Capitolo 25
“Ma.. Non avevi per caso
detto che potevo scegliere la mia stanza? Lì deve dormirci sicuramente un
fumettista, ci sono matite ovunque!” Jar uscì dalla stanza occupata da Jackie
per infilarsi subito nell’ultima rimasta.
“Ecco.. a proposito di
quello..” Violet non sapeva come spiegargli la sua situazione, così decise di
chiudere gli occhi e snocciolare il tutto velocemente: “La stanza è occupata
dalla sorellina del mio ragazzo. Si sono trasferiti con me dal Massachusetts e
non hanno ancora trovato un posto dove stare e così sono qui senza permesso. So
che è sbagliato, che va contro le regole del campus, ma non sapevano dove stare
e così visto che l’altra coinquilina era d’accordo, le abbiamo lasciato una
stanza tutta per lei.” Tenne gli occhi chiusi ancora per qualche secondo e poi
si decise a respirare. Lo aveva rimpinzato di informazioni talmente velocemente
che si era dimenticata di respirare tra una frase e l’altra.
“Hey Scheggia, rallenta un secondo. La mia non era una vera polemica.
Era solo per punzecchiarti. Le stanze sono tutte uguali qui. Una vale l’altra.”
Le sorrise mettendo le mani avanti.
“Son tornata! Vì, ma è arrivato quello str.. straniero del nostro
coinquilino?” Sarah entrò come un uragano nell’appartamento, con un principio
di brutta figura come suo solito, che deviò all’ultimo notando il nuovo
arrivato.
“Straniero, eh?” rispose
il diretto interessato.
“L’idea originale era
stronzo, a dire il vero, pensi che si addica alla tua persona?” ironizzò irrigidita
la bionda, rivolgendogli un sorriso fin troppo smagliante. “Io sono Sarah
comunque.” Si avvicinò allungando la mano.
“Il piacere è solo mio a
quanto pare. Chiamami pure Jar.” Rispose alla stretta e sogghignò.
“Jar..ed?”
“No, è il diminutivo del
cognome Les Jardins, il mio nome è François. Ma non mi piace: fa troppo
damerino francese.”
“E non è quello che sei?”
chiese sempre più provocatoria la bionda.
“Blondie, sei in vena di complimenti, per caso?”
“Sei tu che mi ispiri.”
Violet assisteva al battibecco
dei due senza riuscire ad intervenire vista la velocità della battute. Ma che
avevano quei due?
Jar le si avvicinò, e
all’orecchio le soffiò: “Non immagini nemmeno quello che mi ispiri tu, Blondie.”
Sarah, se possibile, si
irrigidì ulteriormente, divenendo paonazza in viso, e il nuovo coinquilino con
un ghigno si diresse verso il bagno.
Per tutto il resto del
pomeriggio Jar e Sarah non si rivolsero parola; l’amica di Violet era tesa; non
ne capiva il motivo, ma molto probabilmente era per lo studio.
Jar, invece, era seduto
tranquillo al lato opposto del divano e cercava di instaurare un dialogo con
lei.
“Scheggia, che cosa studi?” quello ormai era il soprannome designato
a Violet.
“Storia americana.”
Rispose senza prestargli troppa attenzione, mentre sottolineava lunghe frasi
sul suo libro.
“Non in questo momento,
intendevo a che facoltà sei iscritta?”
“Giornalismo.”
“Anche io! Quindi saremo
anche compagni di corso!” il moro sembrava entusiasta.
“Yeah!”
esclamò fingendo malamente entusiasmo, che fur
ricambiato da un broncio coi fiocchi ed uno sguardo buffo.
“Scherzavo, eh! Se non
farai il rompiscatole, andremo d’accordo.” Gli sorrise sincera. Era strano come
le venisse voglia di prendere in giro François; era così espressivo che
scatenare reazioni ilari od opposte era quasi un piacere. Si poteva leggere
chiaramente in viso quel che gli passava per la testa, e questa chiarezza
d’espressione era confortante per la ragazza.
La porta dell’appartamento
si aprì, mostrando un colosso nero e pensieroso, che si rilassò solo quando il
suo sguardo incontrò quello di Violet. La ragazza si alzò di scatto e gli si
fiondò tra le braccia, che la circondarono prontamente.
Si scambiarono un casto bacio
e poi Violet proseguì alle presentazioni.
“Jar, lui è Nathan: il
mio ragazzo.”
Lo sguardo del francese
passò velocemente dal corpo esile di Violet a quello di Nathan che superava il
metro e novanta. “Scheggia, ma come..
ma dove lo metti?” Il suo era un chiaro riferimento al rapporto intimo tra i
due, ma la mora non colse al volo, cosa che invece il suo ragazzo fece.
“Dove tu non devi nemmeno
pensare di avvicinarti.” A Nathan dava fastidio quella confidenza che il nuovo
arrivato si era preso con la sua fidanzata, dopo nemmeno un giorno che era lì.
Così pensò che metterlo al suo posto fin da subito fosse la cosa migliore.
