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Autore: MissysP    06/03/2014    4 recensioni
(Post Iron Man 3 e Post Avengers)
La vita dopo i fatti avvenuti a Natale, non scorre tranquilla come dovrebbe. Ancora una volta una minaccia è stata sventata, ma non per tutti le cose sono ritornate alla normalità.
Pepper lotta contro il presente, contro la nuova persona che è diventata - almeno fino a quando Tony non l'aggiusterà - e non è per niente facile.
Tratto dalla storia:
E quando non poteva dormire da sola, o in ufficio, Pepper fingeva solo di dormire, avvolta nel calore dell’abbraccio del fidanzato, passando una notte insonne. Chiudeva gli occhi e aspettava che il suo respiro diventasse regolare e pesante, dandole la possibilità di osservare i suoi lineamenti rilassati. Niente più incubi su New York, niente più attacchi di panico - merito anche delle pillole che gli costringeva a prendere -, con solo la preoccupazione di un domani incerto.
Genere: Angst, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bruce Banner, Tony Stark, Virginia 'Pepper' Potts
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: Just give me a reason
Fandom: Iron Man (più specificamente post IR III e post Avengers)
Personaggi/Pairing: Tony/Pepper, Bruce Banner
Avvertimenti: Fluff/Angst a volontà, Sentimentale, Slice of Life, Missing Moment(?)
Note autrice: Okay, non so come mi sia venuta in mente questa storia. L'ho trovata già nel computer e invece di cestinarla, l'ho rispolverata. e spero che sia almeno decente. Comunque ho sempre desiderato sapere come si sarebbero svolte le cose dopo il film. Insomma non tutto può essere rose e fiori e quindi nemmeno la relazione fra Tony e Pepper può essere uscita miracolosamente indenne da tutto questo casino. Piccola precisione: la storia incomincia da dopo il boom finale delle armature e finisce prima dell'operazione di Tony, anche se nella storia lui si è già sistemato. Solo che ancora non ha pensato a come aggiustare Pepper. La parte dopo e tutti i pensieri di Tony non sono citati e nemmeno sfiorati. Chiedo scusa in anticipo se ci sono degli errorri di grammatica, ho provato a fare del mio meglio. La storia doveva essere una one.shot, ma per comodità l'ho divisa in due capitoli. Quindi, non vi preoccupate, la storia è già finita. Per quanto riguarda il titolo è preso dala canzone di Pink, fonte d'ispirazione, anche se non c'entra molto.
Non credo che ci sia altro da dire... Quindi spero che la storia possa piacervi e mi raccomando, recensite xD



Capitolo 1  

It's in the stars
It's been written in the scars on our hearts
We're not broken just bent
And we can learn to love again
[Pink- Just give me a reason]



Pepper trascorreva tutto il suo tempo a lavorare, senza concedersi un momento di pausa. Lo faceva volentieri, perché lavorare significava lasciar respirare Tony e in quel periodo ne aveva bisogno, perché la ferita che il Mandarino aveva inferto era profonda e faticava ad arginarsi. Poco importava che lei non riuscisse a dormire e che continuasse a guardarsi le spalle perché la presenza di Killian ancora la opprimeva.
Faceva tutto questo per Tony, perché lo amava.
E si consolava all’idea che lui avesse ripreso a rintanarsi in laboratorio per ricostruire le sue armature e, quindi, non poteva udire le sue urla di terrore quando si svegliava sudata nel bel mezzo della notte. Quando lui ne usciva, poi, con qualche scusa si rifugiava nel suo ufficio, per evitare che la sentisse piangere disperata e terrorizzata.
Pepper Potts era una donna forte e non avrebbe mai permesso a nessuno di considerarla debole. Si era ripromessa di arrangiarsi, di cavarsela da sola, perché restare al fianco di Iron Man comportava dei rischi e c’erano validi esempi: Obadiah Stane, Ivan Vanko e, dulcis in fundo, Aldrich Killian. Le sue mani erano macchiate del sangue di Stane e Killian, doveva ammetterlo, e lei non sarebbe mai stata al sicuro anche se ignorasse le situazioni catastrofiche in cui Tony andava a cacciarsi.
