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Autore: bulmasanzo    06/03/2014    4 recensioni
Questo è una sorta di seguito dell'episodio EXCALIFERB. Ci saranno alcune situazioni impossibili, giustificabili solo all'interno del contesto fantastico in cui si svolgono. Vi è del fluff, ma NON si tratta di una storia romantica! Sono presenti un paio di piccole scene di violenza, ma ho cercato di farle più soft che potevo.
Genere: Azione, Fantasy, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carl, Ferb Fletcher, Heinz Doofenshmirtz, Isabella Garcia-Shapiro, Phineas Flynn
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Non si poteva negare che Roger fosse un ottimo cavaliere.

L'animale rispondeva egregiamente ai suoi comandi, accelerando il passo quando necessario.

Ma lei non aveva la sella e ballava. Si aggrappò alla sua schiena perché temeva di cadere.

Si accorse subito che stavano allontanandosi troppo dal punto in cui avevano lasciato Malifishmertz.

–Si può sapere dove accidenti vai? Dovresti aspettarlo.–

–Lui mica mi ha aspettato prima!– sbottò l'uomo, era come se borbottasse tra sé da solo.

–Perché tu non avevi rispettato i patti.– obiettò lei.

–Che razza di chiacchierone, ti ha raccontato tutto?–

Lei non rispose. In verità non gliel'aveva detto lui, era lei ad avere la facoltà di vedere ogni cosa.

–Ho avuto una grande idea.– riprese all'improvviso Roger –Io non so perché ti abbia presa, ma adesso ti riporto indietro e faccio credere di averti salvata. Così avrò doppio merito.–

–Assassinare a tradimento un ragazzo di tredici anni non è un merito.– sentenziò Vanessa con disprezzo. Si sentiva agitata a stare accanto a quell'uomo, era come se la sua stessa persona irradiasse qualcosa di notevolmente negativo.

Lui ebbe uno scoppio soffocato di risa. –Già, sarà meglio non raccontare questa parte. Cerca di fare la brava.– aggiunse in tono velatamente minaccioso.

Si tuffarono in una macchia di pruni.

Stava succedendo, sapeva che sarebbe successo. Gli spiriti agivano per mezzo di Roger per riportarla indietro.

Si irrigidì e immaginò di buttarsi giù dal cavallo, poteva tentare la fuga, magari sarebbe stata fortunata e avrebbe ritrovato presto suo padre. Si sarebbe potuta far male ma non le importava, aveva la capacità di guarire in fretta.

Comunque, Heinz aveva avuto ragione, non era vero che sapeva tutto, per esempio non sapeva cosa sarebbe successo se avesse cercato di opporsi al fato.

Non ci aveva mai provato, non aveva mai sentito il brivido di allontanarsi da quello che le avevano sempre indicato come il suo posto.

Ma quando Heinz gliel'aveva proposto, non poteva negare di aver avuto la voglia di fare un tentativo.

In quel momento il cavallo di Roger si impennò bruscamente.

Lui era più abituato a questi scatti e si appiattì sul collo per tenersi in groppa, ma lei perse l'aderenza e fu disarcionata. Si trovò a rotolare al suolo duro e si sentì strappare le vesti dalle radici degli alberi che spuntavano dal terreno.

Roger riuscì a fermare il cavallo e tornò da lei imprecando.

–Che è successo?– gli chiese boccheggiando per recuperare il fiato che le era venuto a mancare, cercando di rialzarsi, ma era atterrata su un fianco e le facevano male la gamba sinistra e il bacino.

–Ma che ne so, questo ronzino non vale niente, è un cavolo di coniglio.– ringhiò lui. Era visibilmente seccato e diede di frustino trattenendo nel contempo le redini, per fargli male senza però farlo correre. Un piccolo gesto di crudeltà che contrastò con quello apparentemente gentile che le rivolse subito dopo. Le tese una mano.

–Tirati su, bambola.– non aveva assunto nessun particolare tono di voce.

Vanessa lo guardò dal basso senza rialzarsi. Serrò gli occhi, aspettando che si tradisse.

–Ti vuoi muovere?– fece lui irritandosi subito, dandole conferma di quanto aveva pensato.

