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Autore: manubibi    25/06/2008    2 recensioni
I my chemical romance sono un gruppo semi-sconosciuto di new york...Gerard è il bersaglio di qualcuno che reclama vendetta...ma tutti e cinque finiranno in mezzo al brutto affare! Pairing: Gerard/Frank. Come sempre, sono graditissime le recensioni^^
Genere: Generale, Azione, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, My Chemical Romance
Note: OOC, Lemon, What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Tutti i personaggi di questa storia tranne quelli inventati non sono miei ma appartengono solo a loro stessi (anche se sarebbe carino poter possedere Gerard e Frank, ma sono dettagli XD), non ricevo un solo dindo da tutta questa follia...ATTENZIONE, il primo capitolo contiene una scena erotica, quindi se pensate possa offendervi NON LEGGETE...e credo sia tutto...

*

Era distesa comodamente e si muoveva sensualmente come un serpente in quiete.

Spoglia di qualsiasi abito, la pelle liscia, le linee morbide dei fianchi, dei seni e del viso, rapiva lo sguardo dell’uomo, estasiato di fronte a tanta delicata bellezza. Osservò le labbra piene e rosee mormorare parole incomprensibili, gli occhi chiusi come in preghiera, le mani che stringevano con delicatezza i lembi del lenzuolo, i capelli neri, lunghi e ondulati sparsi con grazia sulla federa di seta, rossa come tutto il resto del letto.

Bella e selvaggia, alzava e abbassava il petto assecondando il respiro calmo e regolare, ed esponendo i seni alla voglia di toccarli che si stava impossessando rapidamente di lui.

Era un uomo giovane, i capelli anch’essi neri scendevano sugli occhi scuri quasi celandoli allo sguardo. Era bello, attraente, vestiva di nero come se partecipasse ad una parata funebre, e osservava quasi con distacco la donna che si agitava sempre più vogliosa davanti a lui.

Fece il giro del letto e appoggiò il ginocchio accanto a lei, prendendo ad accarezzarle la spalla con lo stesso apparente disinteresse; scese al braccio per poi finire sulle dita che stringevano convulsamente il lenzuolo e che tremavano. Le sue labbra si aprirono in un lieve sospiro.

Poi lei aprì gli occhi freddi, azzurri come il cielo limpido che in una città come quella non esisteva, ma che ora bruciavano lussuriosi come se riflettessero una fiamma. E l’aria ardeva sul serio, tanto che il moro sentì il bisogno impellente di sbottonare la camicia rivelando il busto asciutto e muscoloso, che fece accendere ulteriormente gli occhi della donna.

Lei ebbe bisogno di sfiorare quel petto leggermente sudato e caldo, e a quel tocco l’uomo si deliziò chiudendo brevemente gli occhi, poi si mise a cavalcioni su di lei, finalmente donandole le labbra. La donna le accettò con gioia e sollievo, mordendole e leccandole, poi la bocca si aprì e cominciò a sfiorare la sua lingua. L’uomo prese il controllo, la premette sul soffice materasso continuando a combattere con quelle labbra carnose e delicate.

Sentì qualcosa sui suoi pantaloni quindi abbassò lo sguardo vedendo le mani affusolate e bianche slacciarglieli, lei non smetteva di guardarlo vogliosa e di baciargli le spalle e il collo.

Lui si liberò presto dei pantaloni diventati superflui, e per un momento si concesse di deliziarsi ancora delle sensazioni tese e pulsanti che stava provando.

La mora, suadente, passò il dito fra il bordo degli slip e la carne di lui, che emise un gemito sussultando. Di lì a pochi secondi era finalmente libero, e si eccitò di più vedendo gli occhi della ragazza sconosciuta farsi brucianti di desiderio, più di prima. Lo cinse con le gambe stringendolo a sé e contemporaneamente rendendosi più accessibile alla virilità pronta e calda del ragazzo.