E quando non poteva dormire da sola, o in ufficio, Pepper fingeva solo di dormire, avvolta nel calore dell’abbraccio del fidanzato, passando una notte insonne. Chiudeva gli occhi e aspettava che il suo respiro diventasse regolare e pesante, dandole la possibilità di osservare i suoi lineamenti rilassati. Niente più incubi su New York, niente più attacchi di panico - merito anche delle pillole che lo costringeva a prendere -, con solo la preoccupazione di un domani incerto.
La lucina nel petto non c’era più e lei era ritornata quella di sempre, almeno nell’aspetto. Niente più virus Extremis, niente più rabbia o calore ingestibile: solo la vecchia lei, almeno apparentemente. Lei appariva calma, saccente ed ironica quando occorreva e a lui faceva piacere. Le sorrideva con amore e la viziava, come se dovesse farsi ancora perdonare.
Così passava le notti in bianco e alla fine crollava, inghiottita da una voragine sotto i suoi piedi. Un gorgo oscuro che le riempiva le orecchie di grida e il suo corpo soffriva e il dolore era reale. La mattina si risvegliava con dei lividi sulle braccia e cercava di coprirli con giacche a maniche lunghe. Il suo corpo era sempre più magro e il viso scavato, con profonde occhiaie che cercava di coprire sotto tonnellate di trucco. Se Tony ancora non se ne era accorto era a causa delle sue armature, ma a lei andava bene così.
 
“Grazie Happy” disse la donna richiudendo la portiera dell’auto.
Happy annuì, lanciandole un’occhiata di preoccupazione, e lei sorrise nel tentativo di rassicurarlo. Happy era un caro amico, che si prendeva da tempo cura di lei e Tony. Si faceva in quattro per assicurarsi che tutto andava bene. Al lavoro non la lasciava un attimo da sola e lei era costretta a mandarlo a casa, per essere sicura che non vedesse in che stato era ridotta. Ma con quel suo comportamento era certa di averlo insospettito, come se non era già paranoico prima e dopo gli ultimi eventi lo era diventato ancora di più.
“Sicura, Pepper?” domandò, accertandosi che fosse vero. Pepper sorrise ancora, sforzandosi.
“Certo, Happy. Non preoccuparti, sono a casa adesso” rispose. “Anzi, ripensandoci non va affatto bene” riprese e la sua espressione mutò nella rassegnazione di quello che l’aspettava. “Sono sicura che Tony mi manderà fuori di testa, se continua ad incallirsi con quelle sue stupide distrazioni…” mormorò.
Non poteva lamentarsi delle armature perché lo avevano salvato. Perché senza quelle ora non sarebbero lì.
Happy sorrise, ma i suoi occhi non ne furono contagiati e continuavano a scrutarla, esaminandola attentamente. Erano preoccupati per lei e Pepper gliene fu grata.
“Beh, adesso è meglio che vai. Ti ho trattenuto già fin troppo” disse la donna, prima di fargli un cenno con la mano e voltargli le spalle. Sentì il rumore dell’auto che si accendeva e poco dopo le gomme sgommarono sull’asfalto e si allontanarono.
Gli occhi cerulei di lei scrutarono la villa davanti a lei, appena ristrutturata e completamente buia, che si fondeva con il buio di quella notte. L’unica luce proveniva dalla porta d’ingresso. Entrò e vide un mazzo di rose rosse sul tavolino alla sua sinistra. Sorrise, intenerita da quel gesto. Prese una rosa dal vaso e annusò il suo profumo, trovandolo troppo speziato per un fiore così delicato. Era peperoncino e fu divertita da quella analogia. Poggiò la borsa e il tablet sul tavolo e si diresse verso il salone.
“Jarvis accendi le luci per favore” disse mentre annusava ancora la rosa. Ci fu silenzio, nel quale il cuore della donna aveva incominciato ad accelerare i battiti. Si guardò attorno, stringendo la presa sullo stelo del fiore, una spina le era entrata nella carne ma non sentì il dolore. I suoi tacchi ticchettavano sul pavimenti di marmo nero lucido e incominciò a camminare per le stanze.
“Jarvis?” chiamò ancora una volta e ritornò nel salone. Incominciava ad essere preoccupata e sentiva i suoi nervi tirato per la tensione che in quel momento le faceva girare la testa. Tutto aveva incominciato a vorticare attorno a lei, anche se non riusciva a vederlo a causa dell’oscurità.
