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Autore: Amor31    01/03/2014    2 recensioni
Due ragazze da sempre rivali.
Due sconosciuti in attesa del loro arrivo.
Un'avventura che le unirà nel bene e nel male.
*PROSSIMO AGGIORNAMENTO: SABATO 5 APRILE*
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sorpresa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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42. Buccaneer’s Cove

Non riusciva a stare calma. Quello che aveva visto e ascoltato le faceva ribollire il sangue nelle vene.
-Cosa possiamo fare? E dove starà andando?-, si domandò ad alta voce Courtney, camminando in tondo nella stanza sotto lo sguardo indurito di Heather.
-My Lady, a questo punto è chiaro che Crouch incontrerà il suo complice questa sera stessa. Ma cosa volete fare? Non potete di certo…-.
-Seguirlo?-, la interruppe l’altra. -No? E come dovrei agire, allora? O forse mi consigliate di rimanere qui, con le mani in mano?-.
-Courtney, non c’è modo di pedinarlo, se è questo ciò che avete in mente. Siamo controllate a vista da Lightning, che non ci permetterà di mettere neanche il naso fuori dalla porta di questa locanda. Tentate di calmarvi, piuttosto: agitarvi di continuo non giova alla vostra salute-.
-Umpf, salute! Quel pirata potrebbe uccidermi in un qualsiasi momento e voi mi parlate di salute!-.
-My Lady, è mio dovere prendermi cura di voi, proteggervi e assistervi in tutto ciò che fate-.
-Bene, dunque-, disse Courtney con rinnovata energia. -Aiutatemi in questa impresa, se davvero volete mantenere fede ai vostri impegni-.
Heather sospirò rumorosamente, guadagnandosi un’occhiataccia della padrona: -Ditemi, allora. In cosa posso esservi utile?-.
-Dovrete distrarre Lightning, così che io possa seguire indisturbata il capitano Crouch-.
-E voi siete convinta che un uomo di quella stazza non si accorga della vostra presenza o fuga?-, domandò scettica la dama , alzando un sopracciglio.
-È quello che voglio sperare-.
Heather chiuse gli occhi e scosse la testa, contraria: si chiese come quella donna potesse essere tanto sciocca.
-My Lady, mi dispiace essere in dissidio con voi, ma non credo che questo vostro “piano” funzioni-.
Courtney scrollò le spalle, sempre più infastidita: -Ah, è così? E allora sentiamo, cosa proponete?-.
La dama non proferì parola.
-Esatto. Meglio che stiate zitta! Siete brava nel criticare, ma nel costruire lasciate a desiderare!-.
Heather inspirò profondamente, provando a domare il proprio spirito ribelle. Avrebbe tanto voluto stampare le cinque dita della propria mano destra sul visino della padrona, ma pensò che non fosse ancora il caso di agire in quel modo.
-Non risolveremo nulla standocene rintanate qui dentro come topi in trappola-, sbottò ancora Courtney, sedendosi sul letto con un leggero tonfo. -Ogni secondo che lasciamo scorrere ci divide ulteriormente da Crouch e dal suo complice-.
La ragazza zittì per non più di un minuto, aspettando che la dama di compagnia aggiungesse qualcosa. Ma notando l’improvviso mutismo dell’altra, la nobile riprese a parlare, provocandola: -Che fine hanno fatto le vostre idee brillanti, eh? Scomparse da un momento all’altro? Eppure mi sembrava che il vostro ingegno fosse tutto sommato superiore a quello dei servi che normalmente lavorano nelle residenze aristocratiche… Forse mi sbagliavo. Dopotutto, appartenete sempre alla plebaglia; cosa potrei aspettarmi di più?-.
Heather abbassò lo sguardo sul pavimento, stringendo i palmi delle mani e chiudendo gli occhi un secondo dopo: se Courtney avesse detto soltanto un’altra parola, probabilmente si sarebbe alzata e l’avrebbe davvero presa a pugni.
-Allora? Vedo che finalmente vi è caduta quella lingua!-.
Fu un attimo: la dama si mise in piedi di scatto e rivolse un’occhiata di profondo odio e disgusto alla padrona, dicendole: -Sono stanca dei vostri insulti, Courtney! Sono stanca di essere al servizio di una mocciosa viziata come voi, che mai ha conosciuto la miseria, la povertà, ma solo immeritate agiatezze! Ho accettato di seguirvi per il bene della mia famiglia, ma sarei pronta a tornare in Inghilterra a nuoto, pur di non vedervi mai più! Azzardatevi ad aggiungere una singola sillaba e giuro, giuro che vi butterò da quella dannata finestra!-.