No, non voleva muoversi. Non voleva risalire su quel cavallo. Non voleva tornare indietro. Non con lui.

L'uomo ebbe un moto di impazienza che non tentò nemmeno di dissimulare.

Con un agile salto scese dalla sella e troneggiò su di lei. –Qual è il tuo problema? Ti sei forse rotta qualcosa?– le urlò in modo per niente gentile, come se la caduta fosse stata colpa sua.

Non aspettò la sua risposta, l'afferrò per la nuca come un gattino tirandole i capelli e la rimise in piedi bruscamente.

Lei rantolò leggermente per il dolore improvviso e la sorpresa ma strinse i denti e riuscì a non gridare né a gemere.

–Non stai mica così male!– sputacchiò, aveva cambiato completamente faccia, ora sembrava seriamente pericoloso –Vuoi soltanto farmi arrabbiare, oppure cerchi di farmi perdere tempo.–

Vanessa sentì una grande repulsione, seppe di non voler essere toccata da quelle mani. Erano in qualche modo sporche e infette.

Si scostò e gli schiaffeggiò le mani, ma non fu una buona cosa, perché lo fece infervorare ancora di più.

I suoi bei lineamenti si indurirono –Ma qual è il tuo problema? Brutta vacca! Non azzardarti più.– urlò –Strega.–

La ragazza sapeva che se aveva assunto quell'atteggiamento era perché ogni secondo in più poteva compromettere la riuscita del suo piano. Fu sollevata di peso ma continuò a fare resistenza.

Allora lui la colpì senza esitare a mano aperta sulla faccia e iniziò a trascinarla.

Un urlo di rabbia esplose come un tuono, sembrava il ruggito di una tigre assassina.

–Bastardo infame!– gridò Malifishmertz sbucando dal fitto della vegetazione.

Gli mollò senza tanti complimenti un cazzotto ben assestato in pieno viso e lo buttò a terra.

–Prova di nuovo a toccare mia figlia e ti massacro!– lo minacciò.

Vanessa si gettò di slancio tra le sue braccia e si strinse a lui, che la accolse gentilmente.

Roger si rialzò massaggiandosi il mento dolorante, gli s'era spaccato il labbro inferiore che ora sanguinava.

–Tua figlia? Ma cosa dici? Non può essere tua figlia!–

–Che ne sai tu, sei sempre stato un po' ritardato mentalmente.–

L'uomo serrò le palpebre, ma gli concesse quell'offesa.

Si raddrizzò e mise le mani aperte bene in vista, come se si arrendesse.

–D'accordo, fratello, se lo dici tu...– sorrideva, ma era un falso sorriso.

–Non azzardarti più a farle del male.– ribadì Heinz –È meglio che ti scusi. Subito!–

–Non volevo!– fece Roger, fingendosi dispiaciuto. Si rivolse a lei –Ti ho fatto male? Scusami, è che sono un po' di fretta e tu puoi capirne il motivo. Avrei semplicemente dovuto chiederti in modo gentile di risalire sul cavallo. Ma volevo solo essere un gentiluomo e stavo cercando di issartici io...–

–Guarda che non te l'ho lasciata perché tu la riportassi indietro.– lo rimproverò Heinz –Ho fatto bene a far impennare il tuo cavallo e fermarti. Certo, non volevo far male alla mia bambina, ma tu sei stato un cafone a trattarla così!–

–Va bene, va bene, hai ragione.– cercò di tagliare corto lui –Però adesso dobbiamo...–

Se anche avessi avuto ancora una misera possibilità che continuassi a seguire il tuo piano, adesso te la saresti giocata per sempre!–

Roger sgranò gli occhi. –Cosa? Che diavolo stai dicendo?–

–Sto dicendo che mi sono ufficialmente rotto le scatole di te!– ruggì –Per quello che mi riguarda puoi benissimo andare avanti da solo. Ciao ciao, Roger, ci rivedremo all'inferno.–

–Mi stai abbandonando?– chiese come istupidito, sembrava sconvolto –Stai lasciando tuo fratello... il sangue del tuo sangue!–

–Sì... Sì, è esattamente quello che sto facendo.–

–Ma abbiamo un accordo!– proruppe –Tu devi continuare ad aiutarmi! Ti ho dato metà del mio oro, non ti ricordi?–

–E me lo farò bastare. Non dimostrare ancora una volta di essere poco intelligente e sfrutta il vantaggio che hai invece di stare a discutere. Noi due usciamo ufficialmente di scena. Addio e buona fortuna. Andiamocene, Vanessa.– così dicendo, le mise una mano sulla spalla per condurla via.

