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Autore: cormac    03/03/2014    1 recensioni
{ ElliotLeo & GilbertBreak | Vampire!Au | Accenni a varie pair }
1846, Bretagna. Nella città di Sablier si intensifica gradualmente uno scontro secolare tra due fazioni: i Baskerville, una famiglia di creature
sinistre e sovrannaturali, e Pandora, un'organizzazione chiamata ad annichilirli tutti. Il confine tra amore e perdizione è tuttavia molto labile per un
Baskerville ed un membro di Pandora, che pur di salvare loro stessi sono disposti a ripercorrere le orme del fondatore che venne chiamato eroe,
cento anni prima.
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Elliot Nightray, Leo Baskerville, Revis Baskerville, Un po' tutti
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Salve a tutti! –schiva le pietre
Il mostruoso ritardo è dovuto ad un periodo di pausa che ho deciso di prendermi, perché sono stata davvero molto impegnata con la scuola in questo ultimo periodo ed è già tanto che io sia riuscita a trovare il tempo di andare in bagno. Scusatemi, mea culpa Per il resto, vi informo anche che non riesco purtroppo a reggere il ritmo di un aggiornamento ogni due settimane, ma non mi sbilancio a dare delle date, quindi posso solo cercare di aggiornare il prima possibile: ogni giorno potrebbe essere quello buono! Potrei essere velocissima (ne dubito) o potrei metterci anche molto tempo, dipende da vari fattori. Infine: alla fine del capitolo ho voluto mettere delle piccole info per quanto riguarda gli elementi sovrannaturali di questa storia, giusto per spiegarmi un po’. Una specie di legenda, insomma! Consiglio di leggerle, così da avere un quadro più chiaro per i capitoli futuri. Ancora le mie scuse per il ritardo e buona lettura! - la turca


 
 
 
 
The Horror we called Love ;
Atto IV – Il nostro segreto
 
 
 
Era particolarmente rilassante, per Elliot, svegliarsi con il viso di Leo, ancora profondamente addormentato, vicino al suo. Molto vicino, forse troppo. Abbastanza da poter ascoltare il flebile suono del suo respiro e percepirlo sulla pelle. Si soffermò a contemplarne i lineamenti, i capelli neri sparsi sul cuscino, le labbra leggermente schiuse... era dannatamente bello e l’unico rammarico del giovane Nightray era di non essersene accorto prima. Penso di allungare la mano, accarezzargli la guancia... ma sarebbe stato sconveniente! Oltre che terribilmente equivoco. E poi avrebbe rischiato di svegliarlo. La sera precedente,  esausto com’era, non appena toccato il cuscino si era addormentato. Elliot si sentiva bene, in pace con se stesso e con il mondo, come se venire a patti con la vita non gli dispiacesse più così tanto. Non gli importavano più tutte quelle assurde storie sui vampiri, a cui tra l’altro non credeva affatto. A Pandora li avrebbero nascosti, erano sani e salvi e soprattutto, erano insieme. Questo era tutto ciò che contava. Cullato da questi rassicuranti pensieri, trovò facile persino riaddormentarsi, premurandosi di stringere la mano di Leo, che delicata era posata sul cuscino, vicino al suo viso. La strinse, forte ma non troppo. Doveva essere sicuro che nessuno lo avrebbe portato via, mentre si abbandonava tra le braccia di Morfeo.
 
Il secondo risveglio fu, per Elliot, molto più brusco del primo: qualcuno era intento a scuotergli con forza la spalla. Socchiuse lentamente le palpebre: Leo era in piedi e, in un angolo, si abbottonava la giacca scura, donatagli da Pandora. La mano continuava a scuoterlo.
«Elliot!»
«Sono sveglio, sono sveglio!» borbottò di rimando il biondo, tirandosi a sedere. Gilbert era seduto sul bordo del letto e si rigirava fra le mani l’ampio cappello nero. Sembrava piuttosto agitato.
«Che succede?» domandò Elliot, allarmato. Aveva il presentimento che la risposta non potesse che essere affermativa.
«Ieri notte... è stato ritrovato un cadavere, a Sablier. Io e Break stiamo andando lì. Crediamo abbia a che fare con i Baskerville, per questo portiamo Leo con noi». Lo sguardo di Elliot mutò e l’espressione sfumò in una più stizzita.
«Vengo con voi!»
«Non se ne parla» tagliò corto Gilbert. «Se ha a che spartire con i Baskerville, non sarà un bello spettacolo. E’ meglio se-»
«Io non mi muovo senza Elliot».
Gilbert si voltò verso Leo. La sua espressione tradiva rassegnazione: non aveva mai creduto, da quando erano arrivati, che occuparsi di quei due sarebbe stato semplice, ma ne stava letteralmente uscendo pazzo. Preferiva gli intrighi dei Baskerville, piuttosto che avere la responsabilità di controllare suo fratello ed il suo nuovo amico. Oz era sempre stato molto meno problematico!
«Lui è il mio padrone. Se non mi accorda il permesso di andare, non se ne fa nulla». Elliot abbozzò un sorriso beffardo all’indirizzò del moro, prima di affiancare Leo. Gilbert sospirò.
«Non creare problemi e non fare domande. Ah, e prima, magari-» fece una pausa, in cui trattenne una risata. «-cambiati».
 