Aveva accompagnato il grido con precisi gesti delle mani e l’ultimo, in particolare, catturò l’attenzione di Courtney, sbiancata al sentire insorgere per la prima volta l’ormai esausta Heather.
-Ripetete ciò che avete detto?-, le chiese Lady Bennet.
-State forse cercando di provocarmi ulteriormente?!-.
-No, no, sono seria: vi ordino di ripetere quello che avete detto-.
Heather non impiegò molto a giudicare la donna che le stava di fronte completamente uscita di senno.
-Non insultatemi mai più o me ne andrò…-.
-No, non questo. L’ultima frase, per favore-, la interruppe la nobile.
-Vi scaglierò fuori da quella finestra?-, provò Heather, indicando i vetri sporchi con la punta dell’indice.
-Esattamente!-.
Courtney si avvicinò velocemente alla parete con un ampio sorriso stampato sul viso e la dama di compagnia si domandò che cosa avesse appena pensato.
-Visto? Ho dovuto mettervi alle strette per farvi formulare un buon consiglio-, disse Lady Bennet voltandosi verso la ragazza .
-Di cosa state…?-.
-Non capite?-, la fermò di nuovo Courtney. -Mi calerò giù dalla finestra! Con il vostro aiuto potrò seguire Crouch senza che nessuno si accorga della mia assenza!-.
Heather la guardò, sorpresa.
-Venite e guardate voi stessa-, la chiamò l’altra. -Questi vetri danno su un vicolo secondario già abbastanza scuro nonostante sia appena il tramonto. Mi terrò nell’ombra e pedinerò quel dannato pirata… Ma adesso aiutatemi, vi supplico: sarà necessario utilizzare le lenzuola dei nostri letti per permettermi di scendere giù-.
Courtney si diresse verso il proprio giaciglio e con uno strattone mandò all’aria gli strati di coperte, mentre Heather la osservava senza dire nulla, tanto era lo stupore.
-My Lady, siete seria?-.
-Assolutamente! Forza, intrecciamo il tutto… E speriamo che tenga il mio peso; non ho voglia di frantumarmi qualche osso-.
Con rapidità le due Inglesi annodarono le lenzuola, ricavandone una spessa corda bianchiccia che fu immediatamente gettata oltre la finestra.
Courtney si sporse per considerare un’ultima volta l’altezza e finalmente decise di calarsi in strada.
-Heather, avete con voi uno scialle da prestarmi? Non voglio essere riconosciuta…-.
La dama le consegnò una fascia che solitamente portava in vita e la padrona non esitò un istante prima di indossarla.
-Perfetto. Credo che così possa andar bene-.
Lady Bennet diede un’ultima sistemata alla stola che le incorniciava il viso e poi salì sulla soglia della finestra, pronta a scendere.
-Heather, vi prego, non lasciate mai la presa sulle lenzuola-, si raccomandò un po’ preoccupata. -E inventatevi qualcosa per giustificare la mia assenza a cena-.
-Non sarà difficile-, la rassicurò la ragazza. -Ma ditemi, come farete per risalire quassù?-.
-Ignoro quanto mi ci vorrà per avere notizie soddisfacenti sull’incontro tra il capitano e questo sconosciuto; sappiate però che, qualsiasi cosa accada, io tornerò sotto questa finestra. State dunque attenta, perché potrei essere di ritorno anche tra poco, se dovessi perdere le tracce di Duncan. È giunto il tempo di andare-.
Con il cuore in gola e le mani tremanti, Courtney si aggrappò alla corda di lino e scese pian piano, guardando sempre verso il basso. Sentiva Heather mugolare per lo sforzo, ma continuò a pregare che la ragazza non l’abbandonasse proprio in quel momento. Quando infine riuscì a toccare la superficie del vicolo, la nobile rivolse un’occhiata verso l’alto e salutò la dama con la mano, curandosi subito dopo di risistemarsi lo scialle in modo da non essere riconosciuta né da Crouch né da altri.
“Ed ora dove sarà andato, quel criminale?”, si chiese Lady Bennet, svoltando in un'altra stradina secondaria e male illuminata. “Heather mi ha fatto perdere un po’ troppo tempo con le sue lamentele e così eccomi qui, a cercare un uomo che sembra essersi volatilizzato nel nulla”.