Violet aprì la bocca
scandalizzata, diede uno scappellotto a Nate, che incassò il colpo, sapendo di
averla messa un po’ in imbarazzo, e poi lei proseguì insultando l’altro, sotto
lo sguardo comunque soddisfatto del suo ragazzo. “François, sei un cretino!”
“È sempre stata una mia
dote naturale.” Sorrise sornione, alzandosi e avvicinandosi a Nate. “Hey
fratello, non voglio creare tensioni. La mia era pura curiosità, insomma da
uomo a uomo, io non potrei nemmeno competere!” ironizzò allungando una mano
verso Nathan “Comunque, chiamami pure Jar.” L’ironia del ragazzo era abbastanza
pungente e tendente allo spudorato, non era di quelle che Violet apprezzava, ma
Nate la conosceva bene: a New York un sacco di suoi amici erano così spudorati.
“E tu puoi chiamarmi
Nate.” Sorridendo, gli strinse la mano, calcando un po’ la presa, come per
fargli capire chi comandava. Il ragazzo deglutì vistosamente, rendendo Nathan
particolarmente soddisfatto, tanto da sciogliere la stretta subito dopo.
“Non ti preoccupare,
fratello, il mio cuore lo ha già rubato Blondie.”
Accennò a Sarah con la testa e un punto interrogativo si dipinse sul volto
dell’altro. François era in quell’appartamento da nemmeno tre ore e stava già
scombussolando l’ordine delle cose che loro erano riusciti a stabilire.
La bionda, dal canto suo,
si irrigidì sentendosi chiamata in causa, e Violet riportò la sua attenzione su
di sé informandosi su dove fosse Jackie. “È a casa di un suo compagno a
mangiare la pizza.” Rispose il suo ragazzo attirandola poi a sé per chiederle
all’orecchio di spiegargli cosa si era perso.
Tra sorrisi, pizzicotti e
sussurri i due si diressero nella loro camera, sotto gli occhi attenti del
nuovo arrivato.
***
“Blondie, tu invece cosa studi?” Chiese tranquillo François
dirigendosi verso il tavolo, osservando ogni minimo movimento di Sarah.
Sussultò trovandoselo a
poca distanza, anzi praticamente attaccato, mentre lui curioso leggeva i suoi
appunti di gaelico.
Non si aspettava quella
vicinanza, e divenne nervosa praticamente subito, scattando sulla difensiva.
“Cad is
ainm duit?” Se
ne uscì lui sorpreso avendo letto quella lingua che gli ricordava tanto sua
nonna.
“Sarah. Hey, ma come fai
a saper parlare questa cosa?”
“Primo: non è una cosa, ma è una lingua molto importante
per i cittadini del luogo. Lo sapresti se avessi origini irlandesi.”
“Ma tu non eri un
damerino francese?” chiese lei imbarazzata, con le gote leggermente arrossate.
“Anche. Il fatto che mi
chiami Les Jardins, non vuol dire che sia solo francese, ho anche una madre.
Madre che si da il caso che sia nativa di Cork, e i suoi genitori – nonché miei
nonni – erano cresciuti lì e in nome dei bei vecchi tempi, mi hanno insegnato
qualcosa.” Alzò le spalle, quasi avesse appena detto una cosa ovvia.
“Ah.” Fu l’unica cosa che
riuscì ad esalare la bionda in risposta.
“Mai giudicare il
cittadino dal cognome. Non puoi mai sapere cosa ci sta dall’altra parte dell’albero
genealogico.” Le soffio questa sentenza a pochi centimetri dal viso e poi come
si era avvicinato, se ne andò.
Era la seconda volta che
la lasciava a bocca aperta e ne era felice. Se all’inizio pensava che far
arrabbiare Violet era semplice, stuzzicare la bionda era ancora più facile.
Anche se ora non se ne rendeva pienamente conto, aveva già sviluppato uno
strano senso di ammirazione per quella ragazza, così interessata alle sue
origini, alle quali lui invece aveva voltato le spalle.
***
“Urca, mi sono perso lo
scattare della scintilla?” Sogghignò coperto dalle note dello stereo, che
Violet aveva sapientemente acceso per non farsi sentire.
“Ma mi stai ascoltando?
Ti sto dicendo che hanno passato tutto il tempo a discutere, dal primo istante
in cui si sono visti!” Violet si indispettì e portò le braccia ai fianchi in
tono di rimprovero.
Per tutta risposta il
ragazzo la trascinò di nuovo tra le sue braccia e prese a parlarle
amorevolmente. “Non ti sembra una scena già vissuta? Tipo, dai qui presenti?”
Le strofinò il naso tra i capelli, inspirando il suo profumo fresco.
Violet parve pensarci un
momento e poi esclamò: “Ma perché sono così cieca? Ecco perché Sarah era così
tesa prima!”
“Ecco, vedi. Lo dicevo
io.” Continuò lui, scostandole i capelli, e deviando le attenzioni al suo
collo.
La mora sospirò, quel
caldo contatto sulla sua pelle sempre fresca, la faceva rabbrividire ogni volta
come la prima, se non addirittura più intensamente.