–Non te ne puoi andare, non adesso!– lo richiamò Roger pestando i piedi, in un modo decisamente infantile –È troppo rischioso, se mi scoprono sono finito!–

–Chi non risica non rosica, no?– lo sfidò. Ma capì subito che non avrebbe dovuto farlo.

Nello sguardo di Roger si concentrò una rabbia tale che Heinz vi riconobbe un guizzo di follia omicida. E non era la prima volta che essa si manifestava.

E infatti lo vide estrarre la spada Excaliferb e puntargliela contro.

La lama era impercettibilmente sbeccata alla punta ed era ancora incrostata del sangue del re.

–Cosa credi di fare?– fece Heinz mantenendo la calma –Non essere idiota.–

–Se non vuoi più aiutarmi mi costringi a rafforzare la mia posizione.– disse a denti stretti.

Molto prevedibilmente dopo tale frase, gli saltò addosso urlando. Malifishmertz evitò abilmente il suo attacco. Ma per farlo dovette lasciar scoperta Vanessa, che era dietro di lui.

Allora Roger cambiò bersaglio e puntò decisamente su di lei. Una cosa inconcepibile!

Si mise in mezzo appena in tempo per difenderla e parò il colpo con la sua bacchetta, tenendola con entrambe le mani.

La formidabile spada, abbattendovisi al centro esatto, la spezzò in due parti che erano perfettamente della stessa lunghezza.

–Maledetto! Sei impazzito!– lo accusò.

Ma Roger roteò elegantemente a vuoto la spada che in qualche modo catalizzava la sua furia e la trasformava in energia negativa, ed era più lucido che mai.

Trovandosi disarmato, Heinz non trovò di meglio che cercare di bloccarla con le mani.

Se le sentì tagliare e vide nuovo sangue imbrattare la lama, non trattenne un gemito di dolore, ma cercò di resistere.

Sentì Vanessa gridare allarmata.

–Stai lontana, tesoro!– le ordinò.

Si piegò sotto la pressione di suo fratello che con il proprio peso lo spingeva sempre più verso il basso.

–Tu hai ucciso il re, ok?– incominciò Roger freddamente, pareva che non stesse facendo nessuno sforzo –E hai sterminato tutta la sua scorta. E anche l'ostaggio che avevi, tutti. E poi hai rapito la Dama della Pozza. Lo hai fatto per vendicarti, è un movente più che valido, visto che non ci stai con la testa. Ma io, da grande eroe quale sono, te l'ho tagliata, la testa, e così ho vendicato tutte quelle povere persone che hai ammazzato. È così che è andata.– il tono che aveva era andato diventando via via sempre più simile a quello di un esaltato, era come se fosse veramente convinto della sua storia assurda, come se ci credesse davvero –D'altra parte, se riporto indietro la tua testa chi potrà dubitare della mia versione? Sono il tutore del re, sono sempre stato dalla loro parte! Mi daranno la corona senza nemmeno farsi domande. Anzi, mi faranno perfino i complimenti! E sai anche che cos'altro ti dico? Sono stato sfortunato con te, credo proprio di non essere arrivato in tempo nemmeno per salvare quella povera sgualdrinella della tua amata bambina!– mise un accento particolare, derisorio, in queste due ultime parole.

Heinz lo odiò in modo viscerale, come non aveva mai odiato nessuno.

–Le cose non stanno esattamente come pensi tu.– gli rivelò –Sei proprio sicuro che la scorta del re sia stata sterminata?–

Sul suo volto vide comparire improvvisamente l'incertezza e seppe di aver toccato il giusto tasto.

Riuscì a guadagnare qualche centimetro nel respingerlo indietro.