Per una decina di minuti Courtney vagò senza meta, indecisa su come proseguire nella sua impresa.
“Forse sarebbe meglio tornare alla locanda”, pensò con afflizione, “ma a cosa servirebbe? Sono così vicina a scoprire che cosa nasconde Duncan, eppure continua a sfuggirmi. È frustrante… A chi potrei rivolgermi per avere sue notizie? A nessuno, certo. Se lo facessi, sarei costretta a rivelare la mia identità ed è l’ultima cosa che voglio al mondo. Ah, ma possibile che gli siano bastati cinque minuti per scomparire?”.
Continuò a passeggiare senza spostarsi troppo dal punto da cui era partita. Aveva paura di potersi perdere e dunque non se la sentì di partire all’avventura.
-Ehi, tu, bellezza! Che ci fai qui, sola soletta?-.
Una calda voce maschile alle sue spalle la fece sobbalzare e Courtney sentì le gambe tremarle per l’inquietudine.
-C-come dite?-, balbettò, voltandosi nella direzione del nuovo venuto.
Un uomo trasandato e sulla quarantina era fermo a pochi passi da lei. Barba incolta e folti capelli arruffati erano solo due delle caratteristiche di quello strano individuo dallo sguardo vagamente allucinato; sul capo aveva un tricorno nero che Courtney considerò di feltro, mentre il resto dell’abbigliamento si componeva di una giacca scura, simile a quella che di solito indossava Duncan, di pantaloni grigi e stivali estremamente consunti.
-Sembri disorientata-, notò, muovendo un passo avanti. -Stai forse cercando qualcuno?-.
-Voi c-chi siete?-, domandò sospettosa, ritraendosi nel vedere l’uomo venirle incontro.
-Ma come? Volete offendermi?-, sbottò deluso lo sconosciuto, dandole di colpo del voi. -Vi trovate di fronte ad una leggenda come il sottoscritto e non la riconoscete?-.
-Il vostro nome, per favore-, chiese spazientita Courtney.
-Ehi, andateci piano, con quel tono!-, la rimproverò l’altro. -Non vorrete che vi faccia saltare il cervello con una delle mie amichette?-, la minacciò, indicando cinque pistole custodite nelle fondine strette ad una fascia che gli cingeva il petto dalla spalla sinistra al fianco destro.
Lady Bennet deglutì, spaventata come poche altre volte nella sua vita. La situazione stava peggiorando sempre di più: non solo si era appena imbattuta in un altro pirata, ma in uno dei più crudeli.
-Ad ogni modo, sono il Capitano Chris McLean. Diamine, una fanciulla come voi dovrebbe conoscere i rischi in cui potrebbe incappare, rimanendo su un’isola movimentata quale Cuba è-.
-Sapete, avete perfettamente ragione!-, cercò di sviare il discorso Courtney. -Mi converrà trovare una locanda in cui alloggiare in piena sicurezza…-.
-Oh, non avrete problemi-, la rassicurò l’uomo, bloccandole il passaggio. -Da gentiluomo, mi offro di accompagnarvi al Buccaneer’s Cove. Stavo giusto andando nella sua direzione, dato che il mio amico della Salt’s Inn ha deciso di non affittarmi una stanza per trascorrervi la nottata. Eh, pessimo carattere…-.
-Chef… Volevo dire... Conoscete Bloody Hatchet?-, domandò incredula Courtney.
-Corpo di mille balene! Chiunque su quest’isola sa chi è-, esclamò il Capitano McLean. -Un ex cacciatore di taglie allevato dal nemico, ma fortunatamente passato dalla nostra parte. Non oso immaginare quanti di noi sarebbero potuti pendere dalla forca, se Hatchet non avesse preso la decisione che lo ha portato fin qui. Perché credete che gli sia valso proprio quell’appellativo, eh?-.
-Dunque nessuno sa quale sia il suo vero nome-, rifletté a voce alta Lady Bennet.
-Probabilmente lo ignorerà lui stesso-, disse convinto il pirata. -Ma voi, piuttosto? Lo avete mai incontrato o…?-.
-Ne ho sentito parlare-, semplificò Courtney, per evitare di tradirsi.
-Questa, poi! Non sapevo che Bloody Hatchet fosse divenuto più famoso di me-, sbottò seccato McLean, socchiudendo gli occhi. -Ad ogni modo, seguitemi. Una volta arrivati, voi andrete a riposare, mentre io mi riunirò con vecchi compagni. È passato così tanto tempo dalla mia ultima visita, che ormai ricordo a stento la strada-.