“Tony?” la sua voce tremava e con una mano si appoggiò ad una parete. Il contatto con il muro fresco la fece rinvenire un poco e la sua mente ritornò ad essere lucida. Provava ancora dei capogiri, ma riuscì a imporre alle proprie gambe di camminare verso le scale. Lentamente scese un gradino alla volta, cercando di scorgere qualcosa in tutta quell’oscurità. Tutto era tranquillo e l’unico rumore che riusciva a distinguere erano i battiti del suo cuore che premevano contro i suoi timpani. Sentiva le lacrime premere per uscire, rigarle le gote. Strinse ancora di più le mani a pugni e trattenne i singhiozzi, continuando ad avanzare.
Ci mise un po’ e alla fine riuscì ad arrivare al piano terra. Restando sempre più addossata alla parete e si avvicinò alla vetrata. Aveva predisposto di nuovo un’entrata con un codice. Posò la mano sul vetro freddo e lo tamponò fino a quando non si illuminò la luce dei tastierini blu. Digitò il codice e la porta si aprì con uno sbuffo silenzioso. Entrò nel laboratorio e la sua attenzione fu catturata dalla fioca luce emanata da due candele. La donna aggrottò le sopracciglia e finalmente la testa aveva smesso di dolerle.
“Tony?” chiamò di nuovo. A risponderle fu di nuovo il silenzio e lei continuò ad avanzare, deglutendo. Si preoccupò seriamente, perché Tony non lasciava mai il laboratorio, o la villa. Se non c’era era successo qualcosa di grave, di sicuro. La preoccupazione aumentò ancora di più e temette per la sorte del suo fidanzato.
Qualcosa si mosse alle sue spalle e si voltò di scatto, strizzando gli occhi. Una mano l’afferrò per un polso e lei urlò spaventata.
“Pepper!” esclamò una voce maschile, trascinandola in un abbraccio caldo e confortevole e premendo il suo volto contro qualcosa di soffice e altrettanto caldo e confortevole.
“Tony!” esclamò sorpresa al donna e finalmente si rilassò, consolata nel ritrovarsi fra le sue braccia. Strinse la presa sulla sua maglietta ed inspirò profondamente quel profumo familiare. “Mi hai fatto prendere un colpo! Jarvis non risponde e la casa era tutta buia” lo rimproverò e la sua voce suonò roca anche alle sue orecchie. Si morse le labbra, maledicendosi per essersi fatta sfuggire quelle parole. Tony sospirò e le baciò la fronte.
“Scusami, volevo farti una sorpresa… Invece, ti ho revocato brutti ricordi… Scusa”
“No, giuro. Ero solo preoccupata… Non ti preoccupare” cercò di rimediare, ma alla fine rimase in silenzio.
Rimasero in silenzio, continuando a bearsi dell’abbraccio reciproco. Pepper sospirò contro il suo torace, poi riaprì gli occhi. Era ancora troppo buio e non riusciva più a scorgere la luce tremolante delle candele. Ripensò alla situazione che si era creata e scoppiò a ridere, per alleggerire la situazione. Tony aggrottò la fronte, sorpreso da quella reazione. Era forse impazzita?
Si allontanò quanto bastava per guardarla in viso, colpito dal candore della luce che proveniva alle spalle della donna. Il volto era messo in penombra ma poteva scorgere quei fari azzurri che tanto amava e che avrebbe riconosciuto ovunque.
“Ehi, che c’è di tanto divertente?” domandò l’uomo e le sue labbra si stirarono in un ghigno. Pepper gli carezzò una guancia ispida e si alzò in punta di piedi, sfiorando il suo naso con il proprio.
“Beh… Non sei mai stato così romantico. A che cosa devo questo onore?” domandò con sensualità, mormorando al suo orecchio. Fece scendere la mano lungo il fianco dell’uomo e la infilò sotto la maglietta, carezzando la sua pelle nuda e calda.
“Come? Non ricordi la nostra serata? Quella dove mangiavamo insieme, tu mi annoiavi con affari di lavoro e poi mi rimproveravi perché a me non interessava e finivamo per litigare? E come andavano a finire?” le chiese assottigliando lo sguardo e poggiando le mani sulle sue spalle.
Le fece scivolare su di esse, con malizia, mentre le labbra di lui sfioravano quelle di lei. Pepper rimaneva immobile, beandosi di quelle coccole, continuando a esplorare il torace ben tornito. La donna mormorò la sua soddisfazione e risalì più su. Le mani grandi e callose di Tony si fermarono sul polso e le sfiorò la mano stretta ancora a pugno.
