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Autore: Ribes    03/03/2014    4 recensioni
[PipinoxMerry][Slash][One Shot][Fluff|Commedia|Songfic]
"Teenage dreams in a teenage circus,
Running around like a clown on purpose.
Who gives a damn about the family you come from?
No giving up when you're young and you want some."

Premessa: non so quando sia ambientata di preciso, nè se sia IC nè da dove sia spuntata fuori. Si tratta solo della mente malata di una slasher, quindi perdonatemi per quest'ennesima Piperry senza senso. Come al solito ho inserito Estella e Diamante - perdonatemi, mi piacciono troppo come personaggi.
Questa è una "E vissero tutti felici e contenti", a grande richiesta, quindi enjoy it. ♥
Genere: Commedia, Fluff, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Merry, Pipino
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Golden.
(running around again)




 
Alzandoci in un mezzogiorno di sole
Dimmi, Pipino, per cosa viviamo?
Potresti vedere cosa ho fatto,
fissando un’emozione,
nella luce del giorno.
Stavo fuggendo dalle cose che avresti detto.
 
«Svegliati, peste! Dobbiamo festeggiare il tuo compleanno!»
Pipino emise un gemito e si raggomitolò ancor di più sotto le coperte, affondando il viso nel cuscino per nasconderlo dall’insistente luce del sole. Sbuffando, Merry bussò per l’ennesima volta contro il vetro della piccola finestra tonda. Il cugino mantenne gli occhi chiusi, apostrofando il trentaduenne Brandibuck con epiteti che qui è meglio non riportare. Meriadoc incrociò le braccia ed alzò gli occhi al cielo.
«Un giorno lo picchio» borbottò. Gonfiò i polmoni e tirò fuori l’aria di colpo, alzando prepotentemente la voce. «Peregrino Tuc» sbraitò  «se non scendi immediatamente da quel letto giuro su mio padre Saradoc che mi rifiuterò di fumare erba pipa con te negli infiniti giorni che verranno!»
Pipino, con lentezza decisamente provocatoria, aprì prima un occhio, poi un altro. Si rizzò seduto; lanciò un’occhiata di traverso al cugino mentre si stropicciava gli occhi ancora gonfi di sonno. I suoi capelli erano aggrovigliati e spettinati e a Merry scappò una risata nel vedere il cugino al contempo assonnato, indignato e imbarazzato. «Sei adorabile, Pip» disse molto ironicamente, le labbra distese in un sorriso canzonatore. Lo sguardo di risposta di Pipino non fu dei più amorevoli.
«Ho festeggiato il mio compleanno ieri, Merry. Non so se ti ricordi, ma hai pure ballato con Estella» soffocò uno sbadiglio il Tuc. Merry roteò gli occhi, come se avesse di fronte una persona stupida come poche.
Notando che l’amico non si dava una mossa, lo Hobbit si spazientì del tutto; pochi secondi dopo aveva aperto la porta di casa, messo a ribalto metà degli oggetti accatastati e pronti per essere dati in regalo a tutta Hobbiville, ed era entrato come un uragano nella camera del cugino.
«Forza, pigrone» lo sollecitò, tirandolo su e sorreggendoselo su una spalla come se avesse a che fare con un ferito di battaglia. Pipino non poté trattenersi dallo sbadigliare, e mugugnò qualcosa, affondando il viso contro la pelle dell’altro. Merry sentì un vago calore diffondersi intorno alle guance; scosse l’amico, leggermente a disagio. «Pipino, non sono il tuo letto!» protestò debolmente.
Peregrino prese un respiro profondo e si staccò, ancora esitante sui propri piedi. «E’ tutta colpa tua e delle tue feste che durano fino alle sei di mattina» lo incolpò. Meriadoc gli rivolse uno sguardo vacuo; non aveva ascoltato una sola parola di quel che aveva detto. Di fronte alla sua espressione confusa, Pipino scoppiò a ridere. La sua risata riscosse Merry, che si ritrovò a sorridere senza sapere il perché.
«Andiamo, giovane Tuc! Il sole ci illumina con i suoi raggi e l’erba ondeggia, le nuvole ci parlano, il mondo ci vuole incoraggiare a balzare sull’ennesima avventura!» annunciò, puntandosi i pugni chiusi sui fianchi con aria solenne.
«Cosa vuoi fare?» chiese curioso Pipino, mentre recuperava una maglietta diversa dal proprio pigiama a strisce azzurro chiaro. Merry mise le mani in tasca, fingendo un’espressione pensosa.
«Immagino che rubare funghi a Maggot non sia fra i tuoi migliori propositi per inaugurare i tuoi ventiquattro anni» sospirò, con fare rammaricato. Peregrino scosse la testa , fingendosi assai dispiaciuto. «Allora» aggiunse il Brandibuck «ci toccherà recarci al Brandivino a fumare erba pipa. Siccome ieri era il tuo compleanno, e io sono una persona estremamente altruista, offrirò io per te.»
«Questa gentilezza mi appare assai sospetta. Giusto perché tu lo sappia.» Pipino rise. «Però sai» aggiunse, accostando le labbra all’orecchio dell’amico mentre l’altro assumeva un’espressione offesa «Ho deciso di svolgere un’azione molto pericolosa, che probabilmente comporterà la mia morte.»
«Sarebbe?» domandò Merry sorridendo sornione.
Pipino gli strinse la mano e lo tirò in avanti, ridendo. «Fidarmi di te.»
 