Il capitano la superò, mostrandole il vicolo in cui addentrarsi. Courtney, che fino ad una manciata di minuti prima avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di liberarsi al più presto del pirata, improvvisamente cambiò idea e decise di seguirlo, preoccupandosi di mantenere una distanza di almeno tre metri tra lei e quell’uomo stravagante.
“Potrebbe essere lui il complice di Duncan”, pensò rapidamente. “Tutto tornerebbe. Anche lui conosce Chef, non tornava a Cuba da tempo e stranamente ha un appuntamento con alcuni suoi amici proprio questa sera. Le coincidenze sono troppe, non può essere solo un caso. Inoltre deve essere un amante del rum; ne avrà mandato giù un bel po’, per barcollare così”, si disse, notando l’andatura irregolare di McLean.
-Siete silenziosa, a quanto sento-.
Il pirata interruppe il flusso dei suoi pensieri, costringendola a concentrarsi su qualcosa di sensato da dire.
-Sono solo stanca-, disse Courtney, emettendo uno sbadiglio palesemente finto. -Credetemi, non avrei davvero saputo dove andare, se non foste intervenuto voi a soccorrermi-.
-Sì, accade sempre così-, le rispose il capitano, continuando a camminare. -Ho un certo fiuto nell’individuare giovani fanciulle bisognose d’aiuto-.
-La locanda di cui mi parlavate poc’anzi è molto lontana?-.
-Non ci vorrà ancora molto. Vi affiderò alle cure della padrona di casa. Anche se definirle “cure” è un gran complimento-, spiegò sinteticamente McLean.
-Che intendete dire?-, domandò nuovamente preoccupata Courtney.
-Diciamo pure che i modi Ms. Armstrong sono abbastanza mascolini… Insomma, i vostri occhi avranno modo di vedere dal vivo ciò di cui vi parlo-.
Lady Bennet sospirò, sentendosi davvero stremata. Non osava pensare a quali altre peripezie avrebbero ostacolato la sua missione.
-Da quanto tempo siete a Cuba?-, le chiese il pirata all’improvviso.
Courtney fu colta impreparata ed impiegò un minuto di troppo nel dare la sua risposta: -Sono arrivata stamattina. Una nave mi ha fatto sbarcare qui e poi è ripartita, abbandonandomi a me stessa-.
-Oh, siete una reietta!-, esclamò stupefatto McLean. -Dai vostri modi non lo avrei mai detto!-.
-Vi ringrazio del complimento-, replicò con un pizzico d’ironia la ragazza.
-Non c’è di che. Dunque posso chiedervi di unirvi alla mia ciurma? Sapete, avrei un profondo bisogno di buona compagnia femminile e ammetto di non aver mai visto prima una giovane come voi, eccezion fatta per quelle oche urlanti, figlie di importanti aristocratici-.
Il capitano si fermò e si voltò indietro, cercando lo sguardo di Courtney. Si accorse che la nobile stava tremando come una foglia.
-Non avrete freddo, vero?-, le chiese, con tono allarmato. -E sì che il cielo non promette nulla di buono… Spira un vento piuttosto fresco, stasera. Tenete, prendete questa-.
Con un solo gesto McLean si privò della spessa giacca nera, che fu immediatamente porta a Lady Bennet; ma questa, non avendo alcuna intenzione di accettare l’offerta del pirata, si rifiutò di afferrare ciò che le veniva teso.
-Suvvia, è solo per il vostro bene-, le disse con insistenza l’uomo, avvicinandosi e coprendole le spalle. -Non fate l’ostinata, stringetevi e state al caldo-.
Una volta assicuratosi dell’incolumità della ragazza, il capitano riprese a camminare. Non poteva sapere che i brividi di Courtney erano dovuti alla paura che egli potesse scoprire la sua vera identità e, di conseguenza, ucciderla.
Il tragitto durò ancora per una decina di minuti. La giovane aveva ormai perso il conto delle volte in cui avevano abbandonato un vicolo solo per svoltare in un altro e, se fosse stata da sola, probabilmente non avrebbe ritrovato la strada per tornare alla Salt’s Inn.
-Eccoci arrivati-, le fece sapere McLean, fermandosi davanti ad una taverna dall’aria poco raccomandabile.
-Questa è…-.
