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Autore: Vella    01/03/2014    7 recensioni
"Non consigliata ai deboli di cuore.
Quanti di voi hanno sempre considerato Mirtilla Malcontenta una povera sfigatella? Persino io lo pensavo. E poi? Cosa è successo? Mirtilla, la nostra fantasmina dei bagni femminili, non è quello che appare. Lei non è mai stata una stupida Corvonero. Il cappello non ha sbagliato a smistarla, la sua intelligenza, infatti, supera i limiti massimi.
E chi può rimanere colpito da tanta astuzia se non Tom Riddle?
Questa che state per leggere è una vera e propria storia, in tutto e per tutto, tradizionale fino al midollo, niente verrà scombussolato e noi, sì, proprio noi, daremo una spiegazione più che valida a tanti fattacci. Com'è che diceva Silente?
Non provare pietà per i morti, Harry. Prova pietà per i vivi e soprattutto per coloro che vivono senza amore ? Chi, infatti, ha mai detto che Lord Voldemort non stesse vivendo per amore? "
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Avery, Mirtilla Malcontenta, Rubeus Hagrid, Tom O. Riddle
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Contesto generale/vago
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Riassunto VII-:
Dopo alcune scene le cui riprendevano un Alexander scorbutico parlottare con l'amico Kar e l'inopportunità tra Fiabetta ed Avery che si beccano amorevolmente in biblioteca, ecco che il capitolo entra nel vivo con un appuntamento al chiaro di luna con Tom Riddle e Malcontenta.
Mirtilla, quindi, diventa automaticamente una vittima.
Il tranello del Diavolo riesce a bloccarla, il quaderno nelle mani di Tom viene presumibilmente bruciato e il libro che lui bramava non c'è più.
Ed ora cosa succederà? Lo scopriremo in questa puntata! O quasi...











Aveva nevicato quella notte. Tanto, davvero tanto. Fiocchi candidi e bianchi erano stati i re di quelle ore. Ed Hogwarts, all'alba, si ritrovava oramai coperta da un sottile velo di gelo pieno di allegria e serenità. Fin dall'epoca di Tom Riddle, l'ometto in fase di sviluppo era riconoscibile dalla sua stazza e dalle braccia ben corpulente. Non aveva barba, portava i capelli leggermente allungati, il viso più lineare e gli occhi sempre vispi e pronti all'attacco. I suoi passi erano rumorosi e pesanti, camminava con un certo senso di felicità e si guardava attorno accompagnato costantemente da quell'aria scanzonata.
Rubeus, non amava particolarmente le lezioni al chiuso, per questo l'unica materia che si addiceva di più a lui era Cura delle Creature Magiche, aveva sempre trovato un aspetto assai conveniente in quelle lezioni mattutine offerte dal professore in questione. Quindi, una volta a settimana si incamminava verso la capanna con una pila di libri in mano. La lezione extra si teneva, di solito, la mattina molto presto, così da non contrastare gli orari delle altre materie. Ad Hagrid, perché in fondo è di lui che stiamo parlando, tutto ciò andava più che bene, aveva una certa propensione per le avventure e per gli approfondimenti che gli interessavano. Quando, quindi, corse verso la casa, era ancora beato nel sonno e nella velocità del momento. Non si accorse affatto di aver davanti a sé un cadavere. Si fermò per un attimo, era lontano dall'entrata della foresta di circa cinquanta metri e davanti a sé giaceva un vero e proprio cadavere, il pensiero si ripeté più volte nella sua mente. Morte. No, il ragazzo non era famoso per la sua inesauribile codardia, anzi. Con passi lenti e scalfiti nel tempo, si avvicinò per bene al corpo inerme e più bianco di un lenzuolo.
«Cosa sarà...» un sospiro breve mentre con una mano toccava il braccio del corpo: era una ragazza, constatò. Ed aveva dei lunghi capelli, inoltre indossava la divisa scolastica e dal blu capì che era senz'altro una Corvonero. Possibile fosse morta? Il terrore lo invase. Deglutì più volte e si allontanò con massima cautela, capì di aver fatto una scoperta allucinante. E semmai gli fosse stata data la colpa? In fondo perché si trovava lì? Scosse il capo, stava pensando senza ragionare. Forse doveva ritornare indietro, non farsi scoprire, forse doveva scomparire, o andare dal professore come se nulla avesse visto eppure... eppure come avrebbe potuto? Il rimorso di coscienza gli avrebbe attanagliato l'anima, oltre allo stomaco. E poi... se non era morta? Era bianca come un lenzuolo, le braccia inermi, non sentiva il respiro e non sapeva controllare il polso. No, basta! Doveva far qualcosa, qualunque cosa.
Corse. Corse più veloce di un fulmine o di un tuono, si rialzò più volte dopo esser caduto e con un impeto tale, spalancò la porta della capanna dove il professor di Cura delle Creature Magiche stava bevendo un tè freddo.
«Il professore è morto! Il professore è morto!» singhiozzò Hagrid. L'uomo lo guardò stranito ancora intontito da quella entrata brusca.
«Chi professore? Cosa confabuli, Rubeus?!»
«No, no! Venite, venite! Oh, per l'amor del cielo, non c'entro niente!» schiamazzava ancora, prese per un braccio l'uomo davanti a sé e lo portò all'aperto. Quando indicò il corpo inerme, pallido e freddo della giovane Mirtilla Malcontenta, entrambi furono scossi da un tremore e da un senso di impotenza.
«Portiamola in infermeria!» gridò l'adulto, totalmente confuso e ancora incerto se fosse la soluzione più adatta.