“Jarvis, luce” ordinò l’uomo e il computer eseguì all’istante.
“Ehi” esclamò Pepper contrariata, ma non poté che sorridere.
L’attenzione di Tony fu catturata dalla mano della ragazza, notando che sanguinava. Buttò la rosa per terra ed esaminò la ferita. Pepper si fissò la mano e rimase sorpresa dal non essersi accorta di sentire il dolore. Era troppo impegnata a preoccuparsi di Tony. Rivolse lo sguardo verso di lui, che la guardava preoccupato.
“Oh, che sbadata” cercò di sdrammatizzare. Lui non le rispose e si allontanò per prendere una cassetta del pronto soccorso. Nel frattempo Pepper si guardò attorno, stupendosi di come lui avesse pensato a tutto. C’erano candele, piatti di ceramica, posate d’argento e una tovaglia di lino rosso cremisi. Poco più avanti c’era un carrello con sopra dei vassoi chiusi. Fu curiosai di scoprire che pietanze ci avrebbe trovato dentro. Tony ritornò con le garze e il disinfettante.
“Sai me la ricordo diversamente dall’ultima volta. Ero io quello ferito e tu mi medicavi, ricordandomi la mia stupidità”.
Pepper lo guardò negli occhi color cioccolato e abbozzò un sorriso di scuse. Si strinse nelle spalle e ritornò a guardare il tavolo, apparecchiato con attenzione. Fu divertita dall’idea che avesse preparato una cenetta romantica, solo qualche mese fa lui non lo avrebbe mai fatto. Era lei a insistere nel avere un giorno tutto loro, da passare insieme. A causa del loro lavoro, soprattutto quello di lei, non avevano mai tempo per restare da soli.
“Buffo come le parti si siano invertite” continuò, mentre disinfettava la mano. Poi prese la garza e l’avvolse intorno al palmo, stringendo per bloccare il sangue.
“Per favore, per una sola volta…” borbottò la donna alzando gli occhi al cielo platealmente.
Anche Tony sorrise, ma continuava a tenere gli occhi puntati verso il basso e fra loro calò il silenzio. Fu imbarazzante e lei non seppe il perché di tutta quella sceneggiata. Quando lui finì ripose al loro posto ogni cosa e Pepper si avvicinò al tavolo, mentre stringeva la mano per abituarsi al bendaggio. Ci girò attorno e infine si sedette per terra, sopra il cuscino e si voltò a guardarlo, sorridendogli cordialmente.
“Mi sembra un peccato sprecare quest’occasione e poi mi mancano le nostre serate insieme” disse, facendogli cenno di sedersi al suo fianco. Tony la raggiunse ma continuava a evitare il suo sguardo, c’era qualcosa che non andava.
“Mi dispiace di aver rovinato la sorpresa devi esserti impegnato molto…”
“Non importa. Stai bene?” domandò, prendendole la mano lesa. La accarezzò con delicatezza, per la paura di fargli male. Continuò a giocarci, nell’attesa di una risposta, disegnando ghirigori sul dorso. Lei gli restituiva lo sguardo, sorridendo nella speranza di nascondere il suo stato emotivo abbastanza instabile. Non poteva, però, crollare davanti a lui.
“Certamente” rispose quando fu certa che la sua voce non tremasse, ma non riuscì a convincerlo. Quindi sgusciò dalla sua stretta e si alzò verso il carrello. Afferrò il primo vassoio e lo portò in tavola, scoperchiandolo. C’era pizza ai peperoni e Pepper scoppiò a ridere, sorpresa. Si voltò verso di lui e i suoi occhi cerulei brillarono per la prima volta di vita. Fu allora che Tony si rilassò un poco, sollevato nel scorgere un sorriso sincero.
“Beh… So quanto ti piace la pizza e i peperoni” rispose, sorridendo.
“Complimenti signor Stark, sta facendo degli ottimi progressi. E il prossimo passo?” domandò ritornando seduta al suo fianco e incominciando a tagliare la pizza. Afferrò due fette e ne mise una nel suo piatto e l’altra in quello di Tony e glielo passò. Si concentrò sulla sua fetta e gli diede un morso, per occupare la bocca e cercò di ignorare quel silenzio pressante. Gemette di gusto nell’assaggiarla e socchiuse gli occhi, poggiandosi al suo fianco. Tony avvolse un braccio alla sua vita, mentre mosse l’altra mano a prendere il trancio. Mangiarono in silenzio, mentre lui non smetteva di guardarla e Pepper fingeva di non accorgersene.
