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Autore: Dreamer_on_earth    02/03/2014    1 recensioni
In una cittadina piccola ma caotica si svolge la loro storia. Una storia alquanto inaspettata.
Lui è Nathan: la luce.
Lei è Violet: l’ombra.
Così diversi l’uno dall’altra, ma complementari. La loro dipendenza passa inosservata, persino ai loro occhi.
Dalla grande mela a West Newbury per ricominciare, Nathan incappa in Violet. Una ragazza chiusa in se stessa e indifferente verso il mondo esterno. Cosa accadrà tra i due protagonisti portando la luce e l'ombra a scontrarsi e fondersi così perfettamente?
Varrà anche per loro il detto “Gli opposti si attraggono?”
***
Dal capitolo 2:
Sentendosi troppo gli occhi addosso, Violet aveva sbattuto il libro sul tavolo, facendo sobbalzare il cameriere pensieroso.
“Che caratteraccio!”
“Io? Non tu che ti siedi ai tavoli altrui senza nemmeno chiedere il permesso e sempre tu che fissi le persone??”
“Non ti stavo fissando!” Nathan negava l’evidenza, con nonchalance.
“No, hai ragione bello addormentato nel bosco. Stavi guardando intensamente alle mie spalle quella bellissima parete color lavanda.”
“Esattamente!”
“Peccato che la parete sia color albicocca.. e questo mi riporta alla mia tesi: tu-mi-stavi-fissando.”
“Eh va beh, quante storie! Io, se una ragazza mi fissasse, mi sentirei lusingato!”
***
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico, Universitario
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Capitolo 25

Capitolo 25

 

“Ma.. Non avevi per caso detto che potevo scegliere la mia stanza? Lì deve dormirci sicuramente un fumettista, ci sono matite ovunque!” Jar uscì dalla stanza occupata da Jackie per infilarsi subito nell’ultima rimasta.

“Ecco.. a proposito di quello..” Violet non sapeva come spiegargli la sua situazione, così decise di chiudere gli occhi e snocciolare il tutto velocemente: “La stanza è occupata dalla sorellina del mio ragazzo. Si sono trasferiti con me dal Massachusetts e non hanno ancora trovato un posto dove stare e così sono qui senza permesso. So che è sbagliato, che va contro le regole del campus, ma non sapevano dove stare e così visto che l’altra coinquilina era d’accordo, le abbiamo lasciato una stanza tutta per lei.” Tenne gli occhi chiusi ancora per qualche secondo e poi si decise a respirare. Lo aveva rimpinzato di informazioni talmente velocemente che si era dimenticata di respirare tra una frase e l’altra.

“Hey Scheggia, rallenta un secondo. La mia non era una vera polemica. Era solo per punzecchiarti. Le stanze sono tutte uguali qui. Una vale l’altra.” Le sorrise mettendo le mani avanti. 

 

“Son tornata! , ma è arrivato quello str.. straniero del nostro coinquilino?” Sarah entrò come un uragano nell’appartamento, con un principio di brutta figura come suo solito, che deviò all’ultimo notando il nuovo arrivato.

“Straniero, eh?” rispose il diretto interessato.

“L’idea originale era stronzo, a dire il vero, pensi che si addica alla tua persona?” ironizzò irrigidita la bionda, rivolgendogli un sorriso fin troppo smagliante. “Io sono Sarah comunque.” Si avvicinò allungando la mano.

“Il piacere è solo mio a quanto pare. Chiamami pure Jar.” Rispose alla stretta e sogghignò.

“Jar..ed?”

“No, è il diminutivo del cognome Les Jardins, il mio nome è François. Ma non mi piace: fa troppo damerino francese.”

“E non è quello che sei?” chiese sempre più provocatoria la bionda.

Blondie, sei in vena di complimenti, per caso?”

“Sei tu che mi ispiri.”

Violet assisteva al battibecco dei due senza riuscire ad intervenire vista la velocità della battute. Ma che avevano quei due?

Jar le si avvicinò, e all’orecchio le soffiò: “Non immagini nemmeno quello che mi ispiri tu, Blondie.”