Lui non si fece attendere, donò un altro bacio alle labbra roventi e assetate sotto le sue, poi iniziò ad ondeggiare con la schiena, col bacino, finché sentì sé stesso inoltrarsi in lei gradualmente, strappandole gemiti sempre più forti mentre la donna stropicciava il lenzuolo nel piacere dell’amplesso, e sentendosi assecondare nei movimenti lenti.

Lei gli graffiò la schiena, e le sue labbra si aprirono ancora, cercando qualsiasi parte di lui che potessero raggiungere.

Entrambi sentivano i brividi caldi percorrerli, e perle di sudore formarsi su tutto il corpo, mentre lottavano in quel modo sensuale. Arrivò prima lui al traguardo con un gemito strozzato, sentendo l’orgasmo invadergli il cervello come un’onda anomala, tanto intensa da fargli girare la testa, poi lei lo raggiunse, irrigidendosi con la schiena inarcata. Il moro si sciolse dall’abbraccio lussurioso e vide il proprio seme scivolarle lungo una coscia.

Lei ne raccolse una goccia con le dita fredde e sottili, e se ne bagnò il labbro continuando a guardarlo maliziosamente.

Poi parlò.

-Gee! Svegliati!-, esclamò una voce maschile, accompagnata da qualche spintone poco delicato alla spalla.

Il ragazzo grugnì qualcosa di incomprensibile, poi si accorse di avere la fronte bagnata di sudore. E una evidente erezione fra le gambe.

Si guardò intorno spaesato: le pareti della stanza non erano di un bianco immacolato, ma grigie, un po’ sporche e con qualche rara crepa sul muro; le tende rosse erano sostituite con altre bianche, con qualche bucherello a decorarle; il letto sul quale era steso non era affatto morbido e non aveva le lenzuola anch’esse rosse ed eleganti, invece erano bianche e al momento sparse disordinatamente sul materasso, perché lui e il compagno erano abituati ad agitarsi nella notte.

E al momento Frank lo fissava accigliato.

Uh, cazzo. Se n’era accorto.

-Uh…che ore sono?-, borbottò stropicciandosi gli occhi.

-Le nove-, rispose atono l’altro ragazzo, senza però smettere di fissarlo malevolo.

Gerard, finalmente, si mise a sedere, e si guardò intorno in cerca di qualcosa, ma prima doveva pensare a lui, altrimenti l’avrebbe assillato per il resto della giornata coi suoi sguardi da interrogatorio.

-Frankie, che c’è?-, chiese facendo finta di niente, e gli stampò un bacio sul collo.

-C’è che ce l’hai duro. E non ci sarebbe niente di male se non avessi chiamato qualcuno che non ero io!-, ringhiò l’altro ritraendosi disgustato.

Proprio come temeva. Scelse di usare la stessa collaudata arma psicologica di cui il chitarrista si serviva sempre per soggiogarlo: spalancò gli occhi e fece sporgere leggermente il labbro inferiore in una espressione supplicante..

-Ma Frankie…non sarai mica geloso!-, fece con la voce più calda che poteva, appena sveglio a quell’ora, cercando di rabbonirlo.

-Non fare il ruffiano! Chiamavi una ragazza!-, sbottò l’altro.

Evidentemente gli occhi dolci non gli riuscivano molto bene.

-E…che nome aveva questa ragazza?-, chiese Gerard, rinunciando alla tattica psicologica e alzando un sopracciglio, incuriosito. Non si ricordava di essersi presentato a lei, nel suo sogno, né di averla mai nominata.

-Jole-, disse Frank socchiudendo gli occhi, evidentemente irritato.

-Jole-, ripeté confuso Gerard, e aggiunse: -…mai sentito prima.

-Ma non mi dire-, fece Frank sarcasticamente, e si rivestì rabbiosamente.

Gerard rimase seduto sul letto grattandosi la testa per un po’, poi scrollò le spalle. Evidentemente si era inconsapevolmante inventato il nome della ragazza.

Un sogno molto realistico. Tutto qui. Ovvio!

Si alzò e infilò i pantaloni, poi si specchiò esaminando la cicatrice che gli era rimasta sul pettorale destro dopo essere stato colpito da una pallottola, pochi mesi prima. Abbassò lo sguardo alla sua destra, incontrando l’occhio nero della canna di una pistola.