Ero un ragazzo di fronte ad una porta aperta,
perché stavi guardando lontano, Pipino?
Pensi ancora di sapere tutto?
Cercando un tesoro nelle cose che gettavi,
come una gazza ladra,
io vivo per brillare. E te?
 
Pipino alzò il capo verso l’alto, osservando il cielo illuminato da miriadi di stelle. «Guarda, Merry. Quella non è la costellazione dei Gemelli?» Alzò il dito indice, puntando un raggruppamento di puntini luminosi sopra di loro.
Meriadoc tolse la pipa dalle labbra, osservando il fumo volteggiare indefinito nel buio di una notte non del tutto inoltrata. Si udivano ancora i rumori indistinti della festa per il settantanovesimo compleanno di un Hobbit delle vicinanze, un loro lontano parente; giù, ad Hobbiville, la gente mangiava, beveva e ballava, in preda ad un chiacchiericcio sfrenato. Le luci la facevano parere una grande giostra. 
«Perché guardare il cielo, mio caro Pipino, quando puoi vivere avventure anche solo fumando erba pipa e sonnecchiando in silenzio?» domandò, assumendo un’espressione pensosa. Non ricevendo risposta, si voltò verso l’amico e gli soffiò fumo addosso, dipingendosi un’espressione ghignante quando Pipino si ritrovò a tossire.
«Lo sai che non digerisco bene il fumo quando me lo si sputa addosso, Merry» si lamentò.
L’amico si stese accanto a lui, portando di nuovo la pipa alle labbra. «Ah, perché, il fumo lo mangi?» rise. Cerchi di fumo si alzarono nell’aria, portati via dopo qualche secondo dalla brezza notturna. Pipino voltò il capo verso di lui e lo osservò fumare in silenzio, per qualche minuto, con il viso pensieroso di chi ha molto in testa e nulla sulle labbra.
«Meriadoc?» chiese dopo un po’, esitante.
«Mh?» Merry non si volse, continuò a guardare lontano. Il primo fuoco d’artificio si librò in aria, esplodendo in colori che si sovrastavano l’un l’altro, colorando il cielo.
«Ti piace Estella?»
Il Brandibuck aggrottò le sopracciglia, considerando la domanda totalmente senza senso. «Io…» mormorò. E se la risposta fosse troppo ovvia? Abbassò la pipa, sotto lo sguardo curioso di Pipino. «Un po’. Perché?»
La risposta del cugino giunse quasi esitante, una decina di secondi dopo. «Cosa ti piace di lei?»
Merry alzò una mano a scompigliarsi i capelli, cominciando a sudare freddo. Cos’erano quelle domande piazzate a caso? «I capelli» borbottò, vago. «Forse le guance. Le ciglia. Le… unghie…?» Assunse un tono interrogativo, evidentemente in difficoltà. Pipino lo interpretò come il simbolo di una cotta con i fiocchi, e ridacchiò. 
Merry gli scoccò un’occhiata d’improvviso irritata. «Come se fossi l’unico a sbavare dietro a qualcuno.»
Pipino assunse un’espressione confusa, ed il suo viso assunse una delicata tonalità di rosso. «Io… per… Per Dio… è… è solo un’amica di famiglia» balbettò. E probabilmente non riusciva a capire l’espressione irata di Meriadoc. Era la stessa di una persona che avesse ricevuto un ceffone in faccia.
«Come no, infatti le occhiate che le lanci sono quelle di un semplice amico di famiglia» si ritrovò a ringhiare infatti il Brandibuck. Si era alzato in piedi, e le labbra erano strette quasi fino a spaccarle.
«Merry, ti senti quando parli?» chiese Peregrino turbato e senza capire nulla.
Ma l’amico gli voltò le spalle e gettò la pipa a terra. «Lascia perdere» sbottò allontanandosi.
 