Quando Elliot si fu cambiato, sembrava una persona completamente diversa. Non era più il ragazzo rancoroso ed ostile al mondo intero, ma un giovane nobile, un membro di Pandora. Il soprabito nero dai risvolti azzurri, le scarpe di cuoio tirate a lucido, la pesante spada nera poggiata sulla spalla e la croce, appuntata al petto e là ostentata con fierezza. Leo ammirava profondamente l’aura di nobiltà che il giovane Nightray irradiava: così bello, avvolto nel suo manto di luce austera; proiettava su Leo la sua ombra.
Sablier era rimasta la stessa città malata che avevano lasciato alla loro partenza. Sembrava trascorsa un’eternità, ed invece erano passati soltanto tre giorni dal loro fortuito incontro: a Leo era parsi interminabili, densi di avvenimenti, preoccupazioni e novità. Gilbert e Break camminavano a passo svelto e sicuro, districandosi senza alcuna esitazione nel diramarsi dei vicoli e delle strade della città. Leo ed Elliot quasi faticavano a mantenere il loro passo. Camminarono fino a raggiungere uno spiazzo aperto, dietro il quale grandi campi dall’erba giallastra si estendevano a perdita d’occhio sotto il cielo plumbeo. L’unica parvenza di civiltà era una casupola pericolante e, tutt’intorno ad essa, un piccolo cimitero disseminato di croci storte e pietre tombali crepate. L’ambientazione metteva i brividi; Elliot arrivò a domandarsi se non fosse tutto uno scherzo, tanto la situazione era surreale. Il biondo tossì; l’aria era carica di una soffocante umidità ed in essa aleggiava una puzza asfissiante. Si augurava che finissero in fretta. Break non bussò; la porta era stata divorata dai tarli e la ruggine aveva fieramente sottomesso i cardini di ferro. Entrarono. Anche l’interno aveva conosciuto giorni migliori, ma se non altro qualcuno si era preoccupato di arieggiare un po’ e di eliminare un po’ di polvere.
«Siete quelli di Pandora?» una voce brusca, arrochita dal fumo, li chiamò da un angolo della stanza. Un vecchio dagli occhi cisposi e dallo sguardo severo si dondolava su una sedia con una gamba rotta, rigirandosi fra le labbra rinsecchite una pipa spenta. Gilbert annuì.
«Mi avevano detto che sareste venuti. Siete qui per il vecchio Adrien?»
«Lo conoscevate?» domandò Break.
«Lo conoscevano tutti. E lo odiavano tutti. Non mi sorprende che abbia fatto una simile fine» l’uomo si alzò a fatica. Dall’altro lato della stanza, accanto alla parete, era posta una lettiga, coperta da un lenzuolo di lino.
«Nessuno ha reclamato il cadavere» cominciò.  
«Non aveva parenti?»
«Aveva una moglie, se non erro, ma non si è presentata. Suppongo che non corresse più buon sangue fra loro, ammesso che si siano mai amati». Il vecchio scostò il lenzuolo, rivelando il volto cinereo e senza vita di Adrien, la guardia cittadina. Elliot sentì un conato di vomito salirgli in gola quando venne scoperta la ferita al collo. Era annerita e putrefatta; i due larghi fori praticati all’altezza della giugulare rivelavano il bianco delle ossa. Emanava un olezzo di morte e carne marcescente a dir poco irrespirabile.
«Cosa avete intenzione di fare, signori?» domandò l’anziano becchino. Sembrava divertito dal disgusto di Elliot. Gilbert allungò la mano, tastando delicatamente i due profondi fori con le mani ben inguantate, poi si voltò verso i compagni.
«E’ certamente opera di uno di loro».
«E’ stato lui» affermò all’improvviso Leo, che fino a quel momento era rimasto in silenzio.  «E’ stato Revis. Riconoscerei in ogni caso il suo... stile»
«Non so che problemi abbiate con i Baskerville-» li interruppe l’uomo. «Ma non vi consiglio di accusarli. Questa non è opera di un uomo. I miei anni di esperienza mi suggeriscono che il vecchio Adrien sia stato ammazzato ad una bestia».
Leo lo guardò negli occhi.
«Infatti».
 