La prese in mano giocherellando dubbioso col caricatore, poi la infilò nei pantaloni e finì di vestirsi, completando l’abbinamento con una camicia nera. Pensò che era buffo ritrovarsi vestito come nel sogno…ma doveva smettere di ripensarci, dopotutto si trattava solo di uno stupido parto del proprio cervello.

-Gee, muoviti!-, gridò dall’altra parte della strada suo fratello Mikey. Portava anche lui una camicia come la sua e un paio di jeans scoloriti.

Gerard corse fino alla macchina nera che li aspettava, e trovò tutta la banda al completo: Bob al volante, che teneva la mano tesa sulla leva del cambio, pronto a partire; Ray accanto a lui che caricava una pistola di dimensioni discrete con un’espressione strana, quella dubbiosa che aveva prima il moro. Accanto al sedile posteriore di Gerard c’era Frank, che lo ignorava deliberatamente chiacchierando con Mikey.

La macchina partì tranquillamente e si infilò nel caos cittadino, con l’intenzione di passare inosservata. Durante il breve tragitto, Gerard non fece altro che rimanere assorto nei suoi pensieri, taciturno come lo era raramente.

Quando scesero dall’auto, si misero tutti gli occhiali da sole come sempre quando dovevano esibirsi, e si sistemarono i vestiti assicurandosi segretamente di essere tutti armati a dovere.

Entrarono dal retro ed incontrarono il padrone del locale.

All’interno la penombra regnava in contrasto con la luce dell’esterno, e inoltre c’era una spessa coltre di fumo ad annebbiare ulteriormente la vista e a riempire del proprio odore forte i loro polmoni; in quell’ambiente c’erano solo sagome vaghe e grigie, non si riusciva a vedere quasi nulla nel dettaglio. I loro strumenti li aspettavano lì dalla sera prima, quando erano andati a montarli, sistemati alla bell’e meglio su un piccolo palco.

I cinque ragazzi, con aria strafottente –richiesta dal contesto-, si misero in posizione. Non occorrevano presentazioni, almeno perché chi aveva gli occhi per vedere aveva probabilmente notato lo scarabocchio a pennarello sulla porta che recitava:

“MY CHEMICAL ROMANCE, LIVE THIS AFTERNOON”

Gerard prese il microfono, passando nervosamente in rassegna il pubblico che aspettava annoiato di sentire un po’ di musica diversa da quella del Juke-Box.

‘Saranno appena una cinquantina’, pensò il cantante arricciando le labbra in disappunto, essendo abituato a locali più grandi. Dopotutto, non erano poi così sconosciuti! Ma d’altra parte era una necessità che ci fosse poco pubblico, date le loro preoccupazioni.

Guardò Frank, che fece una smorfia e iniziò a dare veloci pennate, poi anche Bob cominciò a rullare sulla batteria, poi arrivarono anche il basso di Mikey e la chitarra di Ray.

“I’m not OK…well, I’m not ‘O’ fuckin’ ‘K’!!”, urlò Gerard nel microfono, poi quasi perse la voce, sbiancando. Aveva visto proprio quello che aveva temuto da quando avevano concordato di esibirsi lì, eppure aveva sperato di sbagliarsi. Deglutì lasciandosi invadere dalla paura.

-Jared-, sillabò sperando a ragione che Mikey capisse il labiale.

Il bassista, infatti, spalancò gli occhi spaventato e fece in modo che il brano si concludesse in fretta.

Dal fondo del pub li osservava una figura abbastanza giovane, alta e slanciata, i pantaloni a righe fasciavano le gambe lunghe e magre, una cravatta rossa spuntava dalla giacca gessata e i capelli biondo platino risaltavano in mezzo alle esalazioni di nicotina; quasi si potevano vedere gli occhi grigi che fissavano il palco malevoli.