Ora sto sedendo solo,
e, finalmente, mi sto guardando intorno.
Lasciato qui, da solo,
credo proprio che mi farò del male.
Forse perdendo la mia mente.
Sai, mi sto ancora chiedendo
perché ho lasciato che il mondo mi succhiasse il sangue.
 
«Meriadoc, è lei! Estella Bolger! E’ arrivata.»
Merry si scostò dalla finestra della camera e prese un sospiro, posizionandosi incerto di fronte alla porta. Ancora era molto titubante riguardo alla sua scelta, ma del resto era l’unico modo per scalciare certi pensieri dalla testa. Affondò una mano tra i ricci, sfiorò il legno e, stringendo le labbra, spinse la porta. «Ciao» disse allora , con una parvenza tranquilla, alla ragazza davanti a lui.
Estella sorrise. Aveva i capelli acconciati in due trecce biondo grano legate da nastri azzurri e i grandi occhi dorati lo scrutavano incuriositi. L’abito leggero che indossava fu scosso leggermente dalla brezza estiva.
«Ecco» disse, orgogliosa, Rosamunda Bolger – gonfio abito dorato – a Esmeralda Brandibuck. Quest’ultima lanciò un’occhiata al figlio. «Sono adorabili, nevvero?»
Estella ignorò le chiacchiere delle loro madri e gli tese la mano. «Ti va di uscire?» gli chiese.
Merry la strinse, sforzandosi di sorridere. «Volentieri» disse.
Camminando fianco a fianco a lei lungo le strade coperte di fango ancora dal passato acquazzone, mentre la ragazza si sollevava la gonna per evitare di sporcarsene il colore azzurrino, Meriadoc trovò che effettivamente lei era molto, molto bella. Pareva essere capace unicamente di sorridere, e non si stancava mai di parlare. Ben presto si ritrovarono a discorrere di cose tutt’altro che banali, ed Estella («ma chiamami Stella, ti prego») gli confessò di averlo guardato con interesse ben prima di quel periodo, anzi, probabilmente sin dalla loro infanzia.
«Il fatto è» scosse le spalle, appoggiandosi ad un muretto nella campagna solitaria «che tu mi sei sempre sembrato così distante, capisci. A parte il fatto che stai sempre con tuo cugino… com’è che si chiama, Peregrino, giusto? Ecco, comunque sei sempre stato distante dalla vita di ogni altro Hobbit. Dopo la tua scomparsa di un anno, poi, senza alcun avviso! Che colpo ho preso!»
Merry cominciò a disegnare strane forme nella ghiaia con la punta del piede peloso. «Be’, sono passati sei mesi.» Ridacchiò, e l’altra Hobbit con lui. «Ora sono qui. E, be’, le cose sono andate come sono andate. »
«Quando ti deciderai a chiedermelo?» lo interruppe Estella rapidamente, e le guance le si tinsero di un colore rossastro. Merry la guardò, ancora sorridendo, e lei insistette; «Devo fare proprio io la prima mossa?»
«Dipende da cosa stai parlando» rispose lo Hobbit candidamente. Estella scoppiò a ridere e annuì.
Circondò il suo collo con le braccia e si sporse verso di lui, premendo le labbra contro le sue. Le trecce, spinte dal verso, le si sollevarono sulle guance e sulle spalle, ed Estella si strinse allo Hobbit, un po’ per ripararsi dal freddo, un po’ per altro. Aveva l’aria esperta di chi sapeva baciare, ma Merry si sentì gelare. Tentò di ricambiare il bacio; ma c’era qualcosa di sbagliato anche solo nel sfiorarle le labbra a fragola, qualcosa che non si sapeva spiegare. La cosa lo turbò terribilmente e si staccò, anche se non bruscamente. «Questa è la parte in cui tiri fuori l’anello?» scherzò Estella, entusiasta e impaziente.
Ma Merry scosse la testa, lo sguardo vuoto. «Non posso. Scusa» disse solo, con tono trasparente.
E sotto lo sguardo stupefatto della biondina, si voltò e corse via.
 
Sogni da ragazzi, in un circo da ragazzi,
correndo in giro come pagliacci con uno scopo.
A chi importa della famiglia da dove vieni?
Niente importa, quando sei giovane e vuoi qualcosa.
 
