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Autore: A q u i l e g i a    04/03/2014    4 recensioni
Satoshi è un uomo come tanti: incastrato in un matrimonio senza amore, con un lavoro mediocre e un'esistenza che non susciterebbe l'invidia di un disgraziato.
Kasumi è una ragazza che mente per professione. Guadagnarsi la fiducia di uomini sposati, baciarli e raccogliere delle prove sul tradimento compiuto per mogli desiderose di divorzio: era questa la sua vita.
E se, un giorno, queste due persone si incontrassero, cosa succederebbe?
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ash, Gary, Kenny, Lucinda, Misty | Coppie: Ash/Misty, Kenny/Lucinda
Note: Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Anime
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はな

した


hanabi no shita de
 

食い違い


「discrepancy」


~

 

«Dunque, perché è qui?»
L'uomo, dall'aria profondamente seria e cupa, si rivolgeva alla signorina dai capelli blu che sedeva di fronte alla scrivania. Aveva gli occhi infossati, mentre i capelli – pepe e sale, data l'età – sembravano essere ricoperti da forfora. Hikari fece una leggera smorfia di disgusto, osservando la sciatteria del signore al quale avrebbe affidato il suo futuro.
«Senza mezzi termini?» domandò lei, stringendo nervosamente la borsetta beige che teneva fra le mani.
«Senza mezzi termini, sì»
Hikari sospirò. Non avrebbe voluto farlo, ma certo non aveva altra scelta; se non quella di continuare a vivere in una gabbia.
«Lo voglio demolire» annunciò, con tono assai deciso «Lo voglio distruggere» continuò.
«Mirabile!» esclamò con grande entusiasmo «Lasci fare a noi e vedrà che tutto si rescinderà in meno di quanto se l'aspetti»
«Mi affido alle vostre mani» la donna, apparentemente sulla trentina, si alzò dalla sedia e si mostrò in un grande inchino.
L'uomo ricambiò con un grande sorriso sul volto.
Erano passati anni dal matrimonio con Satoshi. Era successo tutto molto in fretta, senza che la loro relazione come coppia potesse davvero maturare. Per lei la situazione era divenuta insostenibile, ma certo non odiava suo marito: d'altronde era lei a voler scappare, non lui; stava commettendo un torto molto grave nei suoi confronti, ma non vedeva alternative.
«O così, o niente» pensò, mentre s'incamminava sulla strada verso casa, lontana dall'agenzia wakaresaseya a cui si era rivolta, specializzata in fallimenti di matrimoni, l'ultima spiaggia per chi voleva far crollare un'unione senza assumersi nessuna responsabilità.
Camminava assorta nei suoi pensieri, legati all'etica delle sue azioni, mentre proseguiva con leggera titubanza, quasi avesse paura. Non era da lei, difatti, tradire in un modo così vigliacco qualcuno, ma probabilmente la verità sarebbe stata più dura da digerire, per suo marito.
«Hikari!» le gridò una voce, non troppo virile ma pur sempre maschile, dal locale a fianco allo studio. Le era molto familiare, la riconobbe all'istante.
«Kengo...» la sua voce pareva spezzata, nonostante la gioia nel sentire quelle dolci parole.
L'uomo, sul metro e settanta, dai capelli castani e un tenero sorriso, si avvicinò alla donna con fare amorevole. La raggiunse, fissandola negli occhi.
«Sensi di colpa?» domandò, cercando di apparire meno nervoso di quanto le sue mani non dimostrassero.
Lei titubò un istante, come se non si aspettasse quella domanda.
«Non è così» cercò di dibattere, velando quella leggera insicurezza che copriva le sue parole «... credo»
«Ricordati che io sarò sempre al tuo fianco. Nel bene e nel male» le afferrò con estrema amorevolezza il braccio, quasi lo volesse accarezzare.
«Dai...» un timido sorriso spuntò sulla sua bocca «Lo sai che dobbiamo essere più discreti in pubblico...»
«Giusto» rispose con falsa approvazione.
Allontanò la mano da lei e si voltò. In pubblico, era necessario che nessuno si accorgesse della loro relazione amorosa; il rischio di incontrare volti conosciuti non scemava mai e rimaneva un pericolo costante per la giovane coppia. E questo Kengo lo sapeva bene, ma era difficile da sopportare. Chiedeva solamente di poterla abbracciare, di poterle dimostrare il suo affetto, eppure gli era di giorno in giorno più difficile.
«Com'è frustrante» concluse lui, scherzandoci su.