Masticava con calma la pizza, sorridendo a Tony e poggiando il capo sulla sua spalla. Cercò di scacciare i brutti pensieri, ma era così difficile. Era estenuante mantenere una facciata apparente di una quotidianità fittizia in ogni momento.
“Sposarti” rispose Tony, dopo qualche attimo di silenzio. Pepper stava guardando la pizza nel suo piatto, mentre, con una mano tenuta in alto, continuava a masticare. Quella risposta la colse alla sprovvista, facendole sgranare gli occhi e sollevare il capo di scatto. I loro occhi si scontrarono e Pepper poté perdersi in quel mare infinito color cioccolato così maledettamente sinceri e pieni di aspettativa. Era strano per Pepper Potts rimanere senza parole, ma veramente non sapeva che cosa rispondere o dire in quella situazione.
“E-Eh?” disse infine, con un suono strozzato.
Tony si disfò della cena e poi si inginocchiò davanti a lei, prendendole la mano sinistra fra le proprie. Gli occhi cerulei della donna passavano con frenesia dalle loro mani intrecciate ai suoi occhi color cioccolato intenso. Occhi capaci di farla sciogliere e tentennare, soprattutto quando lo rimproverava e lui le faceva quegli occhioni grandi. Tony ricambiò il suo sguardo, sorridendole con amore perché lui in fondo lo sapeva - dannazione, lo sapeva dannatamente molto bene! Ci era passato, lo aveva vissuto sulla sua stessa pelle - che quel dolore straziante non sarebbe scomparso così, da un giorno all’altro. Ogni tanto quegli attacchi di panico ritornavano, soprattutto quando si soffermava a guardare Iron Man, prepotentemente, bloccandolo e costringendolo ad osservare il suo riflesso color oro sulla maschera dell’armatura.
Erano una coppia perfetta, pieni di ansie, problemi e paure. Non erano pronti ad affrontare nuovamente la cruda realtà, soprattutto lei. Non voleva rivivere un’altra esperienza simile. Non voleva nemmeno che Tony si preoccupasse costantemente per lei. Era diventata un peso.
Nella testa di Tony incominciò ad insinuarsi il dubbio, che lei potesse rifiutarlo. In effetti non si sarebbe sorpreso: era esposta a continui pericoli – Killian era solamente l’ultimo esempio -, sottoposta ad un incredibile stress e molto altro ancora. Era rimasto sorpreso che avesse resistito così tanto.
Pepper lo sorprese, nuovamente, inginocchiandosi a sua volta e fiondandosi fra le sue braccia, alla ricerca di calore. Un calore che aveva imparato ad associare all’amore immenso che nutriva nei confronti del fidanzato. Perderlo l’avrebbe distrutta, ma sposarlo avrebbe significato una vita piena di imprevisti, rapimenti e crolli nervosi. E lei non era sicura che sarebbe riuscita a sopportarlo.
“Io… Non… Posso farcela. Non credo di… poter affrontare un futuro incerto pieno di pericoli dietro l’angolo” singhiozzò, mentre il fidanzato ricambiava il suo abbraccio, una disperata richiesta di certezze e rassicurazioni. Pepper incominciò a percepire uno strano calore a partire dal suo petto e il suo cuore accelerò e la donna si ritrasse d’istinto, controllando le sue mani. Le vide assumere una sfumatura rossastra e la donna cedette al panico, alzandosi e correndo via, verso il bagno.
“Pepper! Dove vai? Tutto bene?” urlò, inseguendola. Provò ad aprire la porta, ma era chiusa a chiave e allora incominciò a bussare – per meglio dire cercò di sfondarla – continuando a chiamare la donna. “Pepper!”
La sentì singhiozzare, ma presto furono coperti dal getto di acqua. Tony poggiò la fronte contro il legno della porta. Non sapeva che cosa dire, doveva trovare un modo per rassicurarla e non farla scappare a gambe levate. Tuttavia non voleva essere così egoista da trattenerla a sé, incatenandola ed esponendola a continui pericoli.
  
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