–Non te ne sei occupato tu? Ho sentito le loro urla!– fece ottusamente. Credeva ancora che tutto fosse andato come aveva pianificato.

–Pensaci bene, usa il cervello, se ce l'hai, anche se ne dubito! Secondo te, basta questo? Ne sei necessariamente sicuro?–

Prima che gli rispondesse, scattò raddrizzando le ginocchia e le braccia e riuscì a sbilanciarlo e a toglierselo di dosso.

Roger perse l'equilibrio. Heinz gli mollò un calcio dritto nello stomaco, più violento che poteva, e lo fece cadere all'indietro.

Lui perse la presa e la spada Excaliferb si schiantò al suolo.

La lama corrotta si frantumò in un miliardo di piccolissimi pezzettini, come se fosse stata di porcellana.

–No!– gridò Roger tenendosi il ventre –La mia spada! Il simbolo della mia vittoria!– tese la mano che l'aveva stretta, ora impotente, e guardò il disastro combinato con aria afflitta e sconvolta.

Pareva che da un momento all'altro dovesse mettersi a piangere.

–Un bambino capriccioso, ecco che cosa sei!– Heinz gli sputò addosso per enfatizzare quanto lo disprezzasse –È sempre stato il tuo più grande problema.– continuò –Sei avido, qualsiasi cosa tu abbia visto l'hai voluta, per te stesso. Ma non è colpa tua, in fondo. Ti hanno abituato ad avere tutto fin da quando sei nato, non hai mai imparato a condividere le cose con gli altri. Né con me, né con mamma e papà, né con nessuno. Hai avuto la vita piena di soddisfazioni, ma non te le sei guadagnato, le hai viste come qualcosa di dovuto e la conseguenza di ciò è stata che quello che avevi non ti è mai bastato. Non potevi sopportare di essere soltanto un semplice tutore, no, dovevi essere per forza tu il re, e hai fatto quello che ti piaceva. Proprio non ce la fai ad accontentarti! Non ti importa di niente, sei tu l'unico che conti. È così che ragionano i poppanti. Ma non hai capito che non funziona così, fratello, no... – parlava in un tono che via via diventava sempre più amareggiato.

Si era andato accorgendo che gli dispiaceva, ma che era proprio quella la frustrante verità, che si ripercuoteva anche su di lui.

Aveva fallito ancora una volta. Era Roger il vero cattivo tra loro due.

Tale verità, però, si stava rivelando meno dolorosa di quanto avrebbe dovuto essere.

La presenza di Vanessa faceva passare tutto quanto in secondo piano.

Strinse le palpebre, il dolore gli aveva fatto ricordare all'improvviso della sua ferita alle mani. Se le guardò, c'erano dei segni profondi sui palmi ricoperti di sangue, sperò di non essersi tagliato qualche tendine.

Alzò lo sguardo e vide Vanessa con in mano la parte superiore della bacchetta che aveva raccolto da terra.

–Secondo me funziona ancora!– disse in tono quasi giocoso.

Le fece fare una specie di piroetta in aria.

Heinz la afferrò al volo e la sfera sulla punta si illuminò di una luce violacea, ma calda e in qualche modo rassicurante. Entrambi si distrassero a guardarla, era così magnetica!

Fulmineo, Roger afferrò una caviglia della ragazza. Lei trasalì a quel contatto freddo.

–Non provarci, anzi non pensarci nemmeno!– gridò Heinz tirandogli un calcio in faccia senza troppi complimenti e facendogli mollare la presa.

Vanessa si allontanò da quell'uomo come se fosse appestato.

Heinz non esitò più e lanciò la sua maledizione preferita, quindi Roger si mise a ridere come un folle e se la fece nei pantaloni.

Lo fece continuare per un po' finché non credette che fosse stato abbastanza umiliato, quindi ritirò l'incantesimo prima che soffocasse.

–Ti è bastato?– gli domandò mettendogli un piede sul petto. Sotto, lo sentiva anfanare.

Poi smise di botto e restò immobile, i suoi occhi erano diventati vitrei e distanti, il colore dell'iride fu offuscato da una specie di cataratta biancastra.

–Cosa diavolo...?– Heinz si abbassò su di lui e ascoltò il battito. Era regolare, ma lui sembrava non dare alcun segno di vita. C'era qualcosa che non andava.