Kasumi continuava a fissare il quadro appeso alla parete in legno d'ebano. Rappresentava una donna, dalla pelle candida e immacolata, che mostrava un sorriso accompagnato da una lacrima. Le incuteva malinconia, poiché riusciva a immedesimarsi: non le era difficoltoso riconoscere il suo volto in quel dipinto.
«Ti piace, vero?» si sentì accarezzare le gambe, nude «Se sapessi quanto è venuto a costarmi...»
Kasumi fece un sorriso malizioso, rendendo più evidente lo spacco della gonna in velluto. Sedeva su una poltrona e le gambe accavallate non erano che un modo per mostrare ciò che la natura le aveva offerto.
«Mi chiedo» iniziò lei, dopo aver sorseggiato champagne dal bicchiere che, slanciato e fragile, reggeva in mano «come mai sia triste»
«E se fosse felicità?» obbiettò lui, senza disgiungere un secondo gli occhi dalla scollatura della donna dai capelli rossastri, palesemente tinti «Dopotutto, si piange anche di gioia»
«Shigeru, forse sei tu ad essere troppo ottimista, non credi?»
«Forse» rispose «Ma in genere sono abituato a ottenere sempre ciò che voglio: l'ottimismo scorre nelle mie vene» continuò, con grande allusività.
Le accarezzò con grande sensualità la spalla, coperta da un sottile e delicato velo sintetico. Le massaggiò delicatamente il collo, teso.
Un rumore molto forte, uno squillo, ruppe l'atmosfera in mille frammenti.
«Mi dispiace,» sussurrò Kasumi «ma se si tratta di lavoro, per oggi non possiamo giocare»
Si alzò dalla poltrona morbida e confortevole, dirigendosi verso il cellulare posto sul tavolo a fianco. Prima o poi avrebbe concesso a Shigeru, suo amante, ciò che voleva. Le sue carni, tiepide, fremevano dalla voglia di ottenere quel corpo così provocante e sapeva che tale sentimento era pienamente ricambiato. Avrebbero dovuto attendere il momento giusto, quello in cui avrebbero potuto sfogare le rispettive passioni su di un letto qualsiasi.
Kasumi era vestita – se così si può dire – con una veste da camera incredibilmente leggera, che lasciava ben intravedere la carnalità delle sue membra; era questo a cui mirava. La seduzione, dopotutto, è l'arma più potente che aveva a disposizione: era la prima regola che aveva imparato vivendo in una grande città.
Premette il pulsante verde e rispose con grande convincimento alla chiamata. Era indubitabilmente lavorativa, non aveva sospetti a riguardo. E la cosa un po' le dava noia, perché quello che era nato come un passatempo divertente, le era costato gran parte del suo tempo libero che avrebbe trascorso svolgendo attività più dilettevoli. Inizialmente, le sembrava piacevole ingannare uomini sposati, irretendoli in un intreccio quale l'amore, per poi sconfessare ogni sentimento, tradendo quella finta passione con delle foto, in modo da far terminare matrimoni su matrimoni. Dopotutto, era questo il suo lavoro: guadagnarsi la fiducia di uomini sposati, baciarli e raccogliere delle prove sul tradimento compiuto; difatti, tutti quegli uomini erano sposati e chi commissionava questi tradimenti non era che la moglie del malcapitato, desiderosa di terminare il proprio matrimonio, premio una consistente somma in denaro. Inoltre, quale divertimento era più grande del dimostrare la propria superiorità nei confronti dell'uomo?
Tuttavia, era stufa di dover recitare una parte così stomachevole e noiosa: le mancava il brivido.
«Waki-san, è lei?» domandò Kasumi al suo interlocutore.
«È fruibile per un nuova incombenza?» la voce, sebbene distorta, pareva la stessa dell'uomo dalla forfora sui capelli.
«Che giapponese complesso che usa» esordì la donna, sogghignando «Comunque dipende. Chi è il soggetto?» d'altronde era stufa di uscire con uomini eccessivamente maturi, dall'alito puzzolente e dalle manieri fin troppo scortesi e invadenti. Non che le dispiacesse l'idea di essere desiderata, ma le seccava che delle mani così sporche cercassero di sfiorarla.
«Le indirizzo uno scatto; penso che ne rimarrà particolarmente sorpresa» quel tono era particolarmente allusivo, il che lasciava sperare in qualcuno di grazioso o perlomeno attraente.
Diede una fugace occhiata a colui che avrebbe dovuto insidiare.
«Interessante. Ci sarà di che divertirsi» non poté non sorridere, divertita, d'innanzi a quel visetto. D'altronde, era sempre stata stuzzicata dai giovincelli. Forse per la loro poca esperienza o per il desiderio carnale più acceso di quanto non lo fosse per uomini dall'età inoltrata.
«Se giunge ora in ufficio, ne potremo disquisire anche subitaneamente»
«Vengo, non si preoccupi»
Spense il cellulare, mentre nella sua mente navigavano le fantasie più focose. Era raro trovare qualcuno di più giovane di lei e altrettanto rari erano soggetti carini e dal volto innocente. Si voltò verso lo spasimante che, nel frattempo, s'era scolato l'intera bottiglia del pregiato champagne; probabilmente sarebbe stato perfino troppo brillo per poterle dare ciò che desiderava.
«Sarà per un'altra volta, bello mio» la malizia nei suoi occhi era indubbia persino a chi la lucidezza mentale l'aveva persa per via dell'alcool.
«Mi chiedo che cosa avrai in mente» le guance di Shigeru s'erano colorate di un tenero tono rosso e lo sguardo che esercitava prima s'era affievolito perdendo d'impeto.
«Ci vediamo...» lo liquidò con un misero bacio sulla guancia che, con tutta probabilità, il ragazzo non aveva nemmeno avvertito.
Gli diede un'ultima occhiata prima di uscire – praticamente svestita – dall'appartamento di Shigeru, incredibilmente lussuoso, per dirigersi in strada. Salì in macchina, una lussuosa decapottabile straniera, metallizzata e dalla carrozzeria lucida, priva d'ogni graffio. Arrivò, quindi, alla “Tachi Nuu”, un'agenzia wakaresaseya alla quale si era rivolta la stessa Hikari.
«Ti è tutto nitido?» fece Waki-san, il datore di lavoro di Kasumi, nonché suo protettore – nonché l'uomo dai capelli coperti di forfora –, dopo aver spiegato a Kasumi i più minuziosi dettagli del suo piano.
«In poche parole, basta un cambio d'abiti e una piccola recita iniziale, no?» il tono della ragazza era negligente, come se non gliene importasse nulla dei suoi doveri: era abituata a terminare i propri incarichi in poco più di due giorni e si affidava alla semplice improvvisazione.
«La fa troppo eseguibile, lei» Waki-san incrociò le braccia con leggero disappunto, ma ormai conosceva Kasumi e sapeva come lavorava «Cerchi solo di finire questa faccenda al più presto»
La ragazza annuì con il capo e levò il disturbo in pochi secondi. Era convinta di potersi lavare le mani in poco tempo, ma prenderla eccessivamente alla leggera non rientrava nel suo stile. Si sarebbe semplicemente limitata a svolgere il suo lavoro con la stessa freddezza e superficialità d'ogni volta: nulla le avrebbe dato fastidio.
Nel primo negozio d'abbigliamento che trovò lungo la strada, comprò alcuni capi di vestiario da indossare sul momento. Era una sorta di prassi, quella di adattarsi al personaggio: dopotutto, non c'era nulla di più strano nel vedere una ragazza di tale eleganza e raffinatezza cenare in un fast food da quattro soldi, senza un apparente motivo. In più, il suo intento era quello di sedurre e di ingannare un ragazzo del ceto medio, che difficilmente si sarebbe avvicinata a chi il denaro in tasca ce l'aveva. Prese le prime cose che le passarono sotto mano, senza preoccuparsi di abbinarle fra loro, in modo da rendere la Kasumi che stava interpretando più credibile, anche se vestirsi a mo' di disgraziata le dava il voltastomaco.