L’umore di Elliot dopo quella visita era nettamente peggiorato. Era scuro in volto, ma non osava parlarne con gli altri; Gilbert si sarebbe infuriato. Del resto, era stato lui a voler venire a tutti i costi. La casa della vedova di Adrien era una misera e polverosa soffitta, la cui unica finestra si affacciava sul viavai di una delle strade maestre della città. Non aveva la fama di essere una donna tollerante e lei ed Adrien non avevano avuto figli. Avevano preso una carrozza per arrivarvi e Gilbert lasciò che Elliot ed Leo vi rimanessero dentro, mentre lui e Break si avviavano verso le ripide scalette del portone d’ingresso. In breve, sparirono dietro l’uscio.
«Come hai fatto?» fu il biondo a rompere il silenzio, squadrando Leo di sottecchi.
«A fare cosa?»
«A capire che è stata opera di Revis. Come hai fatto a capire così velocemente che è stato lui, solo con un’occhiata?» Leo fece le spallucce.
«Intuito»
«Leo» il tono di Elliot fu perentorio, eppure tradiva una sfumatura di curiosità. Il flebile sorriso che era sorto sulle labbra del moro si affievolì, fino a lasciar posto ad un’espressione costernata.
«Riconosco il suo morso» le dita di Leo corsero a sciogliere il fiocco azzurro all’altezza del collo ed a slacciare i primi bottoni della camicia sottostante, sfilandoli delicatamente dalle asole. Elliot divenne rosso come un pomodoro maturo: che stava facendo?! Leo si scostò i capelli neri ed allentò il colletto, scoprendo leggermente la clavicola. Elliot aprì la bocca per mormorare qualcosa, ma non riuscì a proferire parola. Lo stupore lo aveva colpito come un pugno nello stomaco, violento ed improvviso. La pelle chiara come porcellana bianca di Leo era martoriata qua e là da ferita, segni semi-circolari, alcuni profondi, altri più superficiali. I più non erano ancora rimarginati. Il biondo avvicinò la mano, sfilando il guanto bianco, e tastò la pelle ferita, accarezzando lentamente i segni rossi e doloranti. Le sue dita erano incredibilmente calde ed un brivido corse lungo la schiena di Leo, ma sperò che l’altro non se ne fosse accorto. Fu il suo padrone a parlare nuovamente, per primo.
«Mi dispiace»
«E di cosa?» Leo richiuse la camicia.
«Che tu abbia dovuto passare tutto questo. Ed io volevo anche riconsegnarti a loro» Elliot serrò i pugni. Tremava di rabbia.
«Ora ci credi, Elliot?»
«Sì» rispose, abbassando lo sguardo. «Ora ci credo»
«Allora non dispiacertene. Se non avessi questi morsi sarebbe perché, probabilmente, sarei morto».
Tacquero entrambi per un lungo quarto d’ora, al termine del quale, notarono che una fitta pioggerellina aveva ricominciato a ticchettare sul viale. Gilbert e Break tornarono poco dopo, battibeccando animatamente sotto la pioggia che s’ingrossava. Rientrarono nella carrozza, bagnati fradici.
«Che avete scoperto?» li interrogò subito Elliot, che saltellava impaziente sul sedile.
«Nulla più di quanto già sapessimo. La signora non si è propriamente disperata nel ricordare il marito, ha addirittura detto di volersi risposare immediatamente».
«Sapeva che Adrien combinava qualcosa di illegale, per portare a casa i soldi che puntualmente sperperava, ma non gli chiese mai cosa. Non parlavano mai» concluse Gilbert.
«Quindi lei non sa che il marito lavorava per i Baskerville?» chiese Leo.
«No» replicò il moro, calcandosi il cappello sui capelli gocciolanti. «Lei non aveva nulla a che fare con i crimini del marito».
«Torniamo a Reveille?» Elliot li interruppe. Ne aveva avuto abbastanza di omicidi, Baskerville e losche faccende, per quel giorno; e di certo, il pensiero dei marchi che Leo celava sotto la camicia non lo aiutò a riposare meglio, durante il viaggio.
 