Guardò la bacchetta e notò che la sfera era crepata, e da quella crepa filtrava un minuscolo barbaglio di luce biancastra. Doveva essere stata irrimediabilmente compromessa.

E infatti bastò che la toccasse con un dito che essa si spense. Era inutilizzabile.

–Vanessa.– disse cautamente Heinz –Credi che si riferisse a questo, la tua profezia?–

–A che cosa?– fece la ragazza, confusa.

–Alla 'vacuità del Limbo dei dannati'.–

Vanessa non ebbe il tempo di rispondere.

Uomini, tantissimi uomini comparvero alle loro spalle e di fronte a loro.

Erano i soldati che li avevano inseguiti da una parte e la scorta del re dall'altra, che aveva aggirato la voragine. Li avevano circondati tagliando loro la ritirata.

L'uomo e la donna si abbracciarono, spaventati, centinaia di punte di lancia e spade e frecce li minacciavano e stavolta senza bacchetta non potevano fuggire.

Gli uni credevano Malifishmertz responsabile del sequestro della donna, gli altri lo credevano complice del traditore che aveva assassinato il re. Tutti però lo volevano morto.

–Cosa facciamo, adesso?– bisbigliò Heinz.

Vanessa prese il suo braccio e se lo fece passare sotto il collo. –Fingi di tenermi in ostaggio.– gli sussurrò –Così abbiamo una possibilità di andarcene.– era un tentativo disperato.

–È inutile, mi tireranno una freccia nel cuore alle spalle non appena mi volterò.– le indicò con un cenno della testa gli elfi che tendevano i loro archi. Non c'era speranza che fallissero un colpo così facile.

La lasciò andare e alzò le braccia per dichiararsi sconfitto.

Vanessa invece le tese di fronte a sé. –Fermi! Non attaccateci! Vi prego! Vi spiegheremo ogni cosa!– gridò, ma a quell'appello nessuno abbassò le armi.

–È lui il responsabile!– indicò Roger che a terra sembrava decisamente morto. Il suo gesto venne frainteso.

–Ha ucciso il tutore del re!– gridarono i soldati di sinistra.

–Lo aveva stregato. È stata la sua mano ad assassinare il nostro re!– dissero quelli di destra.

–No! No, non è così!– strillò Vanessa disperatamente.

A sinistra ci fu un brusio. –Il re è morto?– chiesero, poi lo affermarono: –Il re è morto!–

–Hanno anche distrutto la spada! Guardate!–

E poi iniziò la confusione più tremenda, gli uomini urlavano incitandosi a vicenda, le frecce stavano per scoccare e le spade brillavano, pronte a colpire. La situazione precipitava...

 

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In mezzo a tutto quel marasma si erse improvvisamente una figura nobile alta fiera sublime e meravigliosa che pareva raggiante di una luce propria viva e fantastica al punto che tutti rimasero abbagliati dalla sua meravigliosa armatura rilucente come dalla sua straordinaria bellezza e il suo portamento era regale e i suoi lunghi capelli castano-rossiccio ricciuti ballavano nel vento

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

***

–CARL! Ci risiamo!– urlò il Maggiore.

–Cosa, signore?– fece il diciottenne in tono innocente.

–Stai riprovando a infilarti nella storia!– lo accusò.

–Ma, signore, l'ho scritta io!–

–Non puoi introdurre un personaggio nuovo così all'improvviso! Non ha alcun senso! Hai completamente rovinato l'atmosfera! E poi, un po' di punteggiatura, caspita, hai anche esagerato nella sua descrizione. Hai detto 'meraviglioso' due volte...–

–È un deus ex machina, signore.–

–Un cosa?–

–Serve per sistemare le cose quando la situazione a cui si è arrivati è diventata senza via d'uscita, si usava molto nelle tragedie dell'antica Grecia...–

–Ma questo è un romanzo, qui non funziona! E poi, mi pare che ci sia un altro modo per farla concludere, non c'è qualcos'altro che hai lasciato in sospeso...?–

Carl sbuffò e mise via, con riluttanza, la pagina che stava leggendo, l'aveva presa in silenzio dal fascio di fogli che conteneva il suo finale alternativo, quello che non avrebbe mai dovuto scrivere.