Il locale in cui era previsto il “casuale” incontro era una tavola calda per famiglie disposte a spendere poco per mangiare nel modo meno salubre possibile. Si trovava all'incrocio di una delle arterie più trafficate della città, inondato ogni giorno da migliaia di persone.
«Eppure s'era detto che il soggetto veniva in questo luogo esclusivamente per rilassarsi...» pensò dubbiosa, vedendo Satoshi addentare un hamburger sul tavolino vicino alla grande vetrata che dava sulla strada «Come fa a riposarsi nel bel mezzo di questa gazzarra?»
Non era venuta lì per porsi queste domande, ma certo non poteva non rimanere basita di fronte a tale originalità. Ma lo sapeva bene: il mondo è strano.
Entrò nel piccolo edificio, facendosi strada fra la folla che spintonava con grande irruenza nel tentativo di uscire. La tanta confusione e l'aria calda e pesante le davano alla testa, difatti non amava i luoghi particolarmente affollati, né tanto meno li frequentava. Si sedette nel primo posto libero che trovò, nel tentativo di prendere fiato e di osservare l'obiettivo da lontano senza farsi vedere, in modo da trovare l'occasione giusta per poter attuare il suo piano. Frugò tra i vari volti, sperando che il ragazzo non se ne fosse già andato. Tuttavia, non s'era curata di controllare in che posto si fosse seduta e chi fosse l'uomo che la stava fissando con aria divertita.
«Serve qualcosa?»
Quella domanda fece le gelare il sangue nella vene; l'aveva colta di sorpresa e la cosa non le faceva piacere. Si voltò a lo guardò in volto. Era Satoshi.
«Ah, no... sai... volevo...» non ebbe nemmeno il tempo di elaborare una frase dotata di un soggetto, verbo e complemento, tanto si trovava alle strette. Era il momento di lasciare da parte ogni genere di piano elaborato da Waki-san per passare alla pura e semplice improvvisazione.
«Non ci sono altri posti liberi?» domandò lui, pulendosi la bocca con il tovagliolino di carta.
«Precisamente!» eccola trovata, era una scusa plausibile e sarebbe stato un pretesto per avvicinarlo.
«Allora è meglio che la lasci sola»
L'uomo non riuscì nemmeno a muovere un muscolo, che se la ritrovò di fronte con aria minacciosa. I suoi occhi erano freddi e maligni; Satoshi non ebbe nemmeno il coraggio di allontanarsi.
«No, dai, rimani pure!» lo sorprese con un grande sorriso, che lo rassicurò.
Le aveva appena aperto una porta, per poi richiudergliela in faccia; era un comportamento che non le andava a genio.
«Allora rimango ancora per un po'...»
«Nel frattempo» iniziò lei, prendendo una patatina dal piatto di Satoshi «ti va di parlare?»