Sarah, se possibile, si irrigidì ulteriormente, divenendo paonazza in viso, e il nuovo coinquilino con un ghigno si diresse verso il bagno.

 

Per tutto il resto del pomeriggio Jar e Sarah non si rivolsero parola; l’amica di Violet era tesa; non ne capiva il motivo, ma molto probabilmente era per lo studio.

Jar, invece, era seduto tranquillo al lato opposto del divano e cercava di instaurare un dialogo con lei.

Scheggia, che cosa studi?” quello ormai era il soprannome designato a Violet.

“Storia americana.” Rispose senza prestargli troppa attenzione, mentre sottolineava lunghe frasi sul suo libro.

“Non in questo momento, intendevo a che facoltà sei iscritta?”

“Giornalismo.”

“Anche io! Quindi saremo anche compagni di corso!” il moro sembrava entusiasta.

Yeah!” esclamò fingendo malamente entusiasmo, che fur ricambiato da un broncio coi fiocchi ed uno sguardo buffo.

“Scherzavo, eh! Se non farai il rompiscatole, andremo d’accordo.” Gli sorrise sincera. Era strano come le venisse voglia di prendere in giro François; era così espressivo che scatenare reazioni ilari od opposte era quasi un piacere. Si poteva leggere chiaramente in viso quel che gli passava per la testa, e questa chiarezza d’espressione era confortante per la ragazza.

 

La porta dell’appartamento si aprì, mostrando un colosso nero e pensieroso, che si rilassò solo quando il suo sguardo incontrò quello di Violet. La ragazza si alzò di scatto e gli si fiondò tra le braccia, che la circondarono prontamente.

Si scambiarono un casto bacio e poi Violet proseguì alle presentazioni.

“Jar, lui è Nathan: il mio ragazzo.”

Lo sguardo del francese passò velocemente dal corpo esile di Violet a quello di Nathan che superava il metro e novanta. “Scheggia, ma come.. ma dove lo metti?” Il suo era un chiaro riferimento al rapporto intimo tra i due, ma la mora non colse al volo, cosa che invece il suo ragazzo fece.

“Dove tu non devi nemmeno pensare di avvicinarti.” A Nathan dava fastidio quella confidenza che il nuovo arrivato si era preso con la sua fidanzata, dopo nemmeno un giorno che era lì. Così pensò che metterlo al suo posto fin da subito fosse la cosa migliore.

Violet aprì la bocca scandalizzata, diede uno scappellotto a Nate, che incassò il colpo, sapendo di averla messa un po’ in imbarazzo, e poi lei proseguì insultando l’altro, sotto lo sguardo comunque soddisfatto del suo ragazzo. “François, sei un cretino!”

“È sempre stata una mia dote naturale.” Sorrise sornione, alzandosi e avvicinandosi a Nate. “Hey fratello, non voglio creare tensioni. La mia era pura curiosità, insomma da uomo a uomo, io non potrei nemmeno competere!” ironizzò allungando una mano verso Nathan “Comunque, chiamami pure Jar.” L’ironia del ragazzo era abbastanza pungente e tendente allo spudorato, non era di quelle che Violet apprezzava, ma Nate la conosceva bene: a New York un sacco di suoi amici erano così spudorati.

“E tu puoi chiamarmi Nate.” Sorridendo, gli strinse la mano, calcando un po’ la presa, come per fargli capire chi comandava. Il ragazzo deglutì vistosamente, rendendo Nathan particolarmente soddisfatto, tanto da sciogliere la stretta subito dopo.

“Non ti preoccupare, fratello, il mio cuore lo ha già rubato Blondie.” Accennò a Sarah con la testa e un punto interrogativo si dipinse sul volto dell’altro. François era in quell’appartamento da nemmeno tre ore e stava già scombussolando l’ordine delle cose che loro erano riusciti a stabilire.

La bionda, dal canto suo, si irrigidì sentendosi chiamata in causa, e Violet riportò la sua attenzione su di sé informandosi su dove fosse Jackie. “È a casa di un suo compagno a mangiare la pizza.” Rispose il suo ragazzo attirandola poi a sé per chiederle all’orecchio di spiegargli cosa si era perso.