‘Cazzo, cazzo, lo sapevo…lo sapevo che se la sarebbe legata al dito, quello stronzo fottuto…’, pensò Gerard asciugandosi la fronte, e fissò lo stesso punto di prima ringraziando il fatto di indossare gli occhiali da sole. Forse Jared non si era accorto di essere stato visto, e questo dava loro un piccolissimo vantaggio.

Dai tavoli ingombri di boccali di birra, il pubblico vide il gruppo riunirsi e confabulare.

-Finiamo il concerto come previsto, così non capisce che sappiamo che c’è. E poi filiamo subito, magari riusciamo a seminare lui e i suoi fottuti amici-, consigliò saggiamente Mikey.

-Sì, ok…dovremmo dire a Jacob di preparare la macchina-, aggiunse Mikey.

Gerard si diresse verso un ometto dai capelli rossi, presumibilmente un loro amico, e cominciò a gesticolare. Jacob guardò discretamente il punto in cui si trovava, ancora immobile, la persona di cui prima parlavano e corse fuori dal pub, con una certa fretta.

La band riprese subito a suonare, ed eseguì il resto dei pezzi senza tradire il nervosismo e la tensione che i cinque corpi si scambiavano come in un flipper.

Alla fine Gerard mormorò un “grazie” al pubblico -in gran parte così ubriaco che altrimenti non si sarebbe accorto che il concerto era finito e che applaudì accompagnandosi con forti schiamazzi-, poi individuò un tipo con la sigaretta all’angolo della bocca, gliela rubò per fare un tiro per poi ridarla all’uomo esterrefatto, e si affrettò fuori assieme agli altri quattro ignorando le proteste.

Jacob uscì dall’auto sospirando, i ragazzi si scaraventarono sui sedili e Frank urlò:

-Forza Bob!

-Muoviti, muoviti!!-, gli fece eco ansiosamente Gerard, controllando che Jared non fosse ancora uscito, e così per il momento fu.

La macchina uscì sgommando dal cortile privato, e sfrecciò via mettendo a dura prova la resistenza del motore, che passava gradualmente ma in poco tempo dalla prima alla quarta marcia.

Scoppiarono tutti in una breve risata nervosa per la tensione che si accumulava, e tennero d’occhio la strada davanti e dietro di loro, terrorizzati.

Dopo qualche chilometro pensavano di essere al sicuro, invece Frank smise di respirare vedendo in lontananza una grossa auto bianca che scintillava in fondo alla strada e che si stava avvicinando minacciosamente.

-Jared! Jared! Dio santo, Bob, fai correre questa stronza!-, ululò aggrappandosi al sedile del guidatore.

Il biondo batterista diede un’occhiata allo specchietto retrovisore e impallidì, subito schiacciò l’acceleratore e superò una fila di macchine in paziente attesa, attraversando l’incrocio seguente mentre il semaforo era di colore rosso.

-Bob!!-, strillarono quattro voci all’unisono, e i loro corpi si raggomitolarono istintivamente aggrappandosi dove capitava, anche se Frank dovette cambiare appiglio con uno sbuffo dopo essersi accorto che era saltato in braccio a Gerard.

Fortunatamente non provocarono incidenti anche se ci andarono molto vicino, e Bob represse un urlo di tensione e paura, cercando di non tremare.

-Bob-, balbettò Frank, -n-non lo…fare…mai…mai più-, e si abbandonò sul sedile mentre l’auto rallentava e si infilava in una stradina a senso unico, che sboccava in un’altra strada più ampia ma meno frequentata della periferia.

-Beh, volevate che Jared ci prendesse?-, sbottò Bob fra un lungo respiro e l’altro, cercando di calmarsi.

-No! Ma…ma…-, cominciò Ray, però ci rinunciò e tirò un sospiro di sollievo,-comunque l’abbiamo seminato, grazie a Dio…

Scesero davanti ad un locale, ed entrarono nella porta sopra la quale lampeggiava la scritta al neon “Luigi’s”.

-Uff, adesso una bella pasta mi ci vuole proprio-, esclamò Gerard lasciandosi andare sulla sedia che prendeva di solito nel loro ristorante italiano preferito, che miracolosamente quel giorno ospitava solo loro.