-Il Buccaneer’s Cove, esattamente. Dopo di voi, prego-, le disse, invitandola ad entrare.
-Oh, vi prego, siate voi a fare gli onori di casa-, si tirò indietro Courtney. Non poteva di certo avanzare a viso aperto: se all’interno avesse trovato davvero Duncan, sarebbe stata immediatamente smascherata.
-Ma sì, non avete tutti i torti. Siete una novellina e non posso farvi correre qualche rischio-, ragionò a voce alta il capitano. -Venite, vi faccio strada-.
McLean si avvicinò con sicurezza all’entrata, pronto ad essere accolto dagli schiamazzi di quanti lo avrebbero immediatamente riconosciuto. Tese il braccio verso la porta d’ingresso e sospinse il battente, che per un qualche strano motivo non poteva essere chiuso ermeticamente.
-Accidenti a voi, Stripes! Dove credete di andare, eh? Stripes!-.
Una furia nera investì Chris e Courtney, che avevano appena messo piede sulla soglia della locanda.
-Non preoccupatevi, è solo…-, McLean provò a tranquillizzare la ragazza alle sue spalle, vedendola profondamente scossa per quel piccolo incidente.
-Torna qui, dannato pezzo di forca!-.
Un oggetto non meglio identificato volò dritto contro i due ancora fermi sulla porta. La prontezza di sensi del capitano Chris fu provvidenziale: automaticamente si fece scudo con il battente e l’unica cosa che udì, oltre alle urla provenienti dall’interno della casupola, fu il rumore di vetri infranti.
L’uomo aspettò ancora pochi istanti, prima di riprovare ad aprire la porta; quando finalmente si decise ad entrare, ebbe la possibilità di rendersi conto di ciò che stava accadendo.
Ai suoi piedi c’erano i miseri resti di quello che doveva essere stato fino ad un attimo prima un buon boccale di rum; alzando lo sguardo notò alcuni tavoli e sedie arredare l’unico ed ampio stanzone che costituiva il pianterreno della locanda, mentre di fronte aveva un bancone di legno tarlato dietro cui stava una donna vestita di un’accozzaglia di stracci.
-Che il diavolo mi si porti, è tornato McLean!-, esclamò quella, abbandonando all’istante i bicchieri che stava asciugando e affrettandosi incontro al nuovo venuto.
-Ms. Armstrong-, la salutò ossequioso, sollevandosi il cappello. -Cosa…?-.
-Venite, venite avanti-, lo esortò l’altra. -E voi, pelandroni, salutate il famigerato Capitano Chris!-, sbottò subito dopo, richiamando l’attenzione dei presenti.
-Vedo che non c’è molto entusiasmo, da queste parti-, notò il pirata, percorrendo con una sola occhiata tutta la stanza e soffermandosi sui volti di quanti erano intenti a parlottare, giocare d’azzardo o bere rum.
-Ah, non fateci caso-, gli disse la donna, -ultimamente gli affari sono peggiorati. Vi giuro che la locanda è sempre molto trafficata, eppure i conti non tornano mai. Colpa di gente come quello Stripes…-.
-Il tipo che mi è venuto addosso?-.
-Sì, proprio lui. Maledetto, non si è visto per quattro mesi e stasera ha pensato di venire a bisbocciare! L’ho accolto come ho fatto adesso con voi, mi ha chiesto da bere e si è scolato non meno di cinque boccali di rum. L’ho dovuto fermare, altrimenti avrebbe dato fondo alle mie scorte!-.
-Ma cosa è successo? Le vostre urla si sentivano fino in strada-.
-Lo credo bene! Quel bastardo si è alzato con la scusa di sgranchirsi le gambe, ma poi si è avvicinato alla porta con l’intenzione di andarsene senza pagare. Ho cercato di trattenerlo, ma figuriamoci! Adesso chi mi risarcirà i danni, eh?-, gridò in preda all’ira la locandiera.
-Gran brutto affare… Ma ascoltatemi, per favore. Vedete questa ragazza?-, disse McLean, facendo cenno a Courtney di avvicinarsi al bancone, lì dove si era seduto.
-Certamente. È entrata nel vostro equipaggio?-, chiese incuriosita la donna, riprendendo ad asciugare i bicchieri con un panno alquanto lercio.
-A dire la verità è una mia nuova conoscenza-, spiegò brevemente il capitano. -Ha necessità di una camera in cui dormire, almeno per questa notte. Avete un posto disponibile oppure…?-.