Si era aspettato quell'obiezione, per fortuna aveva qualcos'altro da offrire.

Avrebbe dovuto inserirsi dal principio, eppure quell'idea di mostrarsi all'ultimo minuto gli era sembrata così buona, dannazione!

 

 

 

***

Il cielo venne attraversato da un'ombra minacciosa.

Tutti guardarono in alto e videro Parable l'ornitodrago che planava su di loro volteggiando nell'aria in circoli sempre più ristretti, come un avvoltoio.

La gente venne colta da un timore riverenziale, sembrava l'angelo della morte venuto a reclamare le sue vittime.

L'animale si fermò di fronte a Malifishmertz e raccolse le ali sulla schiena.

–Sei venuto a salvarci?– chiese l'uomo, sorpreso.

Perry volse la testa emettendo un verso basso.

Poi si udì risuonare una voce bassa e calda, dolce e profonda, che sovrastò tutte le altre e che impose, da sola, il silenzio.

Ferbillotto si fece avanti, era più vivo che mai e sembrava calmissimo, la flemma in persona.

Aveva visto il suo tutore a terra e la Dama della Pozza che cercava di difendere Malifishmertz e voleva capire cosa stesse succedendo.

Mentre avanzava verso quel gruppetto così sgangherato e malassortito, tutti puntarono gli occhi su di lui, lo fissarono stupiti e senza parole. Mostrava la grazia innaturale di uno spettro, e dopo l'apparizione di Perry molti si convinsero decisamente che lo fosse.

Malifishmertz fu il primo a riprendersi. –Sei sopravvissuto, dunque.– disse in tono neutro.

A quelle parole sarebbe dovuta esplodere l'esultanza. Invece la gente non fiatò nemmeno, era come ipnotizzata e istupidita.

Vanessa fece una leggera riverenza, come era solita fare tutte le volte che riconosceva il suo re.

Ferb le fece segno di tenersi dritta. Non riusciva a sopportare che qualcuno si umiliasse per fargli piacere. Soprattutto se si trattava di lei.

Ma la ragazza non osò alzarsi. –Mi rimetto alla tua clemenza, mio sire.– disse continuando a tenere la testa bassa. A cosa si riferisse avrebbe dovuto essere evidente.

Nell'avvicinarlesi, Ferb poté notare che Malifishmertz diventava inquieto, come se temesse per lei, come se avesse potuto costituire una minaccia. Ma non si mosse, segno che ancora non aveva ben compreso quello che in effetti stava accadendo, o che considerava la possibilità di sbagliarsi.

A ogni passo sentiva la lacerazione che gli era stata inflitta incavarsi leggermente nel suo stomaco e far tendere la pelle. Non faceva eccessivamente male, ma era un po' fastidioso.

Non voleva che qualcuno dei suoi soldati se ne accorgesse, era sicuro che ciò avrebbe comportato lo scatenarsi di una pessima reazione. E a dirla tutta, preferiva mantenere un po' l'aria di mistero che s'era creata senza che lui la cercasse minimamente.

Alzò una mano, impartendo l'ordine silenzioso di deporre le armi.

I soldati lo riconobbero e obbedirono, anche se non capivano, anche se non avrebbero potuto comprendere, mai avrebbero richiesto spiegazioni.

Anche senza la spada, era lui quello che comandava, questo era indiscutibile.

Fece un cenno e da un piccolo gruppetto che s'era fuso con la folla vennero avanti due persone che si tenevano per mano. Sembrava che lui non volesse andare, invece lei lo spronava a farlo.

Malifishmertz era sconcertato, riconobbe Phineas e si accorse che lo guardava di sbieco. Non sentì ostilità nei propri confronti, ma si aspettò che volesse evitare qualsiasi contatto, anche solo di sguardi diretti, con la sua persona.

Dopo quello che gli aveva fatto, lo poteva capire.

Invece il ragazzo smentì questa sua impressione, sollevò la testa e lo sostenne senza nessuna riserva, senza provare vergogna, o risentimento. O almeno, senza mostrarli.