Dopo qualche minuto risuonò una voce a pochi metri da loro che li fece girare.

-Oh! Voi siete quelli che suonavano prima!

Gerard fu fulminato al vederne la fonte.

Aveva seguito il percorso del braccio nudo verso la spalla in parte scoperta, aveva notato l’elastico del reggiseno nero che si intravedeva sotto la spallina della graziosa camicetta rossa, e poi le punte dei capelli neri e mossi che si appoggiavano alla spalla e che sfioravano i seni sotto la scollatura. Poi lo sguardo cadde per qualche istante sulle labbra rosee, e infine incontrò due splendidi occhi azzurri.

Sbatté le palpebre più volte, scioccato, chiedendosi se quella fosse un’allucinazione dovuta alla botta di adrenalina, ma lei era ancora lì e sembrava non curarsi di lui.

-Cosa vi porto?-, chiese una cameriera che intanto li aveva raggiunti.

Gerard quasi non sentì gli altri che ordinavano, così si trovò in vistoso imbarazzo quando sentì che Ray lo scrollava.

-Uhm, una…una pasta all’amatriciana-, disse con un discreto accento italiano, guardando a malapena la ragazza che scribacchiava su un blocchetto.

-Sei italiano?-, chiese l’altra ragazza, voltandosi verso di lui.

Gerard la fissò ancora incredulo per qualche secondo, poi si scosse e rispose:

-Uhm, più o meno…alla lontana...

-Davvero? Guarda un po’, io vengo da Napoli, mi sono trasferita qui pochi mesi fa. Mi chiamo Jole- aggiunse, tendendogli la mano.

Gerard sentì Frank irrigidirsi accanto a lui, e poi lo sguardo del proprio ragazzo puntato alla tempia, accusatorio. Lui, d’altro canto, sbiancò completamente, fissando la mano affusolata come fosse stata un’apparizione miracolosa.

-Io…io mi chiamo Gerard-, balbettò stringendola infine,-loro sono Bob, Ray, mio fratello Mikey e…il mio ragazzo, Frank.

Quest’ultimo contrasse i pugni sotto al tavolo, e fulminò la ragazza con una occhiata di pura gelosia, assumendo un ghigno eloquente.

-Oh…piacere-, disse lei sorridendo e abbracciando tutti con lo sguardo.

Prese una sedia e si sedette fra Gerard e Ray, incurante delle occhiate velenose che riceveva dall’altro fianco del cantante.

‘Ecco chi è questa dannata Jole…bah. Non si meritava neanche che a lui diventasse duro. Neanche fosse così bella! Ok, è carina, ma niente di più! E poi, cazzo, perché Gee si comporta come se non l’avesse mai vista prima?!? La conosce eccome…chissà quante volte se l’è scopata prima di stanotte!’, pensò Frank accompagnandosi con una serie di borbottii indecifrabili di nervosismo, ‘allora oltre che a cantare è bravo pure a recitare. Ok, e anche a fare altro…comunque, pezzo di merda!! Dopo mi sente, fanculo a lui…’, aggiunse notando con stizza quanto il suo forse prossimo ex-ragazzo si trovasse bene a chiacchierare con la nuova arrivata.

Gerard intanto continuava a fissare la ragazza, sempre più imbarazzato di avere continue immagini del proprio sogno. E i pantaloni si erano gonfiati, costringendolo a coprire l’erezione come poteva.

Era passata mezz’ora quando sentirono un’altra voce. E raggelarono.

[Eccomi con un'altra storia sui my chem...chiaramente il mio amore per Frerard non morirà mai, ma ho aggiunto un disturbo, seppur minimo...e un riferimento alla mia tata Jole dovevo farlo XD cara, spero ti piaccia ghghgh...

L'ispirazione mi è venuta ascoltando "You know what they do to guys like us in prison"...amo quella canzone proprio per l'atmosfera che crea...quasi da sparatoria, almeno secondo me...comunque spero l'idea vi piaccia ^^]

   
 
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