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Autore: ELE106    07/03/2014    12 recensioni
È possibile psicanalizzare un Winchester?
(...) Il dottor William Holmes era un uomo onesto e preciso. Un professionista serio, stimato, uno di quelli che amano il proprio lavoro e lo onorano svolgendolo con la giusta combinazione di cuore e mente, buon senso e competenza. Era sempre stato un ottimo osservatore, con straordinarie doti deduttive e l’indole buona di chi desidera davvero aiutare le persone, senza alcun secondo fine. (...) L’osservazione diretta era il suo punto di forza. Il corpo parlava più di quanto si credesse comunemente, bastava saperlo leggere, bastava non farsi sfuggire i dettagli. E quello di Dean Winchester era particolarmente loquace. (...) ‘Possibile comparsa di impulsi sessuali per il fratello minore. Li reprime. Frustrazione e aggressività derivate. Indagare.’ (...) Buona lettura ;)
[wincest]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro Personaggio, Dean Winchester, John Winchester, Sam Winchester
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate | Contesto: Prima dell'inizio
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Disclaimer: I personaggi descritti non mi appartengono, questa è una storia di fantasia, l’autrice scrive senza alcuno scopo di lucro e non intende violare alcun copyright.
 
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IL PAZIENTE OSTILE




Capitolo 1.


Gennaio 1999, Baltimore – Maryland




Il dottor William Holmes era un uomo onesto e preciso. Un professionista serio, stimato, uno di quelli che amano il proprio lavoro e lo onorano svolgendolo con la giusta combinazione di cuore e mente, buon senso e competenza.
Era sempre stato un ottimo osservatore, con straordinarie doti deduttive e l’indole buona di chi desidera davvero aiutare le persone, senza alcun secondo fine.
Aveva indirizzato correttamente le proprie capacità, scegliendo la psicoanalisi come ramo di studio e specializzandosi poi in terapie per il recupero di giovani problematici.
Pubblicava regolarmente studi approfonditi e rapporti di settore sulle più importanti riviste del paese, collaborava con scuole, riformatori e carceri, strutture psichiatriche e i servizi sociali.

Il fascicolo di Dean Winchester gli era stato passato da questi ultimi.

Diciannove anni (a breve venti), detenuto da due giorni presso il Baltimore City Correctional Center, per aver aggredito una coppia di assistenti sociali durante le regolari operazioni di prelievo del fratello minore, Sam Winchester, di anni quindici, attualmente residente presso la Baltimore’s Home for childrens.
Soggetto recidivo: due giorni di riformatorio per aggressione nel 1994 e due mesi per furto in una struttura per recupero minori a Hurleyville, New York, l’anno successivo; diverse espulsioni, diverse scuole, diversi stati. Diplomato e sparito; ad oggi, nessun impiego registrato.
Necessitava di attenta valutazione psichiatrica per eventuale rilascio sulla parola.

Il padre, John Winchester, irreperibile, era accusato di abbandono di minore (tra le altre cose) e sarebbe stato sottoposto anch’egli a valutazione psichiatrica per accertarsi che fosse in grado di occuparsi dei figli, non appena le forze dell’ordine fossero riuscite a rintracciarlo.



Il dottor Holmes aveva studiato con attenzione il fascicolo, prendendosi la libertà, come sempre, di colmare le ormai croniche lacune di informazioni in mano agli uffici pubblici, evidentemente incapaci di comunicare tra loro, aggiungendo alle carte in loro possesso ulteriori documentazioni, che aveva provveduto a raccogliere facendo qualche telefonata alle persone giuste.
Si sentiva pronto ad affrontare il paziente. Incuriosito da lui, addirittura.
L’osservazione diretta era il suo punto di forza.
Il corpo parlava più di quanto si credesse comunemente, bastava saperlo leggere, bastava non farsi sfuggire i dettagli. E quello di Dean Winchester era particolarmente loquace.


La stanza riservata agli incontri nel penitenziario era spoglia e scarsamente illuminata. Le pareti bianche erano forse l’unica cosa a dare un po’ di luce all’ambiente. Una piccola finestra in alto, due scrivanie, due sedie, un telefono e una stampante; tutto grigio, persino il pavimento.
Il dottore aveva più volte lamentato alla direzione che, essendo il suo lavoro strettamente dipendente dal mettere le persone a proprio agio, quella particolare stanza non fosse minimamente idonea allo scopo.
I fondi insufficienti (di Governo e privati) erano sempre stata la risposta migliore, se si voleva zittire ulteriori e dispendiose richieste.