Ne fu estremamente colpito, non smetteva mai di stupirsi delle sue imprevedibili azioni e reazioni.

Notò che s'era ripulito e che aveva un aspetto riposato, lucido e relativamente tranquillo, quasi come se non fosse successo nulla.

Vide che aveva una provetta semipiena di un liquido di un rosa acceso, stretta nel pugno della mano sinistra. Il pollice continuava a strofinare nervosamente il vetro.

E, di colpo, ricordò di aver lasciato incustodito il proprio laboratorio, e si chiese se in realtà non lo avesse fatto perché inconsciamente sperava di lasciarglielo a disposizione.

Phineas sollevò la provetta, forse proprio per mostrargliela, e lui ne seguì il movimento.

Ma si sentì afferrare, qualcuno gli saltò sulla schiena, gli prese il braccio destro e glielo torse dietro.

–Ahia, Perry!– si lamentò. Non lo aveva visto ma sapeva che era stato lui, lo aveva afferrato in quello stesso modo un centinaio di volte, anche se mai così brutalmente –Fai più piano, se proprio devi!–

Il drago lo ignorò e lo spinse giù fino a farlo inginocchiare.

Per istinto tentò di resistere e subito da qualche parte arrivarono un elfo e un nano a trattenerlo schiacciato a terra.

–Non fategli male!– esclamò Vanessa in tono preoccupato.

Vide che Ferb la rassicurava prendendola per un braccio. Gli venne in mente che ciò che gli stavano facendo fosse soltanto scena e scelse saggiamente di stare al gioco.

Il nano era forzuto e allungò le zampacce sulla sua faccia per aprirgli la bocca a forza.

Quindi venne Phineas a versarci dentro il contenuto della sua pozione.

Non c'era rabbia in quel gesto, era come se agisse unicamente per ottemperare al suo dovere.

Da così vicino, notò il rosso sanguigno che era rimasto agli angoli degli occhi, che non se n'era andato. Uno di essi si chiuse e si riaprì immediatamente dopo, a modo suo era un gesto di intesa fin troppo inequivocabile.

Il sapore dolciastro della pozione gli travolse i sensi. Gli faceva schifo, anche per l'ironia, ma fu costretto a inghiottire.

Smise di combattere e quelli lo lasciarono andare.

Vanessa venne a sorreggerlo, sentì le braccia esili avvolgere il suo torace, il mento posarsi sulla sua spalla.

Ma non la guardò, continuò a fissare Phineas, che ora stava sorridendo per qualche motivo, finché la sua immagine non si distorse fino a diventare una sfuocata macchia di colore.

Batté le palpebre più volte, ma sembrava che ciò non facesse altro che peggiorare ulteriormente la sua vista.

Sentì una serie di domande e venne colto dalla voglia di rispondervi sinceramente.

Vanessa continuava a stringerlo, la cercò senza riuscire a vedere dove fosse, eppure la sentiva così vicina.

–Te l'avevo detto che sarei dovuta tornare indietro.– sentì che diceva –La buona notizia è che potrai venire insieme a me.–

Ebbe voglia di piangere.

Lui non era fatto per vivere in una prigione, lui voleva essere libero di esprimersi, di fare quello che voleva, lui voleva poter essere come chiunque altro, voleva ottenere la grazia di poter vivere in libertà insieme alla figlia che aveva perso e ritrovato. Non credeva di chiedere molto, in fondo.

–Ma io non sono prigioniera, e non lo sarai nemmeno tu.– gli promise Vanessa.

Sentì il suo bacio su una guancia, lasciato a fior di labbra.

Batté di nuovo gli occhi e stavolta riuscì a tornare a vedere chiaramente.

Si rese immediatamente conto di non trovarsi più nel bosco.

Erano tornati a corte, precisamente si trovavano nella sala del trono.

Pareva proprio che ci fosse arrivato con le sue gambe. Eppure non aveva nemmeno sentito lo spostamento. Le sue mani erano fasciate, qualcuno aveva medicato i tagli che si era procurato prima, ma non sapeva chi fosse stato.

Ferbillotto non era seduto sul suo trono, come avrebbe fatto un qualunque re, era in mezzo ai suoi sudditi, in mezzo a persone comuni, dall'aspetto umile.

