « Oddio e basta. »

« ANNA! »

Avvicina il volto al display, assottigliando gli occhi. « Questa foto è confusa. Non capisco se queste sono davvero mollette per gli abiti o... sì, sono mollette per gli abiti. Ma non sono attaccate agli abiti. E... questa è Britney Spears? Difficile da dirsi, visto che le si vedono solo i capezzoli... »

Deglutisco. « Le mollette erano attaccate ai capezzoli? »

Mi lancia uno sguardo indecifrabile. « Non solo ai capezzoli. »

Oh, mio Dio. Credo di stare per rivedere il cenone di Capodanno del '98. Per empatia, sento un improvviso dolore immaginario in mezzo alle gambe all'immagine mentale di Jared che gioca all'allegra lavandaia con il mio clitoride.

Finalmente mi decido a raccogliere l'ultimo pizzico di dignità che mi è rimasto e mi rimetto in piedi, raggiungendo Anna e strappandole il BB dalle mani.

« Questa » le dico, « è invasione di privacy. »

« Non proprio » mi risponde. « Credo che quella fosse una vagin— »

E il telefono squilla.

In un attacco isterico, strillo e mi spiaccico contro il muro, terrorizzata. È Jared. È Jared. Oddio, l'ha avvertito. Sa che stavamo sbirciando tra le sue cose. Ha una specie di contatto mentale col suo cellulare e l'ha avvertito, lo sa. Sono fottuta, stavolta sono veramente fottuta, più fottuta di Sasha Grey—

Apro la chiamata urlando, isterica: « NON SONO STATA IO, LO GIURO! NON VOLEVO! È STATA LEI! »

C'è un momento di silenzio. Poi Jared esala: « Perché, che hai fatto? »

Anna si sta sbattendo una mano in faccia per l'ennesima volta in ventiquattro ore. Nella mia testa, Ermenegildo prende a schiaffi Pasqualina e la mia Coscienza ha assunto l'aspetto e l'espressione del mio professore di matematica durante una mia una interrogazione alla lavagna: la quintessenza della disperazione.

(In tutto ciò: un angolo della mia mente – quello direttamente collegato ai miei genitali – non può fare a meno di avere le convulsioni ogni volta che sento la sua voce. Soprattutto quella arrabbiata. Si susseguono scenari simili a quelli di Hurricane in cui io sono talmente legata da poter essere appesa a testa in giù in una macelleria.)

Sono una deficiente.

È ovvio che Jared non può sapere che Anna stava sbirciando le foto del suo cellulare.

« Nulla » pigolo velocemente. « Sindrome di Tourette. »

« Quando questa storia sarà finita » mormora Jared, « avrò bisogno di un analista. »

« Anche io » non posso fare a meno di replicare.

« No » ribatte lui, « tu avrai bisogno di un legale. »

Gemo, presa in contropiede. « Scusa. »

« Senti, voglio farla breve. Oggi ci incontriamo e mi ridai il cellulare. »

Sbianco visibilmente. « Non posso » rispondo, chiudendo gli occhi. « Oggi devo lavorare. »

E anche domani. E dopodomani ho una visita guidata in un Museo.

Mi sono appena resa conto che non avrò un solo secondo libero fino alla prossima settimana. Che una volta finiti i turni, il professore ci vorrà con lui per una passeggiata o che so io. Che dovrò essere o con lui o con i miei compagni. Che non c'è alcun modo che io possa incontrare Jared senza che lo venga a sapere l'universo.

Sento Jared trarre un respiro profondo. « Dove lavori? »

« In un'edicola in Rue d'Antibes » rispondo. « Perché? »

« Perché ti vengo a cercare io. »

Sento un rombo improvviso. No, non un temporale fuori.

Erano le mie ovaie.

 

 

 

Non ho giustificazioni. Vi chiederete: che ci vuole a scrivere un capitolo di sette pagine? Non lo so. Solo che questa storia dovrebbe far ridere, e non è facile farsi venire battute pronte e cose del genere, e mi sono un po' persa. Mi sono trasferita a Londra, e l'università—la vita mi stanno risucchiando.

Non so nemmeno se vi ricordate di questa fanfiction, onestamente. Questo capitolo fa pure schifo – non so quanto faccia ridere: credo faccia più schifo che altro. Comunque, una cosa positiva in tutto questo c'è: Jared l'ho incontrato davvero. Qui a Londra, qualche settimana fa, davanti al suo hotel. Le circostanze del nostro incontro sono ancora più irreali di quelle della fanfiction, ma rimangono un mio segreto.

Lo so che ho una bella faccia tosta a chiedervelo, ma... vi fareste sentire? Anche solo per dirmi che ci siete ancora, o che il capitolo fa schifo, o che mi odiate?

Un bacino sul naso,

Carme.

(P.S. Nel mio profilo di EFP c'è il link al mio account FB. Siete liberissimi/e di aggiungermi!)

 

   
 
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