Era viva. Era sana. Ed il viso arrossato dalla febbre. Le doleva fortemente la testa e non riusciva ad aprire gli occhi, ogni parte del suo corpo le appariva congelato, il tatto le sembrava ovattato e le palpebre troppo pesanti. Il suo stato precario durò molto ed il fatto di esser cosciente non l'aiutava per niente. La testa le doleva sempre più, il cervello voleva fuoriuscire dalla scatola cranica e buttarsi da un ponte con il permesso di Mirtilla. Ricordava a stento cosa le fosse successo e perché i mormorii che la circondavano erano così silenziosi da non riuscire a captare nessuna parola sensata. «Perché dovrei aiutare una mezzosangue? Perché dovrei aiutare proprio te?» Queste parole rimbombavano nelle orecchie, nell'animo, nel cuore, nella mente, nelle labbra e scorrevano nelle vene alla velocità della luce.
«Cosa sta dicendo?» una voce familiare le giunse finalmente.
Avrebbe voluto tirar un sospiro di sollievo ma qualcosa le impediva anche quello.
«Ho sentito bene? Maledetto? E chi sarebbe maledetto? Per tutti i cappelli di Merlino!» e sentì persino quell'altra voce impastata.
«Perché quanti cappelli ha Merlino?» una risata cristallina, una risata contagiosa che conosceva fin troppo bene. Mirtilla avrebbe voluto ridere insieme a Fiabetta ma il suo viso rimaneva immobile, in uno stato di coma.
«Ah non so... io... io non so proprio... cioè... credo tanti ma... ma precisamente... io...»
«COSA CI FATE VOI QUI?» quest'altra voce era alta, squillante ed anche fastidiosa. Parlarono a bassa voce, qualche battutina che non capì, che non volle capire e poi il tonfo della porta trasportò la giovane di nuovo nel suo stato inerme.