Phineas stava riabbracciando quella che probabilmente era la sua famiglia, c'erano due uomini e due donne che non conosceva. Forse aveva già visto da qualche parte una di loro, ma non avrebbe saputo dire dove.

–Dov'è finito Roger?– chiese, notando la sua assenza con allarme.

–In gattabuia.– rispose Vanessa –Ho raccontato tutto quello che è successo al re e lui ha deciso che in fondo era il vero responsabile.–

–Nei dettagli?–

–Per quanto mi è stato possibile.–

–E questo cosa significa?– chiese alzando un sopracciglio.

–Che tu sei stato perdonato.–

–Quindi sono libero?– continuò, incredulo.

–Così pare.– fece la ragazza –Ma io vorrei davvero chiederti il favore di non andartene.–

Lui la guardò. –No?–

–Io non potrei seguirti, anche se lo vorrei tanto. Ma invece potresti essere tu a restare con me.–

Tacque per alcuni secondi, ponderando la proposta, in realtà cercando di capirla.

Veramente glielo stavano permettendo? Dopo quello che aveva fatto? Veramente?

Se lo chiese e chiese ancora, stupidamente.

Per quale ragione al mondo il re avrebbe dovuto fargli un simile favore invece di buttarlo nella stessa cella in cui aveva rinchiuso Roger?

Non si era certo comportato in modo da meritarsi un premio! Quella concessione era decisamente inaspettata.

Mentre se ne chiedeva il motivo, notò di sfuggita una cosa un po' strana. Ferb che guardava più volte sua figlia di sottecchi, pochi secondi alla volta e distogliendo subito dopo lo sguardo come se non volesse farsi scoprire.

E questa cosa gli fece venire un dubbio, considerando anche quanto fosse giovane e quanto fascino sua figlia dovesse essere in potere di esercitare sui ragazzi della sua età.

Magari non lo stava facendo per lui, era più probabile che lo stesse facendo per lei.

Avrebbe spiegato ogni cosa.

Sentì la propria bocca arricciarsi in un ghigno mentre il sospetto prendeva corpo in una certezza.

–Bene, piccola mia, sono lieto di poterti assicurare che resterò senz'altro qui con te.–

''Anche perché adesso ho qualcuno da tenere d'occhio.'' aggiunse mentalmente.

Vanessa non capì quella motivazione nascosta o fece finta di non capirla.

Si limitò a sorridere a sua volta e a dire: –Lo sapevo.–

Certo che lo sapeva.

E c'era da scommettere che fosse consapevole anche di quello che il re provava per lei.

Quella cosa però non gli dava fastidio, anzi non gli dispiaceva affatto.

C'era qualcosa che aveva bramato, ed era il potere.

Ma adesso non gli importava più niente.

Chissà se avrebbe avuto la fortuna di poter brillare di luce riflessa!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note d'autrice:

Finalmente ho avuto un attimino per aggiornare. Non sapete che frenesia questo mese, ho praticamente cambiato i miei ritmi di giornata in giornata e il tempo non passava più... Beh, ma non siete mica morti, nel frattempo, non è vero? Dai, che vi vedo che ancora vi muovicchiate a stento. Volevo lasciare qui dei ringraziamenti particolari per l'utente MaileenMoon, che appena iscritta su questo sito ha subito deciso di farmi sapere che seguiva la mia storia da un po' (e, a proposito, BENVENUTA sul sito!), e alla mia ormai vecchia amica (scusa se uso questo termine, m'è venuto naturale) koopafreak che ha avuto il coraggio di mettersi a leggere su un fandom che non conosce quasi per niente, dandomi fiducia solamente in riferimento al mio metodo di scrittura. :) Sappi, appena arriverai a questo capitolo, che ho apprezzato tantissimo le tue recensioni. 
La storia potrebbe anche concludersi qui, ma avrei un'ideuzza da sviluppare nel prossimo capitolo, che –annuncio ufficiale! –, sarà l'ultimo, ma proprio l'ultimo della mia vita...
Adesso, il grande dilemma amletico è: Ferbnessa o non Ferbnessa?
*Mumble mumble*

  
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