9
 
 
Oz era assorto nella lettura di un pesante e vecchio tomo, più per obbligo che per piacere o cultura personale, quando Gilbert e Leo entrarono nel salottino deserto.
«Gil!» il biondo allargò un sorriso, chiudendo di scatto il libro ed abbandonandolo sul morbido cuscino della poltrona che lo aveva ospitato fino a qualche istante prima. Gilbert abbassò umilmente il capo, come in un cenno di scuse.
«Oz... ho un favore da chiederti, se non ti pesa»
«Sì?»
«Posso lasciarti Leo? Elliot è... impegnato, ora. Sono arrivati i Nightray e credo ne avranno per un po’»
Leo ebbe un sussulto. La sua famiglia li cercava ancora? Il suo padrone non doveva star passando un bel quarto d’ora. La tentazione di correre da lui per aiutarlo si impossessò di lui, ma prima che potesse dire o fare qualcosa, Oz lo prese a braccetto, sorridendo gentilmente, ma in modo indecifrabile.
«Vieni Leo, usciamo a fare due passi».
I giardini di Pandora erano molto più grandi e curati di quelli di villa Nightray. Non un solo insetto ronzava tra le foglie del roseto, d’un verde brillante ed ancora imperlate di rugiada. Oz trasse un lungo sospiro, prima di mormorare improvvisamente:
«Elliot sa come sbrigarsela con la sua famiglia e quell’orso del Duca Nightray. Non darti pena»
«Mi dispiace che debba passare questo per colpa mia».
Il biondo proruppe in una cristallina risata, muovendo qualche passo verso la folta e rigogliosa siepe. Leo guardò le sue spalle scuotersi lievemente a causa delle risa.
«Per colpa tua? Non la metterei così. Era da molto che Elliot blaterava di voler lavorare per Pandora ed abbandonare la villa. Vivere come Gilbert, per intenderci. Tu sei stato semplicemente l’occasione per mettere in pratica questi suoi deliri, che ha colto al volo»
«Deliri?»
«Già. Gil è... diverso, da Elliot. Molto diverso. Anche lui non voleva che il fratello cercasse di emularlo, ma sai com’è fatto Elliot. Un testone. Ma un testone prudente, lui rimane. Venire qui è stata una mossa prevedibile, ma la migliore che potesse fare in una scacchiera popolata da pezzi pericolosi. Gil non permetterà mai ai Nightray di portarlo da qualche parte senza il suo volere, e mi pare evidente che Elliot non ne abbia l’intenzione»
«Quindi... qui saremo al sicuro?»
«Puoi starne certo. Se i Baskerville ti cercano, non c’è posto più sicuro in tutta l’Europa. Qui, nemmeno una mosca entra senza i dovuti controlli».
Ne seguì un lungo silenzio, scandito dal passo regolare del biondo, intento a fare su e giù per il vialetto lastricato.
«Nobile Oz» Leo richiamò la sua attenzione. «Voi come l’avete conosciuto?»
«Dammi del tu, mi metti a disagio» Oz ridacchiò. «L’ho conosciuto a scuola. In realtà, a primo impatto credevo mi odiasse, ma poi, superati i disguidi, siamo diventati amici»
«Oh...» fu tutto il commento del moro.
«E tu?»
«Mi ha salvato... la vita, probabilmente». Oz annuì, ma preferì non chiedere altro. Aveva intuito che il modo più veloce di far aprire Leo era mostrarsi ancor più riservati di lui.
«Come hai fatto a venire coinvolto in questa storia, Leo?» domandò improvvisamente il biondo, con un sorriso curioso stampato sulle labbra, da cui permeava commiserazione e pietà.  «Come hai fatto a diventare un Baskerville?»
Leo sospirò. Stava vedendo qualcosa, nella sua testa, immagini che avrebbe preferito chiudere in un cassetto e non tirare mai più fuori. Lentamente, quasi sussurrando, il moro cominciò a raccontare.
«Non ricordo il nome di mio padre, o il suo viso. Forse non l’ho mai saputo. E mia madre non era ciò che tu definiresti una signora. Era debole e stanca, trovava più semplice bere come una spugna che amare suo figlio. Comunque, anch’io ero un bambino problematico. Sentivo voci, vedevo cose... avevo paura del buio ed a volte scappavo di casa. Finché...»
«Finché?» lo incalzò Oz.
«Finché non fui venduto. Lo ricordo bene. Avevo dieci anni. Non ho mai avuto modo di chiedere a mia madre perché l’avesse fatto e non la rividi mai più. Mi fu detto che l’aveva fatto per il mio bene, perché non aveva i soldi per mantenermi. Non ci ho mai creduto. Non che inizialmente non fossi felice! Ma poi, in cuor mio, iniziai a capire. Iniziai a rendermi conto di ciò che accadeva nella magione dei Baskerville e del perché comprassero bambini come merci. Tuttavia, io ero stato... privilegiato. Non fui ucciso come gli altri, anche se penso spesso che sarebbe stato meglio...» Oz cercò d’interromperlo, ma Leo, con un gesto secco della mancina, lo mise a tacere.
«Fui scelto da Revis Baskerville in persona e trattato con tutti gli onori, ma per me era una gabbia. Bellissima, vitrea, invisibile, ma ero di fatto un prigioniero. Di notte ascoltavo le urla dei bambini che non ero riuscito a salvare, mi rimbombavano nella testa. Trascorsi sei anni in quell’inferno, finché non riuscii a radunare abbastanza coraggio per fuggire. Il resto della mia storia la sapete».
 