Nervoso e seduto sgraziatamente sulla sedia, Dean Winchester tamburellava le dita sulla scrivania, ostinatamente muto da quasi quindici minuti.
Ad un primo esame superficiale il ragazzo sembrava in buona salute fisica: il colorito della pelle era sano, la corporatura nella norma, i capelli ben tagliati, nessun segno evidente di denutrizione e/o percosse e/o altre tipologie di maltrattamenti; abiti pratici e anonimi, jeans e felpa non particolarmente alla moda, sgualciti (probabilmente molto sfruttati), sicuramente non appariscenti.
L’abbigliamento del dottor Holmes era informale, come sempre quando trattava con giovani detenuti. Era importante non intimidire i ragazzi indossando abiti costosi ed eleganti, ma creare invece con loro una sorta di collegamento, mostrandosi in qualche modo simili, accessibili.

Dean fissava truce di fronte a sé, evitando di incrociare lo sguardo dell’uomo, con l’aria di uno che chiaramente avrebbe voluto essere ovunque, tranne che lì.
Dedurre che non sarebbe stato affatto semplice spingerlo ad interagire era fin troppo elementare. Altrettanto elementare, data la violenza con cui, secondo il rapporto, si era scagliato contro gli assistenti sociali, era individuare il cosiddetto ‘punto di pressione’ del ragazzo: suo fratello Sam.

“Dean?”

Il dottore richiamò la sua attenzione con tono pacato e affabile.
La ottenne: il giovane ora lo scrutava attento; la figura rigida, palesemente sulla difensiva, un ghigno da spaccone e l’atteggiamento da sbruffone tipico della sua età, ovvero di chi se la fa sotto ma avrebbe comunque il coraggio di sopportare torture fisiche, piuttosto che darlo a vedere.

“Non si usa più dare del Lei, tra sconosciuti?”

La provocazione era l’arma preferita di due tipi di persona: gli insicuri e i vigliacchi; Dean lo stava guardando dritto negli occhi, non era certo tra i secondi. Il dottor Holmes scavalcò l’ostacolo, assecondandolo.

Signor Winchester, mi è chiaro che questa valutazione psichiatrica non sia consensuale. Non starò qui a fare bei discorsi su quanto le gioverebbe sfogare i suoi problemi e via dicendo.”

“Sono impressionato!”

E lo era anche il dottore.

“Vorrei solo che lei capisse una cosa: non rivedrà suo fratello minore, finché non sarò io a decidere che potrà farlo. Mi comprende?”

Dean si raddrizzò immediatamente, irrigidendo ogni muscolo, serio e senza più traccia della spavalderia di poc’anzi.
Aveva colpito nel segno.

“Figlio di...”

“Le suggerirei di moderare il linguaggio e collaborare. Il mio lavoro non è rovinarle la vita, né immischiarmi in cose che non mi competono. Il mio lavoro è accertarmi che lei non sia un pericolo per se stesso o per gli altri.”

Dean aveva serrato la mascella e si era zittito, ma a costo di un enorme sforzo di autocontrollo. Sbuffando, tornò ad appoggiarsi scomposto allo schienale della sedia.
Continuando ad osservare il ragazzo, sempre maggiori dettagli arricchivano il quadro, peraltro già abbastanza preciso, tracciato dal dottor Holmes: era orgoglioso, irascibile, svogliato ma ben istruito, come aveva potuto appurare dal suo rendimento scolastico.

Holmes scarabocchiava appunti sulla sua agenda, quando Dean riprese a parlare.

“Senta! Mi dica solo cosa accidenti devo fare per uscire da questa fogna e riportare a casa mio fratello... e io lo farò!”

“Quale casa... signor Winchester?”

Era un colpo basso e Holmes lo sapeva. Ma non serviva una laurea per capire che il nodo del problema, se così si poteva definire, era da ricercarsi in un rapporto famigliare a dir poco disfunzionale, per non usare il termine ambiguo, che al momento sembrava suonare eccessivamente drastico.

Il fascicolo di Dean Winchester comprendeva anche, purtroppo, agghiaccianti rapporti di polizia sulla terribile morte della madre, Mary Winchester, avvenuta nel tremendo incendio della loro casa di Lawrence (Kansas), nel 1983, le cui cause non erano mai state accertate.
Il padre, John, ex militare in congedo, figura evidentemente assente per la quale Dean nutriva comunque profonda ammirazione e rispetto (forse anche timore), dopo la morte della moglie si era spostato con i figli da uno stato all’altro, senza fermarsi in un posto fisso per periodi che superassero i sei mesi (quando era tanto); cosa quantomeno anomala, considerando il fatto che non c’erano tracce di lavori dipendenti che durassero più di qualche mese.

“La sua casa è dove ci sono io!”

E il fratello... Samuel. Evidentemente molto protettivo nei confronti del minore, l’aggressività di Dean era logico dedurre fosse da associarsi a lui e ad un legame fortemente atipico creatosi tra loro; probabilmente passavano molto tempo da soli, cosa che faceva sospettare l’instaurarsi di una sorta di simbiosi.
I legami di questo tipo erano spesso nocivi per entrambe le parti, difficili da ‘normalizzare’, poiché era difficile convincere i soggetti che si trattasse di qualcosa da curare, da modificare.
Il tono e il modo in cui Dean gli aveva appena risposto, così come le parole che aveva usato, lasciavano trasparire con estrema chiarezza l’intensità dei sentimenti che nutriva per suo fratello. Holmes fissò il giovane con maggiore attenzione, avvertendo il forte sentore che l’argomento fosse a dir poco contorto, per non dire un terreno pericolosamente scivoloso.