-Ho tre stanze pronte per essere usate. Come vi chiamate?-, domandò a Courtney.
-Già-, sembrò notare solo in quel momento Chris, -ora che ci penso, non mi avete detto il vostro nome-.
Lady Bennet prese tempo, sempre più preoccupata. Entrando si era guardata intorno, ma aveva visto come non ci fosse alcuna traccia di Duncan; il suo cervello stava lavorando freneticamente, cercando una soluzione per togliersi da quell’impiccio.
-Katie-, fu la prima cosa che le venne in mente.
-Bene, Katie-, calcò la locandiera, -felice di fare la vostra conoscenza. Sono Ms. Armstrong, la padrona del locale, ma voi chiamatemi semplicemente Eva. Dunque, non avete forse bisogno di mettere qualcosa sotto i denti, prima di andare a riposare? O preferite soltanto bere?-.
-Dell’acqua, grazie-.
Solo a frase fatta si rese conto di quanto quella risposta fosse inusuale in una taverna di pirati ubriachi fradici.
-Acqua, avete detto?-, ripeté Eva, sollevando l’inquietante monociglio che rendeva il suo viso tremendamente scimmiesco.
-Sì, ecco… Non ne ho assunta nemmeno una goccia per tutto il giorno ed ho la gola talmente secca da provare dolore ad ogni parola-, provò a giustificarsi Courtney.
-Come volete. Non avete fame? Posso portarvi qualcosa di caldo-.
-Sì, Armstrong, portatele della zuppa, se ne avete ancora-, comandò McLean. -E un boccale di rum per me-.
La locandiera sparì nel retro bottega, lasciando i due clienti al bancone.
-Venite, sedetevi qui-, il pirata incoraggiò la ragazza, indicandole un tavolo vicino. -Siete mia ospite e, se non avete soldi con cui pagare il conto, posso pensare io ad ogni cosa-.
-Siete un galantuomo, capitano. Mi onorate con tutte queste premure-, disse Courtney, accomodandosi su una seggiola non molto stabile.
-Semplice dovere. Ma non sforzatevi a chiacchierare, se davvero vi fa male la gola-.
-No, non temete…-.
-Signorina Katie, ecco il vostro piatto di minestra. È ancora tiepido, ma vi consiglio di sbrigarvi a mangiarlo-, la servì Eva. -McLean, il rum-.
-Grazie, Ms. Armstrong. Rimanete pure a farci compagnia, se volete, e terminate il vostro racconto su Stripes-, le disse il pirata, iniziando a trangugiare l’alcolico.
-Preferirei non aggiungere altro-, tagliò corto la donna, stizzita. -Gli ho lanciato contro anche quel boccale che avete calpestato poco fa… Avrei davvero voluto beccarlo in testa, così da farlo cadere in terra tramortito e ottenere il denaro che mi spetta. Ah, ma ho io la soluzione, cosa credete? Mi rifarò sul suo capitano, oh sì… Crouch, quello era un vostro uomo, quindi metterò ogni cosa sul vostro conto! I debiti vanno saldati, mi avete sentita?-.
Ci mancò poco che Courtney non si strozzasse con la zuppa. Sentì il liquido viscoso prendere la via della trachea e tossì così forte da far voltare alcuni pirati che sedevano a pochi metri di distanza dal loro tavolo.
-Qualcosa non va?-, le chiesero in coro Eva e McLean.
-T-tutto bene-, mentì lei, riprendendosi subito e continuando a mangiare.
-Crouch, una vostra risposta sarebbe ben gradita!-, la voce di Armstrong echeggiò nuovamente.
-D’accordo, donna, mettete tutto a mio carico. Penserò tanto a ripagarvi quanto a dare una lezione a quel piccolo sciacallo-.
La voce di Duncan giunse familiare alle orecchie di Courtney, che, tra una cucchiaiata e l’altra di minestra, alzò lo sguardo sulla folla che aveva davanti.
Ci vollero parecchi minuti prima di riuscire ad individuare la posizione esatta in cui il pirata si trovava, ma alla fine Lady Bennet l’ebbe vinta.
Il suo rapitore sedeva in un angolo della sala e le dava le spalle. Non si era voltato neppure per rispondere ai richiami di Eva e Courtney si chiese il motivo di quell’indifferenza.
Solo in un secondo momento si accorse che il ragazzo non era solo.
Una figura incappucciata gli sedeva davanti, parlando fitto fitto e a bassa voce.
   
 
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