Il liquido ambrato dei raggi solari si scioglieva contro i due giovani Hobbit che, mollemente abbandonati sulla barca ormeggiata, avevano ormai lasciato le canne da pesca da una mezz’oretta piena. Canticchiavano sottovoce canzoni d’infanzia, stanchi dopo un altro pomeriggio passato a mangiar funghi, fumare e ridere lungo le strade della Contea. Ora il vento soffiava più dolcemente e la barca ondeggiava, spinta dai suoi soffi.
«Sono così stanco che non sono neanche stanco» disse Pipino, guardando in alto.
Merry sorrise. «Ah, carnegrea alle gambe anche te?»
«Meriadoc Brandibuck, sono stufo di seguirti in queste imprese suicide e ritrovarmi coi muscoli a pezzi. La prossima volta torno a combattere, almeno lì non ci resto secco.» Pipino aggrottò le sopracciglia, un’espressione che avrebbe dovuto essere severa – ma che sorrideva neanche troppo nascosta – dipinta sul viso.
«E’ tutta colpa tua, idiota di un Tuc!» L’ormai trentottenne gli diede un pugno scherzoso sul braccio, e si lasciò sfuggire un gemito. «Ecco» disse tra i denti «adesso morirò e mi avrai sulla coscienza per sempre.»
«E’ stato più facile salvarti a Minas Tirith; questo cielo arancio mandarino sarà l’ultima cosa che vedremo» sentenziò Peregrino con aria assai drammatica. L’amico si voltò verso di lui perplesso.
«Ma non è arancio mandarino. E’ arancio tuorlo. Non sapevo fossi daltonico!»
«E’ arancio mandarino, strizza quegli occhi da Orchetto che hai.»
«Come osi darmi dell’Orchetto? Pagherai per questo affronto, Tuc che non sei altro.»
«Potrei passare sopra alla tua evidente malattia mentale se mi dici perché quella nuvola sembra un Ent appeso per i piedi.»
Merry fece una strana espressione e strinse gli occhi, rivolto verso il punto indicato dall’indice a mezz’aria di Pipino. «Credo sia un’Entessa, i tratti sono femminili. Ecco dove si erano nascoste!»
Il cugino rise. «Credo ci voglia un po’ di strada per raggiungere la Fonte degli Ent. Non ho voglia di tornare laggiù e comunicar loro la notizia che le loro amate mogli si sono sollevate in aria.»
«Toccherà loro consolarsi da sé» sospirò Meriadoc in tono melodrammatico. «Trovo che certe querce del posto fossero davvero molto attraenti, comunque.»
«Certo» interloquì Pipino «perché nel nostro viaggio tu hai guardato la bellezza delle querce. E poi ripeti di essere normale, Meriadoc!» Scambiò uno sguardo con l’amico, e le labbra sottili formarono un sorriso canzonatore. Uno che andò a riempire le file dei dieci, cento, mille sorrisi della sua, della loro collezione. Anzi, mille erano troppo pochi; saranno stati milioni o miliardi, ognuno nel suo scrigno dorato, brillante nella mente di Merry.
Il Brandibuck osservò la forma delle labbra del Tuc e trovò che quando egli sorrideva il cielo sembrava ancor più luminoso della buccia di un mandarino o della dolcezza di un tuorlo. Così, dopo ventinove o forse trent’anni di attesa, di pazienza, di inquietudine e di tante altre cose, si accostò a Pipino e lo baciò.
Chiudendo gli occhi, avvertì i brividi di febbre provati abbandonato contro la terra di Minas Tirith dopo la battaglia. Ma stavolta, invece di terrore e morte, nel suo cuore era insediato il palpitare di una felicità che non credeva nemmeno lontanamente di conoscere. Quando si scostò da lui, gli scappò un sorriso e Pipino sostituì l’iniziale espressione di stupore con una radiosa.
«Sei stato talmente ambiguo, in questi anni, che non ti dovresti nemmeno stupire se non ho capito una beata foglia pipa di quel che passava per la tua zucca» lo rimproverò, ma il suo tono di voce era tutt’altro che irritato; anzi.
Merry assunse un’espressione pensosa. «Però ti devo dire una cosa, Pipino» rifletté serio.
Peregrino sbatté le palpebre. «Sei sposato con Estella? L’hai lasciata incinta? Hai con te l’Anello del Potere? Frodo si è fidanzato? Sam e Rose hanno deciso di smettere di sfornare figli come panini?»
«Peggio.» Merry avvicinò le labbra all’orecchio di Pipino. «Il cielo è color sole.»
E, ridendo, lo baciò ancora.
 
Noi non siamo quel che pensate;
noi siamo oro.
   
 
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