‘Possibile comparsa di impulsi sessuali per il fratello minore. Li reprime. Frustrazione e aggressività derivate. Indagare.’

Si ritrovò a scriverlo senza quasi rendersene conto. Ma rabbrividì istintivamente, perché raramente le sue deduzioni erano errate. E, se avesse puntato in quella direzione, era consapevole di andare incontro ad anni di terapia psicologica intensiva e continuata, senza garanzie di successo.
Ma le difficoltà non lo avevano mai fermato. Piuttosto spinto ad un impiego maggiore di energie e conoscenze in materia.

La casa è dove c’è lei?”

Ripeté, addolcendo lo sguardo e i toni in risposta alla tensione sempre maggiore che sentiva provenire da Dean, cercando di distendere il clima della conversazione, ma ben lontano dall’abbandonare il discorso.
Si dava il via al primo ‘botta e risposta’ tra medico e paziente; trattandosi di paziente ostile, il Dottor Holmes avrebbe dovuto iniziare ad attaccare dove faceva più male. Si parlava di terapia d’urto.

“Non è così che la pensano i servizi sociali. Lei e suo fratello, secondo la denuncia dell’insegnante di Sam, la Signora Sherry Watson, vivevate da soli in quella stanza di motel da oltre due settimane. Lei, signor Winchester, è stato trovato dagli assistenti sociali con due coltelli da caccia addosso e un'arma da fuoco illegale, recuperata durante una veloce perquisizione dei locali. È questo il concetto di casa che intende dare a Sam?”

“Fanculo, che Diavolo ne sa?”

Reazione al primo attacco: rabbia.

“Me lo spieghi lei. Io non giudico mai, signor Winchester. Io ascolto e cerco di capire. Mi aiuti lei a prendere una decisione: perché dovrei ricongiungerla a suo fratello? Alla luce dei fatti qui riportati, cosa può dirmi per convincermi che non sia più saggio per voi, se Sam venisse dato in affido mentre lei viene assistito da uno psichiatra, ovvero me, fino alla completa riabilitazione?”

“NO!”

Reazione al secondo attacco: paura.

“Sa dove si trova suo padre? Sa che, se mai lo trovassero, dovrebbe rispondere di accuse molto gravi? Si rende conto che potrebbero togliergli la custodia di suo fratello? Che potreste non rivedervi per anni?”

“La smetta!”

Reazione al terzo attacco: negazione.

Poteva bastare, Dean era disperato. Pur rimanendo molto aggressivo, la voce si era incrinata a fatta ansiosa, gli occhi erano lucidi e si era alzato in piedi di scatto. Se avesse continuato, sarebbe arrivato velocemente al suo cedimento.
Era il momento di mostrare chi aveva in mano la situazione. Il ragazzo avrebbe potuto allontanarlo del tutto o affidarsi a lui.
Il dottor Holmes era una persona misurata e mite, ma aveva capito subito una cosa: con Dean Winchester servivano le maniere forti. Avrebbe dovuto iniziare a tirare fuori le palle se voleva davvero convincerlo di essere degno del suo rispetto.

L’uomo allungò una mano e fece segno al paziente, con la massima cortesia, di riaccomodarsi sulla sedia e calmarsi. Malvolentieri, il ragazzo obbedì.

“Sono l’unica persona che può aiutarla, signor Winchester...”

“Dean.”

“Prego?”

“Mi chiami Dean, per favore. Se devo spiattellare a lei tutta la mia fottuta vita, sarà il caso che entriamo in confidenza, Doc.”

Risultato sommario prima seduta: in condizioni di proseguire.

Fortunatamente, questo particolare paziente sembrava avere molto più buon senso della maggior parte dei ragazzi problematici della sua età.
E sull’ostilità, beh... ci si poteva lavorare.






Continua...




Nda: Sono vivaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!! Che gli Dei mi assistano... che cosa ho fatto??!?!? Non so perché faccio questa cosa, non so come andrà a finire, non so nemmeno se nel casino assurdo della mia vita riuscirò mai a portarla a termine, ma prendo coraggio e comincio l’avventura, perché raccontare una storia è sempre bello.
Detto questo, due righe ancora, solo per chiarire che:
n.1) si, bevo roba forte;
n.2) si, il nome del dottore è barbaramente preso dal nostro amatissimo detective di Londra, del quale mi sono perdutamente e inopportunamente innamorata;
n.3) si, ci saranno parecchi riferimenti in altri nomi, perché si... vi rimando al punto 1.
ADDIO, grazie a tutti :)
   
 
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