 


*


Angolo autrice

 

Salve a tutti!

Ne è passato di tempo, che ne dite? Non avrei mai creduto che sarei ritornata e credo che molti di voi saranno stupiti di fronte a tutto ciò. Il mio addio, in ogni caso, sembrava definitivo perché era a tutti gli effetti definitivo; ma si sa che il destino è imprevedibile e ci si può aspettare di tutto dal domani!
Questa è una mini-long (quattro capitoli, come massimo) che conto di finire presto, anche se i miei rapporti con le long che ho scritto sono tutt'altro che felici! (piccola parentesi: ho intenzione di continuare Mayonaka ni hotaru non appena terminata questa long)
Nel testo ho nominato le “Wakaresaseya”. Queste sono delle agenzie giapponesi che si occupano di dare il colpo di grazia ai matrimoni, ingaggiando delle ragazze incaricate di sedurre il marito per poi raccogliere le prove di baci, carezze e ogni genere di atteggiamento incriminante.
Ovviamente, Kasumi perderà un po' la testa per Satoshi, ma gli avvenimenti che si susseguiranno non sono così scontati come ho lasciato credere.
Il titolo si legge "hanabi no shita de", significa "Sotto i fuochi d'artificio" e ne verrà presto spiegato il perché ;)

Se ci sono domande, dubbi, incertezze, critiche, sapete a chi rivolgervi! :)


Per ora è tutto,
al prossimo capitolo!

 

-Saku-

 

  
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