Tra sorrisi, pizzicotti e sussurri i due si diressero nella loro camera, sotto gli occhi attenti del nuovo arrivato.

 

***

 

Blondie, tu invece cosa studi?” Chiese tranquillo François dirigendosi verso il tavolo, osservando ogni minimo movimento di Sarah.

Sussultò trovandoselo a poca distanza, anzi praticamente attaccato, mentre lui curioso leggeva i suoi appunti di gaelico.

Non si aspettava quella vicinanza, e divenne nervosa praticamente subito, scattando sulla difensiva.

“Cad is ainm duit?” Se ne uscì lui sorpreso avendo letto quella lingua che gli ricordava tanto sua nonna.

“Sarah. Hey, ma come fai a saper parlare questa cosa?”

“Primo: non è una cosa, ma è una lingua molto importante per i cittadini del luogo. Lo sapresti se avessi origini irlandesi.”

“Ma tu non eri un damerino francese?” chiese lei imbarazzata, con le gote leggermente arrossate.

“Anche. Il fatto che mi chiami Les Jardins, non vuol dire che sia solo francese, ho anche una madre. Madre che si da il caso che sia nativa di Cork, e i suoi genitori – nonché miei nonni – erano cresciuti lì e in nome dei bei vecchi tempi, mi hanno insegnato qualcosa.” Alzò le spalle, quasi avesse appena detto una cosa ovvia.

“Ah.” Fu l’unica cosa che riuscì ad esalare la bionda in risposta.

“Mai giudicare il cittadino dal cognome. Non puoi mai sapere cosa ci sta dall’altra parte dell’albero genealogico.” Le soffio questa sentenza a pochi centimetri dal viso e poi come si era avvicinato, se ne andò.

Era la seconda volta che la lasciava a bocca aperta e ne era felice. Se all’inizio pensava che far arrabbiare Violet era semplice, stuzzicare la bionda era ancora più facile. Anche se ora non se ne rendeva pienamente conto, aveva già sviluppato uno strano senso di ammirazione per quella ragazza, così interessata alle sue origini, alle quali lui invece aveva voltato le spalle.

 

***

 

“Urca, mi sono perso lo scattare della scintilla?” Sogghignò coperto dalle note dello stereo, che Violet aveva sapientemente acceso per non farsi sentire.

“Ma mi stai ascoltando? Ti sto dicendo che hanno passato tutto il tempo a discutere, dal primo istante in cui si sono visti!” Violet si indispettì e portò le braccia ai fianchi in tono di rimprovero.

Per tutta risposta il ragazzo la trascinò di nuovo tra le sue braccia e prese a parlarle amorevolmente. “Non ti sembra una scena già vissuta? Tipo, dai qui presenti?” Le strofinò il naso tra i capelli, inspirando il suo profumo fresco.

Violet parve pensarci un momento e poi esclamò: “Ma perché sono così cieca? Ecco perché Sarah era così tesa prima!”

“Ecco, vedi. Lo dicevo io.” Continuò lui, scostandole i capelli, e deviando le attenzioni al suo collo.

La mora sospirò, quel caldo contatto sulla sua pelle sempre fresca, la faceva rabbrividire ogni volta come la prima, se non addirittura più intensamente.

Erano passati diversi giorni dall’ultima volta in cui si erano dedicati a pieno al loro amore, e ora la tensione sessuale veniva a galla facilmente.

Bastava un attimo e la fiamma della passione si accendeva. I loro corpi erano fatti per stare uniti, e resistere così a lungo distanti era uno strazio.

Tutte le settimane passate a pensare, ogni ora del giorno e della notte, a come risolvere la loro situazione precaria non aveva fatto altro che rendere la voglia l’uno dell’altra ancora più impellente.

D’istinto Violet, si rigirò tra le braccia di Nate, e raggiunse quelle labbra morbide e calde che tanto la facevano sentire desiderata ed amata; non solo per le parole che le rivolgevano, ma anche per i brividi che le davano a contatto col suo corpo.