Quando si svegliò, erano passati tre giorni. Tre giorni orribili per Fiabetta, per Mirtilla, per Rubeus e per lo stesso Tom. La giovane ragazza dai capelli corvini aveva le labbra screpolate, sentiva ancora le palpebre pesanti e non riusciva a muovere le gambe. Era come se il gelo di qualche giorno prima l'avesse paralizzata per un periodo indeterminato. E non era sicura di riuscire a tornare indietro, di far retromarcia.
«Madame, madame! Presto, presto... s'è sveiata!*» Il primo viso che vide Mirtilla fu proprio quello di Hagrid e rimase sbalordita di quanto fosse grande, grosso e... gigante.
«Chi diavolo...» un attacco di tosse la sorprese prima che potesse concludere il senso della frase e le corde vocali non volevano collaborar più di tanto. Riprese fiato e chiuse gli occhi in attesa di ritornare al suo stato precario, non aveva voglia di riprender conoscenza. Anche se non sapeva come l'aveva persa.
«Oh, ben tornata signorina! Su, su, alza la testa... sì, così...» la Madame la aveva appena infagottata di cuscini per tenere in alto il capo.
«Bevi questo, sì... da brava», ed ora Mirtilla stava trangugiando una bevanda bollente, rossa e che sapeva di sangue.
«Hagrid! Per favore, non parlare troppo e niente domande. Guai a te se questa ragazza emette un suono». E così l'infermiera si volatizzava dietro ad uno scompartimento bianco. Passarono minuti, Mirtilla non aveva una bella cera: il viso ancora del tutto pallido, le occhiaie più spesse del solito, il corpo ancora più esile e magro di quanto non lo fosse stato precedentemente. Aveva l'aria di una vera malaticcia. Rubeus borbottava una canzone, era seduto su uno sgabello di legno, aveva i piedi incrociati e cercava di non osservare troppo la giovane che aveva creduto morta. Erano stati i tre giorni più brutti di tutta la sua vita. Aveva trovato per sbaglio un cadavere giallognolo che si era dimostrato essere una studentessa Corvonero e alquanto brillante, aveva conosciuta la sua amica rossa con una risata contagiosa seppur il suo sguardo era sospetto. Aveva passato un intero giorno dal Preside in questione e si sentiva le braccia penzolare da più di due ore. I ragazzi di tutte le casate continuavano a fargli domande, erano curiosi, persino i docenti che non sapevano neanche chi fosse l'alunna trovata. Ed il resto del pomeriggio invece che studiare lo passava in quella sala, ignorando le ingiurie dell'infermiera e sperando vivamente che quegli occhi dal colore sconosciuto si aprissero così da rimettere in pace il suo animo. Ma ora che li aveva aperti, proprio in quegli istanti, aveva capito che non gli interessava più avere la coscienza apposto ma scoprire sul perché una ragazza di appena quindici anni, in un mattimo gelido, si trovava sdraiata nella neve, quasi senza vita. Da quanto tempo era rimasta lì? Cosa le era accaduto? Chi le aveva inferto tutti quei lividi che aveva visto sul suo corpo mentre la Madame le cambiava le fasce?E il fatidico colpo alla testa in cui aveva perso davvero tanto sangue? Chi? Cosa? Come? Perché? Non era curiosità ma questione di principio.
«T'ho trovato io, sai?» disse tutto d'un tratto, «e... e... non devi mica darmi spiegazioni eh!» sospirò chiudendo per un attimo gli occhi. Mirtilla guardava dritta davanti a sé, la sua mente aveva avuto un vuoto fino a che non era ritornata alla realtà. Fino a che non aveva di nuovo indossato la sua maschera. Il suo corpo cicatrizzato. Le parole di quel ragazzo. Gli sbagli che continuava a commettere. L'infantilismo che ormai la caratterizzava. Era riconoscente all'omone al suo fianco ma non riusciva a provare gratitudine e neanche voleva ringraziarlo perché il suo piano aveva preso una strada diversa e non c'era posto per le persone di buon cuore.
«Sono inciampata». Tosse, «anzi...» tosse, «facciamo che ho perso i sensi». Lo stava proteggendo.
Lei stava nascondendo le colpe di un ragazzo sadico. Erroneità.

«MIRTILLA!» Rubeus era immobile. Fiabetta era appena entrata saltellando.


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S|S: Cosa posso dirvi? Eh? Beh assolutamente nulla! Sono davvero colpevole. Sono passati più di due mesi dall'ultimo aggiornamento e ritorno con un capitolo un po' corto e mediamente sostanzioso ç_ç.
Praticamente dopo un periodo di pausa sono ritornata ad occuparmi di questa storia e non mi andava di farvi aspettare un'altra settimana per qualcosa di più lungo o qualche scena in più. Insomma, TA-DAAANNN!!! Mi perdonate? Dai, dai dai, è comparso HAGRID! Il nostro unico e grande amore.
*sveiata è un errore voluto. Si sa che Hagrid è famoso per il suo buon cuore e per il suo modo di parlare non molto perfetto.
Ebbene? Cosa ne pensate? In alto ho messo un riassunto dell'ultimo capitolo così da rispolverarvi la mente u.u.
A PRESTISSIMO! PROMESSO!
ps: quanto è figo il nuovo banner da uno a dieci? *-* Sì, questa è una sorpresa per farmi perdonare.
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