Erano passati diversi
giorni dall’ultima volta in cui si erano dedicati a pieno al loro amore, e ora
la tensione sessuale veniva a galla facilmente.
Bastava un attimo e la
fiamma della passione si accendeva. I loro corpi erano fatti per stare uniti, e
resistere così a lungo distanti era uno strazio.
Tutte le settimane
passate a pensare, ogni ora del giorno e della notte, a come risolvere la loro
situazione precaria non aveva fatto altro che rendere la voglia l’uno
dell’altra ancora più impellente.
D’istinto Violet, si
rigirò tra le braccia di Nate, e raggiunse quelle labbra morbide e calde che
tanto la facevano sentire desiderata ed amata; non solo per le parole che le
rivolgevano, ma anche per i brividi che le davano a contatto col suo corpo.
Poco dopo la maglietta di
Nate finì dall’altro capo del letto, insieme a quella della ragazza; Violet
adorava sentire la pelle calda del suo ragazzo a contatto con la sua, mentre
con attenzione osservava i tatuaggi di Nate che in qualche modo raccontavano la
sua vita. Ogni volta era emozionante immergersi nel suo passato, la faceva
sentire ancora più vicina e unita al ragazzo e i brividi che la percorrevano
aumentavano.
“Meno male che abbiamo
portato lo stereo.” Sogghignò Nate, sporgendosi verso il comodino ad alzare il
volume. Violet rise, ma non si ritrasse, desiderava il suo compagno, e non
sarebbero stati certo i coinquilini a fermarli.
Passarono il pomeriggio
ad amarsi, per poi rimanere a parlare tra una coccola e l’altra.
Dopo una doccia
rinvigorente, la coppietta si mise a preparare la cena con l’aiuto di Jar,
mentre stranamente Sarah se ne stava chiusa in camera.
Violet notò la sua
assenza, ma non disse nulla. Continuò a meditare sulle parole di Nate: era
scattata la scintilla? Era questo che la rendeva strana o era successo
qualcos’altro? Doveva preoccuparsi?
Diverse domande le
frullavano per la mente, ma nessuno avrebbe potuto darle le risposte che
cercava, se non la diretta interessata.
In nome del loro legame,
lasciò proseguire i due uomini ai fornelli, allontanandosi senza dire nulla, se
non un cenno del capo a Nate, indicando la stanza della bionda. Lui colse al
volo e si impegnò a tenere il nuovo arrivato occupato.
Violet si affacciò alla
porta della sua amica e le chiese con garbo se poteva entrare.
“Certo.” Rispose con
sguardo vacuo la bionda.
“Va tutto bene Sarah?”
Dritta al punto. Era l’unico modo in cui riusciva a dialogare con la sua amica,
dopo più di due mesi questo lo aveva ben chiaro.
“Non lo so. Mi sento
strana.” Asserì con tono grave, dubbioso. Quasi potesse mostrare il suo stato
emotivo solo attraverso la voce.
“Vuoi parlarne?” si
sedette accanto a lei sul letto.
“Non ho un motivo
preciso: so solo che è il francese a provocarmi queste reazioni strane.” Sbuffò
portandosi le ginocchia al petto.
“Ti piace?”
“No!” rispose troppo in
fretta, facendo scappare a Violet una leggera risata.
“Anche io, non ero molto
ben disposta nei confronti di Nathan all’inizio, sai?”
Quell’affermazione
dovette risultare così strana da farle sgranare gli occhi: Sarah era allibita.
“Sul serio?”
“Sì, dovevi vedermi. Ero
praticamente una vipera nei suoi confronti all’inizio. Non perché fosse
cattivo, ma era un mio meccanismo di difesa. Lui andava a intaccare la mia
placida routine di paese; sballava ogni mio equilibrio e io non sono mai stata
troppo incline ai cambiamenti, non da quando il mio migliore amico se ne era
andato.”
“Ricky?” Chiese Sarah
cercando di sviare l’argomento che la rendeva protagonista della conversazione.
“Sì, proprio lui. Ma tornando
al punto, quello che volevo dire io è che è normale sentirsi strane quando ci
sono di mezzo i sentimenti.”
“Quindi mi stai dicendo
che Jar mi piace?”
“Questo io non lo so; lo
devi scoprire tu.” Le sorrise sincera. “È per metà irlandese, lo sapevi?”
aggiunse Sarah con una strana luce nello sguardo.
“È stato segnalato dal
tuo radar Caccia-isolani?”
Rise, contagiando l’amica.
“No, scema. È stato lui a
dirmelo, mentre tu facevi pucci pucci
con Nate in camera.” Le fece una linguaccia. Violet arrossì e lanciò un cuscino
all’amica, colpendola in pieno viso.
Scoppiarono a ridere
entrambe, e tra una risata e l’altra iniziarono una battaglia a cuscinate, che
venne interrotta poco dopo, dal richiamo dei cuochi che annunciavano che la
cena era servita.
A braccetto e col sorriso
sulle labbra, si diressero a tavola, pronte a cenare per la prima volta tutti
insieme, con l’intento da parte di tutti di passare una bella serata e di
conoscersi.