 
10
 
 
Elliot si premette il palmo freddo sulla guancia, in un gesto che reprimeva la sua indignazione. Lo schiaffo di suo padre bruciava rovente. Dietro il Duca, Vanessa Nightray singhiozzava ininterrottamente, forse per il dolore del colpo che anche lei aveva ricevuto per il suo silenzio, forse per il guaio in cui suo fratello si era cacciato.
«Hai sfidato la mia autorità!» tuono Bernard Nightray, con gli occhi che dardeggiavano collera.
«Hai condotto il ragazzo sotto il nostro tetto, lo hai nascosto! Adesso lui penserà che...» la voce gli morì in gola quando intravide Gilbert avanzare a passo deciso verso di loro, tallonato docilmente da Break.
«Qualche problema, Duca?» il tono del moro era educato, ma i suoi modi tradivano un innegabile disprezzo, che peraltro non si preoccupava di nascondere.
«Gilbert» cominciò l’anziano uomo, sforzandosi di controllare l’ira. «Tuo fratello ha chiesto di te. Devi venire anche tu con noi.»
“Sembrano due estranei.” si ritrovò a pensare Elliot, guardandoli duellare verbalmente.
«Io non vado da nessuna parte» sentenziò alla fine il biondo, stupendosi delle proprie stesse parole. Sentì improvvisamente lo sguardo di tutti su di sé. «Io non abbandono Leo».
«Tu farai quello che io ti comanderò, giovanotto» alzò nuovamente la mano destra e, senza ascoltare le suppliche di Vanessa, abbatté nuovamente un poderoso colpo sul viso del figlio. Gilbert non ci vide più. Fremeva per mettere mano alla pistola e lo avrebbe fatto, se Break non gli avesse stretto il polso fino a stritolarglielo. Lo guardò e l’albino mimò un “no” con le labbra.
«Nobile Duca,» Bernard Nightray si voltò verso Break. «Sarete stanco. La nostra ospitalità è stata a dir poco vergognosa. Saremo lieti di annunciare la vostra permanenza anche al Duca Barma, che è attualmente nostro ospite». Al solo sentire il nome di Rufus Barma, il Duca Nightray storse il naso. Durò un attimo: sdegnato, l’uomo fulminò Elliot con un’ultima rabbiosa occhiata, girò i tacchi e si avviò verso la carrozza, seguito dall’ancora piangente Vanessa. Gilbert sospirò, rilassandosi un po’.
«Entra Elliot. Abbiamo dato abbastanza spettacolo per stasera».
Elliot obbedì docilmente, senza evidentemente accorgersi del breve sorriso e dell’occhiolino che Break e suo fratello si erano scambiati.
 