Poco dopo la maglietta di Nate finì dall’altro capo del letto, insieme a quella della ragazza; Violet adorava sentire la pelle calda del suo ragazzo a contatto con la sua, mentre con attenzione osservava i tatuaggi di Nate che in qualche modo raccontavano la sua vita. Ogni volta era emozionante immergersi nel suo passato, la faceva sentire ancora più vicina e unita al ragazzo e i brividi che la percorrevano aumentavano.

“Meno male che abbiamo portato lo stereo.” Sogghignò Nate, sporgendosi verso il comodino ad alzare il volume. Violet rise, ma non si ritrasse, desiderava il suo compagno, e non sarebbero stati certo i coinquilini a fermarli.

Passarono il pomeriggio ad amarsi, per poi rimanere a parlare tra una coccola e l’altra.

 

Dopo una doccia rinvigorente, la coppietta si mise a preparare la cena con l’aiuto di Jar, mentre stranamente Sarah se ne stava chiusa in camera.

Violet notò la sua assenza, ma non disse nulla. Continuò a meditare sulle parole di Nate: era scattata la scintilla? Era questo che la rendeva strana o era successo qualcos’altro? Doveva preoccuparsi?

Diverse domande le frullavano per la mente, ma nessuno avrebbe potuto darle le risposte che cercava, se non la diretta interessata.

In nome del loro legame, lasciò proseguire i due uomini ai fornelli, allontanandosi senza dire nulla, se non un cenno del capo a Nate, indicando la stanza della bionda. Lui colse al volo e si impegnò a tenere il nuovo arrivato occupato.

Violet si affacciò alla porta della sua amica e le chiese con garbo se poteva entrare.

“Certo.” Rispose con sguardo vacuo la bionda.

“Va tutto bene Sarah?” Dritta al punto. Era l’unico modo in cui riusciva a dialogare con la sua amica, dopo più di due mesi questo lo aveva ben chiaro.

“Non lo so. Mi sento strana.” Asserì con tono grave, dubbioso. Quasi potesse mostrare il suo stato emotivo solo attraverso la voce.

“Vuoi parlarne?” si sedette accanto a lei sul letto.

“Non ho un motivo preciso: so solo che è il francese a provocarmi queste reazioni strane.” Sbuffò portandosi le ginocchia al petto.

“Ti piace?”

“No!” rispose troppo in fretta, facendo scappare a Violet una leggera risata.

“Anche io, non ero molto ben disposta nei confronti di Nathan all’inizio, sai?”

Quell’affermazione dovette risultare così strana da farle sgranare gli occhi: Sarah era allibita. “Sul serio?”

“Sì, dovevi vedermi. Ero praticamente una vipera nei suoi confronti all’inizio. Non perché fosse cattivo, ma era un mio meccanismo di difesa. Lui andava a intaccare la mia placida routine di paese; sballava ogni mio equilibrio e io non sono mai stata troppo incline ai cambiamenti, non da quando il mio migliore amico se ne era andato.”

“Ricky?” Chiese Sarah cercando di sviare l’argomento che la rendeva protagonista della conversazione.

“Sì, proprio lui. Ma tornando al punto, quello che volevo dire io è che è normale sentirsi strane quando ci sono di mezzo i sentimenti.”

“Quindi mi stai dicendo che Jar mi piace?”

“Questo io non lo so; lo devi scoprire tu.” Le sorrise sincera. “È per metà irlandese, lo sapevi?” aggiunse Sarah con una strana luce nello sguardo.

“È stato segnalato dal tuo radar Caccia-isolani?” Rise, contagiando l’amica.

“No, scema. È stato lui a dirmelo, mentre tu facevi pucci pucci con Nate in camera.” Le fece una linguaccia. Violet arrossì e lanciò un cuscino all’amica, colpendola in pieno viso.

Scoppiarono a ridere entrambe, e tra una risata e l’altra iniziarono una battaglia a cuscinate, che venne interrotta poco dopo, dal richiamo dei cuochi che annunciavano che la cena era servita.

A braccetto e col sorriso sulle labbra, si diressero a tavola, pronte a cenare per la prima volta tutti insieme, con l’intento da parte di tutti di passare una bella serata e di conoscersi.

 

 

 

 

 

   
 
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