Gilbert sbuffò: l’incontrò con Bernard Nightray lo aveva nauseato a tal punto che non voleva vedere nessuno, tantomeno parlare. Se stava in silenzio (e di certo non avrebbe iniziato a parlare da solo) poteva sentire Elliot borbottare maledizioni nell’altra stanza, forse a causa delle cure fai-da-te alquanto discutibili di Leo, forse per colpa dell’umiliazione inflitta dal padre. Un toc-toc leggero lo districò dall’ingarbugliata ragnatela dei suoi pensieri.
«Avanti» mormorò a mezza voce. La maniglia si abbassò lentamente e dalla fessura fece capolino Break.
«Gil?»
«Entra»
L’albino si richiuse la porta alle spalle, scoccando a Gilbert un’occhiata interrogativa.
«Sembri stanco» osservò.
«Lo so. L’arrivo di Elliot non era previsto. La loro rappresaglia sarà immediata»
«Li temi?» il moro emise un basso ringhio di disapprovazione, ma il sorriso sul volto dell’altro non cedette.
«Non li temo, lo sai. Sono solo preoccupato. Elliot è uno sconsiderato e sebbene Leo abbia ancora un po’ di buon senso, ho paura che non basterà per entrambi».
Break gli si sedette accanto.
«Hai intenzione di riconsegnare il ragazzino?»
«Non parlarne come se fosse una merce di scambio!» lo rimbeccò Gilbert, prima di poggiargli il capo sulla spalla. L’albino gli passò una mano fra i capelli neri.
«Non lo so, Elliot ci tiene a lui. Non l’ho mai visto così coinvolto e... vivo, dalla morte dei suoi fratelli. Non vorrei portarglielo via, ma temo una tempesta in arrivo se non lo faccio»
«Non mi capacito di come tu sia ancora così... umano, Gil. Anche dopo che-»
«Oh, sta’ zitto. Parli troppo» lo interruppe Gilbert. Per ripicca, Break lo attirò a sé, mentre un breve brivido causato dalle labbra fredde di Gil premute sulle sue lo attraversò come una scarica elettrica. Non si divincolò, il moro, non fece finta che gli dispiacesse, ma subì passivamente quella dolce tortura fino al suo termine.
«Io mi preoccuperei di altro, in questo momento» commentò Break, vagando per la stanza. «Come per esempio la fastidiosa presenza di Barma che appesta il quartier generale. Non so se ci hai fatto caso, ma da quando è arrivato lui sono appassiti dei fiori nel giardino». Gilbert rise.
«Ma, in ogni caso, hai intenzione di dirlo ad Elliot?» il moro tornò serio, evitando accuratamente lo sguardo di Break. Si morse il labbro inferiore, indeciso.
«Lo scoprirebbe in ogni caso»
«Puoi nasconderlo ancora un po’, Gil. Oz non lo dirà, ma se Elliot lo venisse a sapere, non sappiamo come potrebbe reagire»
«Vorrà dire che glielo dirò» fece una pausa. «Gi dirò ciò che sono».
Break annuì.
«Allora sarà ancora per un po’ il nostro piccolo segreto».
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
[Piccole Info]
Come spiegato nella premessa, ho scelto di scrivere delle piccole info sui vampiri di questa storia, in quanto si distaccano leggermente dalla canonica visione del vampiro. Ho cercato di attenermi il più possibile all’evoluzione della figura del vampiro negli anni, ma ho apportato qualche modifica, in quanto:
- in molte leggende e nel libro di Bram Stoker “Dracula” i vampiri sono pelosi. PELOSI COME YETI. In questa storia, i vampiri sono i Baskerville e non potevo attenermi a questa visione per descriverli (insomma, prima di essere degli spaventevoli succhiasangue sono Baskerville... sono raffinati loro, eh u__u).
- i lupi mannari non sono presenti nella mia storia, pertanto i signori Baskerville non conosco il morso del lupo mannaro ed esso non costituirà una fonte di pericolo per loro; tuttavia, il sole resta in ogni caso il loro più acerrimo nemico. So benissimo che non sempre posso andare in giro di notte, ma avendo scelto un luogo piovoso e dai tono scuri come la Bretagna come background, ho deciso di ovviare così al problema. Acqua santa, croci ed aglio non li uccidono, ma bruciano la loro pelle e provocano dolore.
- anche il sole non li uccide all’istante, ma provoca delle ustioni che aumentano di gravità all’aumentare della durata dell’esposizione ai raggi ultravioletti. Hanno quindi qualche speranza di salvezza se sono veloci a nascondersi.
- i vampiri di questa storia sono prima di tutto riconoscibili per i denti appuntiti (ma va?), la carnagione cinerea, da vero e proprio cadavere, l’assenza di battito cardiaco, la temperatura corporea estremamente bassa e gli occhi particolarmente lucenti. In più, essendo concretamente morti, i Baskerville puzzano (LOL) ed ovviano al problema con larghe dosi di profumo dall’odore molto forte, capace di coprire la puzza.
Se mi verrà in mente qualcos’altro, lo aggiungerò strada facendo. 
Grazie per aver letto!
   
 
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